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Racconti EroticiTradimento

Rebecca cap6: un nuovo incontro

By 21 Agosto 2023No Comments

La mattina seguente quando Enrica, mia suocera, ci riportò i bambini, era sabato e non c’era scuola, scese alle 10 mi guardò mentre me li consegnava e facendomi l’occhiolino mi disse “fatto bisboccia ieri notte”. Restai di sasso. Lei continuò “una donna le capisce certe cose e poi non è che siete stati proprio silenziosi, io non avevo sonno e dopo avere messo a letto i bambini mi sono messa a leggere un libro. Vi ho sentito rincasare e poi del resto diciamo che mi fa piacere che tu non sia un pezzo di ghiaccio. I mariti si tengono anche con quello e Fortunato è un’acqua cheta, se lo svegli un po’ fuori sono certa che ti si attaccherà ancora di più. Lo so che non sono sempre stata simpatica con te ma vorrei vedervi felici e la faccia di mio figlio stamattina è tutta un programma”.
Mi salutò facendomi di nuovo l’occhiolino mentre i bambini rientrati in casa stavano stressando il loro papà.
Il lunedì successivo tornai in ufficio vestita come al solito, un tailleur molto formale, il mio capo mi chiamò per un lavoro urgente. Si erano presentati 4 amici con un gratta e vinci da alcuni milioni di euro, volevano riscuotere restando in incognito e si erano rivolti al nostro studio. I quattro erano compresi fra i 35 ed i 45 anni, tutti in gran forma, il più vecchio, sempre abbronzato era un nostro cliente abituale e lo avevo già visto sia in ufficio che durante il weekend dell’affare. Il mio capo, scoprii dopo, aveva ricevuto richiesta che seguissi proprio io la pratica.
Ci sedemmo al tavolo ed i clienti si presentarono Marco 45 anni 1,80 era quello abbronzato, Michele 40 anni 1,90 molto palestrato, Andrea 38 anni 1,70 sempre con la battuta pronta ed infine John 30 anni di colore 1,85 giocatore di tennis. I quattro amici giocavano a golf insieme uscivano con mogli fidanzate compagne insomma erano un gruppo molto affiatato e molto fortunato direi io dato che erano ricchi per i loro lavori ed il biglietto del gratta e vinci era come quando piove sul bagnato.
Era quasi ora di pranzo ed i quattro insistettero con il mio capo perché uscissimo tutti insieme a mangiare visto che non avevano molto tempo nel pomeriggio e volevano ottimizzare i tempi. Fu così che ci recammo ad un piccolo ristorantino vicino all’ufficio dove facevano deliziosi pranzi di lavoro servendo alla svelta e con cibi di qualità. Tutti e quattro, anche se velatamente, ci provarono, il più attivo Andrea che con una parlantina (di lavoro faceva l’avvocato ed era uno dei migliori della città) anche fin troppo sciolta aveva facilmente portato il discorso sul piano sessuale con battutine riferite ad episodi in comune fra i quattro approfittando per prenderli in giro per come alcune ragazze li avevano sistemati. Il tutto con l’imbarazzo del mio capo che non vedeva l’ora di liberarsi di quei 4 perdigiorno. La pratica non era complicata ed a fine pranzo tutto era definito. Io non avevo dato confidenza a nessuno dei 4 anche se come uomini mi piacevano tutti. La curiosità maggiore era per John perché non avevo mai avuto ragazzi di colore ed ero curiosa di vedere se quanto si dice di loro fosse vero dato che nei film gli attori sono sempre tutti molto dotati. Non lasciai nessuno spazio alle loro profferte di tutti i tipi. Alla fine per non scontentarli, visto che erano clienti che avrebbero fatto comodo allo studio, accettammo una volta che il biglietto fosse stato riscosso, di uscire con loro a cena ovviamente ospiti loro.
Passarono un paio di settimane e a turno chiamavano chiedendo sempre di me per avere aggiornamenti al riguardo. Capitava che dicessero che volevano un aggiornamento e che stavano passando proprio lì sotto ed era ora di pranzo. Rifiutai una volta poi il mio capo mi fece capire che per un pranzo non sarebbe morto nessuno e che per pubbliche relazioni sarebbe stato opportuno che accettassi. Mi trovai così con Marco a pranzo senza avergli nulla da dire. Fu molto galante facendomi capire che in realtà era più interessato a me. Non gli diedi molta corda ma fui comunque lusingata del fatto.
Venne finalmente il giorno in cui i monopoli versarono la cifra sul conto dello studio e fummo pronti per distribuire i soldi ai 4. Telefonò Michele dicendo che avrebbero gradito andare a cena in un posto molto elegante e che sarebbe stato per il giovedì successivo. Ovviamente a loro non interessava se avessimo impegni. Il mio capo non poteva e mi lasciò col cerino in mano così il giovedì sera mi vestii elegante ma abbastanza sobria. Un tubino nero di Zara con un filo di perle, un collant velato ed una giacca fucsia in tinta con un paio di sandaletti dello stesso colore con un tacco di circa 8 centimetri molto sottile.
Fortunato vedendomi uscire, era al corrente della faccenda, mi disse che mi avrebbe aspettato alzato perché mi trovava molto interessante ed avrebbe gradito la mia compagnia usando un eufemismo.
La cena fu piacevole ma uno ad uno fra il secondo ed il dolce tre vennero chiamati e dovettero scappare con scuse alquanto banali dalla perdita d’acqua in casa ad un amico rimasto in mezzo alla campagna con la macchina in panne. Restò solo Michele che una volta solo mi mise la mano sul ginocchio sotto il tavolo. Lo guardai male e gli tolsi la mano anche se la cosa mi aveva dato dei brividi. Indossava una camicia di lino da cui spuntavano un paio di pettorali che mi avevano distratto alquanto durante la cena e probabilmente lui se ne era accorto. Non ci riprovò, almeno fino a che non fummo in macchina, una Porsche d’epoca veramente bella. Rimise la mano ma non si limitò ad appoggiarla ma andò con decisione massaggiando verso la figa. Gli dissi di no ma la voce e soprattutto la forza che misi nella mano non erano molto convinte. Che mi stava succedendo? Avevo già fatto il coccodrillo una volta con Bruno e mi ero ripromessa di non cascarci più. Il suo stile era agli antipodi di quello di Bruno, era della serie “quello che voglio prendo”. Non tolse la mano, trovando il collant non si fermò, lo ruppe con un dito, scostò il tanga che indossavo e mi infilò mezzo dito in figa. Non ero completamente bagnata ma la cosa, seppure non fossi completamente favorevole, mi eccitò e mi bagnai. “Lo sapevo” disse. “Non aspettavi altro, vedrai che stasera ci divertiremo. Feci ancora qualche accenno di resistenza poi la sua mano prese la mia e la mise sul suo cazzo. Fu l’inizio della fine. Mi ritrovai per le mani un uccello di dimensioni da film porno. Non tolsi la mano e cominciai a massaggiarlo. In 10 minuti fummo in un motel dove era conosciuto dato che allungò una banconota da 100€ al portiere che non ci chiese i documenti. Arrivati in stanza mi sollevò di peso, mi adagiò sul letto e finì di strapparmi il collant, scostò lo slip e cominciò a leccarmi con una tecnica che mai avevo provato nelle mie non numerose esperienze. Partiva dall’alto prendendo il bottoncino fra le labbra e poi a zig zag scendeva e quando era in mezzo penetrava la vagina con la lingua. Intanto con le mani massaggiava il clitoride nelle parti dove non c’era la lingua. Ci mise meno di 5 minuti a farmi godere quindi estrasse il suo enorme membro e me lo porse da succhiare. Non era profumato anzi doveva avere qualche goccia di urina ma la cosa anziché schifarmi mi eccitò. Cominciai leccandogli le palle, non volevo apparire come troppo inesperta (anche se non mi rendevo conto che apparire più vacca di quello che ero in realtà probabilmente mi avrebbe invischiato di più) salendo poi slinguando tutto il fusto per culminare leccai la cappella che era molto salata e la ingoiai. In bocca ci stava solo quella dalle dimensioni simili ad una albicocca gigante. Cominciai a fare su e giù guidata anche dalle sue mani.
“Succhi come una troia professionista, mi stai facendo divertire, vedrai che poi quando ti scoperò urlerai come una cagna in calore!” La frase mi offese ed eccitò contemporaneamente; mi stava usando come un giocattolo e la sensazione mi umiliava ma al tempo stesso mi stavo bagnando di nuovo. Non volle venirmi in bocca, mi tappò il naso in modo che per respirare dovetti liberare l’uccello. Mi misi in piedi e mi tolse il vestito dalla testa, ero rimasta col collant strappato, il tanga spostato ed il reggiseno. “Togliti il reggiseno e tieni il resto che mi eccita di più”. Obbedii ed appena fui svestita come voleva lui mi prese di peso, mise un cuscino sul letto e mi ci mise sopra a pancia in giù quindi si mise dietro di me, spinse leggermente e nonostante il cazzo fosse il più grosso che avevo mai preso, scivolò dentro in un attimo. “Ti piace proprio vacca, di solito ci metto un po’ ad infilarlo tutto a quelle come te invece non ho trovato ostacoli, si vede che di cazzi ne hai presi tanti”. Ero basita ma mi riempiva così bene che dimenticai tutto, l’essere trattata da mignotta (ma un po’ mi ero comportata in modo che lo giustificasse), le corna che stavo rifacendo a Fortunato, la consapevolezza che sarebbe andato a vantarsi con gli altri tre ma il piacere fisico ebbe il sopravvento, salì un secondo orgasmo e strinsi forte l’uccello dentro di me rendendomi conto che stava per sborrare. “Esci, non prendo la pillola” ebbi appena il tempo di dirgli, saltò fuori e mi inondò la schiena di sborra. Stavo finendo di venire toccandomi e contai poco gli schizzi ma erano stati almeno quattro e tutti molto copiosi. Il collant era da buttare, il perizoma sporco anche lui, io avevo bisogno di una doccia appena avessimo finito. Meno male che non mi aveva schizzato i capelli. Quando la situazione fu più tranquilla, m tolsi le scarpe, quello che restava del collant ed il perizoma quindi caracollai verso il bagno. Una doccia veloce, quando uscii dalla doccia lo trovai nudo col cazzo penzoloni. Mi mise una mano sulla testa e mi fece inginocchiare. “Succhiamelo di nuovo, sei brava e voglio riprovare le sensazioni che ho sentito prima”. Riuscii a liberarmi dopo poco dicendogli che mio marito mi aspettava, non potevo fare tardi e che in quello stato non sarebbe stato facile trovare una giustificazione.
“Non ti preoccupare, ho già chiamato il portiere e mi sono fatto portare su un collant della tua misura e dello stesso colore”. Era pronto, evidentemente lo strappare il collant alle donne che si portava a letto faceva parte dei suoi usi e costumi. Mi lasciò sfilare, andai in stanza mentre lui si infilava a sua volta in doccia col cazzo mezzo duro. Un po’ mi dispiaceva, avrei voluto farmi dare un’altra ripassata. Ma che stavo pensando, ci ero caduta un’altra volta e perseveravo nell’errore. Mi vestii e mentre lui era in bagno il suo telefono fu tutto un trillare di messaggi WA. Avevo visto come sbloccava con un segno il telefono e non mi trattenni.
Era una chat di gruppo i cui partecipanti, oltre a lui, erano i tre vincitori del biglietto. Aveva mandato fotografie del mio vestito, del collant delle scarpe e del perizoma, tutti con un segno di V come vittoria. Gli altri tre avevano poi chiesto particolari che lui non aveva lesinato, ricamandoci su e raccomandandomi come vacca da monta. Si aveva usato proprio queste parole. Solita dicotomia, da un lato ero offesa, dall’altro lusingata. Riuscivo con gli altri uomini a godere molto di più che con mio marito con il quale al massimo scopavamo a pecorina oltre che alla missionaria e senza alcun turpiloquio che eccitava la mia mente. Solo l’ultima volta eravamo andati un po’ oltre ma non sapevo se era frutto della circostanza o se avrebbe avuto un seguito. L’ultimo massaggio di Michele ricordava agli altri che aveva vinto la scommessa e che quindi gli dovevano un pieno alla Porsche. Scopata per scommessa, come ero caduta in basso, eppure essere il trofeo non mi dispiaceva. Il messaggio successivo era di John e diceva a Michele che sarebbe stato bello fare un weekend tutti e 4 con me a disposizione in modo da riempirmi in tutti i buchi facendomi un bel pigiama di sborra. Seguirono dei pollici a questo messaggio da parte degli altri due. Misi giù il telefono quando sentii che Michele aveva chiuso l’acqua, ero pronta vestita quando lui uscì dal bagno. In 5 minuti era pronto anche lui scendemmo, allungò altri 50€ al portiere il quale gli strizzò l’occhio e salimmo sulla sua auto. In 10 minuti eravamo a casa ma era l’una passata. Fortunatamente mi salutò garbatamente senza allungare le mani, Fortunato era alla finestra dietro la tenda che aspettava come aveva detto. Stavolta non potevo accontentarlo con un pompino ma una scopata coniugale con un p’ di dolcezza non mi sarebbe dispiaciuta. Entra in casa Fortunato mi abbracciò e mi baciò in modo profondo, ricambiai con piacere e ci spogliammo a vicenda. Mi leccò due minuti e finsi di essere vicina a venire, gli succhia l’uccello ed anche lui dopo 5 minuti mi mise sul letto e mi scopò alla missionaria. Cambiammo una volta posizione, mi mise alla pecorina e quindi venne, io finsi un orgasmo ma il suo uccello dopo il passaggio di Michele, per quanto mi impegnassi di stringere le pareti, non lo sentivo quasi. Sapeva che non prendevo la pillola in quel periodo per cui uscì e mi sborrò sulla schiena esattamente come aveva fatto Michele però gli schizzi furono meno e ridotti rispetto al manzo che mi aveva scopato un paio di ore prima. Le speranze che mi scopasse un po’ più come una vacca se ne stavano andando. Avrei dovuto fare qualcosa io ma quella sera ero troppo stanca. Era l’una e mezza, facemmo la doccia insieme e mi lavò dolcemente la schiena poi andammo a letto e dormimmo abbracciati. Ero tormentata dal rimorso per cui faticai a prendere sonno, Fortunato invece scarico dopo la scopata si addormentò in un attimo. Dovevo decidere che strada prendere, prima o poi qualcuno mi avrebbe sputtanata e non credo che Fortunato la avrebbe presa bene.

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