Skip to main content
Racconti CuckoldTradimentoVoyeur

Vertigo, un incubo vissuto due volte – Prima Parte

By 19 Aprile 20202 Comments

Erano passati esattamente due mesi dall’incidente in moto.

Il destino, spesso beffardo, volle che quel giorno coincidesse con il mio ventisettesimo compleanno. La scarsa visibilità di una serata umida e viscida nell’hinterland milanese, un’auto che sopraggiunge improvvisamente all’incrocio, una minima distrazione, ed ecco che “un vero e proprio incubo ad occhi aperti” ti rapisce senza darti preavviso. Una sensazione che non avevo mai provato sino ad allora. Fortunatamente ero ancora vivo, me l’ero “cavata” con una distorsione (con conseguente trauma fibro-cartilagineo) al ginocchio e diverse contusioni alle mani. Ma, poiché le sfortune non vengono mai da sole, nell’impatto con l’asfalto avevo riportato anche la frattura del coccige. Risultato: dopo i primi due mesi di autentico calvario in ospedale, tra operazioni e notti insonni, ero finalmente rientrato a casa per proseguire la lunga convalescenza tra le mura domestiche. Al mio fianco, grazie al cielo, c’era lei, Anna, la mia fidanzata. Stavamo insieme da due anni e avevamo una bellissima intesa in tutto. Anna era il tipo di ragazza che mi aveva sempre intrigato. Ventitré anni, sul metro e sessanta, capelli neri lisci che incorniciavano un visino dolce con occhi azzurri da cerbiatta, una terza di seno abbondante ed un magnifico culo tondo e sodo, modellato da ore di palestra. Era una ragazza per bene, posata, tranquilla e a letto era un’amante perfetta. Adorava fare l’amore e la cosa che più mi mandava in estasi era quel suo modo di partire in maniera tenera e aggraziata, da gattina amorevole, per poi aumentare il ritmo in un crescendo da amante focosa e instancabile. Tuttavia, i traumi del post-incidente finirono per ripercuotersi inesorabilmente sulla mia vita quotidiana e, di riflesso, anche su quella di Anna… In altre parole, sulla nostra vita di coppia. La notte, tra il dolore al coccige e il dover restare immobile con la gamba sollevata, non riuscivo quasi mai a chiudere occhio. Di giorno, invece, ero bloccato su una sedia a rotelle. Le giornate, ormai piatte e monotone, consistevano in due o tre ore al computer (di professione sono web designer), qualche ora di dormi-veglia intontito dagli antidolorifici e il tempo restante davanti alla TV. Anna lavorava come impiegata presso una banca del centro, e gli unici momenti che potevamo trascorrere assieme erano le serate e i fine settimana a casa.

Una mattina, essendomi accorto della mancata consegna della spesa da parte del ragazzo del supermercato (aveva lasciato le buste al piano inferiore), chiesi aiuto all’inquilino che abitava sotto di noi. Dal balcone, gli spiegai il disguido e mi rispose che ci avrebbero pensato lui e la moglie a riportami la spesa e che sarebbe stata l’occasione per presentarsi. La coppia, formata da Franco e Patrizia (entrambi sulla cinquantina), si era infatti da poco trasferita nel nostro condominio. Per sdebitarmi della cortesia, ne approfittai per invitarli a cena da noi la sera stessa, in modo che potessero conoscere anche Anna. La serata trascorse in un’atmosfera del tutto allegra e spensierata, la coppia si dimostrò veramente simpatica e alla mano, tant’è che Anna, al suo rientro, fu molto felice di avere nuovi ospiti. Franco e Patrizia, originari del Veneto, ci raccontarono della loro vita, dei viaggi, dei loro amatissimi nipotini e ci spiegarono che avevano appena venduto casa in zona ovest e si erano trasferiti qui in affitto, in attesa di insediarsi nella nuova villetta in costruzione. Franco era un tipo tranquillo, pacato, sguardo sicuro e capello lungo brizzolato. Alto e dal fisico massiccio, lavorava come carrellista in un centro di movimentazione merci alla periferia di Milano; mentre Patrizia, capelli ramati freschi di parrucchiere, fisico snello e ben tenuto, lavorava a casa come estetista e, a tempo perso, dava una mano in parrocchia assieme al marito. Ci salutammo con la promessa di ripetere al più presto la piacevole serata e loro, gentilissimi, si offrirono di portarmi la spesa qualora ricapitasse l’inconveniente.

Il disguido si verificò di nuovo a metà della settimana successiva. Patrizia salì per portarmi la spesa e vidi che era in compagnia di un’avvenente signora bionda. La donna, di circa quarant’anni, alta e abbronzata, indossava un elegante tailleur nero. Notai che aveva labbra e seno visibilmente rifatti ed un trucco pesante ma applicato con cura. Patrizia mi disse che si trattava di una sua cliente che era passata per farsi fare la manicure. Parlammo per qualche minuto e, prima di salutarci, Patrizia chiese se Anna ed io fossimo liberi sabato sera, per una cena a casa loro ed accettai con piacere.

Dovevano essere circa le tre del pomeriggio quando, dopo aver pranzato, decisi di prendere una boccata d’aria sul balcone approfittando della bella giornata di sole. In men che non si dica, complici l’ennesima notte insonne e l’effetto soporifero degli antidolorifici, caddi in uno stato letargico di dormi-veglia. Leggermente abbioccato, aprivo e socchiudevo gli occhi visualizzando ad intermittenza l’immagine sfocata dello skyline di Milano quando, accentuati dal silenzio del quartiere, udii quelli che all’inizio mi parvero solo suoni indefiniti, poi li decifrai meglio come respiri intensi, sino a distinguerli in maniera nitida: erano veri e propri gemiti di godimento! Anche se ancora intontito, ero certo che provenissero dall’appartamento di sotto. Recuperate le forze residue, nonostante soffrissi di vertigini, spinsi sulle ruote andando verso la ringhiera del balcone ma, per paura di sporgermi, non riuscivo a vedere nulla se non il parcheggio del condominio. Decisi allora di affrontare la paura e, spinto dalla curiosità, presi una delle mie due videocamere Sony handy-cam con bastone telescopico e lo fissai con del nastro isolante all’asta avvolgi-tenda del balcone, in modo da creare una sorta di prolunga a forma di “L”. Il balcone di sotto era arredato con grossi vasi e piante che arrivavano al soffitto. Misi il laptop, collegato alla handy-cam, su un tavolino di fronte a me e, sudando freddo, mi posizionai con la carrozzina parallela alla ringhiera. Con la prolunga a penzoloni, usai le piante come copertura. La visuale inizialmente non era il massimo ma, dopo qualche minuto, l’ambiente si mise a fuoco. Rispetto al mio appartamento, la stanza che dava sul balcone non era la sala da pranzo bensì la camera da letto. A fatica riuscivo a direzionare la prolunga, ma la visione che ebbi al monitor diede finalmente un senso ai gemiti che udivo ormai da alcuni minuti e che man mano crescevano d’intensità.

La prima che riconobbi fu Patrizia. Completamente nuda, aveva la schiena appoggiata alla spalliera del letto ed era seduta a gambe aperte. Spettinata e con la testa reclinata all’indietro, si toccava le tette e si strizzava i capezzoli godendo e ansimando a bocca aperta, mentre la sua cliente bionda, con il trucco ormai sbavato e la testa tra le cosce, le leccava la figa. La donna era messa a pecora e dietro di lei Franco la stava fottendo come un martello pneumatico, schioccando ad ogni colpo l’addome contro il suo culo sodo. Notai che Franco, eccetto un po’ di pancia dovuta forse all’età, aveva un fisico abbronzato e massiccio, da uomo di fatica. Le sue grosse mani si alternavano tra lo stringere i fianchi della bionda, palparle il culo e pastrugnarle le grandi tette rifatte. Con la paura di cadere, tirai su la handy-cam e ne aumentai zoom e risoluzione, per poi continuare a spiarli. Ora Franco era disteso sul letto e Patrizia, che gli sedeva sulla faccia, era intenta in un un intreccio di lingue con la bionda, impalata a gambe aperte a mo’ di rana sul cazzo di Franco. Lui, intanto, le schiaffeggiava le tette, pizzicava i grandi capezzoli scuri e la sgrillettava col pollice. Le due donne si muovevano in simbiosi, ma mentre Patrizia cercava ardentemente di limonare la bionda, quest’ultima, di tanto in tanto, si staccava reclinandosi all’indietro e, appoggiandosi con le mani sulle gambe di Franco, gridava:

“Ahh… Siii, oddio.. non resisto più.. ooohhh”

Dalla voce, dai gemiti intensi e dal tremolio delle gambe capii chiaramente che stava venendo. Facendo attenzione sollevai la handy-cam per paura di essere scoperto; per un attimo i gemiti cessarono per poi riprendere subito dopo. Ricalai allora la prolunga. Adesso era la bionda a stare distesa, con Patrizia seduta sulla sua faccia. Dondolandosi avanti e indietro, si faceva leccare figa e buco del culo, mentre con le mani si teneva aperte le chiappe esclamando con voce suadente:

“Ahh, ..siii ..cooosì, mangiala bene, troia! Ti piace la mia figa eh! ..Guarda che razza di maiala che sei!!”

Non potevo davvero credere che fosse la stessa persona che, solo qualche sera prima, parlava in toni amorevoli di nipotini e gite con la parrocchia… Franco intanto pompava imperterrito la bionda, tendendole le gambe appoggiate sulle spalle. Da quella posizione mi era possibile inquadrare il suo cazzo e vedendolo ne rimasi stupito, non tanto per la lunghezza quanto per il calibro: aveva una mazza di tutto rispetto. Mentre la fotteva come un toro, le prese le caviglie e le divaricò le gambe; dopo pochi colpi, portandosi i piedi sul viso si mise prima ad annusare e poi a leccare avidamente le dita smaltate di nero della donna. Trascorso qualche minuto, uscito da lei, usò i suoi piedi per segarsi il cazzo completamente in tiro e lucido di umori vaginali.

Patrizia sparì dalla scena e vidi Franco mettersi in ginocchio, a fianco della bionda distesa. Prima limonarono intensamente per qualche minuto, poi lui, con la mano sinistra le raccolse i capelli portandole la testa verso il cazzo, mentre con la destra iniziò a sgrillettarle e ararle vorticosamente la figa per farla squirtare. Dall’inquadratura potevo solo vedere la schiena dell’uomo, ma ero certo che lei lo stesse spompinando a tutta gola. Vedevo la chioma della donna andare avanti e indietro così come il braccio di Franco, ficcato in mezzo alle gambe tremolanti di lei, dalle quali ogni tanto sgorgavano potenti zampilli a mo’ di fontana. La paura e il senso di vertigine iniziavano a salire, issai allora la prolunga e continuai ad ascoltare. Sentii che andarono avanti per un’altra mezz’ora buona e quando avvertii un poderoso grugnito, fu il segno eloquente del fatto che anche Franco fosse venuto.

Erano ormai passate le sei e, prima che Anna rincasasse, ebbi il tempo necessario per rivedere la registrazione video meditando a mente fredda sui nuovi inquilini del piano di sotto. Già.., perché quella che fino poche ore prima ero convinto fosse solo una tranquilla coppietta di cinquantenni quasi prossimi alla pensione, in realtà si era rivelata una coppia di ninfomani infoiati. Per carità, in fin dei conti non facevano nulla di male pensai, anzi.. buon per loro. Tuttavia, per una frazione di secondo, mi pervase uno strano brivido lungo la schiena, forse dovuto al fatto di aver scoperto questa loro duplice personalità segreta, quasi alla “Doctor Jekill e Mr. Hyde”.

La sera stessa evitai di raccontare ad Anna quanto accaduto nel pomeriggio, le accennai solo dell’invito di Patrizia per la serata di sabato, senza celare del tutto la mia perplessità e incertezza sul presenziare o meno all’incontro. Lei fu invece molto entusiasta, dicendo che le sembrava un’ottima idea, vista la piacevole serata della settimana precedente e dato che ormai frequentavamo di rado amici e parenti.

Covai quello strano senso di perplessità sino a sabato arrivando addirittura, nel tardo pomeriggio, ad inscenare un vago mal di testa nel tentativo di indurre Anna a rinunciare. Lei però, che aveva passato tutto il giorno a preparare con cura “finger food” da servire per l’aperitivo, era radiosa in volto come non mai e dopo essersi fatta ancor più bella indossando uno dei suoi cortissimi vestitini rossi a tubino (il rosso è sempre stato il suo colore preferito), cercò in tutti i modi di tirarmi su di morale convincendomi che una bella cena in compagnia sarebbe stata un toccasana per il mio mal di testa.

Continua…

 

2 Comments

Leave a Reply