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Racconti Trans

Two black men for me

By 17 Aprile 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

L’appuntamento era un po’ fuori Roma con un certo Tonyduro (questo il suo nick), dalle foto un bel pezzo di maschio.
Mi eccita sempre guidare in minigonna e tacchi a spillo così percorrevo quella strada, che avevo fatto tante volte di giorno per andare fuori, con una prospettiva del tutto differente e piacevole fra le gambe.
Mi venne in mente che di giorno, ad un certo punto della strada, vedevo sempre dei neri sostare al bordo della strada, nei pressi di un piccolo centro abitato, chissà se ci sarebbero stati anche a quell’ora di sera.
Il “tarlo” della svergognata puttana che &egrave in me cominciò a farsi strada.
Mi stavo avvicinando e già da lontano vedevo delle sagome scure, l’adrenalina stava salendo incontrollata.
Quelle come me conoscono quei momenti in cui si mescola la tua voglia di farti sbattere duramente, la paura di incorrere in una brutta avventura, il timore di trovare gente sporca, sgradevole ma anche la forte voglia di proibito, di perverso.
Ero ormai alla loro altezza, c’erano due neri seduti su una panchina che chiacchieravano fra loro. Cercai di concedermi mentalmente una “via di fuga”, pensai “se non mi piacciono tiro dritto”. Ma quale via di fuga, non posso barare con me stessa, la voglia di cazzo nero &egrave voglia di cazzo nero, non si scappa molto facilmente.
Mi fermai alla loro altezza, abbassai il finestrino e gli feci segno di avvicinarsi.
Si avvicinò uno soltanto dei due. Alto, robusto, rasato, naso molto largo, pelle molto scura. La prima impressione non era pessima.

Sporse la testa un po’ dentro il finestrino e mi sorrise.
– Ciao, parli italiano? – dissi io
– No, poco
– French?
– No
– English?
– Yes english, yes
Cazzo, speravo proprio di farmi capire meglio, non sapevo cosa avrei combinato con il mio inglese scrauso.
– Is this the way for Riano?
– Yes it is.
Vedevo con quanto desiderio stava guardando le mie cosce, inguainate in calze a rete, che sporgevano dalla microgonna jeans e, per giunta, il mio inglese non mi permetteva di girarci tanto attorno perciò andai subito al sodo
– Do you want come with me?
– Yes, gladly babe (gran sorrisone)
– Is there a your friend? – gli chiesi indicando il suo amico
– No, he is my brother Geoffrey.
– Ok, well, ask him if he wants come with us (sentivo dentro di me una rivoluzione nelle viscere mentre dicevo sfrontatamente queste cose in un pessimo inglese)
Gli fece un cenno e quello arrivò subito, si dissero qualcosa nella loro lingua, risero forte e salirono, il primo davanti ed il fratello dietro. Il fratello era più giovane e un po’ più basso, larghe spalle e collo taurino, ma si somigliavano molto.
Feci un sorriso di circostanza e partii.
– And wat’s your name? – chiesi a quello con cui avevo parlato
– My name is Amama, we are from Uganda
Speriamo bene, pensai, in Uganda se non sbaglio l’omosessualità &egrave vietata, non vorrei che si mettessero in testa di “punirmi”.
Mi montava una forte emozione nello stomaco mentre pensavo alle parole per chiedere quello che mi interessava ma, pochi preamboli, non potevo che essere diretta e “basic”
– Do you like sex with me? e dicendolo, guardai sorridendo Amama negli occhi per capire la reazione mentre la mia mano scivolava sul suo sesso.
Fece una grande risata ammiccando al fratello e disse
– Ohhh yeeess, we like very much!
Mamma mia ormai ero in ballo, non potevo più tirarmi indietro. Stavo per appartarmi con due negroni mai visti primi. E se mi avessero malmenato e poi rapinato?! Dio che strizza mi stava prendendo.
Intanto però le sue mani stavano percorrendo le mie cosce ed il fratello da dietro aveva scostato la mia t-shirt ed afferrato i miei capezzoli. Questa purtroppo &egrave una cosa che mi manda fuori di testa e mi fa cadere ogni resistenza.
Alla prima traversa che trovai mi imbucai e appena trovato uno spiazzo a destra mi fermai.
Amama aveva già il cazzo di fuori, era lungo ma non grossissimo e sentivo che l’odore era molto forte, sbirciando dietro vidi che Geoffrey stava nelle stesse condizioni ma il suo cazzo era veramente enorme. Ne ebbi paura.
Gli feci capire di uscire dalla macchina e lo fecero. Seduta, rivolta verso fuori, me li trovai davanti tutti e due. Cominciai ad avere un po’ di paura ma l’eccitazione era a mille. Ne presi uno in ciascuna mano e cominciai a segarli, li sentivo ansimare ed i loro cazzi indurirsi mentre si avvicinavano sempre di più alla mia bocca, finché sentii Amama dire imperiosamente
– Suck bitch! – ci siamo, pensai, ma non me la sentivo di succhiarli a pelle, così presi due preservativi e provai a dire
– Please I ask you to put these, I pray you? Non sapevo se stavo dicendo le cose giuste e, soprattutto, se si fossero rifiutati non avrei potuto ribellarmi, invece con mio sollievo li presero e se li misero subito. A quel punto presi a succhiarli avidamente e mentre ne succhiavo uno mi strusciavo l’altro sul viso.
Ormai però erano durissimi e sapevo da un momento all’altro cosa sarebbe successo ed infatti mi fecero uscire dalla macchina, Amama si sedette al mio posto e mi fece chinare con la bocca sul suo membro. No, cazzo, non volevo che cominciasse Geoffrey ad incularmi con quell’affare enorme ma mi sentii persa perché non sapevo come dirglielo, oltretutto Amama mi premeva la testa sul suo cazzo impedendomi di parlare.
Riuscii soltanto a prendere a tastoni il lubrificante dalla borsetta e, versandomelo nella mano, cercai da dietro il cazzo di Geoffrey, lo trovai e glie lo lubrificai, poi ne spalmai nel mio buchino. Oddio, avrei voluto dirgli di fare piano ma non trovavo assolutamente le parole.
Lo sentii appoggiarsi alle mie chiappe e farsi strada, sentivo la sua cappella dilatarmi il buco, poi all’improvviso, con un colpo di reni, entrò tutto in un colpo. Se non avessi avuto un cazzo in bocca il mio urlo si sarebbe sentito a mezzo chilometro. Mi fotteva con forza e tutti e due mi dicevano tutto quello che era possibile nella loro lingua. Io non capivo niente ovviamente, anche perché il dolore mi aveva fatto quasi svenire.
Mi maledivo per aver permesso a quei due energumeni neri di farmi questo, speravo solo che si addolcisse quel dolore lancinante e piano piano successe, ci volle un po’ ma il mio culo e la mia troiaggine erano riusciti a sopportare anche quel cazzo così enorme ed ora ne provavo piacere. Mentre m’inculava poderosamente Geoffrey mi afferrava i capezzoli e me li strizzava, l’altro invece mi scopava la bocca con un ritmo forsennato e facevano tutti e due dei rantoli bestiali. Un rantolo più prolungato di Geoffrey mi fece capire che era venuto.
Scostai la bocca e dissi ad Amama
– Come on in my ass Amama, I bag you
Subito passò dietro e fece né più né meno quello che aveva fatto il fratello, un colpo secco ed era tutto dentro. Evidentemente dalle loro parti si usa così. Certo stavolta il dolore fu quasi inesistente perché il fratello mi aveva dilatato a dovere. Mentre mi scopava con forza, Geoffrey entrò dall’altro sportello e mi venne davanti mostrandomi che il suo cazzo non si era afflosciato per niente.
Gli diedi un altro preservativo, lo indossò, mi prese la testa, me l’avvicinò al suo membro e me lo mise in bocca. Ero di nuovo “piena” di cazzi davanti e dietro! Carne bianca in mezzo a carne nera! Che meraviglia!
Non so quanto durò perché ormai ero nella confusione e nell’orgasmo più assoluto ed avrei voluto che non finisse mai. Non mi accorsi nemmeno che anche Amama aveva sborrato, lo capii soltanto perché me lo sfilò dal culo lasciando il posto di nuovo a suo fratello.
Geoffrey mi inculò di nuovo per un tempo interminabile, stavo godendo come mai prima, pensavo che non avrei mai voluto cazzi più piccoli di quello, avevo già dimenticato il dolore iniziale. Lo incitavo, un po’ in italiano un po’ in inglese
– yes, yes, fuck me, dai più forte, what a wonderful big dick, dai scopa la tua puttana, I am your bitch, fuck me, fuck me.
E purtroppo ad un certo punto venne di nuovo e mi lasciò esausta accasciata sul sedile dell’auto.
Dopo un po’ ci ricomponemmo e senza dire nulla, rimontati in macchina, tornai dove li avevo caricati. Li lasciai dicendogli soltanto “tank you for this beautiful evening”.
Appena ripartita chiamai Tonyduro.
– Ciao Tony, mi devi scusare ma ho avuto un contrattempo faccio ancora in tempo a venire da te?
– Sì certo, ti aspetto.

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