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Racconti Trans

Vita col Trans

By 27 Febbraio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Pare che sul nostro Amico, che ha voluto firmarsi Cornuto_roma, qualche episodio abbia avuto un peso particolarmente notevole, ma, a mio avviso, pare anche che il suo carattere e la sua semplicità bonaria, in fondo, gli riservi avventure sempre a lieto fine… potremmo dire.
Se vi va, assaggiate la sua nuova confessione e godetevela come ho fatto io.

 

Un sabato sera decisi di ubriacarmi, visto che la mia ragazza dopo 4 anni insieme aveva pensato di andare a letto con alcuni dei miei amici… proprio quelli che frequentavano più intimamente casa nostra. Quindi mi ritrovai solo e amareggiato, quella sera.
Avevo appena parcheggiato nel vicolo, dietro al mio locale di bevute, quando sentii gridare. Mi spostai in fretta: erano due coglioni che in modo evidente stavano molestando una ragazza. Gridai loro di smetterla ma quelli, ridendo sguaiatamente, mi vennero contro. Io non sono uno sprovveduto e mi alleno sin da ragazzo in lotta da strada e cosi, in pochi istanti, li misi a terra, guadagnandomi solo qualche sbucciatura.
La ragazza, evidentemente, aveva avuto paura; le dissi che era meglio andar via da li.
Se si fidava potevo accompagnarla in auto e lei accettò, grata.
In macchina iniziammo a chiacchierare ed ebbi una “bella” sorpresa. Lei era veramente una tipa spettacolare: alta, magra, vestita in maniera abbastanza provocante e con tutte le forme eccitanti al punto giusto, eppure non era del tutto donna: era un trans. Non avevo niente contro la categoria… ma davvero mi lasciò senza parole.
Lei però non faceva il “mestiere”, lavorava in un Bar notturno come Bar Lady.
Una parola tira l’altra, forse entrambi avevamo bisogno di chiacchierare un po’ quella sera. Non era tardi; invece di riportarla a casa decidemmo di andare a ballare. Ci divertimmo un po’, sentimmo della bella musica e, finalmente, sul tardi la accompagnai a casa sua.
Ormai era quasi l’alba:
– Per me non ci sono problemi, se ti va puoi benissimo riposare un po’ da me, se sei stanco. – mi disse cordialmente e senza secondi fini. Accettai con piacere. Anche se non avevo esagerato, la stanchezza e le birre rendevano quella prospettiva molto allettante.
Non ricordo nemmeno come arrivai al letto. Dormii come un sasso e mi svegliai nel primo pomeriggio. Ci misi un po’ a far mente locale, poi incominciai a ricordare piano piano.
Lei era già sveglia; anche in T-shirt e pantaloncini era sempre stupenda. Mi portò un buon caffè e poi, gentile, dopo mi ringraziò ancora per la serata precedente.
Più tardi ci scambiammo i numeri e poi andai via, convinto di non rivederla più. Era molto bella e affascinante ma io non avevo alcuna esperienza né interesse per il mondo dei Trans… insomma, non riuscivo a trovare nessun interesse erotico per quella persona, nonostante mi avesse assai colpito in senso estetico. Forse era la novità… forse ero solamente prevenuto.

Intanto le mie cose non erano molto cambiate… stavo “di merda”. Sono un ragazzo abbastanza forte ma sensibile, quando mi affeziono sono fedele e rispettoso. Nonostante sia un tipo che, devo ammetterlo, piaciucchia alle ragazze, preferisco rigare dritto nei rapporti con le mie donne.
Da “cornuto” non è che mi sentissi in gran forma, e poi, non mi aspettavo che la mia lei fosse così troia. In fondo non avevo fatto niente per meritare un comportamento tanto sleale!
Così, alcuni giorni dopo, fui contento di ricevere un messaggio di Francesca (era il nome del mio nuovo “amico” trans), tra l’altro, la mia ex si era scopata proprio alcuni del mio giro; adesso evitavo un po’ tutti. Ero a disagio, non sapevo chi sapeva e cosa… quindi me ne stavo un po’ in disparte.
“Ciao, stasera finisco alle nove, più o meno, ti va di bere qualcosa insieme?” risposi ovviamente di sì.
Quella sera stessa prendemmo delle cose in rosticceria, lei a casa aveva dell’ottimo vino. Scelse una bottiglia di bianco frizzante: perfetto per l’abbinamento con le sfizioserie.

Parlammo a lungo, anche del mondo dei trans, del quale, onestamente, sapevo veramente poco. La cosa che compresi, essenzialmente, è che molti di loro, in effetti, sono femmina dentro… operazioni, tagli, cure, addirittura “torture” estetiche, per me inconcepibili, per loro erano come un’esigenza che veniva da dentro, dal profondo. Una sensazione terribile di essere sbagliate, e la certezza di non avere alcun sentimento simile a quello di un uomo.
Il resto, la vita difficile che vivevano, la prostituzione diffusa, erano per lo più legati alle esigenze della vita; alla forma; al marchio sociale che, comunque, dovevano portarsi addosso… ma, in realtà, per loro il sesso era sentito con la stessa frequenza, le stesse pulsioni di una donna. I loro veri desideri e sogni, invece, erano indirizzati verso una vita quotidiana tipicamente femminile, quasi da massaia.
Amavano tenere la casa pulita, ordinata; spesso erano bravissime in cucina e, le più fortunate, erano dotate di senso artistico e buon gusto, tant’è che, chi ne aveva avuta l’opportunità, era diventata ricca e famosa!
Come ho detto ero molto solo e, pian piano, cominciammo a frequentarci abbastanza regolarmente, ma come amici. Anche se ormai l’ammiravo senza mezze misure: era stupenda e piacevole e, spesso, non ci pensavo proprio che, nascosto in mezzo alle cosce, avesse un coso maschile; però ancora non riuscivo a immaginarmi mentre la baciavo o, magari, mi rotolavo sul letto abbracciato con lei. Non ero abituato a “pensarla” così.
Poi venne lo sfratto.
Dovevo cercarmi un altro appartamentino… ma Francesca mi disse con trasporto sincero:
– Ebbé, che problema c’è? la mia casa è molto grande, lo sai… vieni a stare da me, per un po’, poi decidi con calma cosa fare.
Alla fine non potei che ringraziarla:
– Però accetto solo se dividiamo le spese… da buoni amici, d’accordo?

In verità non ero mai stato tanto bene con una ragazza.

Era una convivenza piacevolissima… e poi, a me costava una cifra ridicola, visto che non esistevano problemi di lavanderia, per il mangiare e persino nessuna preoccupazioni per il parcheggio. Lei aveva un garage che non sfruttava, a disposizione.

Francesca, quando non lavorava, era felicissima di dedicarsi alla casa e mi trattava con la stessa deferenza di un uomo di casa dei primi del novecento… mi portava persino le pantofole, quando rientravo.

– Ehi, Fra’ – le dicevo – così non va bene! Io non sono il “padrone di casa”…

Ma lei se la rideva.

– Infatti sei un cretino! Ma non capisci? per me è una gioia poter fare tutte queste piccole cose per un uomo. Ma un uomo vero, però, dolce e affettuoso… – abbassò lo sguardo – Per noi non è facile; la maggioranza, scoperta la nostra fragilità, se ne approfitta… ci prende male, cerca di sfruttarci. Si comportano da veri maiali!

 

Intanto, devo ammettere che Francesca, non era sempre in T-shirt o in pigiama, per casa, vestiva spesso bene, in maniera femminile, a volte provocante. La sua biancheria intima era uno schianto e lei, non so dire con quanta malizia, sapeva come sfoggiarla, fingendo di girare per casa, a volte seminuda, con la scusa che, davanti a me, non provava alcuna soggezione. Io, al contrario, cominciavo a… provare… a provare “cose” sempre più spesso. E ammetto che, a volte, quando ce ne stavamo sul divano a guardare la tele o a chiacchierare ascoltando musica, il cazzo mi veniva duro alla vista delle sue forme, estremamente femminili e completamente depilate.

 

Così, una sera che io rientrai particolarmente stanco, stravaccai sul divano dopo una rapida doccia. Francesca si offrì di massaggiarmi un po’ la schiena.

– So fare un massaggio con i gomiti che, vedrai, fa miracoli!

Accettai molto volentieri; tra l’altro era tanto che non provavo un contatto fisico… onestamente, avevo veramente bisogno di un po’ di coccole.
Fra’ indossava una maglietta di cachemire bluette, senza reggiseno… non chiedetemi come fosse possibile, ma posso garantire che aveva un paio di tette meravigliose, una terza perfetta, con capezzoli invitanti, duri e puntuti. Sotto indossava dei boxer da donna, molto carini e, ovviamente, senza il taglio nella patta.

Le luci erano soffuse e il divano accogliente e caldo. Il suo massaggiare era rude e dolce al tempo stesso, a furia di sfregarmi la schiena un intenso calore mi prese  al basso ventre, quando lei mi chiese di voltarmi, titubai un momento; anch’io ero in mutande e il mio coso era ritto e in tiro.

Fra’ dovette vedere, e capire, ma non disse niente. I massaggi si fecero carezze e lei si fece sempre più vicina, finché venne giù e mi posò le labbra sulle mie…

Dopo, fu un bacio dolcissimo anche se rapido, che acuì la mia eccitazione.

Non c’era nient’altro da pensare… ora solo il desiderio dominava tutto il mio essere, il cazzo mi esplodeva, anche per la lunga astinenza, e lei era dolce, liscia, tenera come la più bella delle donne.

Ci fissammo negli occhi, anche lei mi voleva… i baci successivi furono colmi di passionalità, mentre con le dita adunche e bramose ci cercavamo i vestiti per toglierci dall’impaccio.

Poi Frà mi trovò il cazzo e lo strinse forte nella mano, lei era sopra di me; mi bastò abbassare la testa per baciarle, leccarle e succhiarle i seni turgidi.

Lei iniziò a scendere e salire con la mano storta, masturbandomi in modo evidentemente … preparatorio. Credevo che poco dopo sarebbe scesa verso il basso per prendermelo in bocca… ma non lo fece.
Probabilmente si dannava da giorni, anche se provava a resistere: capii che, per prima cosa, voleva sentirsi tutta mia.

Inaspettatamente sotto i suoi pantaloncini leggeri, lei aveva una seconda mutandina, nera di pizzo, a perizoma. Le chiappe lisce come quella della più amabile delle femmine e morbide, arrendevoli, erano in bella mostra, a disposizione delle mie carezze, ma il suo pene era racchiuso negli slippini, davanti, che lo nascondevano come una coppa… sembrava quasi avesse la vulva… una vulva molto rigonfia e sviluppata.

Francesca si voltò e si mise in piedi, al mio fianco, leggermente prona. Ogni tanto guardava dietro, come ammiccando, invitante.

Dal divano iniziai a carezzarle il culo, passando la mano anche sotto il sottile filo delle mutandine, sentire lo spacco sotto i polpastrelli mi caricò di mascolinità, divenni quasi aggressivo.

A volte con le ragazze avevo inculato ma era sempre stata una specie di… conseguenza del sesso, dell’amore. Un gioco come tanti. Quelle a cui piaceva lo gradivano e, insieme a loro, ne godevo.
Ma quella volta, con Fra’ era diverso, oltre al desiderio, mi sentivo infoiato, arrapato dalla sua attesa del mio cazzo. Si guardava ogni tanto alle spalle come se volesse valutare quando ancora le restava prima di essere impalata…

La volevo sotto, la volevo sfondare, la volevo profanare: come per rompere quell’incantesimo, quell’amicizia insulsa; io ero il suo maschio, basta ipocrisie, adesso dovevo scoparla per bene, fino all’ultimo, fino all’estremo.
Mi voltai e sedetti, senza false ritrosie mi fiondai dietro il suo culetto e, spostato il filo di stoffa, le baciai le chiappe, poi il culo, infine le leccai l’ano, morbidissimo e cedevole.

Il mio pescione non era mai stato così gonfio e affamato, le sputai nel culetto e mi misi in piedi. Lei si abbassò ancora di più… e fu questione di poco, glielo ficcai tutto dentro fino ai coglioni.

Francesca accusò il colpo ma senza un lamento, forse le piacque sentire un po’ male.

Si poggiò con le mani sul tavolino mettendosi del tutto a pecora, mentre ancora teneva il cazzo tutto in corpo.
Inizia a chiavare con tutta la decisione. Mentre la tiravo per i fianchi meravigliosi lei stringeva le chiappe per farsi sentire ancora di più…
Era esperta. Quando capì che avrei potuto venire anche subito, sgusciò da sotto allo stantuffo, lasciandolo penzolare nell’aria.

– Aspetta, amore – disse – non avere fretta… ne voglio un sacco, stanotte!

Si voltò e ci baciammo in piedi, quando mi vide più calmo, si abbassò e sedette a sua volta…

– Me lo voglio mangiare tutto – disse – è troppo che ti desidero…

Cominciò a leccarlo con passione, dirigendolo con le mani a favore dei suoi baci.

Leccava le palle, leccava e baciava i lati dell’asta, con la punta della lingua mi lavorava il glande rubizzo, e poi mi faceva la pompa. Ne prendeva prima poco, poi tanto… fino nel profondo della gola, sembrava assetata del mio cazzo.

Dopo riprendemmo l’inculata ma stavolta dirigeva lei.

Spostammo il tavolino e mi distesi sul tappeto, lei si voltò, e di spalle, si chinò sul pescione, infilandoselo da sola nel sederino. Penso che fece così, affinché io vedessi tutto e bene. Poi si voltò, di fronte a me, e con le mani sul mio petto, si rimise il cazzo nel culo, senza nemmeno usare le mani, lo catturò direttamente con una specie di danza arrapante.
Riprese ad andare su e giù, mentre io le martoriavo le tette…

Poi mi chiese se mi dava fastidio se si liberava delle mutande… io ormai non me la sentivo di contrariarla… nonostante i miei pregiudizi, Francesca mi aveva dato tanto, mi aveva dato tutto!

Le dissi che era ok, anche se avevo un po’ di titubanza.

Con sgomento mi accorsi di due cose contemporaneamente, la prima è che ssotto la coppa del perizoma Francesca nascondeva una cazzo superbo; era barzotto, non durissimo… ma, la seconda cosa che scoprii, era che vedere quel suo coso bruno e ballonzolante, non mi dava alcun fastidio, anzi, mi eccitava da morire.
Lei sedette nuovamente sul pene; ora era un ossessa e si vedeva che non si dedicava solo al mio piacere ma anche al suo… socchiuse gli occhi e mentre scendeva e saliva dal cazzo in maniera dolce e ipnotica, si cominciò a masturbare.

Dall’estasi sul suo volto bellissimo capii che voleva venire.
– Posso? – mi disse con voce roca, rotta dal piacere.

– Sì, sì, fa ciò che devi… – dissi senza pensare a niente.
Allora Francesca si poggiò sulle ginocchia, in modo che di mio, nell’ano, accoglieva solo la “capocchia”… allora, il suo cazzo s’inturgidì e divenne grosso e duro, quasi più grosso del mio, che non ce l’ho certo piccolo.
Si trastullava velocissima; io le stringevo le zinne, ma non osavo toccarla più in giù.

Pose la sinistra a coppa, sotto, il suo pene pronto… capii e le spostai la mano.
– Non ti preoccupare, vieni libera, vienimi sulla pancia. Voglio sentire il tuo piacere.

Era verò. Qualcosa dentro di me aveva spostato il mio concetto di desiderio; non avevo il coraggio di toccarla ma vedere il suo cazzo mi piaceva, mi eccitava, e non saprei dire perché, ma avevo voglia del suo sperma.

Fu così che lo provai! Provai la sensazione, tutta femminile, di sentirmi sborrata addosso. Francesca non veniva da giorni, anche lei, così la riserva era “piena” e gli schizzi partirono copiosi, fino al mio viso e incredibilmente alla mia bocca.

Il suo sapore era incredibile e nuovo per me, ero troppo eccitato per “schifarmi”, me lo tenni sulla lingua senza vergognarmi.
Frà dovette amarmi molto per come mi comportai. Nonostante fosse venuta, si dedicò tutta a me, come fosse ancora più eccitata.

Riprese a ficcarsi il mio pene mollemente, metodicamente, finché, mantenedo sempre lo stesso, inesorabile, ritmo, mi fece venire tutto dentro.
Col cazzo fisso, ben piantato nel culetto, piena del mio seme, si chinò e ci baciammo a lungo, come due veri innamorati.

Non sapevo come definirci… ma lei semplificò le cose e mi disse se ci volevamo mettere insieme, sul serio, almeno per un po’. Accettai, anche se non sapevo bene come gestire questa cosa.

Diventammo amanti, diventammo affiatati, lei mi insegnò un sacco di cose sul suo modo di vivere il sesso.

Mi spiegò, ad esempio, perchè le piacesse venire sempre prima di me. Mi spiegò che così, lei non provava più niente della sessualità maschile: la voglia di schizzare, di inseminare, tipicamente virile. Dopo sborrato, lei diventava solo oggetto di piacere, sottomesso e prono al mio cazzo, e questo la faceva sentire più femmina che mai.

Essere la “donna oggetto”, il terrore nella mentalità per le ragazze di oggi, rappresentava per lei una gioia infinita e un enorme soddisfazione sessuale.

 

Il tempo passava, diventammo una bella coppia, frequentavamo anche nuovi amici.

Ma intanto sentivo che nel nostro rapporto mancava qualcosa… la mia ritrosia nei confronti del suo pene, nell’intimità era diventata insopportabile. Era ovvio che passando ore d’amore insieme, dormendo nello stesso letto, spesso nudi, il suo sesso fosse sempre a portata di mano, ed io passavo il tempo a schivarlo cercando di non sembrare offensivo.

Il mio blocco era solo psicologico, ormai le volevo molto bene, avrei fatto di tutto per lei, ma non trovava il coraggio per sbloccarmi. Ovviamente ne avevamo anche parlato, tra noi. Lei mi disse che non mi avrebbe mai forzato, anzi, aveva paura che io, per questi motivi, la lasciassi. Però, altrettanto sinceramente, le sarebbe piaciuto che tra noi non ci fossero più ostacoli, nessuna ritrosia.

Insomma una vera coppia non dovrebbe avere zone off-limits o zone erogene tabu!

Aveva perfettamente ragione, lo sapevo.

 

Era quasi estate, eravamo andati a ballare in una di quelle discoteche di fronte alla spiaggia. Ogni tanto le coppiette si appartavano nel buio discreto, lasciandoci la musica alle spalle.

Quella sera la presi per mano e la portai vicino al mare. Ci baciammo, poi iniziai a tirarle su la minigonna di latex. Lei lasciava fare, non si tirava mai indietro quando volevo farmela… ma rimase molto sorpresa quando, invece di voltarla, le cercai sotto le mutandine e le presi in mano il cazzo.

La sentii trattenere il respiro, ma non disse niente, solamente mi baciò con magior passione. Ma io lasciai la sua bocca e, lentamente, mi misi in ginocchio. Una cara amica mi aveva insegnato… per prima cosa, scesi molto sotto linguine e mi misi a leccarle lo scroto, teso e piccino. Sentivo l’asta, turgida, a pochi millimetri dalle labbra.
Lo baciai, finalmente. Baciai il suo cazzo, caldo e spesso, una vera asta, e invece di provare ritrosia, mi accorsi che l’eccitazione mi insegnava a lasciarmi andare, così salii e quando mi trovai il glande di fronte, chiusi gli occhi e lo presi in bocca.

Non le feci altro, solo il pompino. Su e giù, era facile, e il cazzo che scivolava sulla lingua era buonissimo. Lei impazziva e si dimenava per il piacere… cercò di levarmelo di bocca, ma io capii e la tenni per le natiche.

Lei non si poteva più fermare e… venne. Venne copiosamente riempiendomi di sborra. I ruoli si erano invertiti, mi ripagava, finalmente, con lo stesso liquido che, per settimane, le avevo depositato in culo e in bocca, quasi tutti i santi giorni!

Era tanto per una sola sera… non volevo fare altro, ma lei mi voleva ringraziare ad ogni costo. Si voltò e, appoggiandosi, su una barca mi offrì per l’ennesima volta il culo.

Il sapore dello sperma era ancora nella mia bocca, inutile dire che la cosa mi aveva fatto intostare e non rinunciai, la scopai il culo con un po’ di rabbia in più del solito… dopo tutto “il mio amore” mi era appena venuta in bocca… La inculai come si fottono i trans e lei mi accolse felice e sottomessa, fino alla sborrata finale.
Dopo venuto mi girava la testa; persa l’eccitazione non sapevo più se avevo fatto bene o male, né cosa mi aspettava in futuro.

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