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Trio

Nelly e il collega nigeriano

By 22 Ottobre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Ma lo hai visto bene?’, ‘Cazzo me lo farei subito!’, ‘Deve avere un bel pitone di carne tra le gambe, quello!’
Le chiacchiere, tra le quattro zoccole delle mie colleghe, avevano un unico filo conduttore quel giorno; il ragazzo nigeriano che era venuto in visita dalla nuova succursale africana. Non ce ne era una che non se lo volesse portare a letto; single, accompagnate o sposate, sbavavano tutte dietro alla novità maschile ed esotica che ci ritrovavamo dentro la nostra sede.
E come dar loro torto? Era davvero un gran figo e attizzava di brutto anche me. Facendomi ribollire la cosina. Ormai Vicenza e provincia pullulava di extracomunitari di tutte le razze, perlopiù dalla pelle scura. Negli ultimi tre anni parevano raddoppiare di stagione in stagione.
E davano una scossa elettrica agli appetiti sessuali delle ragazze, sempre orientati verso cose nuove. Ma spesso il rischio di una gravidanza indesiderata, e nera, stroncava l’appetito. Molte non potevano buttare giù la pillola, altre odiavano i preservativi, altre ancora si stizzavano al solo pensiero di spirale o altre diavolerie.
Altre ancora decidevano di sbattersene di tutto e se li scopavano lo stesso; salvo poi scoprire che i bastardi erano incredibilmente fecondi, e un solo capriccio tolto te lo ritrovavi dopo nove mesi, senza sapere come spiegare al maritino un beb&egrave caffelatte o nero come il carbone.
Così, il bign&egrave al cioccolato restava il più desiderato dietro la vetrina, ma anche quello che rischiava di costare di più alla dieta.
E quindi, quando si &egrave presentata un’occasione più unica che rara, quando il capo reparto ha chiesto ospitalità per il nigeriano a causa di un disguido in albergo, le colleghe zoccole han perso il tempo del cronometro a raccogliere la mandibola e la bava che scivolava loro a terra. Mentre io, che so essere scaltra e attenta come una donnola quando mi occorre, ho preso la palla al balzo.
‘Può venire a stare da me. Massimo e io abbiamo liberato una cameretta proprio la settimana scorsa!’
Dissi al mio superiore frantumando il silenzio che le altre avevano fatto calare. Il mio sorriso solare ed il tono deciso furono le armi vincenti. Come mio solito.
‘Perfetto! Allora, il problema &egrave risolto, Tikowana. Nelly &egrave un’eccellente padrona di casa, e cucina molto bene. Vedrai che ti troverai benissimo!’
Concluse il signor Riganelli, felice di liquidare la questione.
Non feci caso ai mormorii invidiosi ed acidi alle mie spalle, mentre stringevo la mano del collega estero. Sia perch&egrave le stronze già mi ritenevano una puttanella che apriva le gambe dalla mattina alla sera (visto il fatturato che facevo come commerciale), e sia perch&egrave mi stavo gustando l’occhiata scrutatrice di Tikowana che sembrava spogliarmi da sola. Di riflesso abbassai gli occhi verso il suo pacco, e quando tornammo a guardarci entrambi nelle pupille un attimo dopo, l’aria parve carica di ormoni ed ebbi un’improvvisa vampata di caldo. In macchina ci scambiammo battute e risate, era divertente con il suo italiano stentato ma perfettamente comprensibile. Ogni tanto vedevo gli occhi che partivano a cercare di entrarmi nella scollatura del vestito (che quel giorno era bella profonda, quasi fino ai capezzoli) della mia terza misura piena e morbida. Ma arrivammo a casa senza intoppi. Bench&egrave se avesse allungato le mani non so davvero come mi sarei comportata.
‘Massimo.. abbiamo un ospite a cena!’
Snocciolai sorridente al mio maritino, pensando al tipo di cena che avrebbe invece gradito il nigeriano. Infatti, nonostante si fosse messo a chiacchierare con il mio consorte, notavo come non mollava mai gli occhi dal mio corpo. Mi ero infilata un vestitino leggero e svolazzante, con una scollatura minore ma senza reggiseno. Cosicch&egrave le mie tettone sballottavano ad ogni passaggio, come grandi budini di panna pronti a essere divorati. Un gonnellino sbuffoso mi lasciava libere le gambe nude e perfettamente depilate sin quasi alle natiche. Sotto non portavo nulla; adoravo camminare a piedi nudi sulla moquette di casa. Ambedue i maschi rimasero sorpresi dal mio ostentato déshabillé di carne nuda. Massimo pareva non capire bene la situazione, ma il nigeriano si era allupato di brutto in faccia. Il mio uomo era però ben conscio della mia crescente apatia verso il nostro rapporto. Lui era ancora innamorato perso di me, come se fossimo sposati da poche settimane. E, a modo mio, lo amavo anche io. Però sentivo la necessità di riprovare l’ebbrezza che può darti solo un nuovo amante, e un bel paio di corna messe bene. Inoltre amavo esibirmi, stuzzicare e sentirmi desiderata dai maschi. Cosa che sapevo non dispiacere al mio uomo: lo irritava ma eccitava al tempo stesso, ed aveva finito per apprezzarla. Tanto da arrivare a fantasticare, a letto, sugli uomini con cui lo potevo tradire. Trasformando la sua gelosia in corna immaginarie, ma gradite. Mi sbatteva allora con maggior forza, e il cazzo gli si ingrossava e induriva ancora di più. Restava solo da capire quanto fosse possibile fondere realtà e fantasia, al mio maritino porcello. Ammiccai durante la cena, sorridendogli da civetta, succhiando il cosciotto di pollo con morbosità. Quando mi comportavo così, era il segnale per una imminente chiavata cui la mia passerina mirava grondante. Il mio uomo era allibito, dava dei rapidi sguardi per sotto verso Tikowana, come a ricordarmi che dovevamo andare in bianco a causa dell’ospite improvviso. Lo ricambiavo con risatine da scemetta, guardando a mia volta, con desiderio, il ragazzo di colore. Sotto quella t-shirt e quei jeans doveva avere un fisico scultoreo che incorniciavano un viso scuro da fotomodello. Ricordava vagamente il suo connazionale Francis Obikwelu: il pelato eletto miglior atleta europeo del 2006. Mi sentivo inumidire tra le cosce al solo averlo vicino. Che muscoli.. e chissà che muscolo là sotto!
Alzammo anche un po’ il gomito, con un vinello rosso che andava su di gradi; non certo fino a diventare brilli, ma per spezzare gli ultimi freni inibitori. Con cui snocciolai anche l’intenzione di ospitarlo per la notte, che Massimo incassò sorpreso ma rassegnato alla scopata che andava sfumando.
‘Gli facciamo vedere i filmini che abbiamo girato questa estate, Nelly?’
Disse ad un certo punto Massimo.
‘Buona idea! Andiamo in salottino, ti piaceranno.. sono sicura!’
Feci al cioccolatino africano invitandolo per mano. Lo anticipai di qualche passo iniziando a sculettargli sotto il naso, e questa volta l’occhiata che diedi al pacco fu voluta ed intensa; un volume crescente tradiva la sua eccitazione, mentre lui grugniva voglioso.
Mi sistemai sul divanetto, in mezzo a loro due. Con Tikowana alla mia destra, spalla al muro, e Massimo alla sinistra.
Mio marito si avvicinò a sistemare la cassetta sotto il televisore, e io mi sistemai meglio poggiando la coscia nuda sulla mano del ragazzo africano; era bollente come la sabbia del deserto e mi diede subito un brivido. Quando Massimo riprese il suo posto, non vista, la mano iniziò a salirmi lenta sulla culatta.
‘Interessante si… posto di mare!’
Sbiacicò l’amico nero facendomi ora scivolare le dita tra le natiche e giocando con lo slip. Non opposi resistenza, troppo infoiata dalla situazione che diventava scabrosa.
‘Mi sa che &egrave l’altra cassetta, Massimo.. questa qua l’abbiamo girata appena arrivati..’
‘Già… forse hai ragione. Ok, la cambio subito…’
Rispose lui accucciandosi al televisore a qualche metro da noi e dandoci le spalle.
Le dita di Tikowana si infilarono sotto lo slip, come piccoli serpentelli neri ansiosi di azzannare la preda, in un batter d’occhio. Raggiunsero le grandi labbra, trovandole schiuse e fradice della voglia che avevo di lui: in quell’istante ero già sua. Dovetti socchiudere gli occhi e mordere il labbro inferiore con i denti per evitare di gemere il mio piacere.
Poi, Massimo tornò a sedersi accanto a noi. E nello stesso momento, il nigeriano infilò sfrontatamente il medio dentro la mia passera zuppa.
‘Cazzo! ma non &egrave nemmeno questa! Vuoi vedere che sono rimaste in garage..?’
‘Vai a vedere allora, no..?’
‘Molto fonda la zona, io scommetto..’
‘Si… Tikowana.. ci navigavano bene anche grosse barche..’
Gli risposi, tesa come la corda di un violino, mentre il dito mi rovistava il buco ondeggiando fino alla nocca. Sperando nell’ingenuità del mio consorte.
‘Aspetta… provo l’ultima.. sennò vado giù!’
Il rituale si ripeteva. Ma ora avvicinavo le labbra umide al lobo dell’orecchio di Tikowana, leccandoglielo.
‘Ti voglio: fammi tua!’
Gli sussurrai troia, con un filo di voce. Ora il suo dito medio era accompagnato dall’anulare. E mi rovistava dentro con decisione e possesso.
‘Barche molto grosse navigano meglio di barchette piccole!’
‘Ne sono sicura… più grandi sono e più sfiorano..uhh.. il fondo….’
La porzione di divano sotto la mia fica, allagata di umori.
‘Macch&egrave! Quella la ho proprio lasciata giù in garage, si vede… Va beh, preparagli un caff&egrave, intanto. Ne avrò per un buon quarto d’ora a cercarla…’
E la mia mente correva a conteggiare il tempo che avevamo a disposizione: tra ascensore di andata e ritorno, come minimo, Massimo si sarebbe assentato una buona mezz’ora abbondante.
Mi tocca anche il pensiero che abbia capito tutto, e che ci lasci soli di proposito. In fondo &egrave un bel porcello, quando ci si mette. E pur di farmi contenta, forse, mi farebbe trapanare da un altro. Il sorrisetto con cui si congeda, la dice lunga sulla possibilità che sia consapevole e consenziente. Non mi frega un cazzo: voglio solo sfogare il fuoco che sento tra le gambe. Che mio marito ci stia o meno.
Lo scatto della porta d’entrata a richiudersi, e con un balzo salgo a cavalcioni sulle cosce del mio collega straniero.
‘Mi fai impazzire….’
Gli dico passandogli le mani sulla nuca nuda e nera.
‘Adesso vedi!’
Risponde, tirandosi giù la zip ed estraendo, con la mano bagna di me, un cazzo duro e scurissimo.
‘Caspita! vedo, vedo.. lo hai bello grosso!’
‘Più del bianco di tuo marito…?’
‘Più, più!’ Gli rispondo, sinceramente ammirata dal tarellone che mi ritrovo vicino alla pancia e che supererà i venti centimetri e passa, per un bello spessore ricco di venature rigonfie e cariche come un fucile ‘Me la riempirai tutta con questo affare, altroch&egrave!’
Da perfetta irresponsabile e troppo eccitata, non gli chiedo neppure di infilarsi un preservativo. E lui si guarda bene dall’idea di limitarsi la ficcata con del lattice. Mi solleva come una bambolina e mi mette con la schiena contro il divano ed il bacino fuori, mi passa le braccia sotto le ginocchia e mi divarica le cosce come fanno i ginecologi.
Messa così lo vedo puntare alla fregna nella sua interezza; un paletto di carne nera che mi fa sgranare gli occhi dallo stupore. Si annusa gli slip che mi ha appena sfilato, e mi toglie il fiato.
Una penetrazione lenta, ma decisa, e lo spinge tutto dentro: le palle gonfie mi baciano le natiche ed il pelo ispido e riccio mi sommerge la peluria di seta scura del mio sesso.
‘Ohhhh…caaaazzoooo !!!!’
Gemo con voce roca, trafitta dal paracarro oscuro inarco la schiena.
Basta l’inizio a farmi arrivare all’orgasmo.
Poi, lui inizia a muoversi dentro. Su e giù, su e giù. Sempre lento, ma vigoroso. E nostante la goduta, mi torna subito una gran voglia.
‘Besssstiaaaa… se lo hai grosso, amore!!!’
‘Adesso ti faccio male!’
Mi dice con un impeto di aggressività. Sono già senza forze, e lui ha appena iniziato. Sono tutta piena come mai lo ero stata in vita mia.
Prende a pomparmi, ora con vigore, ansimando. Mi sbatte le reni contro il divano e oscillo da capo a piedi.
‘Ahh… ahhhh… achh… acchhhh…. ahhhh… ahhhhh…’
Latro a piena voce, pregando che non mi sentano fuori dall’appartamento. I vicini o Massimo in garage. E lui aumenta i colpi con forza e mascolinità. Da anni non trovavo un maschio che mi arrivasse tanto in profondità nell’utero. Solo un paio di ex, uno dei quali rimpiango ancora oggi. Con cui scopavo anche quando stavo già con Massimo e per qualche mese dopo sposata.
‘Daiii…
ahhhccchhh…
daiii….
acchhhhh…. ‘
Lo incito graffiandogli la schiena, certa che non scorderò la scopata per anni, decisa a godermela fino in fondo.
Perdo la nozione del tempo. Non so da quanto mi sta sbattendo, bench&egrave mi paia un’eternità e sento la fica gonfia.
‘Aspetta, amore…. ti vengo sopra io..’
Gli dico, volendomelo gustare tutto come piace a me e per tirare il fiato.
Esce con il suono di un tappo che sbocca dalla bottiglia; provo un enorme vuoto, mi chiedo quanto me l’abbia dilatata con quel cazzone scuro. Gli vado sopra e calo su quel fallo maestoso e durissimo, una patina biancastra, i miei succhi, lo ricopre
‘Cazzo… ma quanto sono fradicia??’
Mi chiedo incredula, e lo riprendo dentro. Scivolo alla radice, stavolta sentendomi ben aperta fino in cima. E prendo a galoppare. Ormai sono venuta già tre volte, sono allo stremo, ma voglio dargli tutto e raccolgo la volontà per continuare a muovermi sopra di lui, che mi strizza le tette fino a farmi male.
‘Amoreeeee… siiii… mmmm…. mnnnhhh….’
‘Marito tuo gran cornuto…’
Seguita divertito. Ma non mi importa; con un uccello così può dirmi e fare tutto quello che vuole. E infatti lo fa: mi irrigidisco in allarme, girando la testa per il suono dell’ascensore, ma per lui &egrave davvero troppo.
Chiude gli occhi e manda indietro il collo.
Lo guardo un istante, interdetta. Mentre si gode il suo orgasmo.
‘Ehi NO… che cosa faiii…?!?’
Gli mormoro, sfinita dalla galoppata, e vengo un’altra volta.
‘Ooohhh… ooooooohhhhh… mmmmmmhhhhh….’
‘Aaaahhh…..ahhh…..’
Mi fa eco lui. Il suo paletto di carne scura infilato dentro di me fino alle palle, schizza fiotti di sborra calda, sommergendomi l’utero aperto.
Ripetutamente pompa fuori il suo seme africano nelle mie intimità profonde. Mi sento porca e troia, e mi piace un casino. Sensazioni che non avvertivo da troppo e che mi fanno come rinascere.
Mi abbandono contro il suo petto, priva di forze e sudata, dopo che ha finito di svuotarsi le palle nella mia fica.
‘Speriamo… che non mi hai messo… nei guai…’
Gli dico dopo un po’, distrutta ma appagata
‘Speriamo…’
Mi risponde, con un sorrisetto menefreghista e da stronzo che dice tutto da solo. La sborra inizia a scivolarmi fuori ora che il suo uccellone si affloscia, mi stacco e barcollando vado verso il bagno. Quando Massimo rientra ci siamo risistemati alla meglio, gli dico che mi &egrave venuto un grosso mal di testa per giustificare la faccia sbattuta e che ho solo voglia di andarmene a letto. Sono brava a nascondere, e lui pende dalle mie labbra. Così sono abbastanza certa che si beva quello che gli dico, come al solito.
Prima di prender sonno, con l’ospite che già se la dormirà beato per la chiavata, non riesco a fare a meno di sorridere, ripensando alla seratina.
‘Certo che ho superato me stessa. Gliele ho messe sotto il naso al mio maritino!’
Penso, persino incredula dalla mia stessa spavalderia, ma sentendomi, finalmente, di nuovo viva e femmina.
Inaspettata, una mano mi scivola tra le cosce, posandosi a massaggiare con cura le grandi labbra nude, sotto la vestaglia da notte. Ancora gonfie e tumefatte per l’intensa scopata. Sono atterrita dalla inattesa perlustrazione e mi sento irrimediabilmente scoperta
‘Ti amo, adorabile porcellina…’
Sussurra leccandomi un orecchio. Quindi si gira e si mette a dormire.

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