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Trio

Sofia due, l’ospedale

By 19 Febbraio 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Avevo raggiunto i miei 25 anni, già le responsabilità di una donna adulta, un figlio, un marito tenero e affettuoso erano tutta la mia vita.
Il mio fisico ancora perfetto in tutto, poiché il cesareo e il tipo di pelle che mi ritrovo avevano assorbito tutti i segni della gravidanza, iniziò lentamente a coprirsi di puntini ed escrescenze su varie parti. Ad essere maggiormente colpite; la parte sotto il seno.
Decisi pertanto di fare dei seri accertamenti per capirne il problema. Il medico curante si mostrò perplesso durante la visita e mi preparò la prescrizione per il ricovero in uno dei centri più accreditati per questo tipo di problema.
Avvisai mio marito, sistemai il bimbo dai nonni e iniziai a preparare la valigia con tutto il necessario per il ricovero, preparai la biancheria lavata di fresco, le canotte, le calze e le vestaglie, per fortuna avevo tutto a corredo.
Mi recai di buon ora, accompagnata da mio marito in un polo ospedaliero nella zona di Verona, rigorosamente a digiuno per il prelievo di rito, feci la scheda di ammissione, il prelievo, mi assegnarono una stanza con tre letti, sistemai la mia roba nell’armadio e occupai quello più vicino alla finestra, salutai mio marito e iniziai ad oziare sfogliando riviste femminili che mi ero portata.
Eravamo in tre in quella stanza, reparto femminile, malattie infettive. Tutte e tre eravamo molto silenziose e riservate, come a voler nascondere ognuna il suo problema, la più giovane ero io e cercavo di stabilire un minimo di dialogo ma le due signore sembravano ignorare ogni tipo di approccio che tentavo.
Quella del primo letto era una bruna di circa 45 anni, un fisico trascurato dai capelli malfatti alle unghie, anche quando si alzava per andare in bagno non era un bel vedere, le gambe ricoperte da cellulite e il seno sceso parecchio, quella del letto centrale poteva avere una decina di anni meno di quella di primo letto e una decina più dei miei, sembrava la “signorotta che se la tira” con tutto firmato, vestaglia firmata, biancheria intima con colori pastello, tutto in coordinato e rigorosamente una taglia in meno, in modo da sembrare sempre esplosiva, anche quando si alzava indossava pantofole con tacco alto in modo da sculettarmi dappertutto; mi dava un po’ di fastidio questo comportamento da troietta, a voler sembrare che per raggiungere tutti gli obbiettivi c’era un unico metodo, DARLA.
E poi io, capelli lunghi e sciolti, le mie tette sode, il mio culetto sempre più rotondo e adesso non più vergine, ma nemmeno aperto, giusto qualche inculata coniugale concessa a mio marito che usava questo pretesto per averlo nei miei giorni fecondi.
Non ero particolarmente entusiasta del rapporto anale, ma per la serenità di coppia che mi ero imposta concedevo il mio buchetto roseo.
La vita ospedaliera inizio a scorrere con i suoi ritmi e le sue abitudini, dal colore delle luci bianche o blu, dai tre pasti, ai controlli di routine alle visite mediche giornaliere.
Poco dopo le 11 del mattino, il gota medicale, con il primario al centro, due assistenti medici ai lati e una o due infermiere qualche passo più indietro, iniziavano le visite individuali; tutte dovevamo essere in stanza e rigorosamente a letto, faceva eccezione quella del letto centrale che, pur di far notare le sue grazie, sceglieva in quei momenti espedienti diversi; sistemava l’armadio, andava in bagno, guardava fuori dalla finestra o dalla porta per vedere se stavano arrivando ecc.
Un particolare che dal secondo giorno di visita notai e che il primario ai due letti prima si limitava a leggere la cartella appesa alla sbarra inferiore del letto, chiedeva agli assistenti di visitare la paziente e suggeriva all’infermiera quale era la terapia e l’aggiornamento della cartella.
Quando arrivava il mio turno, dato che ero la più vicina alla finestra, si infilava tra i due letti, dando le spalle alle signore e mi parlava con dolcezza, mettendo da parte quel modo austero che il suo ruolo imponeva; era il primario, rimanevo ipnotizzata da quell’uomo, alto ben messo, curato nei dettagli, con un buon leggero profumo.
Da solo mi sbottonava la camicetta per esaminare i puntini sotto il seno, lo faceva in modo garbato e professionale, io me ne stavo buona buona, imbarazzata e con il cuore che batteva a mille.
Lo stesso rituale anche nei giorni successivi, sbottonava da solo, ogni giorno avendo cura di sbottonare quello successivo, esaminava il seno facendomi tenere su il reggiseno; ma quel giorno non posso stabilire se per casualità o fu una cosa voluta, la palpazione fece saltare i ferretti delle coppe e il reggiseno saltò di sopra, lasciando le tette alla sua visione, in un attimo i capezzoli diventarono duri come sassolini e lui se ne accorse, il tutto non rimase nascosto dai due assistenti e dall’infermiera, così per non creare equivoci rimise tutto a posto e andò via.
Rimasi anche io turbata dell’accaduto, non volevo che i miei capezzoli avessero avuto quella reazione ma fecero tutto da soli, e in fondo ero in ospedale, una visita medica rimaneva pur tale, comunque la notte non ebbi un sonno tranquillo.
Il giorno successivo accadde qualcosa di per me inaspettato, il turno di visite non fu eseguito dal primario che era impegnato in prima persona nella sala operatoria e gli assistenti furono molto veloci in tutto, tanto che alle 11 avevano finito il reparto andarono anche loro in sala operatoria.
Consumai il mio pranzo e condivisi la visione di una telenovela con l due signore; verso le 14,30 un infermiera mi raggiunge ai piedi del letto e mi dice “signora Sofia, può recarsi nella stanza del Prof X Y.?”
Non ebbi modo di pensare al perché di questa richiesta, i motivi potevano essere i più svariati, si trattava della mia salute, forse ho qualcosa che va comunicato in privato; quindi infilai la vestaglia e le pantofole e mi avviai in fondo al lungo corridoio.
Appena entrai il primario chiuse la porta a chiave e io iniziai ad agitarmi, mi saltò letteralmente addosso, tentava di baciarmi, sul collo, sulle guance; cercava la mia bocca ma io mi opponevo girando la testa da un lato all’altro.
Con le mani tentava di palparmi dappertutto, sulle tette, sul culo, tra le gambe cercando di raggiungere la fica; avevo un bel da fare per tentare di tenerlo buono.
– Sofia, mi piaci un sacco, sei una donna bellissima, impazzisco per te.
Ed io.
– Dottore, ma cosa fa, non è possibile, mi lasci stare, sono sposata.
Cercavo di respingerlo ma mi teneva stretta a se facendomi sentire la sua erezione sulla mia pancia, era eccitatissimo e non mollava, man mano cercava di farmi indietreggiare verso la scrivania, notai che l’aveva ripulita di ogni cosa lasciandola totalmente libera.
Una volta sul bordo cercò di spingermi indietro e farmi stendere sulla scrivania, in parte ci riuscì anche perché le mie forze iniziavano a venire meno, lui alto e possente Io piccola e minuta nei suoi confronti.
Si posizionò tra le mie gambe e posso solo Immaginare cosa sarebbe successo se un provvidenziale bussare alla porta in maniera insistente lo riportò alla realtà del suo ruolo.
Era la caposala che con un “dottore, dottore, presto che una paziente si sente male” lo fece ricomporre e rosso in viso andò ad aprire la porta uscendo nel corridoio.
Il giorno successivo comunque ci riprovò, mi fece nuovamente chiamare nella sua stanza, ma la situazione era ben diversa, la scrivania era in ordine, lampada, carte, scrittoio portapenne ecc.
Io restai in piedi, tra la sua sedia e la porta pronta a scappare qualora avrebbe tentato nuovamente di chiuderla a chiave, esordì con una marea di scuse per il comportamento del giorno prima; che era pazzo di me, che ero una donna bellissima, affascinante, che avrebbe fatto di tutto per avermi e di perdonare il tentativo irruento del giorno prima.
Non mi fidavo molto ma il fatto che restava seduto dietro la scrivania mi tranquillizzò, e lui, quasi a supplicarmi mi chiese:
– Sofia, io resto qui ma mi fai vedere le tette?
– Le mostrerò solo se mi farà fare la doccia nel suo bagno privato.
Avevo proprio voglia di una bella doccia in un bagno decisamente migliore di quello a servizio dei degenti, e mi sembrava una giusta ricompensa, tanto le poteva vedere durante le visite tutte le volte che voleva.
Accettò di buon umore, facendomi segno di recarmi in bagno alla sua sinistra, ci andai e feci in modo di lasciare la porta socchiusa, appendere la vestaglia, togliendo con cura reggiseno e mutandine e poi un caldo getto di acqua sulla pelle.
Sapevo che mi sbirciava, ma mantenne l’accordo rimanendo seduto, così alla fine della doccia, indossai le mutandine e rimasi senza reggiseno, uscii così dalla doccia asciugandomi il seno in tutti i modi, facendo indurire i capezzoli e fissandolo negli occhi e sotto la scrivania.
Aveva una vistosa erezione, si toccava la patta da sopra i pantaloni e la mia vendetta era compiuta, eravamo pari.

Anche quella sera la cena fu servita per le 18,00, la consumai come al solito, tanto era il solito brodino con i chicchi di pastina che galleggiavano, una mozzarella e la frutta cotta.
Avevo una strana sensazione in me, come se qualcosa doveva accadere; ne mio marito e nemmeno qualcuno dei miei parenti era passato a farmi visita, che strano.
Mi ritornavano in mente delle parole dette dal primario alla caposala che avrebbe dovuto “prepararmi” per un esame molto specifico, da fare quanto prima, ma bisognava attendere il rientro dello specialista (quelli che solitamente girano tutti vestiti di verde ed evitano tutto e tutti) che era fuori, all’estero, per un corso di aggiornamento.
La sensazione non tardò a trasformarsi in realtà, erano circa le 20,30 e il reparto era passato dalle luci bianche alle luci blu, quando la caposala entrò in camera, si avvicinò al mio letto e disse “Signora Sofia può raggiungermi in medicheria?” Cosa poteva volere da me a quell’ora? Realizzai che dovevo andare e indossata la vestaglia mi avviai.
Aveva un aspetto cattivo quella donna, con una fisicità massiccia, spalle larghe, viso da pugile e gli occhiali alla punta del naso, al mio arrivo era in piedi, vicino al carrello medico e si stava accingendo ad indossare i guanti e cercare un tubetto di crema.
– vada dietro il paravento, si tolga la vestaglia e si metta sul lettino in posizione prona, mi disse.
Io confusa più che mai, feci tutto in modo automatico poiché il mio cervello era concentrato a ricordare quale poteva essere la “posizione prona” e mi misi distesa sul lettino con la camicia da notte.
La caposala entro dietro il paravento dopo aver chiuso la porta della stanza, a che serviva quella doppia privacy? Aveva indossato i guanti e aveva in mano un tubetto di crema, quasi infastidita nel vedermi distesa.
– Sofia (omettendo il Signora) le devo praticare un clistere, si metta di lato e pieghi le gambe.
È così dicendo in maniera brutale mi sollevò di peso mettendomi su un fianco e piegandomi le gambe, capii che quel contenitore pieno di liquido appeso al trespolo era per me, poteva contenere una decina di centimetri di liquido, ma la caposala quasi a vendicarsi per avermi trovato in maniera diversa da quella suggerita, staccò il contenitore dal trespolo e andò a versare dell’altro liquido.
Tornò ad appenderlo che era quasi pieno, sta stonza pensai, saranno stati tre litri mannaggia, appena sarebbe andata via mi sarei alzata e ne avrei svuotata una meta nel bagno attiguo.
Non fu nemmeno tanto delicata quando prese un tubicino di gomma marrone, lo infilò nel tubo che scendeva dal recipiente e ci mise giusto una goccia di crema sulla punta, manco la pagasse lei, un altro goccia la mise sul dito indice della mano destra, con la sinistra portò le mutandine alle ginocchia, sempre con la mano sinistra dischiuse i glutei e posò la crema del dito indice facendolo roteare sul mio buchetto. Appena sentì che il dito era privo di crema, non esitò a infilare un paio di falangi.
Poi prese il tubicino, avvicinò la punta al buco e inizio inesorabilmente a farlo entrare, in maniera progressiva, riprendeva e infilava, lo sentivo che si faceva largo nel retto e chissà dove me lo fece arrivare, tanto che la valvola era ormai vicina al culo, quindi il tubo era entrato tutto. Iniziò ad aprire e un liquido leggermente caldo iniziò a scendere nel mio culetto. Non era male come sensazione ma scendeva troppo lentamente, poteva aumentare la mandata e andarsene, sarebbe finito prima e lo avrei svuotato.
Avevo fatto male i miei conti, la tipa, con gli occhiali alla punta del naso, prese una sedia e una rivista e si mise dietro al mio culo, di tanto in tanto tirava fuori il tubo di qualche centimetro e poi lo rimetteva tutto dentro, guardavo il contenitore, eravamo appena a metà e la sensazione piacevole era scomparsa, la pancia iniziava a ribellarsi; a quel punto lei mi venne davanti e iniziò a massaggiarmi la pancia con movimenti rotativi, ogni rotazione era più ampia della precedente tanto da arrivare sui peli del pube, superarli e qualche rotazione pure sulle labbra della fica, ma senza entrarci.
Intanto il tempo passava, non finiva più, mi veniva da piangere, la implorai di aumentare la mandata e che avevo necessità di andare in bagno.
Mi accontentò ma a modo suo, si mise dietro di me, apri tutta la mandata e mi tenne ferma con la mano destra poggiata sul culo per tenerlo stretto e la sinistra che roteava sulla pancia.
In liquido scese tutto e improvviso, che sensazione di sconquasso nelle viscere, mi sfilo il tubo dal culo e tenendo premuto con le mani anche quando il tubo era fuori mi invitò ad andare in bagno.
– attenta Sofia, se fai uscire qualcosa strada facendo te lo faccio pulire, tieni stretto.
È una parola pensai, tre litri ed oltre dentro di me, non riuscivo nemmeno a muovermi figuriamoci a non fare uscire niente; il percorso verso il bagno sembrava infinito, io stessa mi tenevo il culo stretto con le mani, lo raggiunsi, mi svuotai restando seduta per tutto il tempo necessario. Una volta finito e tirata l’acqua la caposala entro in bagno con una seconda trance, questa volta era una peretta tipo casalingo, solo che aveva una cannula abbastanza grossa, mi invitò a girarmi con le mani sul vaso, puntò sul culo e la infilò dentro senza complimenti. Dopo si mise a spremerla e l’interno scivolò nel culo.
– siediti di nuovo e questa volta non tirare l’acqua, quello che fai deve essere bianco altrimenti si ricomincia.
Per mia fortuna ne uscì un liquido bianco, contenta del risultato mi invitò a rivestirmi e tornare in camera, di lì a poco sarei stata chiamata. Presi coscienza che erano le 21,15 avevo subito 45 minuti di clistere.

Alle ore 22,00, puntuale il carrello dei farmaci uscì dalla medicheria per dispensare le terapie della notte, per andare in fondo al corridoio passò davanti alla mia stanza e l’infermiera mi disse che era arrivato lo specialista per l’esame, una sua collega mi avrebbe accompagna nei sotterranei dove c’erano i laboratori.
Di lì a poco una seconda infermiera mi venne a prendere chiedendomi di seguirla nel percorso, corridoi, ascensori e si scese al meno uno.
Lì sotto c’era il silenzio totale, i laboratori erano stracolmi di gente al mattino, ma a quell’ora non c’era praticamente nessuno, solo io e lei.
Suonò il campanello di una di quelle porte scorrevoli con tanti adesivi, si accese una luce verde, mi invitò ad entrare e richiuse la porta alle sue spalle, ora ero veramente sola.
Una flebile luce era accesa in fondo alla stanza, una voce mi chiese di avanzare e di sedermi.
Dall’altra parte della scrivania c’era un uomo in camice verde e pantaloni ugualmente verdi, sui 40/45 anni, capelli leggermente lunghi e grigi, una barbetta sempre grigia che lo faceva apparire più un pilota di aerei militari che un medico e degli occhi magnetici, le pupille si illuminavano come quelle dei gatti, dalla luce della lampada. Mi disse
– Sofia, tutti gli esami fatti finora sono negativi, abbiamo il sospetto che la sua sia una rara forma di stress, pertanto la sottoporremo ad un esame molto particolare.
Non avevo capito niente e ragionavo sul perché parlava al plurale, eravamo solo noi due in quella stanza.
– Sofia, in questo esame sarò assistito dal primario, che lei conosce, per una sua serenità lui arriverà nel corso dell’esame.
Ero molto agitata, non capivo cosa mi diceva, ma mi piaceva quel suo tono di voce, mi piaceva come uomo, mi interessava la situazione che si era creata, mi fissava sempre dritto negli occhi, quasi ad ipnotizzarmi.
Mi invitò ad accomodarmi nella sedia di fronte a lui ed iniziò con una serie di domande molto personali ed imbarazzanti:
– a quanti anni hai perso la verginità? Io, 16.
– lo hai fatto con tanti uomini senza preservativo? Io, solo due, il primo è mio marito.
– hai sospetti che tuo marito ti tradisce? Io, non credo, penso proprio di no.
– sei bel lubrificata per il rapporto? Io, si mi bagno molto.
– riesci a concludere con degli orgasmi? Io, si, diversi e intensi.
Prese appunti su un foglio bianco, facendomi vergognare delle risposte date a quelle domande, girò la scrivania, si avvicinò e mi sollevò per un braccio.
Slacciò la vestaglia in piedi di fonte a me, la aprì e afferrò i miei seni, i capezzoli non resistettero a quella stretta, improvvisamente diventarono dritti e turgidi, palpava le tette a due mani, poi improvvisamente, con la mano sinistra scese fino alle mutandine, le scostò di lato e infilo due dita nella fica, in maniera tra il medico e il maschio. La trovò abbastanza bagnata.
– Bene Sofia, la reazione agli stimoli esterni è molto positiva. Possiamo procedere.
Mi condusse ad un lettino ginecologico, ma non mi fece salire, mi invitò a piegarmi a 90 gradi poggiando le tette sul lettino, alzò tutta la vestaglia e scese le mutandine fino al pavimento, mi sollevò la gamba per sfilarle del tutto.
Sistemò la luce dritto dieto, il resto era buio e con le due mani senza uso di guanti iniziò ad allargarmi le natiche. Ispezionò a lungo il solco della fica visto da dietro e il buco del culo, poi una buona dose di gel sul dito medio lo infilò senza tanti complimenti.
Non che fossi vergine di culo ma un po’ di delicatezza la avrei gradita.
Ma quel dito non era la fine del suo intento, sempre tenendomi a pecorina sul lettino prese ad armeggiare con uno speculum, lo unse con abbondante gel e iniziò una manovra circolare sul buco del culo, girava, girava, girava.
Senza che me ne accorsi, complice il gel quella manovra fece entrare lo speculum per una buona metà prima che realizzassi, poi fermò il movimento e lo infilo per dritto tutto dentro.
Vuoi per l’abbondante clistere, vuoi per il gel, l’intrusione nel culo non mi provocò dolore, ma quando iniziò a girare la farfalla e sentivo le pareti dell’ano dilatarsi a dismisura iniziai ad urlare il male che mi faceva, ma lui restò insensibile ai miei lamenti, lo allargò totalmente, mi sentivo aperta come non mai, restai ferma per attutire il dolore, lui era soddisfatto da quella operazione tanto che mi aiutò a girarmi e mettere sul lettino in posizione ginecologica, con le gambe aperte sui cavalletti e la schiena sul lettino.
In questo modo ero completamente aperta, la fica grazie alla posizione e il culo grazie al divaricatore.
Mi venne di fianco e posò una mano sulla pancia, sempre con i suoi movimenti rotativi iniziò a scendere verso il pube fino a stringere il clito tra l’indice e il medio, e poi di nuovo movimenti rotativi sul clitoride e sulle labbra della fica.
Iniziai a bagnarmi, sentivo gli umori colare fuori a rivoli sulle gambe, e il mio respiro si fece più intenso.
Fu allora che sentii una presenza vicina al mio viso, con la mano libera tirò giù i pantaloni verdi e mi prese per la nuca per avvicinarmi al suo cazzo.
Solo allora realizzai il perché dei movimenti rotativi nella fica e dello speculum allargato al massimo nel culo, avevo a pochi centimetri da me un cazzo di una grossezza inaudita, non tanto lungo ma grosso, molto grosso; la pressione sulla nuca aumentava e la cappella sfiorava le mie labbra, ero eccitata, non volevo e non potevo oppormi e schiusi le labbra, entrò solo con la cappella che la mia bocca era già piena, pensai che usare la lingua sarebbe stato meglio e così mi misi a leccarlo tenendolo fuori dalla bocca.
Ma questa manovra lo fece indurire al massimo e pretese di rificcarmelo in bocca di nuovo spingendo sulla nuca, questa volta fu meno delicato, altro che cappella, me lo ficcava in gola che non riuscivo proprio a prenderlo, la mascella era al massimo e faceva male, iniziò a pompare con ritmo, faticavo a respirare e sentivo i conati di vomito che sopraggiungevano.
Pensai che l’unica soluzione era di farlo venire quanto prima, così dando slancio alle energie rimaste mi misi a pompare di foga e senza preavviso mi venne in bocca obbligandomi ad ingoiare tutto.
Lo assecondai, anche se non ero tanto portata ad ingoiare sperma, soprattutto a uno sconosciuto, qualche spruzzo finì all’esterno delle labbra ma lui con maestria lo prese con le dita e portò in bocca lo sperma colato fuori.
Così intenta a far venire quel cazzo gigante mi aveva fatto dimenticare lo speculum nel culo, ormai si era abituato, povero culetto.
Il dottore mi fece scendere e mi mise nuovamente a pecorina sul lettino, con delle cinghie in cuoio assicurò le gambe alle sbarre posteriori del lettino e poi con altre cinghie le mani alle sbarre anteriori del lettino.
Nuovamente pensai che l’estrazione dello speculum fosse dolorosa e preferiva tenermi ferma per non fare movimenti inconsueti.
Si posizionò dietro di me e iniziò a tirare lentamente fuori senza svitarlo:
– Dottore, la prego, allenti la vite, fa male a tirarlo così.
Non mi ascoltò affatto, tirava un centimetro alla volta senza richiudere il becco di metallo, sentivo il buco che ad ogni tirata si allargava di un centimetro e pensai a quanto me lo avrebbe allargato per uscirlo, gridavo dolore ma lui niente.
Quando era dentro solo l’ultimo centimetro esitò oltre il canonico minuto e poi lo tirò fuori, sentivo il culo slentato ma subito dopo una nuova presenza, la grossa cappella puntava sul buco, cercai di ribellarmi come potevo ma le cinghie tenevano ferme le gambe e le mani, e un grosso bruciore, come un ferro rovente o una lama veniva dal mio culo.
– tranquilla Sofia, la cappella e dentro, ora rilassati che il resto sarà più facile.
– la prego dottore, basta, non mi rompa il culo, mio marito se ne accorgerebbe.
– ti conviene fare la brava Sofia e farò in modo che esci dall’ospedale senza il minimo segno.
Ti conviene fare la brava, ero legata, violentata, allargata, con la paura che dal culo usciva sangue da tanto dolore; cos’altro potevo fare per fare la brava.
Io pensavo a quella frase e lui entrava sempre di più nel culo, cavolo si era ripreso in un attimo dal pompino e poi ora sarà pure la seconda, non è stata una buona idea farlo venire in bocca pensai.
Quando lo spinse tutto dentro il culo mi bloccava il respiro in gola, più per la grossezza che per la lunghezza. Iniziò un veloce avanti e indietro dal buco, ogni tanto usciva completamente lasciandomi il buco dilatato e appena provava a richiudersi di nuovo tutto dentro e trombava, non veniva mai, anche perché era alla seconda, ma dopo un tempo interminabile sentì la cappella gonfiarsi ancora di più di prima, un vero fungo e via, uno, due, tre spruzzi su per il culo, tanto che quando decise di tirarlo fuori avevo una voragine che colava sperma giù sulle gambe, forse fino alle ginocchia.
Lo supplicai di slegarmi, ero stanca, sfinita, ma posizionato dietro di me, nella semi oscurità mi disse.
– devi resistere ancora un po’ Sofia, il tuo esame non finisce qui, e, lo ricorderai per tutta la vita.
Poi il silenzio, un silenzio assordante, mi abbandonai al mio destino, incapace di reagire, quando…. Sentii premere sulle labbra della fica, di nuovo duro pensai.
Mi prese per i fianchi, sentivo solo la punta nella fica, ora ero io ad avere voglia e con i pochi movimenti rimasti ondeggiavo per farlo entrare.
Scopami dai, porco, mi hai sfondato, ora fammi godere.
A quelle parole il cazzo iniziò ad entrare, la fica era molto bagnata e non ebbe difficoltà ad entrare, ma qualcosa non mi pareva chiaro, lo sentivo più piccolo di prima, che dubbio. Aveva perso grossezza? Però entrava più dento che nel culo.
Sentivo nella fica un cazzo molto curvo, all’insù, non grosso ma molto lungo, la cappella batteva contro l’utero e io ancora non sentivo i peli o le palle che erano a contatto con la mia pelle.
I suoi movimenti erano lunghi e costanti, come la leva che muove la ruota di un treno, io godetti di nuovo con un lungo siiiiiii e allora il treno accelerò, io in estasi da godimento, poi un calore, si fa all’improvviso ficcato tutto dentro e inizia a spruzzare sperma nella fica. Indossava il camice quell’uomo, era il primario, tanto mi aveva desiderata che ora mi aveva avuta.
Esausto andò a sedersi su una poltroncina di colore verde, l’assistente iniziò a slegarmi le braccia e poi le gambe, ero sfinita, avevo goduto come una porca e mi abbandonai stesa sul lettino mentre loro due sibilavano commenti sulla mia performance.
– hai visto che te l’ho preparata a dovere e che femmina ti sei scopato? disse l’assistente
– la desideravo di brutto ma non potevo espormi più di tanto, hai avuto una buona idea. disse il primario.
– ora potrai fartela tutte le volte che vuoi, non penso che farà storie da stasera. disse l’assistente
Infatti, quando il primario cercò di approfittare di me nello studio io mi ero opposta fermamente.
– penso che la terremo a ricovero ancora un po’ prima di dimetterla, anche perché per come le hai ridotto il culo…. disse il primari
– ho fatto del mio meglio, ma nonostante clistere e speculum, è uscito un bel po’ di sangue. disse l’assistente
Iniziai a tornare in me, con la mia giovane età non ero abituata a quei discorsi, avevo però goduto come non mai, il mio orgoglio di donna prese il sopravvento, come una voglia di vendicarmi e di godere ancora.
Mi alzai dal lettino e mi diressi verso i due, vedendomi arrivare nella semi oscurità ebbero un momento di compostezza, mi avvicinai a loro e presi io l’iniziativa. Afferrai entrambi i cazzi nelle mani e iniziai a segarli, ogni tanto stringevo più del necessario.
Quando erano diventati barzotti, mi sedetti io sulla poltrona verde e iniziai a pomparli di bocca un po ciascuno, ogni tanto man mano che si indurivano una buona stretta alle palle al limite del dolore.
Con la piena erezione, chiesi all’assistente di sedersi, lo volevo in fica quel cazzo grosso, si era preso il mio culo senza permesso ora me lo volevo godere e mi sedetti sopra lui.
Poi invitai il primario ad avvicinarsi, con il cazzo in tiro e presi a succhiarlo con foga.
Lui non aspettava altro, un pompino di mia iniziativa e non quello obbligato da lui. Lo succhiai con una maestria e con un ritmo che mi venne in bocca, solo alcune gocce stavolta, lo aveva ben svuotato nella fica. Non ingoiai il suo sperma, lo,posai sulla sua cappella e mi misi a cavalcare il cazzone che avevo infilato in fica.
Anche in questo caso, nonostante fosse alla terza, il mio modo di allargare e contrarre le pareti della fica durante la scopata lo fecero venire abbastanza in fretta, e anche io venni nuovamente con dei brividi alla schiena.
Poi tutti esausti ci dammo a turno una lavata e un buon bidè e risalimmo i piani fino al reparto. Era luna di notte, le signore della stanza dormivano e russavano, scostai le coperte con il massimo silenzio e mi misi a letto. Non ci misi molto che sfinita e dolorante mi addormentai.
Nei giorni successivi non ebbi difficoltà a recarmi nello studio del primario, soprattutto negli orari più tranquilli, dove trovavo la scrivania libera da ogni oggetto. Prendevo dosi di cazzo in ogni modo, in tutte le posizioni, godevo come una porca e lui veniva di gusto scaricando in me tutto il suo piacere.
Solo il culo fu lasciato in pace, in modo che il buco si richiudesse, solo un inculata in tutte le occasioni che ci siamo concessi. Ero stesa sulla scrivania, lui aveva portato le mie gambe sulle sue spalle e me lo spingeva in fica, ora entrava in tutta la lunghezza ed io ero contenta di quanto lui ci teneva a ficcarlo tutto, io, mentre stavo venendo irrigidii le gambe e sollevai la schiena dalla scrivania per far scivolare fuori il cazzo e rimasi così per godermi tutta la venuta, lui complice la posizione o vuoi per errore nel tentativo di ficcarlo dentro puntò la cappella sul buchetto e mentre rilassavo le gambe e scendevo con la schiena la cappella forzò la rondella anale ed entrò nel culo.
Non mi fece male e restò in quella posizione per un po’, poi mi chiese se fossi d’accordo e i mio occhiolino si fece capire, mi allargava le chiappe ed entrava con gentilezza, la forma curva e la lunghezza seguivano il retto, io stringevo i bordi della scrivania e quando mi disse che era tutto dentro ebbi la sensazione di sentire la punta all’altezza dei reni, veloci colpi nel culo lo fecero sborrare tanto in fondo che le due volte successive che andai in bagno vedevo un misto sperma.
Ci misi una settimana a guarire del tutto, dopo l’esame approfondito, la situazione che si era creata ormai mi piaceva di gusto, il primario impazzito per me, e io gratificata delle sue attenzioni, ma si sà tutto ha un inizio e una fine è il foglio di dimissioni era già pronto e firmato.
Fu molto imbarazzante quando mio marito, che mi venne a prendere per riportarmi a casa, ringrazio il primario per l’ottimo risultato ottenuto,

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