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Simona – parte 1

By 30 Giugno 2024No Comments

Simona ha acconsentito alla pubblicazione della sua e-mail nel caso qualcuno volesse porle domande: orchideadelnord@gmail.com

La mia e-mail:
wikyzu@gmail.com

Simona, 36 anni separata con figlia piccola.
Simona è la tipica madre single con mille difficoltà ma tutto sommato con una vita “normale”, se accettiamo il termine, ordinaria se vogliamo. Lavoro part time, qualche amica e mille impegni legati alla figlia o alle incombenze quotidiane. Ma in mezzo a questa routine si è fatto largo un desiderio di sottomissione, o forse è semplicemente strisciato fuori un pensiero che c’è sempre stato. Presente, silente e a volte vibrante ma sopito. Ora non più, ora questo pensiero vuole essere ascoltato, seriamente.
L’ho conosciuta on line e di lei mi è sempre piaciuta la sua semplicità, spontaneità, il suo essere diretto. Già dopo poche mail mi disse “Voglio essere sottomessa, voglio ubbidire”. Non sapeva come, non aveva le idee chiare, ma voleva sperimentare la sensazione di dover sottostare al volere di un’altro, era attratta dall’idea di provare vergogna, imbarazzo e semmai un po’ di dolore e lo era fin da ragazzina Insomma era una pagina tutta da scrivere.
Decisi quindi d’incontarla perché in un breve periodo di dominazione, diciamo virtuale, si era dimostrata sempre estremamente ubbidiente.
Il nostro incontro mi confermò quello che già era emerso in precedenza. Sentiva che la sottomissione, da praticamente sempre, era la sua vera dimensione e cercava una spazio dove poteva essere se stessa senza fingere. Mentre si raccontava e mi spiegava tutto questo, parlava a voce bassa e spesso si guardava attorno nel timore che qualcuno potesse, non si sa come,conoscere la natura del nostro incontro. Mentre parlava la guardavo attentamente e apprezzavo come, seppur immaginando non senza difficoltà, fosse molto ubbidiente. Il giorno precedente le avevo detto di presentarsi senza trucco e senza monili, e lo aveva fatto. Il volto magro e la pelle chiara non presentava un filo di trucco, tanto da farla sembrare slavata. Pelle chiara, occhi cerulei e capelli castano chiari. Le mani non avevano smalto, chissà se se l’era tolto o non lo aveva mai avuto. Continuando a cercare elementi della sua ubbidienza notai sul dito medio destro presentava un leggero solco di colore più chiaro, segno che recentemente si era tolta un anello. Brava, sembrava proprio ubbidiente.
La congedai senza darle un appuntamento, dicendole solo che le avrei scritto.
Non tardai comunque nel farmi vivo. Poche ore dopo le diedi appuntamento per domani pomeriggio. Ma non volevo renderle le cose facili quindi aggiunsi alcune prescrizioni. Doveva farsi trovare a pochi metri dall’ingresso, totalmente nuda con le mani incrociate dietro la nuca e sulla pancia la scritta, ben visibile, “sono una schiava”. Inoltre volevo che indossasse dei calzini corti bianchi. Perché? Così, per darle un aria vagamente ridicola e forse ancor più indifesa. Ho inoltre aggiunto, senza dare ulteriori ragguagli che se aveva capito come io voglio una schiava, di curare ogni dettaglio. Naturalmente la porta del palazzo e di casa non dovevano essere bloccate da chiavi o altro.
Arrivo puntuale, Simona si presentava bene e non volevo attendere. Il portone del palazzo è aperto e così pure la porta di casa sua.
A pochi metri da me Simona, la schiava Simona. In piedi, nuda, nella posizione che le avevo detto. Sembra ancor più fragile di come mi appare in foto. Mi appare magra, molto magra, non dico anoressica ma al punto di contarle le costole. Lo sguardo basso, non perché lielo abbia ordinato ma probabilmente per la vergogna o l’imbarazzo, sentimento confermato da un impercettibile tremolio della gamba destra, che non riesce a controllare. Lo sguardo mi cade sui calzini, bianchi, molto bassi e bordati da un piccolo pizzo. Brava simona, hai capito lo spirito del mio ordine e io apprezzo molto chi è attiva nella propria umiliazione. I seni sono molto piccoli e leggermente cadenti, danno a tutta la sua figura un’ulteriore immagine d’indifesa, semmai ce ne fosse bisogno. Ma non posso fare a meno di notare un pube non completamente depilato. Questo non lo apprezzo proprio, una schiava deve presentarsi esposta in ogni dettaglio. Lei probabilmente lo sapeva, evitando di depilarsi il pube voleva lasciare un flebile velo tra la sua quotidianità e la pulsione che aveva deciso di abbracciare. Non potevo comunque perdonarlo e lielo dissi.
Ai miei rimproveri seguirono una serie di “mi scusi padrone”, detti in maniera decisa seppur con voce flebile. Con una mano appoggiata sulla sua spalla sinistra premetti verso il basso imponendole così d’inginocchiasi, cosa che fece molto docilmente.
Le dissi quindi di precedermi in cucina. Quasi mai mi faccio precedere da una schiava, ma non conoscevo la casa e volevo comunque guardarla mentre si muoveva sulle ginocchia. Non posso dire che fosse goffa ma sicuramente mi faceva sorridere vederla muoversi velocemente in ginocchio, mantenendo le mani incrociate dietro la testa. Il sedere appariva piccolo e magro, ma a differenza dei seni sembrava sodo. Probabilmente per questi motivi il solco fra le natiche era molto ben delineato.
Arrivati in cucina mi parve che avesse il fiatone, dopo tutto si era mossa in ginocchio, velocemente e per un corridoio lungo; Senza contare che tensione e imbarazzo facevano il loro.
Mi misi comodamente seduto davanti a lei e serenamente le dissi che non avevo gradito il fatto che non si fosse depilata integralmente, che capivo il suo imbarazzo e il fatto che fosse nuova a tutto questo. Lei si affrettò, quasi interropendomi, a scusarsi di nuovo.
Le sorrisi dolcemente e le diedi una carezza sulla testa, dicendole che la scusava, che capivo la situazione ma che comunque avrei dovuto punirla. Lei s’irrigidì e rimase in silenzio, e solo con il prolungarsi di questo disse “sì, padrone”. Continua dicendole che sarebbe stata sculacciata. E quindi, sempre in dono tranquillo, le spiegai che per essere sculacciata avrebbe dovuto mettersi a pancia sotto sulle mie ginocchia e che quindi l’avrei colpita sul sedere. Quindi non le nascosi che avrebbe provato dolore ma che comunque non avrebbe dovuto muoversi o tentare di parare i colpi. Conclusi dicendole che alla fine della sculacciata avrebbe dovuto andare a mettersi con la faccia all’angolo e rimanervi per il tempo che le avessi detto. Lei ascoltò in silenzio la mia spiegazione diventanto via via sempre più rossa in volto.
Quindi battendomi la mano sulle ginocchia le indicai che era arrivato il momento, che doveva mettersi in posizione. Lei quindi mesta, si mise come le avevo detto a pancia sotto sulle mie gambe, tenendo le braccia a penzoloni, quasi toccando il pavimento. Mi soffermi a guardare il suo sedere che appariva indifeso e arreso alla punizione, riflettendo su come il suo colore bianchissimo a breve si sarebbe tinto di rosso. Comincia assestando qualche lieve ma decisa pacca, che comunque la fece sobbalzare, quindi continuai con colpi sempre più forti e decisi. Si lamentava certo, ma sempre trattenendosi, cosa sicuramente da aprezzare. Mentre continuavo ad infliggerle il castigo notai che la sua testa volgeva verso una cassapanca su cui era appoggiato un grosso oracchio di peluches, giocattolo sicuramente protagonista di molto giochi ora testimone di una sculacciata. Sicuramente questo pensiero aveva colto anche lei.
Non contai i colpi, ma alla fine le natiche erano rosse e il volto ormai paonazzo di Simona tratteneva le lacrime. Ubbidiente a quello che le aveva detto prima, una volta rialzata dalle mie ginocchia ando a posizionarsi con la faccia in un angolo della cucina, senza bisogno di dirle nulla.
Ora dovevo andare, prima di uscire le dissi di rimanere così per mezz’ora e lei mi salutò educatamente ma senza spostare il volto dall’angolo.
Ero sicuro che non si sarebbe mossa da lì prima di 30 minuti.

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DomLorenzo

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