La supplente di matematica
Capitolo 14
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Non ho ancora compreso il motivo, ma Isabella è sempre una degli ultimi studenti ad uscire dalla N. Sandrini. Mi ritrovo spesso nel piazzale della scuola da solo come un cretino, quando tutti o quasi se ne sono andati.
Sollevo lo sguardo dal telefono quando noto che una figura sta uscendo dalla porta dell’edificio. Non è Isabella… è Sandra!
Porca puttana, è proprio l’ultima persona che vorrei vedere! Mi irrigidisco, mettendo in tasca lo smartphone. Magari non mi nota se…
Ma sarebbe impossibile: sono letteralmente l’unico individuo presente nel piazzale. Lei mi vede e si ferma, guardandomi. Si dirige nella mia direzione.
L’idea che voglia dirmi qualcosa di spiacevole mi stringe il petto, e anche quando mi accorgo che cammina troppo lentamente per avere un atteggiamento aggressivo nei miei confronti non mi sento tranquillo.
Sandra mi si ferma davanti. Porca puttana, quando assumeva il comportamento da insegnante sembrava una stronza con un corpo da figa galattica, ma, adesso, più rilassata, è davvero bella da mozzare il fiato, il sorriso che le illumina il volto mi annebbia la mente, o forse è l’erezione che sembra prossima a spezzare il tessuto dei jeans che mi sta portando via tutto il sangue dal cervello.
Devo impedirmi di mettermi in ginocchio, afferrarle le chiappe e baciarle l’inguine attraverso i pantaloni, implorarle di essere il suo schiavo sessuale e avere il dovere di darle piacere fino a farla crollare svenuta. O gettarmi sui suoi capezzoli…
«P-professoressa Nobili…»
Il suo sorriso diventa ancora più largo. «Non essere sciocco, Gabriele. Adesso sono solo Sandra, per te».
Deglutisco qualcosa che non sembra liquido. Le uniche parole che mi vengono in mente sono la supplica di poter essere scopato da lei contro il muro alle mie spalle. Il profumo che emana… è di qualche fiore che cresce in paradiso, uno che ha la forma e il sapore della sua fica quando gocciola di desiderio…
Una sua mano si appoggia sulla mia guancia destra. É calda, morbida e stringi il mio cazzo ti prego stringi il mio cazzo e fammi sborrare…
«Mi spiace per come mi sono comportata con te, in questi giorni». La sua voce è simile ad un soffio di vento caldo. Le sue labbra sono qualcosa per cui morirei pur di assaggiare il loro sapo-
«Co…cosa?»
Lei sospira, lanciando un’occhiata alla sua sinistra, mentre sembra pensare a qualcosa di triste. «Lo sai che mia sorella Anna stava con tuo fratello?»
«S-sì…» mormoro, a stento sento io stesso la mia voce.
Torna a guardarmi. «Tuo fratello era un gran figo, a quei tempi». Mi osserva meglio, come se mi vedesse per la prima volta. Un suo sopracciglio si solleva, così come un angolo della sua bocca. «Come te, in effetti. Forse più… spigliato, diciamo». Sandra emette un sospiro. «Ero innamorato di lui, e, lo ammetto, invidiosa di mia sorella».
Sgrano gli occhi. Quindi aveva ragione Daniele? Ma porca puttana…
La donna chiude gli occhi, sorridendo. Quando li riapre, fa finta di essere rammaricata. «Quando ho scoperto che eri suo fratello… lui parlava spesso di te, quando lo vedevo insieme a mia sorella… Era orgoglioso di te, sosteneva che tu stessi crescendo bene». Allontana di nuovo lo sguardo, sogghigna. «”Crescendo bene” per i suoi valori, ovviamente…» Chiude gli occhi, si passa due dita lungo il naso. «Ho avuto la malsana idea di trattarti male, nella convinzione che tu lo andassi a dire a Daniele, lui si arrabbiasse e venisse…» Sandra si morde un labbro mentre i suoi occhi brillano.
Ma porca di quella puttana! Daniele aveva ragione per davvero! Sandra mi stava usando perché lui andasse a scoparsela come vendetta! Maledetta troia! Maledetta, bellissima, magnifica, divina troia!
Sandra sospira. Torna a guardarmi. «Ma evidentemente tuo fratello non è così sveglio quanto mi illudessi». La mano mi accarezza la guancia di nuovo, una nuova ondata di sangue riempie il mio cazzo. La cappella prude. «Digli di venire a trovarmi, ti va?»
Annuisco, ancora incapace di credere alla situazione.
Un movimento alla porta cattura la mia attenzione. Isabella, finalmente. Si ferma sull’uscio, imbambolata nel vederci insieme.
Sandra la guarda, poi torna da me. «È la tua fidanzata?»
Annuisco di nuovo.
Lei sorride. «È una ragazza bellissima… ma, fidati se te lo dico, quella zoccoletta non si merita uno come te».
Faccio per domandare cosa intende, ma le labbra della mia inseg- di Sandra si appoggiano per un istante alle mie.
Smetto di sentire la mia erezione, mi pare qualcosa di squallido di fronte a qualcosa di simile, solo il mio cuore che batte fino nelle mie orecchie, un’ondata di puro piacere, qualcosa che, al confronto, gli orgasmi sembrano la soddisfazione di pisciare… Il sapore delle sue labbra, il suo profumo, il calore del suo corpo … Pooorca puuuttana…
La donna sorride di nuovo. I suoi occhi brillano ancora più di prima. «Dopo tuo fratello, vieni a trovarmi anche tu».
La mia bocca si apre ma non esce nulla. Ho respirato il suo fiato, la sua pelle ha toccato la mia…
La mano di Sandra scorre sulla mia guancia e sul mio collo, poi si avvicina al mio orecchio destro e sussurra: «Ma per allora, depilati. Prima mi stavo strozzando con un pelo del tuo cazzo, e la prossima volta non voglio che la tua sborra mi vada di traverso».
Sento una mano gelida appoggiarsi sulla schiena e un’altra stringermi cazzo e palle. Non ribatto mentre Sandra mi lancia un occhiolino e si allontana verso il cancello. La seguo con lo sguardo, ma sono troppo sconvolto per riuscire a godermi il suo sculettare.
Isabella mi affianca. Un crampo fulmina il mio stomaco nel rendermi conto dovrò scopare lei e non Sandra. Anche lei la fissa, i suoi occhi che lanciano saette.
«Cosa voleva, quella puttana?» sibila, quasi senza voce per la rabbia.
Apro la bocca e la richiudo. Solo dopo qualche istante riesco a prendere il controllo della mia mente. «Eh… niente… voleva solo farmi gli auguri per gli esami».
Poso una mano sul culo di Isabella. Non ha nulla a che fare con quello della dea. Sorrido, ma quel “zoccoletta” con cui l’ha definita Sandra mi passa per la mente come un fulmine. Cosa intendeva? Era invidiosa di Isabella? Che cazzata…
La ragazza mi sorride. «Dai, adesso che se n’è andata quella puttana, possiamo festeggiare».
Sorrido a mia volta. Prendo sotto un braccio la ragazza e ci avviamo verso l’uscita del piazzale.
«Vieni a casa mia alle tre?»
Lei annuisce. «Sì, ma alle cinque scappo che ho un impegno che non voglio rimandare».
Fine
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Finale interessante. Per certi versi, la maturità con cui Sandra ha agito riconoscendo i torti fatti a Gabriele mi è piaciuta, anche se sorgono delle domande… Comunque, riprendendo le considerazioni che stavi facendo sul precedente capitolo (ho letto il tuo commento ma poi volevo leggere il finale del racconto ed eccomi qui!), paradossalmente credo di aver sviluppato un problema opposto al tuo: io ultimamente ho difficoltà a scrivere racconti in terza persona. Sento il bisogno di narrare come protagonista.
Attendo con immenso piacere le tue prossime produzioni e procedo a lavorare alla mia.
Forse dovrei combattere questo spasmodico anelito al protagonismo che mi ha recentemente colto. In fin dei conti, ho scritto ottimi racconti anche quando non erano composti in prima persona…
Eventualmente ci lavorerò
Quali domande ti sono rimaste, sono curioso!
Non farti problemi se scrivere in prima o la terza persona: l’importante, a mio parere, è che il lettore si senta immerso nella storia e viva la vita di una persona diversa da lui. Poi, per me, ciò che conta è che la storia sia piacevole e non faccia pensare al lettore che ha buttato via del tempo a leggerla.