Skip to main content

Salve a tutti! È bello essere di nuovo qui. Ho deciso di cominciare questa saga, che è completamente inventata: non stupitevi quindi di vedere delle soluzioni non sempre logiche, tranquilli che non sarà nulla di trascendentale. Una sorta di favola sexy. Spero possa piacervi.
Arriverà anche la conclusione di Coppia inattesa (le due storie non sono collegate).
Ed ora buona lettura.

–1)
Ricordava la prima volta che si erano visti, lei faceva già il quarto superiore mentre lui era nuovo in quella scuola, un pò una ‘matricola’ per dirla all’americana. La prima volta la vide ad un’assemblea generale della scuola che frequentavano entrambi: lei tentava di diventare rappresentante d’istituto, e in mezzo alla baraonda di ragazzi sbraitanti, era riuscita a farsi ascoltare. Anche se i discorsi che faceva non li comprendese fino in fondo; troppo piccolo ancora.
Eppure lei aveva una luce particolare, alla fine perse, anche perché molti ragazzi la votarono più sperando in qualche riconoscenza da parte sua. Era strano, ma molti ragionavano così. Katia Faletti ebbe anche modo di organizzare un piccolo seminario sulla storia della sua materia preferita: la matematica, quel giorno era all’interno dell’aula magna, insieme ad alcuni ragazzi dell’età più disparate.
Lei era lì ed incomincio’ a parlare di alcune cose.
-Bene. Su quasi 60 invitati al Seminario non è venuto quasi nessuno. Non troppo incoraggiante direi – si trovava in piedi sul piccolo palco dell’aula con una lavagna e alcuni gessetti bianchi. Vestita con una tuta acetata blu e ancora col fiatone, doveva appena aver fatto l’ora di educazione fisica. Si disse Daniel.
Intanto, il gruppetto di ragazzi si era unito: una dozzina di persone che ridevano e sghiazzavano in continuazione.
Tutti maschi ovviamente.
-Bene ragazzi – fece Katia con voce alta. -Tanto vale che cominciamo. Dovremmo fare un piccolo appello iniziale, ma chi sarebbe frega. Lo faremo alla fine dell’ora per quelli che rimarranno qui-
-Che vorrebbe dire?- Chiesero alcuni.
-Lo sapete come funziona un Seminario, vero?- Voce piuttosto ironica.
Ovviamente la dozzina sghignazzante non prese tanto sul serio la ragazza, non riuscivano a stare attenti per qualche minuto, figuriamoci per un’ora intera.
-Dai!- Urlò il più casinista del gruppetto. -Vuoi fare la maestrina?-
Lei rispose a tono, aggiustandosi gli occhiali da vista.
-Ascoltatemi bene! Voi siete qui per fare fare un’ora di studio su una materia che non capite. La matematica. E questo farete. Oppure ve ne tornate nelle vostre classi-
In quel momento Katia teneva tra le dita della mano destra, un paio di gessetti bianchi, gesticolava come una specie di prof mancato.
-Io non parlo con chi non gliene frega niente!-
Tutti fecero una sorta di eco, prendendola in giro.
-Sennò cosa fai?-
-Facci vedere le tette prof!!-
Tutti sbraitarono e si misero a ridere a crepapelle! Daniel quasi si stava sentendo male per lei, cercare di far valere un qualche tipo di autorità su tipi come quelli era impossibile. Tanti professori ci avevano provato ma era difficile farli stare attenti.
Dopo l’ennesima provocazione Katia strinse la mano destra, facendo tremare il pugno con dentro uno dei gessetti.
-Allora!- Tuonò con una furia. -Ora statemi bene a sentire: quando il vicepreside mi ha fatto fare questo Seminario, ha detto di dargli i nomi di tutti i fancazzisti che tentano di evitare le lezioni, e ci penserà lui a punirvi tutti-
-Cristo!-
-Cosa sei?-
-Un’amica del Vicepreside?-
Per tutta risposta Katia lanciò un gessetto, contro la testa dello spiritosone.
Il lancio fu piuttosto preciso ed anche la schiccera che fece contro la testa.
Era piuttosto imbruttita, volto rosso, voce collerica.
-Guardati le tette di tua madre stronzetto!-
-Questa è matta!-
-Fuori di qui! Tutti quanti!- Urlava sempre più forte. Lanciò un altro gessetto colpendo uno a caso.
Tutta la dozzina schiamazzante uscì dall’aula.
-Questa è più stronza dei professori-
-Scopa di più mignotta!-
-Ma vaffanculo!- Rispose lei per le rime.
Cavolo pensò Daniel, quella aveva un bel caratterino.
Lui rimase fermo, mentre attendeva che si riprendesse.
-Massa d’imbecilli- sbraitò anche lei. -Una cerca di aiutarli e loro la insultano-
Concluse con un lungo sbuffo. Poi si guardò attorno e allora si accorse di lui.
-E tu che intenzioni hai?- Sbottò.
Daniel alzò le mani. -Calma. Sono venuto in pace-
Katia lo fissò aggrottando le sopracciglia.
-Fai lo spiritoso anche tu? Mi riferivo al Seminario. Come ho detto prima, io parlo solo a chi è interessato-
-Oh ma io lo sono- Disse Daniel con una certa enfasi. -Sono piuttosto interessato a tutta la storia della Matematica –
-Mettiti comodo allora- disse lei prendendo un gessetto tra le dita ed iniziò a scrivere sulla lavagna vicino a lei.
Quella fu la prima lezione di matematica che comprese davvero.
Un vero miracolo.
-Uno su 60 invece di nessuno: è comunque un guadagno- Fece tutta contenta.
Purtroppo, quello fu un grosso insuccesso, il Vicepreside accantonò l’idea dei Seminari. Quel suo sfogo poi, non l’aveva certo messo in buona luce coi gli altri alunni. Anche alcune amichette, iniziarono a schifarla, ma non sembrava importarle troppo.
In ogni caso, Daniel voleva rivederla ancora. Andavamo a scuola a Roma. La fortuna volle che da qualche settimana i due prendessero un autobus scolastico che di norma faceva il giro di paesini limitrofi. Nell’ultima parte del percorso rimanevano spesso solo loro nel bus. Così un giorno si fece coraggio e le parlò. E per sembrare più atletico di quanto non fosse, rimase appeso ai sostegni, sopra di lei. Come stesse facendo delle trazioni.
-Sempre lo stesso lungo giro vero?- Cercò di metterla sul divertimento, sfoggiando il sorriso più simpatico che avesse.
Lei lo fissò con espressione seriosa, non seppe dire quanto fosse infastidita.
Comunque annuì ricambiando il sorriso, senza mostrare denti, con l’aria di chi già sapeva dove andrà a parare il discorso.
-Già. È vero- disse lei con tono tranquillo.
Doveva ammettere che era la prima volta che tentava di approcciare con una ragazza. Soprattutto una delle più carine della scuola.
-Tu sei Faletti Katia, vero?- Cercò di rimanere in equilibrio, impresa non semplice: quel punto era pieno di curve.
-Me lo chiedono spesso, sai?- Scherzò lei. -Tu invece sei mister Seminario-
-Esatto. Mi fa piacere che ti ricordi-
-E’ normale ricordarsi l’unico Cristiano che mi è stato a sentire-
-Figurati. Sei stata molto in gamba-
-Grazie- fece sorridendo di gusto.
-Ma perché con tutti i posti liberi, stai appeso come una scimmia? Puoi anche sederti se vuoi. Non devi rischiare-
-Rischiare cosa?- Ribatté lui.
L’aveva davvero invitato a sedersi vicino a lei? Non ci poteva credere…
Purtroppo, a causa di una curva intensa, finì col perdere la presa, finendo addosso a lei. Daniel quasi non se ne rese conto.
In pratica, si ritrovò seduto sulle gambe di lei, coperte dai jeans, sbattendo la testa contro la cartella che lei aveva poggiato sul sedile interno.
-Tipo questo- Ironizzò lei.
Aveva preso un colpo in testa tremendo, quasi non capiva dov’era. Bruciava da matti.
-Che botta!- Si toccò la testa con le mani. -Ma che hai dentro la cartella? Un mattone?-
-No. Solo il libro di matematica-
Stava per lamentarsi ancora, ma, per un breve istante, vide i suoi occhietti verdi attraverso le lenti circolari. Quelli che gli sembravano bagliori quasi paradisiaci. Un istante che parve un secolo. Ci fu qualcosa in quel momento che parve come un’onda di un oceano dal bellissimo fondale, che gli ripulì ogni sensazione negativa: non sentiva più niente, nessun bruciore, nessuna sensazione di smarrimento. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
-Mio Dio scusami- disse lui con tono imbarazzato. -Sono un po’ maldestro-
-Già, una vera scheggia. Vuoi rimanere appiccicato ancora a lungo?- Chiese lei sempre più ironica, ma non sembrava infastidita. La sua boccuccia da vicino sembrava un petalo di rosa.
Spostarono gli zaini e si sederono composti l’uno vicino all’altra.
-Scusami ancora- Disse mentre sentiva uno strano rossore sulla gote, il cuore andargli a mille, sentiva delle vampate quasi.
-Ti scusi sempre così tanto?- Fece lei abbozzando un leggero sorriso.
Alla vista di esso, sentiva una scossa elettrica nel suo cervello, il cuore gli batteva all’impazzata. Ma perché si sentiva così strano? La lingua sembrava impastata. Stava finalmente parlando con la ragazza che desiderava da mesi.
Non si spiegava tanto panico.
-Non sempre… Cioè nel senso che… Io non riesco a… Cavolo non riesco più a parlare-
Accidenti l’aveva detto ad alta voce. Si disse Daniel. Mio Dio. Chissà cosa starà pensando?
Lei lo fissava con le sopracciglia aggrottate. Il suo sorriso si era un po’ affievolito.
-Non per metterti fretta, ma la mia fermata sarà la prossima. Quindi se vuoi chiedermi qualcosa…-
Lasciò cadere la frase. Dunque era chiaro che già immaginava cosa volesse chiederle.
Prese un respiro gigantesco. Poi quasi urlò.
-Volevo solo chiederti se da domani potevamo fare il viaggio assieme visto che, comunque, siamo solo noi due! Così per farci compagnia! Tutto qui!-
Lei divenne seriosa all’improvviso, il sorriso le sparì. Forse ci stava pensando? Ormai l’aveva fatto, si era buttato. Si aspettava anche che gli tirasse qualcosa: magari proprio il mattone che aveva nello zaino. Poteva fare parecchio male.
-Come hai detto di chiamarti?-
In effetti non si era presentato. Bella roba.
-Daniel Di Paolo-
Lei annuì. -Piacere di conoscerti. Posso chiederti di che anno sei?-
-Faccio il secondo superiore. Mi sono trasferito qui da poco, l’anno scorso frequentavo un’altro istituto-
-Senti un po’, tu ti rendi conto che sono più grande di te?-
Sulle prime Daniel non comprese quello che intendeva con quel commento.
-Davvero? Cavolo sembri avere la mia età!-
Lei stavolta rise di gusto. Una risata davvero bella e candida.
-Lo terrò presente per quando sarò più vecchia-
Che bello vederla ridere.
-Ecco la mia fermata- fece alzandosi e prendendo il suo zaino. -Ci vediamo domani, alla stessa ora, sugli stessi posti? Intesi?-
-Intesi! Intesissimi!- Daniel quasi balzò dalla gioia.
Un paio di fermate dopo toccò a lui. Sceso dal Bus andò a casa canticchiando e quasi ballando per la gioia.
Quella fu l’inizio di tutto. Nei giorni successivi, nonostante il suo forte imbarazzo e i mille impacci riuscì a legare sempre di più con lei. Katia gli spiego’ che anche la sua famiglia si era trasferita vicino da lui, ad una mezz’ora l’uno dall’altra, perciò prendevano lo stesso autobus. Daniel non poteva sperare di meglio. Nonostante tutti questi vantaggi, gli ci vollero la bellezza di sei mesi prima che avesse il coraggio di invitarla ad uscire.
-Certo che c’è ne hai messo per chiedermi di uscire- Non riuscì a non ironizzare Kathy. Le piaceva essere chiamata così da chi la conosceva.
-Stavo solo attendendo il momento migliore- disse Daniel un po’ imbarazzato.
-Sei proprio svelto: una vera Scheggia-
Quell’affermazione lo fece ridere.
E risero per tutto il primo appuntamento. Poi, una cosa tirò l’altra e si misero assieme. L’Estate di quell’anno fu importate per lei e soprattutto per lui.
Dopo un anno che si conoscevano Daniel ormai frequentava casa di Katia da diversi mesi: benché fosse caratterialmente quadrata era piuttosto integerrima, simpatica il giusto.
Entrambi i padri erano simpatici e, per fortuna, aperti mentalmente. Se si chiudevano in camera, non pensavano male, avevano piena fiducia nella figlia. Per lui era solo un vantaggio. A quei tempi non avevano ancora fatto nulla di sessuale. A parte qualche bacio, bello e dolce.
I genitori di Daniel in quel periodo erano andati in vacanza, lasciandolo a casa da solo. Non era novità: i suoi non avevano voglia di portarlo da nessuna parte, e tutte le volte, lei lo invitava a stare da loro, senza mai lasciarlo solo. Si commuoveva sempre, ogni volta le diceva di volerle bene. Lei lo ringraziava sempre.
Certo la convivenza con due genitori maschi e tre ragazze, Katia e le sue sorellastre, non era mai stata troppo semplice per lui, soprattutto se si trattava dell’uso di un solo bagno. Proprio il bagno aveva portato a diverse risse, tra lei e sua sorella Michela: le due non si erano mai sopportate.
Un volta lei e Michela avevano fatto a cazzotti dentro il bagno, litigandosi il bagnoschiuma, menandosi a vicenda e nel tentativo di contenderselo sparsero l’intero liquido viola sulle pareti del bagno, facendo un casino pazzesco, non solo per le urla. I litigi, spesso pesanti con Michela erano quasi all’ordine del giorno, Katia non la sopportava, soprattutto nei primi tempi in cui convivenano.
La madre di Michela era una donna single che si mise assieme al padre di lei.
Michela non si fidava di lui, non faceva che dire che l’avrebbero abbandonata, come tutti gli uomini che avevano conosciuto. Non aveva peli sulla lingua e insultava pesantemente il padre di Katia: lei tutte le volte lo proteggeva, e le due finivano per litigare e pestarsi purtroppo. Michela era davvero rissosa da piccola, un vero terremoto, da grande questa cosa era cambiata, rimaneva una manesca ma per fortuna ci pensava molto prima di offendere le persone, soprattutto quelle che gli facevano da famiglia. Eppure la madre di Michela era stata capace di mettere assieme due anime diverse come il Padre di Katia e quello di Susanna: la terza sorella, la più giovane delle tre, anche se di un paio di anni. Da piccola subiva passivamente gli attriti tra le due sorellastre maggiori.
Eppure, la madre di Michela era l’unica persona che riuscisse ad andare d’accordo con tutti. Riuscì anche a portare avanti un rapporto a tre con gli altri genitori.
Quella donna era davvero un concentrato d’amore come gli aveva più volte spiegato Katia.
Poi un giorno, purtroppo, morì d’infarto.
Una cosa davvero tremenda. Anche Daniel andò al funerale, e poi alla sua tomba, alla quale si presentava regolarmente a portare fiori. Gli dispiacque davvero tanto…
Tutti le volevano bene.
La sua morte fu colpo terribile, soprattutto per Michela: aveva perso l’unica persona che la conosceva e la comprendeva, pianse a dirotto per giorni. Per la prima volta Katia provo’ pena per lei. L’abbracciò lacrimante anche lei, assieme a Susanna.
Per la prima volta le tre erano abbracciate assieme.
Per la prima volta si sentirono parte di qualcosa di più di una convivenza forzata.
I due padri divennero un coppia di fatto.
Dopo la morte della povera donna crebbero tutte. Anche lui maturò parecchio, e cercò di essere all’altezza delle aspettative di tutti, soprattutto di Katia.
Quella fu la prima volta che Daniel si chiese perchè una ragazza del genere stesse con lui. Eppure, stavano assieme da almeno un anno.
-Stiamo assieme perché ci amiamo Scheggia- lei rispondeva sorridendo raggiante. -Ci siamo sempre amati-
Ricordava la prima volta che lo fecero. Era un pomeriggio in cui erano soli in casa. Susanna e Michela stavano seguendo un corso di formazione per recuperare le materie, entrambe si dedicavano troppo allo sport, quindi dovevano riprendersi per evitare di perdere gli anni. Per Michela c’era anche la questione del dilpoma quell’anno. Era dura per chi non aveva mai aperto un libro, riprendersi in pochi mesi, ma ci stava provando.
Quel giorno era in salotto, e Kathy stava rassettando la casa. Lui era seduto sul divano al piano terra. L’elemento positivo era il fatto che Katia quel giorno indossava una un paio di shorts neri, lasciando scoperte le belle gambe affusolate e snelle. Una maglia a maniche corte, larga e grigia. Da qualche tempo ormai, quando uscivano non riusciva a non sbirciarle la scollatura delle sue tette che tanto avrebbe voluto palpare, per non parlare del suo bel sedere.
Con quel caldo poi, la sua eccitazione lo spingeva a cercare di sbirciare la forma della sua fica. Cavolo. Anche se si allenava poco, aveva un fisco longilineo e appetibile.
Chiederlo però lo riteneva ineducato. Aveva paura di turbarla ed essere considerato un porco. Non c’era niente di più imbarazzante di avere una fidanzata come Katia e avere timore di chiederle di fare sesso. Intanto, la sua immaginazione andava a mille. Insomma, ogni sera tante seghe, e poco altro.
Quel pomeriggio erano soli in casa. E lo sarebbero rimasti fino all’ora di cena. Lei stava pulendo l’angolo cottura. Lui poltriva beato a guardare qualche rivista per donne. Roba tipo Panorama, che tanto piaceva al Padre numero 2 e sua figlia Susanna: quei due avevano davvero un bel rapporto.
Dopo un po’ gli capitò in mano una parte dedicata alla biancheria intima: con modelle tipo quelle della televisione che le indossavano. Erano veramente belle: tette in trasparenza sotto reggiseni di pizzo e slip che lasciavano ben poco all’immaginazione. Tutte in posizioni provocanti. A quei tempi Internet non funzionava come oggi, e quelle erano cose che eccitavano parecchio un sedicenne, perlomeno lui.
Insomma, per farla breve, Daniel sentiva il cazzo che gli era rizzato tanto da fargli male, e s’infilò una mano nella patta per massaggiarselo.
Stava già pensando di portarsi la rivista in camera quella sera, ci stava tutto, quando all’improvviso Kathy si mise seduta accanto a lui, era stata tanto silenziosa che Daniel non si accorse di nulla. Il suo sguardo verde acqua, priva di occhiali, lo vide chiaramente con la mano nei pantalocini corti. Espressione un pò sorpresa, ma si riprese subito e, facendo finta di niente.
-Cosa stai leggendo?-
-No, niente… Una cosa che ho trovato qui- rispose decisamente imbarazzato e tirando in fretta fuori la mano dai calzoni.
Cavolo che imbarazzo. Sentiva un rossore di gote piuttosto pesante.
Lei per tutta risposta sorrise appena.
-Dai, fammi vedere- disse Kathy prendendo in mano la rivista.
Nemmeno aveva fatto in tempo a cambiare pagina. Vide le foto che lo avevano eccitato.
E lo fissò un po’ perplessa.
-Ti piacciono queste foto?-
-Bé, insomma… Abbastanza-
-Ma ti piacciono e basta o ti eccitano anche?- Insistette sorridendo maliziosa.
-Bè, in effetti mi eccitano- Ammise imbarazzato e stupito.
Ecco fatto. Si disse Daniel già sentiva la sua sfuriata nelle orecchie.
”Ma come?! Io mi sto facendo il culo facendo le pulizie e tu ti fai le seghe su una rivista del cazzo! Considerati morto!”
-Non offenderti però- Disse, cercando di metterci una pezza.
Lei aggrottando le sopracciglia e fissandolo con i suoi occhietti.
-E di cosa mi dovrei offendere? Anzi, sono contenta che finalmente tiri fuori questi pensieri proibiti, guarda che lo so che ti seghi sempre, anche su di me. Però non è mai stato un vero problema. Ho solo atteso finora che fossi pronto-
Daniel ci rimase qualche secondo, interdetto da quelle parole. Lei davvero non vedeva l’ora?
-Non sorprenderti troppo, l’educazione sessuale l’ho fatta dalla seconda superiore, tramite un nostro professore- Spiegò con calma Kathy.
-Stai dicendo che avevi un professore di sessuologia?-
-No. Era il prof di Religione-
-Ma dai!- Sbottò Daniel. -Com’è possibile?-
-Era anche uno storico, un filosofo, e un’architetto, oltre che assiduo conoscitore del Corano. Ci diceva che la masturbazione è una cosa normalissima, che ci accompagna sempre nella vita. Soprattutto quando siamo giovani: diceva che se ti seghi a dodici anni va benissimo, se lo fai a quindici/sedici, la tua età, va bene, però, dovresti cominciare a guardarti intorno-
Concluse la frase sorridendo, con sguardo ed espressioni ammiccanti. Raddrizzando la schiena e mettendo in risalto i seni. -Quando arrivi a 18 anni e ti seghi, bhe, sarebbe ora che ti dai una svegliata-
Ecco fatto! Figuriamoci se non dovevano arrivare le frecciate. Si disse Daniel.
Kathy, intanto, stava guardando le pagine con le foto.
-Non vorrai dirmi che vedere queste foto ti eccita?- Fece un po’ dubbiosa. -Non si vede praticamente nulla-
-Anche adesso, potrei mettermi in bikini, e tu, ti ecciteresti così tanto?- Fece alludendo con lo sguardo all’evidente rigonfiamento nei suoi calzoni. -Aiutami a capire-
-Bè, no, non è la stessa cosa. Non so perché, ma l’immagine gioca con la mia mente, e l’idea di… Immaginare cosa si possa celare oltre il vestito, qualunque esso sia, insomma mi eccita moltissimo-
-Davvero?- Kathy era ancora più dubbiosa. -Ho la strana sensazione che tu sia talmente eccitato da non capire cosa ti piace davvero. Vorresti dirmi che se io ti faccio vedere un po’ le gambe, intendo le mie gambe, dai piedi fino al mio monte di venere, senza biancheria, ti farebbe eccitare?-
Nel dirlo, aprì volontariamente le gambe, coperte solo da uno shorts nero, piuttosto attillato.
Daniel le osservò, dai piedi coperti da ciabatte da mare blu, la morbida linea delle caviglie e delle coscie belle e lisce ed fissandola nel mezzo di esse, rimase quasi inebetito, non riusciva a crederci…
Non aveva neanche le mutandine. Il suo cazzo, che già era duro, stava scoppiando nella patta. Rimase imbambolato, non riusciva a spiccicare parola.
Kathy sembrò divertita dall’imbarazzo e continuò a provocarlo: con le mani si carezzò le gambe fino ai piedi, poi con calma risalirono tornando ad accarezzandosi in mezzo ad esse. Stuzzicando il suo bottoncino gonfio sotto gli Shorts.
-Ti piace?- Chiese ammiccante.
-Sì…- Riuscì a balbettare Daniel.
Il suo istinto, tanto istigato, prese il sopravvento.
-Posso accarezzarti le gambe? Mi piacerebbe molto accarezzarti-
Ecco l’aveva detto:
“A questo punto uno schiaffone non te lo leva nessuno”. Si disse Daniel.
-Se vuoi-
Non credeva alle sue orecchie! Titubante allungò la mano destra verso la sua coscia sinistra e cominciò ad accarezzarla, la sua pelle era così liscia, calda e soffice. Passò sulla parte più interna della coscia risalendo sempre di più quello scoscio, godendosi quel contatto.
Lo squillo del telefono lo fece sobbalzare e ritrasse subito la mano.
Katia si alzò e prese il telefono Cordless e rispose, era una sua amica e cominciò a chiacchierare con lei come se lui non ci fosse.
Poi tornò a sedersi accanto a lui, proprio come prima, e senza neppure guardarlo gli prese la mano e la portò tra le cosce aprendo un po’ le gambe.
Daniel rimase di stucco, ma non si fermò. Arrivò pian piano a sfiorarle le labbra della figa attraverso il tessuto elastico degli shorts, prima timidamente poi con sempre maggior vigore. Lei, intanto, muoveva lentamente e ritmicamente il bacino.
Era eccitatissimo… Non ce la faceva più: cominciò a toccarsi il cazzo con la sinistra cercando di menarselo dentro ai calzoni.
Ma quasi subito Kathy gli scostò la mano e cominciò a strusciarlo direttamente lei… Infilò la mano nei calzoncini. E, senza slacciarli, arrivò faticosamente alla cappella bagnatissima.
La mano calda l’accarezzò dolcemente. Daniel non ci pensò più e liberò il cazzo dalle mutande e dai pantaloni. Esso svettò dal bordo dei calzoni, duro e svettante. A quel punto Kathy chiuse la telefonata annunciandogli sorridendo:
-Io devo continuare le pulizie. Poi devo andare a pranzo con la mia cuginetta Liliana, non ricordo se te ne ho mai parlato: ci conosciamo dai tempi delle Elementari, siamo addirittura andate, alle medie insieme. È da parecchio che non la vedo più. È tornata a Roma e rimane per una settimana.
Capisci che non posso dirle di no.
Mi spiace non poter approfondire il discorso-
-Ma come?– Sbottò Daniel che quasi non ci credeva. –Prima mi hai fatto eccitare. E adesso? Come cavolo faccio?-
-Oh! Povero piccolo- Lo prese in giro. -Farai come sempre, no? Ti farai una bella sega e finisce la storia. Forse ora capisci come mi sono sentita io in tutto questo tempo-
Cos’era? Una specie di punizione. Daniel purtroppo non ragionava più.
-Bè sì. Ma vedi. Io speravo…-
-Tu speravi eh? Tanto, secondo me, ti manca solo un attimo. E poi non mi va che sporchi i mobili, visto che mi sto facendo il culo per pulirli-
E così dicendo scivolò giù dal divano, si inginocchiò davanti a Daniel, tra le sue gambe, poi gli prese in bocca l’uccello. La sensazione fu incredbile, il suo fiato, il calore delle labbra, la lingua che saettava sul suo cilindro di carne.
Non credeva a quello che stava accadendo il suo cazzo non stava più nella pelle. Dopo pochi secondi sentì che stava per sborrare. Glielo disse, ma lei continuò imperterrita, vide i suoi occhi verdi come l’acqua che lo fissavano, e quando lui e le riempì la bocca, lei ingoiò tutta la sua sborra e gli asciugò per bene tutto.
E durante tutto l’atto, lo sguardo di Kathy era godurioso e soddisfatto.
Poi si alzò, si tirò indietro i capelli castani, sorridendo, e lanciandogli uno sguardo ammiccante disse:
-Comunque non finisce di sicuro così, Scheggia. Adesso rimettiti a posto-
E così dicendo continuò le pulizie. Dopo aver lavato per bene, poi andò a farsi una doccia e si preparò ad uscire con la cugina.
Daniel andò in bagno.
Era rimasto senza parole. Fino a sera non riuscì più a fare nulla con la giusta concentrazione. Continuava a pensare a quella cosa che avevano fatto. Vedeva il suo volto fargli quel magistrale pompino, continuava a ripensare alle sue cosce, alla sua figa che aveva toccato, avrebbe voluto vederle le tette.
Alla fine era diventato un pervertito ma….
”E’ ora che ti dai una svegliata Scheggia!” Quelle erano le sue parole, pur parafrasando un po’.
“Comunque non finisce di sicuro così.”
La sera quando rientrò, sempre assieme a Liliana di cui aveva parlato, fece finta di niente. Aveva anche ragione, dopotutto c’erano ospiti in casa. Liliana era piuttosto simpatica, oltre che carina.
Michela e Susanna invece non si fecero vedere.
Quella sera Daniel si portò in bagno il catalogo con le foto di biancheria intima e si fece una sega gigantesca ripensando all’accaduto.

Continuerà.

Leave a Reply