‘Ti prego, chiuditi, chiuditi !’
Licia stava nella sua testa implorando le porte dell’ascensore di chiudersi prima che lui arrivasse. Ne aveva appena intravisto la figura camminare in lontananza.’ Ecco che le porte si chiudevano, ce l’aveva fatta, quando all’ultimo momento la mano dell’uomo trovò esattamente la posizione della fotocellula e bloccò il meccanismo.
‘Signorina, buongiorno. L’ho presa per un soffio!’
‘Buongiorno’
‘Allora inizia una nuova lunga giornata di lavoro.’
Una frase banale, aveva pensato lei, detta solo per riempire il tempo fino ad arrivare all’ultimo piano.
‘Eh sì’ aveva replicato la donna con un sorriso di circostanza.
‘Sa che non la vedo mai in giro, per l’ufficio. Neanche a mensa.’
‘Pranzo molto presto, prima del suo orario, credo’
‘Sì. Se non avessi saputo dai suoi colleghi che lei è una gran lavoratrice e che sta tutto il giorno chiusa nel suo studio a fare i conti, penserei che se ne va in giro durante l’orario di lavoro’ aggiunse l’uomo con una risatina antipatica. Licia accennò un finto abbozzo di risata. Ma quando cavolo arrivava questo’ ultimo piano.
‘Poi non è un tipo che si nota, lei. Ah, eccoci arrivati. Arrivederci.’
L’uomo se ne era andato lasciandola lì con quell’ultima frase del cavolo. Che significa ‘non è una che si nota?’ Era una persona insignificante ? Vabbè, lo sapeva, ma non c’era il bisogno di sentirselo dire. E poi che familiarità aveva quell’uomo con lei ? Nessuna. Era semplicemente il suo capo. Il suo nuovo capo. Stava lì da soli quindici giorni e già si permetteva di pontificare sulle persone, senza alcuna cognizione di causa. Questi turbolenti pensieri avevano accompagnato Licia fino alla porta del suo ufficio e avevano agitato la sua mattinata. Chiuse imbronciata la porta e si mise a sedere. Accese il computer. Pronta per ‘la nuova, lunga giornata di lavoro’. Come sempre.
‘
Ma quel giorno riservava più sorprese per la tranquilla contabile. Verso le tre di pomeriggio squillò il telefono del suo ufficio.
‘Signorina Verdi, sono Boccalupo. La pregherei di venire il prima possibile nel mio ufficio.’
Licia si alzò e andò verso lo studio del gran capo. Magari voleva scusarsi della frase stupida. Poco credibile. Magari voleva divertirsi a insultarla ancora di più. Anche questo poco credibile. Lei in fondo era una ‘che non si nota per niente’, una persona con cui non vale trascorrere il tempo. Doveva riguardare qualcosa del lavoro.
‘E’ permesso ?’
‘Sì, prego, si sieda. Un attimo, finisco di scrivere una cosa.’
Lui stava finendo di scrivere una email lasciandole il tempo di guardarlo indisturbata . il tipico manager, senza niente fuori posto, vestito perfettamente.’ Una scrivania ordinata con delle riproduzioni di quadri di De Chirico sulle pareti. Alla fine anche carino. Sicuramente alcune delle colleghe non se lo sarebbero fatto sfuggire. Soprattutto la Katia. E la Prestitempo. Avevano usato le loro ‘armi’ con altri colleghi e i precedenti capi. Lo sapevano tutti. Ora questo era pure un bel tipo. Sarebbero state contente di allargare le gambe sul tavolo. O stare in ginocchio sotto questa grande scrivania.
‘Signorina mi dice cosa trova da ridere.’
La voce squillante del capo l’aveva ripiombata nella realtà e l’aveva fatta sobbalzare.
‘Mi scusi, niente. Pensavo ad una certa cosa.’
‘Ecco. Bene. Perché in quello che sto per dirle non c’è niente da ridere.’
Licia cominciò a preoccuparsi. Il tizio aveva proprio una faccia seria. L’uomo continuò a parlarle.
‘Visto che la società sta subendo una periodo di contrazione, abbiamo fatto riesaminare tutti i bilanci da una società specializzata nell’ottimizzazione delle risorse. Sono stati rivisti i bilanci di tutte le sedi, compresa questa. Oggi mi è arrivata la relazione e le cose proprio non vanno. Ora, senza andare nello specifico, leggerà i dettagli nella relazione, mancano circa duecentomila euro. In più ci sono irregolarità nella contribuzione assicurativa di alcuni dipendenti. Cosa mi dice ?’
Licia cadeva dalle nuvole. Non era possibile. Lei era un tipo preciso. Doveva essere stato Fernandi, l’altro contabile.
‘Vede, il bilancio lo facevamo io e il signor Fernandi. In particolare negli anni a cui lei si riferisce era soprattutto lui redigere i bilanci, io lo assistevo.’
‘E chiamiamo il signor Fernandi’
‘E’ imbarazzante, ‘lei non può saperlo. Il signor Fernandi è deceduto quattro mesi fa. Qui siamo rimasti tutti addolorati.’
‘Signorina, non so che dirle. C’è anche la sua firma sui bilanci. E poi ora la responsabile è lei. Guardi, le invio la relazione. Se la studi. Riapra i file, so organizzi. Ma deve trovare una soluzione. Ci aggiorniamo lunedì.’
‘Ma oggi è giovedì, mi ci vorrà più tempo’
‘No, guardi, non se ne parla proprio. Entro due settimane dobbiamo aver risolto’
‘Ma”
‘Arrivederci’. Con un tono brusco, l’uomo aveva interrotto la conversazione.
‘
Appena rientrata in studio, Licia si buttò a rivedere i file, i bilanci, ogni cosa. Lesse la relazione, che sembrava ineccepibile. I conti erano giusti e mancavano molti soldi. Come era potuto accadere ? Fernardi era molto ordinato e preciso. Lei stessa aveva controllato tutto. China su carte e fissa al computer, si erano fatte le nove. Era troppo stanca ora, così uscì dall’ufficio. Una sola luce era ancora accesa, quella di ‘quella del capo.
Licia passò davvero una brutta notte, immersa nei pensieri, cercando di ordinare le idee per il giorno successivo. E il venerdì fu intenso e pesante. Neanche la pausa pranzo. Ma proprio non si spiegava. Come era potuto sfuggire una cosa così evidente. Centonovantasettemila euro. Questa la cifra che appariva ad inizio bilancio e poi si perdeva nei vari calcoli. Irrecuperabile. Alle dieci di sera del venerdì Licia era disperata. Una faccia solcata dalla stanchezza e dall’ansia.
Il sabato seguente era la sola nell’ufficio enorme e deserto. Ad un tratto sentì arrivare qualcuno. Quando vide ‘ si nascose nel suo studio e continuò a lavorare facendo il minimo rumore. Quel fine settimana non fu per lei né rilassante né riposante. Rosa dai dubbi, affaticata, più volte vicina a scoppiare in lacrime. Era rassegnata a dover ammettere lo sbaglio. Fernandi non c’era più e l’unica responsabile era lei.
‘
Lunedì mattina. Il telefono squillò.’ Era l’ora. Seduta sulla poltroncina, fattasi piccola piccola, Licia conobbe il volto duro del nuovo capo. Una strigliata così non l’aveva mai avuta.
‘Forse se avesse dovuto sborsarli lei quei soldi, sarebbe stata più attenta. La cosa non può finire così. Lo sa che stiamo in crisi e che uno dei compiti che mi è stato affidato dai vertici è la riorganizzazione della sede. Forse questo non è il posto adatto per lei.’
‘Lavoro qui da otto anni e sono stata sempre apprezzata per il mio lavoro. Questo errore, non so come sia potuto accadere. Era un periodo difficile per me. Mio padre stava male.’
‘Mi addolora ma questo non risolve il problema. Sto seriamente valutando di mettere’ in discussione la sua posizione nell’azienda.’
Licia lasciò lo studio con gli occhi lucidi. Solo la sua dignità avevano impedito alle lacrime di uscire davanti’ a Boccalupo.
‘
Seduta a mensa, da sola come spesso accadeva, Licia sentì i colleghi parlare al tavolo dietro.
‘Ma hai sentito? ‘. Ha mandato via la Prestitempo !’
‘Nooo! Si vede che al nuovo capo non piacciono i pompini !’
‘Oppure piacciono ma se fatti da un bel maschione. Stai attento tu.!’
Le risate si susseguirono finchè la discussione si fece più seria..
‘Finora hanno comunicato ad almeno dieci persone che devono andare via o cambiare sede. ‘
‘Ma la sede più vicina è in Francia !’
Licia si incupì ancora di più e i giorni seguenti il suo lavoro fu vissuto con un’aria pesante di sfiducia nel futuro.
‘
‘Ti prego, chiuditi, chiuditi !’
Anche stavolta la preghiera di Licia non era stata esaudita’ le porte dell’ascensore tardarono quel tanto da permettere a Boccalupo d’entrare.
‘Buongiorno. Abbiamo gli stessi orari. Proprio a lei stavo pensando un attimo fa. Venga nel mio studio alle undici esatte.’
‘Certo, dottore’
‘Comunque, qui l’aria è pesante per tutti. Almeno non la renda più triste. Si metta qualcosa di più vivace quando viene a lavoro. A più tardi.’
Che stronzo. Non solo fra poco l’avrebbe cacciata via. Si era di nuovo permesso di umiliarla. Quando Licia entrò nell’ufficio del capo, lui la stava aspettando.
‘Sono in ritardo ?’
‘No, ma chiuda la porta. Senta, sono stato duro con lei, ma la nostra situazione finanziaria è seria. Io premo su di’ lei, ma non sa quanti sopra di me premono su di me. Comunque voglio tranquillizzarla. Per ora ho sistemato la cosa. Ma da ora in poi voglio che ci siano dei cambiamenti.’ Boccalupo ‘le comunicò tutta una serie di nuove procedure che avevano lo scopo di tenere sotto stretto controllo il lavoro della contabile. Seppur offesa dalla mancanza di fiducia nelle sue capacità, Licia dovette ingoiare il rospo.
‘Va bene, dottore. Faremo come desidera lei.’
‘Ecco, sì, come desidero io. E desidero anche un’altra cosa.’ L’uomo fece una pausa che lasciò la donna in trepidazione. ‘D’ora in poi voglio che lei cambi abbigliamento e modo di vestire. Un po’ più di brio, più gonne. Basta con gli anfibi ai piedi. Non è né una contadina né una liceale.’
‘Sta scherzando, vero?’
Questa reazione uscì spontanea dalla bocca di Licia, la cui filosofia era: io non disturbo, non mi immischio, non partecipo, ma lasciatemi in pace nel mio mondo.
‘Nient’affatto sono serissimo. Potrebbe sembrare una limitazione della libertà, ma è un aiuto concreto a stabilire un clima partecipe e fiducioso nell’azienda.’
‘Ma la società non può dirmi come vestirmi’
‘Infatti non è la società a dirglielo. Sono io che lo voglio’
‘Ma dottore.’
‘Allora non ha capito. Le ho già perdonato molto. Non vuole certo che ci ripensi..’
‘No, dottore.’ pronunciò Licia con un’aria bastonata.
‘Brava. Anzi, già domani lei indosserà un vestito. Rosso. Niente di provocante, ma nemmeno troppo casto. E’ già troppo tempo che si veste come una monaca..’
Licia stava imperterrita davanti al suo capo. Ma era un sogno o era reale ? Poteva farlo ? In principio no, ma lei non si trovava certo nella situazione da poter decidere.
‘E poi, riguardo alle scarpe, potrebbe indossare qualcosa che lasci un po’ scoperto il collo del piede. Ed un tacco. Non 10 centimetri. Non dico questo. Quel po’ che slanci un po’ la sua figura..’
La donna cominciava a capire che non era solo l’attaccamento all’azienda a dettare quelle parole. L’uomo, anzi il maschio, ci metteva del suo. Quello che chiedeva era poco, ma in fondo nella sostanza non era diverso dalle pretese che i vecchi capi avevano chiesto a certe sue colleghe più vistose di lei.
‘Alla fine mi ringrazierà. Perché lei sacrifica molto il suo aspetto. Sebbene sia solo un contabile, non è detto che migliorare la sua immagine non le giovi in qualche aspetto del suo lavoro.’
‘ Gioverà alle tue voglie’ pensava dentro di sé la dipendente.
‘Quindi ci siamo chiariti. D’ora in poi segua le mie indicazioni nel lavoro. E domani’vestito rosso e tacchi’
L’uomo aveva un sorriso beffardo ed arrogante. Era ben conscio di quel che faceva, il figlio di puttana.
‘
Sebbene ancora non avesse deciso se indossare il famoso vestito rosso, la donna passò per una via di negozi e diede un’occhiata. Alla fine, presa in un momento di debolezza, comprò un vestito d’un rosso non acceso. Ma fece lo sbaglio di non guardarsi bene allo specchio e di fidarsi troppo della commessa che voleva solo vendere ed in fretta. Per tutta la sera la donna si arroventò la testa, combattuta dal suo orgoglio che le diceva di non assecondare quell’ordine del capo. Capiva che le cose sarebbero cambiate per lei. Valeva la pena lavorare in quelle nuove condizioni? E certo non si sarebbe fermato. Chissà che cosa avrebbe chiesto in seguito. Sarebbe finita come la Prestitempo, in ginocchio sotto la scrivania. Di nuovo una risata incorniciava il volto di Licia.’ Beh certo, quella lì poteva attirare certe attenzioni. Perché invece lui aveva puntato le sue voglie su lei ? Una che non si nota. L’aveva detto lui stesso. Era solo una dimostrazione di potere ? Era un gioco: rompiamo le scatole alla contabile insignificante. Però si ricordava l’espressione dell’uomo quando guardandola fissa in volto le parlava del vestito rosso, del collo del piede, della sua bellezza nascosta. La donna si stava guardando allo specchio cercando di scoprire quello che lo aveva potuto attirare, ma non vedeva nulla, all’inizio, poi cominciò ad ammettere che non era grassa né magra. Senza formosità, è vero, ma non da buttare. Era vero in fondo che i vestiti che portava mortificavano quel che c’era di carino in lei. ‘Il suo collo era sensuale. Le era sempre piaciuto il proprio collo. Anche gli occhi sarebbero apparsi graziosi se non fossero stati mascherati dai pesanti occhiali sicuramente fuori moda. Ma che schifo di capelli. Non andava dal parrucchiere da mesi. Ma che stava dicendo ? Era solo un porco, un arrogante bastardo che si divertiva ad insultare la gente facendosi vigliaccamente forte della sua posizione di capo. Uno stronzo. Un maschio. Uno maschio stronzo. E ‘attraente’.
La notte fu disturbata dal sensi da dubbi, sensi di’ colpa, voglia di rivincita, incertezza, ma anche da vaghi pensieri di femminile ardore.
Alle sei del mattino, come sempre del resto, Licia s’alzo per fare colazione e vestirsi, ma appena indosso il vestito rosso ebbe una sgradita sorpresa. L’abito che aveva comprato il giorno prima le era troppo aderente e mostrava la sua biancheria intima di second’ordine.
‘Maledizione e ora che faccio ?’ Penso maledendo la commessa e la sua fretta.
Così si tolse il vestito pensando di rimettersi la sua solita ‘divisa’ ma poi si ricordò di un completino che le aveva regalato una sua amica qualche tempo prima. Licia lo cercò nel cassetto finchè on lo trovò e lo mise sul letto. Era il classico due pezzi da veglione di fine anno composto da un reggiseno push-up e un piccolo tanga in tulle entrambi rossi.
‘Almeno non si vedranno.’ pensò fiduciosa mentre l’indossava.
Una volta vestita si guardò allo specchio e quasi non si riconobbe. Il push-up esaltava il suo scarso seno facendolo più grande ed i tacchi la slanciavano mostrandola più alta.
‘Cazzo così sarai contento bruto porco !’
Ma Licia volle esagerare in presa ad un sentimento di femminilità troppo a lungo represso. Si trucco con cura anche se in maniera non vistosa,puntando sul mettere in mostra i suoi bei occhi azzurri e le sottili labbra.
Quella volta pregò che lui arrivasse quando lei era nell’ascensore, cosa che accadde.
‘Buongiorno signorina vedo che ha seguito i mie consigli.’
‘Certo dottore, in fondo che male c’è?’
‘Nessuno infatti.’ le rispose mostrando il suo miglior sorriso.
Durante il breve tragitto Licia cercò di mascherare il suo sentirsi un agnello davanti al lupo, mentre lui la spogliava con gli occhi senza alcun pudore.
‘maiale bastardo.’ Penso Licia poco prima di dirgli ‘Buona giornata dottore.’
‘Anche a lei signorina.’
Lei si chiuse nel suo ufficio e quasi si vergognava d’andare in mensa, ma poi la fame l’ebbe vinta.
Anche se non li sentiva sapeva che i suoi colleghi stavano commentando il suo nuovo look, ma non diede loro nessuna importanza. Anzi si sentiva fiera di se e del suo essere donna.
Così appena finito il lavoro si recò dalla parrucchiera per dare una sistemata ai capelli e ne uscì con un taglio alla moda. Poi andò da un un ottico e provo le lenti a contatto rimando sorpresa da quanto fossero comode.
‘Domani lo stendo il caro dottor Boccalupo.’
Una volta a casa si tolse subito il vestito nuovo e lo ripose con cura sulla sedia. Mangiò il solito precotto per mettersi poi davanti alla tv, ma un pensiero non le si toglieva dalla mente.
Aveva retto lo sguardo del suo capo che odiava, ma allo stesso tempo ne era sempre più attratta.
Finchè la mano non scivolo senza alcuna esitazione dentro le sue mutandine.
Si incamminò come ogni mattina verso la fermata dell’autobus. Quando il mezzo passò, ci salì sopra. Si sentiva a disagio. Pensava che gli occhi di tutti fossero fissi su di lei ma vide che in realtà nessuno ci faceva caso. In fondo aveva indosso un normale vestito, né più né meno di tanti altri vestiti che milioni di donne indossavano recandosi a lavoro. Semplicemente non era sua abitudine vestirsi così. Sentì la stessa sensazione nell’entrare nell’ufficio. Pensava che avrebbe destato l’interesse assoluto di tutti i colleghi, ma si accorse durante la giornata che lei non era al centro dell’attenzione. Certo aveva ricevuto qualche commento, soprattutto dalle colleghe, sorprese del suo nuovo look. Ed anche i colleghi maschi avevano voltato gli occhi più volte, soffermato lo sguardo più’ lungo. In fondo era un bel vestito che, su una donna attraente, pensava lei, avrebbe fatto un bel colpo. Non su di lei. Poteva al massimo renderla un po’ meno strana e goffa. Ma poi in fondo quello che a lei interessava non era il commento, il giudizio o l’interesse di chiunque. Non aveva scelto lei questa cosa. Doveva solo sperare che Boccalupo la vedesse e fosse soddisfatto di questo capriccio ingiustificato. Passò la mattina e il capo non si fece vivo. A mensa neanche una traccia. Più volte la donna si distrasse al suo tavolo di lavoro sbirciando fuori dalla porta del proprio studio. Verso le tre di pomeriggio andò a prendere un caffè alla macchinetta’ e nel tornare al suo ufficio fece un giro più contorto e lungo del necessario, passando inconsciamente per il corridoio dove si trovava lo studio del capo. La porta era chiusa. Fu presa da una tale rabbia. Lui non immaginava che forzatura aveva fatto al proprio carattere per assecondare il suo desiderio. Ed ora non si faceva vivo. Avrebbe voluto aprire di colpo la porta dell’ufficio dell’uomo e gridargli in faccia. ‘Ed ora è contento ? Ha soddisfatto la sua arrogante perversione ?’ Tornò nel proprio ufficio.
Alle cinque Licia si stava preparando ad andare a casa, stanca più dello stress dovuto a questa faccenda che al lavoro. Una parte di sé era sollevata. Quell’uomo aveva avuto solo un momento di deviazione, ma in fondo non era stato serio in quel che diceva. Voleva metterla alla prova con uno scherzo. Vigliacco. Il suono della posta in arrivò destò la sua attenzione. Controllò il mittente dell’email: stefano.boccalupo@’. Con un po’ di trepidazione, aprì il messaggio e lesse.
‘Come spesso accade, avevo ragione: bastava un piccolo cambiamento di look per esaltare la sua .. luminosità. Domani mi aspetto di vederla sfoggiare una bella gonna. Stefano’.
Quella email generò in lei differenti stati d’animo. Mise fine all’ansia che l’aveva accompagnata tutto il giorno ma l’arroganza dell’uomo la fece arrabbiare di nuovo. Come sempre aveva ragione’ ragione su che ? E poi quel termine così studiato, ambiguo. Luminosità. Una lampadina è luminosa. Al massimo una giornata di sole. Una persona luminosa è una persona generosa, sensibile o che altro ? Una donna luminosa ecco il punto. Cos’era per lui una donna luminosa ? Avrebbe potuto scrivere attraente, graziosa,’ provocante, carina, una gran sorca, un cesso! Ma che significa luminosa ? E poi che bastardo ! Non era finita lì. Voleva un gonna per il giorno dopo. Poteva almeno scegliere lui che gonna, lunga, mini, vede, nera, di lana, di pelle. Non dava lui’ gli ordini ? Doveva pensare lei anche a questo ? Per fortuna di gonne ne aveva alcune, anche se comparivano raramente sulla sua persona. Ma tanto non l’avrebbe messa. Stavolta non l’avrebbe accontentato.
Il giorno dopo, seduta a suo tavolo, Licia aprì il nuovo messaggio di Boccalupo.
‘Ottimo gusto. Il velluto denota forza e morbidezza alo stesso tempo. Domani può vestire come le pare.’
Comparve un sorriso misto di compiacimento e rabbia sul viso della donna, mente accarezzava con la’ mano il morbido tessuto della gonna vellutata che portava.
Quando il giorno seguente’ Licia girò l’angolo del corridoio, camminando sovrappensiero, si scontrò con un uomo che veniva dall’altra parte dell’angolo. Lui si scusò senza aver riconosciuto la contabile e’ poi aggrottò le ciglia soffermandosi ad osservarla.
‘Oh, è lei..’ un sorriso gli comparve sul viso ‘Iniziano a piacerle le gonne”
Licia fece un sorriso di circostanza e poi buttò:
‘Forse aveva ragione. Mi hanno detto che sono molto più’ carina quando porto le gonne.’
Lui rimase zittito, poi disse. ‘Si riferisce a me ?’
La donna sorrise e aggiunse ‘Me l’hanno detto altri. Comunque grazie’ e poi continuò a camminare oltrepassandolo, mentre Boccalupo rimase lì di stucco a pensare tra sé.
Qualche minuto dopo il telefono dell’ufficio squillò. Era lui e voleva parlarle. Licia andò nel suo studio. L’uomo le disse alcune cose di lavoro, tutte di minima importanza e lei capì che erano una scusa. Dopo qualche minuto, prima di congedarla, il capo le disse.
‘Avrei un altro consiglio. Perché non sostituisce gli occhiali che porta con delle lenti a contatto? I suoi occhiali la rendono meno professionale.’
La donna replicò ‘E’ un consiglio o un ordine ?’
L’uomo fu colto di sorpresa e aspettò prima di dare una risposta.
‘E’ un ordine.’
Lei ribattè ‘Lo sa che è una cosa ingiusta ? Anzi credo che non potrebbe comandarmi di farlo.’ Dopo un secondo a riflettere, Boccalupo le disse perentoriamente ‘Posso farlo.’
Licia uscì dal suo ufficio con in testa’ pensieri contrastanti, come spesso gli capitava di fare quando c’era lui di mezzo.
Quella stessa sera, davanti allo specchio del bagno, mentre già aveva indosso il comodo pigiama, Licia si osservò allo specchio prima di andare a vedere la televisione sul suo letto. Si tolse gli occhiali e cercò di mirare la sua immagine riflessa, ma la miopia le confondeva le linee e i dettagli. Aprì l’anta dell’armadietto che c’era in bagno e cacciò fuori il piccolo contenitore delle lenti a contatto. Non le metteva da settimane. L’ultima volta era stato in occasione di una cena a casa di amici. Con cura e precisione, applicò le lenti ai suoi occhi dolci. Che fastidio. Ora si ricordava perché non le piaceva tenerle. Gradualmente la vista si abituò alle lenti e nello specchio tornò la chiara immagine del suo viso. Licia cominciò a osservarsi: gli occhi, il naso, la bocca, il collo. Che bel collo che aveva. Le era sempre piaciuto. Ma era piaciuto pure ai suoi ragazzi. Perché lei aveva avuto dei ragazzi. E loro adoravano il suo collo, amavano sfiorarlo, baciarlo, morderlo. Era un punto di attrazione durante il sesso.
Eh sì ! Aveva fatto sesso.
Con Mario. Solo con lui. Tante volte. Lei aveva avuto un uomo.
Aveva provato i piaceri del corpo. Ma era passato molto tempo.
Con lentezza la donna si stava accarezzando le gambe di fronte allo specchio, ricevendone una leggera sensazione di compiacimento. Le mani giocavano con la pelle sotto il pigiama, con i seni, i capezzoli.
Perché era sempre sola a esplorare il suo corpo ?
Perché non c’era mai un uomo ?
Con decisione la donna andò in camera e prese dalla fila di videocassette un film. Sapeva bene che quella sera le sarebbe servito. Accese il videoregistratore e il nastro partì. Un film erotico, un softcore. Non un porno, ma qualcosa di più elegante e sofisticato. Con una storia, d’amore e di odio. Con delle emozioni. Ma quella sera non aveva voglia di ripercorrere la traccia e, conoscendone a memoria la posizione, andò subito al sodo, a vedere le scene più calde. Non potè fare a meno di toccarsi, sui seni, sul collo, tra le gambe, vedendo il bell’attore muscoloso completamente nudo inginocchiato davanti alla donna mozzafiato, a leccare la sua intimità muovendo su e giù la testa con determinazione. La eccitava sentire i mugolii di piacere dell’attrice, veri o falsi che fossero non le importava. Con attenzione seguì il proseguimento della scena, ammirando i due sullo schermo che facevano l’amore con tenerezza, ondeggiando sul letto, trasportati dal trasporto degli amanti. Altre scene erotiche seguirono e la contabile oramai aveva le dita profondamente tra le gambe, distesa sul letto. Ma lei aspettava con voglia l’ultima scena di sesso’ del film, quando la donna stava nuda a quatto zampe sul divano e il protagonista cominciò a possederla vigorosamente da dietro, un amplesso virile e impetuoso. La donna godeva di tale forza e i due finirono con un orgasmo simultaneo. Un orgasmo a tre, perché Licia aveva programmato i suoi tocchi per venire in quel preciso momento, per godere come la donna del film, per accompagnare il proprio piacere a quello dell’uomo forte e virile che vedeva sullo schermo e che tante volte aveva riprodotto nella sua mente.
Ma stavolta a quel volto si sovrappose qualcun altro. Non lo avrebbe immaginato. Non voleva che succedesse, ma quando la sua testa perse il controllo fisico del corpo, nella fantasia Licia stava nuda a quattro zampe, percorsa dalle potenti stoccate di un uomo che la prendeva da dietro con ardore, un uomo il cui viso in quel momento si visualizzò Stefano Boccalupo.
Nei giorni seguenti a donna fece più volte visita alle videocassette che teneva per certe occasioni, alcune più sensuali ed ammiccanti, altre dei veri collage pornografici. La primavera faceva il suo effetto. Comunque non vide per giorni Boccalupo per giorni, nonostante fosse sempre venuta con le lenti a contatto. Come da suo ordine. Aveva solo ricevuto un messaggio in cui ‘apprezzava’ il cambiamento. Licia si rese conto che in realtà stava ingigantendo una cosa banale. Il suo capo si era solo divertito a stuzzicarla, a umiliarla. Succedeva ogni giorno in migliaia di posti. Quando il divertimento finisce, la vittima viene ignorata. E questo era un bene. Doveva smettere di pensare a questa cosa. Se poi fosse capitato qualcos’altro, sarebbe andata al sindacato. Che rivelasse pure gli errori di contabilità. Lo avrebbe sputtanato di fronte a tutti.
L’email diceva che quel pomeriggio lei sarebbe dovuta andare nel suo ufficio per il controllo trimestrale perché’ voleva dei chiarimenti. Più tardi la donna ed il suo capo stavano seduti uno accanto all’altra di fronte a grandi e complessi file di Excel e lei gli indicava tutte le voci, con calma e metodicità. La donna indossava una gonna scura fino al ginocchio e una giacca sopra una camicetta verde. Il suo look era oramai cambiato. Durante la loro analisi dei dati, più volte Licia fissò lo sguardo sull’uomo mente lui si perdeva tra le cifre del file. Aspettava una sua mossa falsa. Stavolta l’avrebbe incastrato, si sarebbe ribellata.’ Ma il capo era adsorbito dallo schermo e dai suoi numeri.
‘Cosa sono questi numeri qua ?’ chiese lui.
‘Questi sono la differenza tra le deduzioni IVA del settore ‘.’. gli stava chiarendo le ennesime cifre, anche un po’ scocciata per il fatto che passava al microscopio tutto il suo lavoro.
Ma proprio in quel momento sentì la mano dell’uomo fermarsi sul suo ginocchio, dove finiva la gonna. La donna si interruppe e lo fissò con una faccia stupita.
‘Continui, continui..’ disse Boccalupo, continuando’ a fissare lo schermo,’ come se niente fosse. In quel momento la volontà della donna crollò. Riprese a parlare, con maggiore difficoltà, di numeri, tabelle e fogli mentre quella mano sulla coscia non rimase al suo posto e cominciò ad accarezzarla, lentamente, sfiorando la pelle poco al di sopra del ginocchio. Quindi l’uomo, sempre guardando lo schermo,’ osò di più e accarezzò l’interno delle cosce, più in alto, con un dolce movimento. A questo punto Licia si zittì del tutto, con una faccia incredula. Solo allora Boccalupo si girò verso di lei e la guardò. Senza dire una parola le sollevò un po’ la gonna e’ continuò le sue morbide carezze, passando da una gamba all’altra.
‘Dottore, si fermi.’ sussurrò lei, inascoltata. ‘Dottore la prego. Cosa sta facendo ?’
Sempre senza profferire suono, l’uomo fece un gesto audace. Si inginocchiò davanti a lei e prese a sfiorare le gambe lisce con entrambe le mani, baciandola sopra al ginocchio. Licia rimaneva lì a guardare, non sapendo cosa fare.
Ma la contabile capì una cosa:” lei non voleva fermarlo.
E questo lo aveva intuito anche il bastardo, che con un pollice tracciava linee ondeggianti sulla coscia, spingendosi sempre più in là, a pochi centimetri dalle mutandine, poi ancora di più, a pochi millimetri, ed ancora di più. Pochi istanti dopo l’uomo stava strusciando con dolcezza la mano tra le gambe della contabile. Gradualmente accelerò il movimento, piano, con metodo, fino a che la sua mano prese a sfregare con precisione e sveltezza, spingendo le dita contro il tessuto umido all’altezza del sesso. Licia stava mugolando, si sarebbe uccisa per questo, ma ora non ragionava, era immobilizzata a fissare in faccia il maschio inginocchiato davanti a lei,’ mentre questo faceva ondeggiare velocemente il braccio che scompariva in mezzo alla gonna. Incredibile quanto fosse bravo.
La donna sapeva che avrebbe ceduto in poco tempo. Era tropo eccitata, così, per fermarlo, di colpo afferrò il braccio dell’uomo con entrambe le mani, artigliando la sua pelle con le unghie. Lui arrestò il movimento.
Boccalupo la guardò negli occhi e ordinò con tono serio ‘Ora voglio vederti godere. E questo, come al solito, non è un consiglio.’
Queste parole ebbero più effetto delle abili dita del capo e predisposero Licia ad accettare l’ordine. L’uomo sfilò del tutto le mutandine, con eleganza. Poi inserì con molta gentilezza un dito all’interno della sua’ intimità riprese a muoverlo prima dolcemente, poi sempre più velocemente. Alla fine stava agitando il dito in maniera frenetica tra le gambe della contabile.’
Bastarono pochissimi minuti per far godere la donna che tremò con le gambe ed il corpo, chiudendo gli occhi e chinando il capo all’indietro. Un orgasmo espresso a singhiozzi che seguivano le onde impulsive di calore provenienti dal sesso. Quando tornò a rilassare il corpo, Licia aprì gli occhi e vide che l’uomo stava pulendosi la mano colpevole del suo tripudio di sensi. Il manager si sedette di nuovo davanti al computer e guardò lo schermo.
Quindi chiese. ‘E questi numeri qui che sono ?’
Licia strabuzzò gli occhi, ma vedendo che lui non si girava ed aspettava la risposta, disse.’Questi sono il consuntivo parziale delle vendite trimestrali che abbiamo visto nella tabella precedente’.’.
Alla fine i due si alzarono come se nulla fosse accaduto e lei uscì dallo studio e si chiuse la porta dietro le spalle. Si allontanò di un paio di metri e quindi si appoggiò alla parete chiudendo gli occhi, pensando al passo che avevano compiuto e alla situazione in cui si era cacciata.
Il giorno dopo ci fu un’altra riunione tra i due e anche per quel giorno la donna non ebbe bisogno di vedere i suoi film.
Passarono diversi giorni e il corpo di Licia aveva sempre meno segreti per Stefano Boccalupo. Lei entrava nel suo ufficio, chiudeva la porta e si metteva in piedi davanti a lui. Seguiva un ordine del capo.
‘Togliti la gonna’ oppure ‘Sbottonati’ la camicetta ma non la togliere’ oppure ‘chinati sul tavolo’. A quel punto le mani dell’uomo toccavano, accarezzavano, palpavano, pizzicavano, esploravano la chiara pelle della contabile. A volte era tenero, affettuoso,’ a volte era meccanico e insensibile, a volte era rude e impaziente. Quasi sempre l’incontro finiva con lui che la toccava tra le gambe.
Un paio di volte il manager le comandò in modo perentorio di toccarsi da sola, di fronte a lui, spudoratamente. E la prima volta fu ben più difficile per la donna che non accettare che fosse lui a toccarla anche nei modi più audaci. Ala fine Licia si compiacque per essere riuscita a venire da sola di fronte a questa specie di estraneo. Come premio lui la baciò, un bacio lungo e dolce sulle labbra. Un bacio inaspettato che la riempì di eccitazione. Non l’aveva mai fatto prima. E tornò a baciala spesso, ma solo durante i loro’ giochi.”
Per ridurre le attenzioni ed i sospetti degli altri, queste riunioni si tenevano a fine giornata, dopo essersi assicurati che nessun altro fosse presente dintorno. Questi incontri clandestini erano divenuti il pensiero dominante della donna. Era lì ad aspettarli con trepidazione tutto il giorno e rimaneva molto delusa quando non potevano vedersi. Ma c’era un cruccio che le impediva di godere pienamente dei loro giochi. Nonostante lui la toccasse a lungo e in tutti i punti, lui non si era mai fatto né vedere né toccare nelle sue parti intime.
‘Stai per godere, vero ?’ chiese lui.
‘Siiiii’.’
‘E se mi fermassi ora ?’ aggiunse l’uomo mentre stava muovendo avanti ed indietro il dito nel sesso caldo della contabile.
‘No ! non ti fermare…’
L’uomo l’accontentò e dopo un paio di minuti la fece godere manovrando agilmente la sua mano. Quindi le ordinò di mettersi in ginocchio e le avvicinò alla bocca’ la mano che aveva tenuto tra le sue cosce. Lei capì e, sebbene un po’ riluttante, aprì la bocca per succhiare.
‘Ti piace il tuo sapore ?’ chiese Boccalupo, ma lei non rispose continuando a suggere le sue dita forti.
‘Sì, ti piace.’ aggiunse lui con ironia.
La donna in effetti stava succhiando con voluttà le due dita che lui aveva infilato tra le labbra, a cui presto si aggiunse un terzo dito. Quindi l’uomo aggiunse ancora un dito. Licia teneva le quattro dita tra le labbra allargate, mentre lui le muoveva esplorando il suo palato, ruotando dolcemente la mano in quel caldo ambiente. Quando le cacciò via lei era senza fiato ed aveva di nuovo il sesso in fiamme. Stava solo aspettando che lui si sbottonasse i pantaloni e gli avrebbe fatto un bel pompino. Ma lui ordinò ‘Rivestiti ora !’
La contabile non si mosse e rimase lì in ginocchio, senza dire nulla.
Quindi gli chiese ‘Perchè non posso mai vederti io ?’
Boccalupo ridendo rispose ‘Mi vedi. Eccomi’
‘Lo sai cosa intendo. Vederti’nudo.’
‘Vuoi vedermi nudo ?’
‘Sì.’
‘Perché vuoi vedermi nudo ?’
‘Non so, tu mi hai vista nuda chissà quante volte…’
‘Dimmi veramente cosa vuoi vedere ?’
‘In che senso ?’
‘Vuoi vedermi il cazzo ? Vuoi vedere come è il mio pisello. Se ce l’ho piccolo o grande, liscio o rugoso, chiaro o scuro. Vero? Vero che vuoi vedere’ il mio uccellone ?’
Licia aspettò prima di rispondere mostrando una faccia disturbata di fronte a quella volgarità. Poi prese coraggio e disse ‘Sì. Voglio vederti il cazzo.’
Lui la guardò un secondo e disse ‘Ti dico la verità. L’ho sempre saputo.’
‘Cosa ?’ chiese lei.
‘Che dentro sei troia.’ Ora ho detto di rivestirti. Devo andare via.’
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Per una settimana intera Boccalupo fu occupato e le riunioni saltarono. Licia si chiedeva che tasto avesse toccato da indurlo ad evitarla. Quel discorso lo aveva forse indispettito. Finalmente arrivò l’ordine di vedersi. Tramite email. Lui si comportò normalmente e lei non domandò niente. Le fece togliere tutti gli abiti tranne la gonna. Anche le mutandine. Le toccò e le baciò le tette. Le massaggiò a lungo la schiena. Gli accarezzò le gambe. Quindi la fece sedere sulle sue ginocchia, con la schiena rivolta verso di lui. La’ toccò tra le gambe, a lungo e con’ abilità, mentre l’altra mano le stringeva, e a volte strizzava, i seni. Dopo l’assenza relativamente lunga, Licia festeggiò il loro incontro con un orgasmo esplosivo, lasciando larghe macchie sulla stoffa dei pantaloni del capo.
‘Rivestiti’ ordinò Boccalupo sospirandole nell’orecchio.
Con un bel sorriso in viso, la contabile si alzò e prese a vestirsi. Si mise le mutandine, il reggiseno,’ la camicetta. Si infilò una scarpa ma non trovava l’altra. Capì che era finita sotto la scrivania, così si inginocchiò carponi per prenderla ed in effetti la trovò. Nel rialzarsi si sentì bloccare dalla mano dell’uomo che si era poggiata sulla sua testa. Lo guardò negli occhi e gli scorse una trepidante espressione di eccitazione. Stava ancora tenendo la sua mano sulla testa della donna. Licia riprovò a sollevarsi ma lui di nuovo la tenne giù. Stavolta un fremito attraversò la pelle della donna. Aveva capito che questo preannunciava qualcosa. I due si guadavano nel silenzio della stanza.
D’un tratto, con una repentina decisione, l’uomo afferrò con forza i capelli della donna e li tirò facendole emettere un piccolo urlo e direzionando il suo viso verso la propria patta dei pantaloni. Boccalupo usò la mano non impegnata nella presa per aprirsi la zip, slacciarsi la cinta, sbottonarsi il pantalone, aprirlo e abbassare insieme la stoffa delle mutande. Tutto fatto con voluta lentezza, fissando la donna negli occhi per catturare le sue espressioni. Alla fine di questi gesti studiati, Licia si trovava in ginocchio davanti a lui, con la faccia esattamente all’altezza del suo sesso e la mano virile che le teneva saldamente i capelli. Nonostante la rudezza dell’uomo ed’ il dolore ai capelli, la donna si godette la scena e la visse come al rallentatore, impaziente di vedere finalmente l’oggetto desiderato. Che apparve in tutta la sua pienezza e maestosità. Perché la donna ebbe la sensazione di vedere un re, forte e sicuro, proiettato verso di lei con spavalderia. Fu subito eccitata al vederlo e le piacque. Dopo tante fantasie su uomini immaginari, dopo la visione di film porno con attori superdotati, temeva di andare incontro ad una delusione. Ma la baldanza, la carnosa realtà di quel pisello vero la elettrizzarono. La donna era rimata con un malizioso sorriso sulle labbra e si era persa nei suoi pensieri di contentezza per aver finalmente visto quel suo coso. Fu strappata da questo viaggio’ distratto nei suoi vagheggiamenti dalla rude mossa di Boccalupo che con decisione’ l’attrasse verso di sé tirandole i capelli. Non ebbe il tempo di lamentarsi,’ la grossa e liscia punta si scontrò con e sue labbra chiuse. La contabile alzò gli occhi verso il capo per dirgli di aspettare un attimo, le lasciasse il tempo di aprire la bocca, ma lui anticipò le sue parole e con un movimento rapido le tirò i capelli all’indietro facendola urlare ed aprire le labbra.
Un attimo dopo Licia assaporava il gusto del maschio.’
Quindi il capo le diede un po’ di tregua e lasciò l’iniziativa a lei. Infatti, dopo i bruschi gesti dell’uomo, la contabile capì che era meglio assecondare i suoi desideri e cominciare a dargli piacere con la bocca. La donna così iniziò a leccare e succhiare, quanto meglio poteva fare. Più che l’esperienza diretta, erano stati i film pornografici che aveva visto a suggerire il da farsi, ma non se la cavava male. Leccava su e giù, dando lunghe e lente lappate,’ oppure ruotava la lingua intorno alla pelle tesa oppure la’ muoveva freneticamente su punti specifici, premeva le labbra sul bastone di carne e le strusciava lungo esso. In poco aveva bagnato tutta l’asta, dalla punta alla base. Se la leccava come un gelato, facendo il giro della sua circonferenza o percorrendola lungo la sua lunghezza.
L’uomo era estasiato e si notava quanto fosse eccitato, se non altro dalla dura grossezza che lei stava stuzzicando con le bocca. Ad un erto punto, mentre leccava la punta, Boccalupo con determinazione spinse il pisello tra le labbra e lo infilò nella boccuccia. Licia capì che lui voleva essere tenuto lì dentro e così lo cullò tra le morbide e calde pareti del palato, continuando a stuzzicarlo con la lingua, qua e là, avanti ed indietro, a destra e sinistra. Il bastone era ben infilato tra le labbra ed occludeva la bocca. Il manager la guidava direzionando il movimento con la mano che teneva i capelli. Il piacere datole dalla soffice azione delle labbra, dal calore umido e accogliente della bocca, dal vivace gioco della lingua lo faceva mugolare e di questo la donna era compiaciuta.’ Quindi, preso dall’eccitazione, Boccalupo prese la testa di Licia tra entrambe le mani e cominciò uno studiato movimento del bacino, avanti ed indietro. Prima si mosse molto lentamente, sondando il percorso, capendo fin dove poteva spingersi, misurando la profondità di quella bocca. Quando fu più sicuro e quando anche le labbra della donna si adattarono al nuovo movimento, il manager accelerò il ritmo e prese a ondeggiare con il bacino.
La stava scopando la bocca.
Il moto dell’uomo, che simulava l’amplesso convenzionale, eccitarono anche’ lei che, nonostante il pisello le desse qualche fastidio in questo moto ritmico e determinato, prese a toccarsi. L’uomo stava attento a non andare troppo in fondo e quando la punta urtava il fondo della gola’ la donna reagiva istintivamente tossendo. Così lui doveva fermarsi, uscire dalla bocca’ e farle riprendere fiato. Quindi ricominciava a scoparla in bocca.’ Licia teneva le labbra le più aderenti e strette possibile, traendo piacere nel sentire la pelle tesa del maschio strusciare quei punti così sensibili della bocca.
La donna raggiunse un novo orgasmo toccandosi’ e cercò di fare uscire il pisello mentre tremava e gemeva per il piacere, ma l’uomo lo tenne dentro, divertendosi a udire quei suoni strozzati che esprimevano l’apice della donna. Solo dopo che l’orgasmo volse al termine, lui cacciò fuori l’uccello e baciò teneramente Licia sulla fronte.
Quindi infilò di nuovo il pisello tra le labbra e ricominciò a scopare la contabile in quel modo. Dopo un paio di minuti l’uomo si irrigidì e passarono pochi attimi prima che accompagnasse con un gemito gutturale l’eruzione prepotente che covava al suo interno. Vista l’inesperienza, Licia non aveva capito quanto stava per accadere e così si rese conto che l’uomo stesse venendo solo’ quando i primi fiotti furono sparati nella sua gola. In quella frazione di secondo in cui comprese cosa succedeva, la donna mosse il capo all’indietro per allontanarsi ma trovò la ferma resistenza della mano di Boccalupo che la tenne incollata a sé finchè non si sentì prosciugato fino all’ultima goccia. A quel punto l’uomo mollò la presa e la donna si ritrasse di scatto, aprendo la labbra da cui fuoriuscirono rivoli bianchi e densi che piovvero sul pavimento. Boccalupo stava in piedi contro la scrivania, con gli occhi socchiusi ed un sorriso di grande piacere. Quindi aprì gli occhi e guardò la donna che aveva ancora strisce biancastre sul mento. Si avvicinò a lei e’ con dolcezza le prese il viso con una mano e la baciò teneramente sugli occhi.
Poi le tirò con bruschezza’ i capelli all’indietro, facendola urlare, e le sussurrò nell’orecchio: ‘La prossima volta non dovrai far cadere neanche una goccia fuori dalla tua bella boccuccia. E’ un ordine, non un consiglio.’
Boccalupo si sistemò i pantaloni e si sedette al suo posto, mentre Licia stava ancora in ginocchio stordita da quanto accaduto.
Licia uscì dall’ufficio del suo principale sconvolta. Non sapendo com’era fisicamente ridotta corse in bagno dove, dopo essersi chiusa a doppia mandata, iniziò a guardarsi nello specchio. Quella che vedeva riflessa non era lei, era un’altra donna, molto diversa ma sicuramente più appagata. La lingua cominciò a solcare il palato come a cercare le ultime traccia del sapore di lui e la mano corse a controllare il sesso che trovò in uno stato indecoroso. Nonostante si fosse masturbata era ancora bagnata e vogliosa, ma cercò di resistere e rimessasi a posto uscì e poco dopo tornò a casa. Dopo una lunga doccia e una breve cena si mise davanti alla tv, resistendo alla tentazione di mettere uno dei suoi ormai soliti Dvd, ma bastò un’innocente scena d’amore per scatenare di nuovo in lei la voglia di sesso. Solo che l’orgasmo che ebbe fu inappagante, per quanto lei cercasse di rimandarlo per farlo poi esplodere con più violenza, alla fine si ritrovò sola nel letto pensando a lui.
Nei giorni seguenti Licia si recò sempre più spesso dal dottor Boccalupo, soprattutto dopo l’orario di chiusura degli uffici. Lui le ordinava semplicemente di spogliarsi, cosa che lei imparò a fare in maniera sempre più sensuale. Dopo lui la faceva sdraiare sulla scrivania dove Licia iniziava a masturbarsi prima che il suo capo la omaggiasse del cazzo che lei aspettava con ansia per riempirlo con le sue attenzioni.
Ben presto però fare solo pompini al suo capo non le bastò più.
Iniziò a ricordare i tempi con Mario, tutte le volte che aveva fatto l’amore col suo ragazzo, prima di scoprire che lui la tradiva con un’altra ragazza giustificandosi col dire che lei era piena di pudori e che non ce la faceva più ad aspettare che si ‘smuovesse’.
Ormai fare sesso, nel significato più completo del termine, col suo capo era diventato un chiodo fisso che non riusciva a togliersi dalla testa neanche durante il lavoro. Così decise di passare all’attacco. Un giorno, prima d’andare da lui si sfilò le mutandine, che ripiegò con cura nella borsetta, e s’incamminò decisa verso il suo ufficio. Appena dentro si tolse la gonna, poi con una scusa, si piegò mostrando il suo culo nudo.
‘Licia venga subito qui.’ le disse il capo.
Lei muovendosi sinuosa andò verso di lui che la fece sdraiare come sempre sulla scrivania e cominciò a sfiorarle le cosce. Col tempo aveva imparato bene dove toccarla per farla eccitare e dove per farla godere, ma quel giorno si limitò a far crescere in lei il desiderio. Licia cominciò a gemere sempre di più, avrebbe voluto essere scopata mentre lui si limitava a sfiorarle il clito, ma non aveva il coraggio di chiedergli nulla. Solo quando vide che si apriva i pantaloni ebbe un sussulto, forse era giunto il momento che aspettava. Ma la delusione arrivò subito dopo, quando il capo le spinse brutalmente il cazzo in bocca mentre continuava a titillarle il punto di massima sensibilità della donna. Licia presa dallo sconforto succhiò ugualmente quel cazzo che tanto desiderava in altri posti, ma non c’era con la testa, e quando lui le venne in bocca, un po’ di sperma le colò dalla bocca.
‘Ma cosa combini ! Non riesci più a bere tutto il mio piacere.’ le disse il capo guardandola con disprezzo ‘Ora sarò costretto a punirti, e non dirmi che non lo sapevi.’
“No dottore, i suoi ordini sono sempre stati chiari.’ rispose Licia a testa bassa ‘Solo credevo che…’
‘Credevi che cosa ? Vai avanti.”
‘Nulla dottore, era solo un mio stupido pensiero.’
Lui si pulì con un fazzolettino per poi ricomporsi e sedersi sulla comoda poltrona presidenziale, come niente fosse accaduto o dovesse accadere.
‘Licia siediti sulla mie gambe, devo sculacciarti.’
Il suo tono era glaciale, era lo stesso che usava per chiedere una cartella e dettare una lettera alla segretaria. La donna rimase un po’ stupita da quella richiesta, neanche suo padre l’aveva mai sculacciata e ora quell’uomo….
Ma a quell’uomo bastava uno sguardo per metterla in ginocchio e quello sguardo arrivò ben presto. Così Licia si distese sulle sue gambe non sapendo a cosa sarebbe andata incontro. La mano di Boccalupo cominciò ad accarezzarle una natica quasi con amore, ma poi iniziò a colpirla, all’inizio molto piano, come per farle capire cos’era quella punizione, poi arrivò il primo duro colpo. Licia trattenne l’urlo in gola e restò in attesa di un altro schiaffo sul suo bel culo. Invece lui le passò la mano in mezzo alle gambe, tornando dov’era stato prima e lei riprese a bagnarsi. Ma non era intenzione del dottore vederla godere e riprese a colpirla con colpi d’intensità sempre crescente. Ogni volta che gli sembrava lei non riuscisse più a trattenere il dolore riprendeva a toccarle il sesso sempre più umido. A Licia sembrava d’impazzire, le bruciava il culo per il dolore e la fica per il piacere che però non arrivava mai al suo logico compimento. Arrivò a pensare che dopo l’avrebbe finalmente presa, che quello in fondo era un insolito preliminare, che prima o poi si sarebbe stancato di sculacciarla come una bambina disobbediente. E invece lui andava avanti impassibile, solo il rigonfiamento del suo pacco era l’unico segnale che non riusciva a contenere fino in fondo i suoi istinti. Il solo particolare che sarebbe sembrato insolito ad un osservatore è che il tutto procedeva nel più totale silenzio, rotto solo dal rumore delle sculacciate. Licia trattena il suo dolore senza fiatare mentre Boccalupo non diceva neanche una parola.
Dopo un periodo difficilmente quantificabile lui la fece rialzare e vestire per poi congedarla.
Licia un po’ malferma sulle gambe si diresse subito in bagno dove tirò su la gonna per vedersi il sedere. Era rosso vivo ma non era tanto il bruciore fisico quello che le faceva male, quanto l’ennesima umiliazione subita. Piegandosi per potersi controllare meglio vide le gambe umide e posò la mano sull’interno della coscia. La sua fica grondava umori come raramente le era successo in vita sua, provò a sedersi sulla tazza del bagno, ma il culo le bruciava troppo per essere comoda. Così s’inginocchio poggiando le ginocchia sul tappetino e senza esitare si ficcò due dita dentro la passera raggiungendo subito l’orgasmo soffocando a fatica i suoi gemiti.
Tornò a casa con l’autobus e nonostante questo fosse mezzo vuoto rimase in piedi. Una volta giunta nel suo appartamento si spogliò per fare la doccia spalmandosi poi le chiappe con la crema per le mani per avere un po’ di sollievo. La notte dormì poco e male, il pensiero di lui che la sculacciava le tornava continuamente in testa, e la mattina dopo era uno straccio.
Il giorno dopo lui non si fece vivo se non con una mail alla fine della giornata lavorativa che lei lesse immediatamente.
‘Per quanto tempo ti basterà masturbarti nei bagni o nel tuo letto ?’
La rabbia le salì subito al cervello,come osava quel maiale trattarla così ! Non solo la stava facendo impazzire di voglia, ma la prendeva anche in giro !
Sul momento ebbe la voglia d’andare da lui e dirgliene quattro, ma poi si calmò e decise d’aspettare la prossima mossa del suo capo. La quale non si fece attendere, poco prima della chiusura degli uffici la chiamò nel suo ufficio per ‘una pratica urgente.’ La contabile credette che per una volta si trattasse realmente di lavoro, ma capì subito il suo errore quando entrando nell’ufficio del suo capo trovò la scrivania completamente sgombra.
‘Dottore ci sono problemi ?’ chiese Licia fredda come un ghiacciolo.
‘Nessuno ho solo voglia di vederti.’
‘Come solo voglia di vedermi !’ pensò Licia la quale ormai ci capiva sempre meno, ma cercò di non darlo a vedere e s’avvicinò lentamente alla scrivania.
‘Licia sai ballare ?’ le chiese improvvisamente Boccalupo.
‘Insomma più che ballare mi muovo, ma sono anni che non vado in discoteca.’
‘Non importa, sali sulla scrivania e balla.’ le rispose il suo capo mentre metteva un Cd di musica soft.
Boccalupo l’aiutò a salire, cosa non facile visto i tacchi che portava, poi lei iniziò a muoversi. All’inizio era abbastanza impacciata, di certo non è facile per nessuno ballare un lento in solitudine, ma con l’andare del tempo fu come rapita da quella dolce musica e cominciò ad essere più sensuale, come se volesse far colpo su quello che ormai era il suo unico desiderio erotico.
Lui la guardava seduto nella sua bella poltrona senza dire o fare nulla, solo la fissava col suo solito sguardo che lei non sopportava, sembrava quasi che la spogliasse con gli occhi come se non sapesse com’era nuda. Alla fine Licia decise di provarci, lo voleva far impazzire per poi averlo come lei voleva. Iniziò a sbottonarsi la camicetta che con un gesto lascivo gli lanciò addosso. Poi si sfilò la gonna che lasciò cadere ai piedi dell’uomo. Licia vedeva bene che il suo capo non era insensibile a quello spettacolo, il suo ‘pacco’ si era notevolmente ingrossato, e le sembrò quasi che lui fosse sul punto di saltarle addosso da un momento all’altro. Così infilò le mani da sotto il reggiseno e cominciò a palparsi lentamente i seni, sapeva bene che non doveva avere fretta se voleva averlo. Due dita presero i capezzoli e cominciarono a giocarci fino a farli diventare durissimi tanto che quasi le facevano male, infine si girò dandogli le spalle e si tolse il reggiseno che cadde a terra. Licia mise le mani sulle cosce e lentamente cominciò a piegarsi in avanti mostrando il suo bel culo appena coperto da un piccolo perizoma a fascia alta. Con gesti carichi di passione mise poi le mani su quel sottile lembo di stoffa che copriva la sua intimità e che ormai era pregno della sua voglia. Lo fece entrare nell’incavo del suo sesso e cominciò a muoverlo avanti e indietro non trattenendosi dal gemere. Finì col sedersi sulla scrivania di fronte al suo capo mettendogli i piedi sulle gambe, prese due dita che infilò in bocca succhiandole fino a ricoprirle per bene di saliva prima d’infilarsele nella fica. Per un momento si dimenticò dell’uomo che aveva davanti e si masturbò vogliosa d’avere quell’orgasmo che ormai voleva raggiungere, ma lui la bloccò proprio un attimo prima. Boccalupo le spostò le gambe e prese a leccarle la passera spostando il perizoma, che lei non aveva tolto, di quel poco che bastava. La sua lingua scorreva lenta dal buchetto fino all’inizio dello spacco, bevendo tutto il piacere della contabile che non cessava di sgorgare, anzi in quel momento sembrava non finire mai. Licia si lasciò andare all’indietro godendo di quella bocca così esperta finché finalmente non venne.
Era felice, finalmente l’uomo che la stava torturando s’era dimostrato con un cuore, ma quando s’alzo lo vide tranquillamente seduto in poltrona ed i suoi incubi tornarono a galla. Decise quindi di non indugiare più, o s’andava fino in fondo o tanto vale finirla li.
‘Non mi vuoi più ?’ chiese facendo le fusa come una gatta.
‘Non t’è bastato godere?.’
‘NO, voglio di più’
‘E cosa se è possibile saperlo.’
‘Ti voglio stupido bastardo o non l’hai ancora capito!’
Il dottor Boccalupo s’alzò con fare quasi minaccioso e Licia ebbe un attimo di paura.
‘Sarò anche un bastardo ma non certo uno stupido. Solo che prima devi dirmi chi sei.’
‘E chi sarei ?”
‘Te l’ho detto fin dal primo giorno che sei una troia, ora devi ammetterlo.’
Licia era combattuta, da un lato c’era l’uomo che desidera più d’ogni altra cosa al mondo, dall’altra l’umiliarsi di fronte a lui dichiarando una cosa in cui non credeva affatto. Ma alla fine prevalse la voglia, e lei, in quel momento, voleva essere scopata.
‘Si sono una troia, adesso mi scopi si o no ?’
Il manager in un attimo si tirò giù pantaloni e boxer, prese il cazzo già duro in mano e cominciò a strusciarlo sul sesso di lei.
‘Dillo ancora Licia, voglio essere ben sicuro d’aver capito bene.’
Lei ormai non aspettava che d’essere penetrata e avrebbe detto qualunque cosa pur di finirla con quell’attesa.
‘Si sono una puttana nata e voglio il tuo cazzo dentro…voglio che mi scopi per quello che sono..voglio ahhh.’
Boccalupo la fece morire le parole in bocca iniziando a spingere il suo grosso cazzo in lei, ma non in maniera brutale come la donna s’aspettava, ma molto dolcemente come se avesse paura di farle del male. Ma la passera di Licia era tanto bagnata che ogni precauzione sarebbe comunque risultata inutile, e quel membro arrivò fino in fondo senza nessuna fatica.
La contabile ebbe subito un orgasmo violento e sconvolgente, troppa era la voglia accumulata nel tempo e che ora esplodeva tutta insieme lasciandola senza fiato. Lui si fermò per darle il tempo di riprendersi, poi cominciò a stantuffarla con lunghi e lenti colpi. Licia gli serrò le gambe dietro la schiena come se avesse paura che lui le sfuggisse un’altra volta, poi si tirò su e gli mise le braccia intorno al collo prima d’iniziare a baciarlo.
‘Si amore fammi godere, non sai quanto ho aspettato questo momento, ma ora sei mio, finalmente mio.’
L’aveva chiamato ‘amore’ quasi senza rendersene conto, era da quando stava con Mario che non pronunciava quella parola ed ora le sembrava di vivere in prima persona uno dei suoi Dvd preferiti, solo che quella non era finzione ma realtà.
Il tempo le sembrò non passare mai, ma era così piacevole rimanere li che di certo non si sarebbe mai lamentata, ma alla fine lui non riuscì più a trattenersi e le chiese se era protetta. Licia disse di si poco prima che il gran capo le venisse dentro riempiendola col suo seme caldo mentre lei aveva l’ennesimo orgasmo della giornata. Rimasero fermi a lungo prima che lui si spostasse ed andasse a raccogliere il suo sperma per poi portarlo alla bocca di Licia che l’accolse con un lungo bacio. Poi fu lei a ripulire quel membro che tanto aveva bramato fino a farlo diventare asciutto.
Una volta tornata a casa Licia prese il suo Dvd preferito e, dopo averlo fatto ruotare a lungo fra le mani, lo ruppe.
‘Non ho più bisogno di te.’ disse a se stessa ‘ora ho di nuovo un uomo.’
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Licia finalmente faceva del sesso. Con un uomo reale. Con un uomo che la scopava. Boccalupo le dava emozioni continue e sapeva giocare con i suoi desideri. A volte era tenero e passionale. Sembrava quasi che facesse l’amore con lei. Altre volte pareva solo voler dare sfogo ai suoi pruriti, ma anche questo la rincuorava perché aveva scelto lei invece di altre. In alcuni momenti il manager si dimostrava egoista come tutti i maschi e puntava solo al proprio piacere, a culminare l’amplesso senza dare peso alle sensazioni di Licia. In altri casi stava a lungo ad accarezzare, baciare, toccare il corpo della contabile cercando di indovinare cosa le desse piacere. Anche quando saltava i preliminari, c’erano delle occasioni in cui offriva la propria rude durezza per compiacere i fremiti nascosti di lei che godeva nel sapersi posseduta virilmente da quel maschio.
Ma soprattutto Licia capì di essere in sintonia con l’uomo su alcuni gusti particolari. Boccalupo proponeva sempre più spesso di legarla con delle corde e di scoparla poi in quello stato. Già la prima volta la contabile capì di provare un’attrazione nuova ed inspiegabile per le corde e si sottopose prima con curiosità, poi con desiderio, infine con una sorta di dipendenza a quei giochi. Cominciò a rimanere delusa ogni qualvolta Boccalupo la prendeva senza legami, lacci e nodi. L’uomo capiva facilmente quanto quei giochi l’attraessero. Una fortuna insperata per un amante del bondage. Così il capo poteva sbizzarrirsi nel provare nuove situazioni, nel disegnare nuove posizioni, nel vagliare le proprie capacità come maestro di nodi. In pochi giorni Licia sperimentò più di dieci diverse posizioni.’ Alcune banali come fare un pompino con le mani legate dietro la schiena. Altre elaborate e stuzzicanti, altre addirittura divertenti.
Presto l’ufficio o gli alberghi non furono più sufficienti e il manager dovette pensare ad un luogo più adatto. Un posto ideale lo aveva, sebbene non volesse utilizzarlo all’inizio. Ma il desiderio vinse i suoi timori, così un sabato pomeriggio Boccalupo portò Licia in un tranquillo quartiere di villette appena fuori città. I due scesero dalla macchina e la donna si domandava dove l’avesse condotta guardando quel luogo che ricordava la felice vita familiare degli inquilini. L’uomo si fermò davanti ad una porta, estrasse un mazzo di chiavi e aprì. Quella fu la prima volta che Licia entrava in casa del capo. Dopo averle fatto vedere la casa, dopo un caffè, lei chiese il perché di tutto ciò.
‘Perché mi hai portato qui? Non mi dà problemi farlo in albergo.’
L’uomo disse solo ‘Vieni’ e la condusse al piano inferiore della villetta, dove c’era un’altra stanza, un bagno ed uno sgabuzzino. Quindi aprì l’ultima porta, entrò ed accese la luce e disse ‘Ecco’. Licia lo seguì e poi fece una risata.
‘Vuoi fare un po’ di ginnastica o vuoi che io salga sul tapis roulant?’ disse guardando la minipalestra del manager.
C’era una lunga panca bassa, una macchina per i pettorali, una spalliera, vari pesi e manubri in un angolo, un tapis roulant e altri attrezzi.
‘Vieni qui !’ ordinò perentoriamente Boccalupo dopo battendo due volte il palmo della mano sopra una sella per ginnastica, che si alzava a circa un metro da terra e Licia fece qualche passo per raggiungerlo.
‘Spogliati. Togliti tutto !’
La donna obbedì. Così il manager la mise di fronte alla sella e poggiando una mano sulla sua spalla spinse fino a farla chinare ad angolo retto, Il seno e la pancia della donna toccarono il freddo tessuto artificiale che ricopriva l’attrezzo. Il capo si mosse e aprì un armadietto, da cui tirò fuori delle corde. La contabile capiva che aveva preparato questo gioco con cura. Pochi minuti dopo la donna stava piegata ad angolo retto sulla sella, con le braccia stese verso il basso ed i polsi legati insieme nello spazio sottostante. Le gambe erano leggermente divaricate e le caviglie erano assicurate da nodi alle gambe di metallo dell’attrezzo. Licia si sentiva molto vulnerabile e la sua eccitazione cresceva, riscaldata dallo sguardo voglioso dell’uomo.
Ma il manager aggiunse un’ulteriore inaspettata sorpresa, prese un largo fazzoletto di seta nero e bendò gentilmente la donna, che fu ancor più solleticata dall’idea di cosa sarebbe potuto accadere. A quel punto Licia non udiva ne vedeva nulla. Era imprigionata sulla sella, esposta, incapace di reagire. Ma emise un rantolo quando l’uomo saggiò lo stato di eccitazione della femmina passandogli una mano sulla figa e fece un accenno di risata che esprimeva quanto lui avesse indovinato le sensazioni di lei. La contabile udì solo il rumore dei tacchi dell’uomo immaginando che lui le stesse girando intorno con uno sguardo affamato. Boccalupo fece più giri, per aumentare la trepidante attesa della contabile. Quindi lei lo udì fermarsi dietro di lei. Sentì chiaramente il rumore della zip dei pantaloni che si apriva e questo le mandò una scossa la cervello. Immobilizzata ed al buio, la donna viveva il mondo esteriore solo attraverso l’udito ed il tatto. Così trasalì quando la grossa punta del pene fu poggiata contro il suo sesso, senza che entrasse. Questione di attimi. Poco dopo seguì un profondo affondo che produsse una lungo gemito nella donna. Boccalupo cominciò a scopare la contabile con calma, godendosi il movimento del suo uccello dentro la calda tana. Avanti ed indietro, senza fuoriuscire da quel nascondiglio né inabissarsi troppo in fondo. Ma con gradualità e pazienza, il ritmo si faceva più intenso. Colpi più frequenti battevano la chiara pelle di Licia che non faceva nulla per reprimere i gemiti e i rantoli di piacere. In un crescendo ben studiato e controllato, quasi snervante per la donna, l’uomo aumentò la forza e la velocità della scopata, afferrando la contabile per i fianchi. In breve Boccalupo stava fottendo la donna selvaggiamente, avendo oramai perso ogni controllo sulla potenza dei suoi affondi, agendo come uno stantuffo in piena funzione. Licia si sentiva sbattere’ implacabilmente e non immaginava quanto l’eco dei suoi acuti riempisse la stanza, rimbombando da un lato all’altro e trasmettendo ad ogni filo d’aria il fremito compulsivo che agitava il suo ventre e faceva tremare la sua pelle. Più di una volta arcuò la schiena all’indietro per alzarsi da quella posizione di sottomissione che la condannava ad un impotente ed inconscia accettazione del potere virile e selvaggio, ma i legami ai polsi ed alle gambe le impedivano di liberare il corpo e l’anima da quella schiavitù dei sensi. Era così presa dall’energia, dall’impeto dell’amplesso che non ebbe il tempo e la concentrazione per godersi il proprio orgasmo, semplicemente percependone il piacere liquido che ne conseguì. Ma Boccalupo non si fermò e continuò a chiavarla come un martello pneumatico. Quindi l’uomo si placò e cercò di recuperare il fiato, permettendo anche alla donna di respirare con più calma. Sempre immersa in un mondo nero, Licia udì il rumore dei tacchi del capo che si spostava e ne annusò l’odore della pelle, oramai familiare e indistinguibile, di fronte al volto. Un secondo dopo la punta del suo arnese violò le labbra della contabile e cominciò a farsi strada nella sua soffice bocca. La donna succhiò e leccò quel duro bastone, tenendolo ben stretto tra le labbra. Il maschio prese a scoparle con lentezza la bocca, come piaceva a lui, tenendo la testa della donna salda tra le mani e guidando l’asta all’interno, ora muovendola appena un po’ avanti ed indietro, ora dirigendola ai lati contro la sensibile pelle all’interno delle guance, ora spingendo in maniera determinata verso il fondo della gola, impedendole il respiro. Licia non poteva vedere nulla e capiva quello che stava facendo usando solo le sensazioni tattili della bocca: sentiva premere il grosso pisello contro i vari punti, scivolare la dura carne tra le proprie labbra, appoggiare la pelle liscia della punta contro il palato e più in fondo. Solo quando il maschio si sentì soddisfatto di questo bel lavoro orale, indietreggiò. La donna lo sentì prendersi un attimo di pausa e quindi tornare alle sue spalle. Infilò il pisello ben bagnato dalla saliva e ricominciò a scoparla. Prima piano, con pazienza. Poi aumentando la velocità e quindi di nuovo la chiavò selvaggiamente. Di nuovo lo sbattere sordo del bacino dell’uomo contro le natiche della donna riecheggiò nella stanza, presto sommerso dalle grida di piacere della contabile che anticiparono un altro orgasmo. Il manager si fermò e riprese fiato, poi andò a rimettere il pisello tra le labbra di Licia. Ma stavolta fu abbastanza passivo, lasciandosi leccare e succhiare dalla bocca vorace che, al buio, cercava con impazienza di trovare e catturare dentro di sé l’asta dondolante, allungando il collo e sforzando i muscoli della schiena per dare buon esito a quella caccia. Infine lui tornò dietro di lei e la prese per l’ultima volta, con molta lentezza e grazia, godendosi le lunghe e soffici entrate nella micia calda. Un movimento controllato. Infatti l’uomo era arrivato al limite e bastò poco per faglielo superare. Il capo, con un’espressione dura sul volto, che la donna bendata non poteva scorgere,’ con un muggito prolungato e gutturale, sparò ripetuti getti del proprio seme bollente dentro la donna chinata e legata davanti a lui. Qualche secondo dopo Licia sentì i suoi passi allontanarsi e poi la porta chiudersi. Lo chiamò, prima a voce bassa, poi ad alta voce, quindi qualche minuto dopo’ urlò il suo nome molte volte, completamente ignorata dall’uomo che stava guardando la televisione al piano superiore. Senza poter vedere niente, in una posizione scomoda, con il sesso martoriato per l’incontro selvaggio di prima. Gocce di sperma le colavano lentamente via e scivolavano fino a terra, tracciando scie appiccicose sulle cosce.’ Licia aspettò. Ed aspettò. Era oramai mezza assopita quando la porta si riaprì. I passi si avvicinavano.’ Le mani forti la slegarono e la fecero mettere in piedi, cosa che le provocò una smorfia di dolore vista l’obbligata postura che aveva tenuto per più di tre ore. Quindi lui le tolse la benda e le porse i vestiti.
‘ Vestiti, ti aspetto di sopra.’
Quando la donna salì al pian terreno, scoprì che fuori oramai era buio.
‘Mangiamo qualcosa ? Cosa tieni in frigo ?’ chiese la donna.
‘Mangiamo fuori.’ rispose con freddezza Boccalupo.
‘Ma io ho fame. Cucino io, non ti preoccupare.’ continuò lei con un tono scherzoso e un viso sorridente.
La risposta serissima di lui la gelò.
‘Mangiamo fuori’ e lo vide incamminarsi verso la porta della casa.
Licia rimaneva meravigliata dalla sapiente varietà di posizioni che Boccalupo applicava nei loro giochi di bondage. Una volta gli chiese come facesse a immaginare tutte quelle cose.
‘Passione e perversione’ rispose lui scherzosamente.
Ma un giorno lai capì che in fondo non era tutta farina del suo sacco.
Le arrivò dal manager un’email che riportava un link ad un sito internet. Il messaggio diceva ‘Guardarlo e scegline una per stasera.’.
L’espressione di stupore che apparve sul suo viso quando aprì il link l’accompagnò per diversi secondi. Il capo le aveva inviato il collegamento ad un sito di bondage. C’erano decine di immagini che ritraevano belle donne legate in posizioni diverse, le più strane e sofisticate. La contabile abbandonò il suo lavoro e sprofondò per due ore nello studio attento di quelle immagini. Riconobbe alcune pose che Boccalupo le aveva fatto assumere. Ecco come faceva a trovare tanta varietà.’ La donna ammirava e gustava quelle foto che le facevano nascere intriganti idee. In particolare apprezzava quelle pose in cui la ragazza di turno era sospesa in aria, mantenuta legata al soffitto da corde pendenti e da complicati giochi di nodi. Il loro corpo era percorso da corde intrecciate artisticamente che producevano una bellissima visione in chi le guardava.’ Quando nel tardo pomeriggio l’uomo passò per il suo ufficio, le chiese con un sorriso.
‘Allora hai scelto ?’
Licia fu contenta di riaprire il sito e gli indicò la posizione preferita.
‘Piacerebbe molto anche a me vederti e tenerti legata così ma purtroppo non è possibile.’
‘Perché ?’ domandò lei delusa.
‘Perché non abbiamo l’equipaggiamento adatto per le posizioni di bondage in sospensione. Servirebbe un gancio appeso al soffitto. Dovrei magari metterlo nella palestra di casa”
‘Allora mettilo’ propose lei con un sorriso malizioso.
‘Ci penserò, ma resta il fatto che bisogna essere veramente bravi per saper maneggiare le corde in quel modo, altrimenti è rischioso.’
‘E tu non sei abbastanza bravo ?’ lo provocò lei.
‘Forse…intanto scegli una posizione per stasera. Una fattibile.’
Un paio d’ore dopo Licia stava sdraiata sulla lunga panca che si trovava nella palestra di Boccalupo, con le braccia pendenti e unite sotto la panca da stretti giri di corde,’ le gambe aperte e legate ai piedi della panca stessa. La testa non poggiava ma sporgeva un po’ al di fuori della panca e la contabile doveva fare uno sforzo per tenerla allineata al corpo e non farla pendere in basso. Licia indossava solo la camicetta che era però sbottonata. In più un doppio giro di corda all’altezza delle costole le comprimeva i seni, li sollevava facendoli risaltare ben più di quanto la natura avesse provvisto a fare. In questa posizione la donna rimaneva completamente accessibile per essere scopata, ma il manager pensò di sfruttare questa opportunità in un altro modo. Si avvicinò dalla parte della testa e subito infilò il pisello nella bocca della donna, facendosi spompinare. Nel contempo si piegò e con la sua bocca leccò e stuzzicò la bella fighetta, componendo un magnifico sessantanove. Eccitato dalla situazione, l’uomo scopò la bocca Licia con un veloce movimento in avanti ed indietro, mentre toccava e baciava il sesso bagnatissimo della sua compagna di giochi. La bocca era divenuto il vero organo sessuale per la contabile. Dopo aver procurato l’orgasmo alla donna immobilizzata sotto di lui,’ il maschio ci mise poco per sfogare la sua eccitazione riempiendole la gola con un abbondante sborrata.
Quella sera lui l’obbligò a restare in casa sua, Licia provò ad obbiettare che non aveva nulla con cui cambiarsi, ma Boccalupo fu come al solito irremovibile. Si addormentarono nudi dopo aver fatto un’altra volta sesso, in maniera solo più ‘tradizionale’.
La mattina Boccalupo si svegliò per primo e preparò il caffè che portò a letto alla donna. Lei gradì quell’attenzione e ricambiò con un bacio, ma i propositi del suo capo erano tutto tranne che romantici.
‘Oggi ti farò provare un piccolo bondage nascosto, quindi lavati e non metterti nulla addosso.’ disse l’uomo con tono autoritario.
‘Bondage nascosto ? Ma che cos’è ?’ chiese Licia incuriosita da quella proposta.
‘Lo scoprirai a tempo debito, ora fila in bagno.’ rispose lui dandole un piccolo schiaffetto sul sedere.
Sculettando maliziosamente lei s’andò a lavare per tornare poi dall’uomo che l’aspettava con una lunga corda sottile.
‘Mani dietro la testa e gambe aperte e, per piacere, resta il più ferma possibile.’ disse Boccalupo.
Licia si mise come richiesto e lui iniziò pareggiando la corda che poggiò poi dietro il collo. Con gesti veloci i due capi passarono sul solco del seno di Licia per fare poi un giro dietro la schiena e tornare davanti dove fecero due giri intono alle tette senza stringerle troppo. Poi i capi scesero fino alla pube di lei passando all’esterno delle grandi labbra, corsero quindi sui glutei per allargarli spingendoli in fuori. Dopo un giro intorno alla vita tornarono in mezzo alle gambe, ma questa volta finirono proprio in mezzo alla fica di Licia che ebbe un fremito mentre lui rimaneva impassibile. Infine i capi furono legati ben stretti sulla vita della donna, e la parte in eccesso tagliata via.
‘Ora puoi vestirti, ovviamente senza intimo…’ disse lui con un sorriso beffardo.
‘Ma come ? Così ?’ chiese lei decisamente poco abituata ad uscire senza nulla sotto i vestiti.
‘Certo. Puoi stare tranquilla che non si vedrà nulla.’ rispose l’uomo mentre iniziava a vestirsi.
Licia mise i suoi abiti in fretta per poi correre davanti allo specchio. Boccalupo aveva ragione, il bondage era invisibile e nessuno avrebbe mai potuto sospettare della sua esistenza.
Si recarono insieme al lavoro, ma già durante il viaggio la donna si rese conto dello stato in cui era. Le corde che le passavano in mezzo al sesso la facevano fremere ad ogni piccolo movimento del corpo. Camminare normalmente le risultò un’impresa incredibile e quindi, una volta nel suo ufficio, cercò di muoversi il meno possibile. Il suo capo però la chiamò ripetutamente anche per piccole sciocchezze e l’intera giornata le sembrò una lunga agonia. Provò anche ad andare in bagno per soddisfare le sue voglie, ma le corde glielo impedirono e dovette trattenersi anche dall’urinare per tutto il giorno. Non andò neanche a mangiare in mensa preferendo farsi portare un panino dal bar e l’arrivo dell’orario di chiusura le sembrò una liberazione. Ma non aveva fatto tutti i conti con Boccalupo perché qualche minuto prima delle cinque la chiamò per l’ennesima volta nel suo ufficio.
‘Dimmi come hai passato la giornata.’ le chiese l’uomo con tono decisamente ironico.
‘E me lo chiedi !’ rispose Licia fingendo d’essere offesa ‘E’ da stamattina che ogni movimento è una tortura.’
‘Vuoi che ti sleghi ?’
‘Hai altre alternative ?’ disse maliziosa la contabile.
‘In ogni caso dovrai spogliarti….’
La donna si tolse velocemente la camicetta e la gonna che indossava, rimanendo solo con le calze e le scarpe, e ovviamente quella piccola ragnatela di corda che imprigionava il suo corpo. Con decisione s’avvicinò alla scrivania del suo capo rimanendo in attesa di una sua parola.
Lui però non disse nulla, s’avvicinò alla donna mettendosi dietro di lei e cominciò a sfiorarla con un dito. Licia non restò a lungo insensibile a quel dolce tocco, anche se era immobile tutta l’eccitazione accumulata durante la giornata le sembrava ritornare prepotentemente al cervello. L’uomo le scivolò poi dietro e le strinse con forza i seni gonfi, strusciandole contro il culo i genitale, fino a farla gemere dal dolore.
Licia non disse nulla, aspettava solo che lui la prendesse, non le importava come, voleva solo essere sua un’altra volta. La parte di corda che le passava in mezzo al sesso era ormai pregna del suo piacere, solo era troppo stretta per fare in modo che lei potesse anche solo pensare di poter arrivare al suo punto più sensibile e dare un minimo sfogo ala sua voglia.
‘Scommetto che hai una gran voglia di cazzo, non è vero ?’ disse improvvisamente lui col suo solito tono bastardo di chi sa già la risposta.
‘Si lo voglio, solo prima dovrai slegarmi.’ rispose con malizia Licia.
‘Perché ? Il tuo buchetto è in bella vista.’
In effetti le corde lasciavano libera l’entrata posteriore, anzi allargando i glutei lo rendevano un boccone troppo invitante per un uomo come Boccalupo.
‘No li no !’
La donna quasi urlò quella frase mostrando una paura che le veniva da dentro.
‘Perché no ?’
Licia non osò quasi guardarlo mentre confessava la sua verginità anale e tutte le paure che aveva per quel tipo di rapporto. Per la prima volta provò imbarazzo e non riusciva ad alzare lo sguardo finché lui non le rivolse la parola.
‘Ora puoi uscire di qui ed i nostri rapporti torneranno ad essere solo lavorativi, oppure piegarti sulla scrivania e darmi ciò che è mio. Cercherò di non farti male, ma un po’ di dolore sarà (è) inevitabile, solo sappi che se mi dirai di si non mi fermerò finché non avrò finito.’
La donna rimase ferma in preda a tutti i suoi dubbi. Che fare ? Andarsene e perdere Boccalupo ? O concedere a lui ciò che aveva sempre negato al suo primo amore ? Alla fine si decise e si piegò sulla scrivania biascicando un ‘non farmi male’ che disse più a se se stessa che all’uomo.
Lui si spogliò con calma lasciandola in un’attesa che la spossò più d’una sonora sculacciata, poi s’abbassò mettendo il viso ad un palmo da quei glutei aperti dalla corda. Guardò a lungo tra le chiappette, nonostante la tensione data da quel bondage il buchetto era piccolo e ben delineato, una tenue rosa di carne che alla fine baciò con passione. Aiutandosi con le mani vi entrò con la lingua facendo sospirare la donna che mai aveva ricevuto una simile attenzione, cercò di bagnarlo il più possibile prima di penetrarlo col mignolo che fece entrare molto lentamente.
Nelle sue solitarie masturbazioni Licia era arrivata al massimo a massaggiarlo provando un certo piacere, solo s’era sempre limitata evitando anche di penetrarsi col dito per il timore del dolore della sodomia anche se era il suo piccolo dito.
Ora invece sentiva solo un piccolo fastidio più che sopportabile, le sue paure sembravano sparire ma tornarono prepotentemente quando lui usò il dito più grande. Allora cominciò a dimenarsi come impazzita, ma Boccalupo la bloccò con l’altra mano dicendole bruscamente di non comportarsi in quel modo o sarebbe stato tutto molto più doloroso.
‘Scusami Stefano.’
Appena lo disse si rese conto che, per la prima volta, l’aveva chiamato per nome e con un tono amorevole. Lui s’alzo e le girò la testa per baciarla con estrema dolcezza, poi un po’ sadicamente strusciò il pene sulla parte della fica libera dalla corda inumidendolo per bene. Lo prese in mano e lo puntò contro lo sfintere facendo una leggera pressione per poi tornare a bagnarlo con gli umori di lei che ormai le colavano sulle gambe. Boccalupo ripeté più volte quel gioco finché non fu Licia a supplicarlo d’andare fino in fondo. La donna era in uno stato d’eccitazione smisurata, in cuor suo sapeva che avrebbe sentito del dolore, ma ormai voleva andare fino in fondo incurante delle conseguenze.
‘L’ho sempre detto che sei una gran troia !’ le disse beffardo il suo capo.
Licia non rispose non sapendo neanche cosa dire, cercò solo di rilassarsi e respirare con regolarità in attesa dell’inevitabile.
La punta del cazzo fece di nuovo capolino sull’ano, ma questa volta la pressione fu maggiore e la cappella gonfia entrò anche se con fatica. Lei trattenne a stento l’urlo in gola, era come se una freccia (le) fosse partita dal suo buchetto per arrivarle dritta al cervello e li esplodere con la potenza di una bomba. Il capo per quanto eccitato da quella situazione d’assoluto controllo cercò d’essere il più cauto possibile, spingendo con calma tutto il suo pene fino in fondo.
Per Licia fu la scoperta di un nuovo piacere, l’unione fra questo ed il dolore, il loro alternarsi in lei crearono un cocktail di sensazioni violente, ma estremamente appaganti. Il solo sentire quella carne viva, il suo pulsare, la facevano godere. E non riusciva affatto a trattenerlo. O forse non lo voleva, mostrando che in fondo lui aveva sempre avuto ragione. Licia amava il cazzo. Solo la sua rigida educazione, i suoi tabù, i suoi fallimenti, le avevano impedito d’ammetterlo per prima a se stessa, ma ora non voleva più nascondersi dietro a quella maschera di donna quasi asessuata.
Cominciò ad incitare il suo amante ad essere ancora più maschio e prenderla con maggior vigore, gli disse quanto amasse lo sbattere delle sue palle sulla sua fica, ed altre frasi del genere.
Boccalupo non restò insensibile a quelle richieste che suonavano al suo orecchio come una musica celestiale. L’afferrò con forza per fianchi e prese a scoparla con forza, spingendosi ben oltre dove avesse immaginato. Per quanto i muscoli anali della donna stringessero il suo membro procurando anche a lui un certo dolore, continuò in un crescendo di gemiti ed urla fino all’inevitabile orgasmo. Ma questo non placò la sua foga, anzi aiutato dalla lubrificazione data dal suo sperma, continuò ancora nella sua folle corsa, fino a fermarsi ormai esausto e piegarsi su di lei.
I due rimasero immobili cercando di riprendere fiato finché lui non si sfilò da lei per finire sulla poltrona.
Licia s’alzò dalla scrivania poco dopo, sentiva il seme di lui colargli giù dal culo appena violato, ma non diede importanza alla cosa. Piuttosto guardava la corda che ancora le imprigionava il sesso ancora inappagato. Si slegò lentamente senza chiedergli il permesso, poi si girò a guardare l’uomo. Era ancora sfinito, più che seduto era stravaccato col membro sporco dell’orgasmo d’entrambi. La donna non ci penso neanche un attimo, si chinò davanti a lui e prese a leccargli il pene. Lo voleva di nuovo e non si sarebbe fermata davanti a nulla. Con la perizia di chi sa cosa vuole e come ottenerlo, lo ripulì, passando la lingua su tutta l’asta fin sotto le palle. Boccalupo fu stupito da tale trattamento, ma era troppo piacevole per interromperla con qualche parola. Solo quando vide sparire fra le labbra vide della donna il suo cazzo capì dove lei voleva arrivare. Allora le mise le mani sulla testa dettando un ritmo infernale, ma lei si sottomise ben volentieri ormai succube del suo capo. Quando però sentì che era di nuovo duro come voleva tirò indietro la testa liberandosi dalle mani di lui.
‘Ti voglio.’
Lo disse non priva di malizia, ma anche con naturalezza, mentre s’alzava. Boccalupo le prese la mano come ad invitarla a sedersi su di lui e Licia gli fu sopra in un attimo. Prese il cazzo dell’uomo e senza esitazione lo fece scivolare nella sua passera raggiungendo subito l’orgasmo. S’irrigidì e quasi le mancò il respiro e allo stesso tempo si sentì liberata da un peso ormai insopportabile. Il capo la lasciò fare gustandosi lo spettacolo degli sguardi che la sua contabile gli stava regalando. Ma nessuno dei due voleva più fermarsi. Lui allungò una mano fin al suo buchetto penetrandolo leggermente, dopo portò il dito alla bocca di lei che lo succhiò fino ad asciugarlo. Boccalupo ripeté più volte la mossa come aveva fatto prima, ma poi fu trascinato anche lui dalla lussuria. Cominciò a fotterla spingendo dal basso, la insultava nel peggiore dei modi stringendole i seni con forza fino a farle male. Licia cercavo di farlo almeno tacere mettendo la sua bocca contro la sua e ritraendosi quando lui la mordeva. Anche lei spingeva la cavalcata facendo forza sulle spalle dell’uomo, gli orgasmi si ripetevano con frequenza impressionante ormai caduta in quel delirio di sensi.
Quando Boccalupo cercò la sua bocca,la donna capì che anche il suo capo stava per venire, accolse con trepidazione le sue ultime bordate prima d’essere di nuovo riempita dal suo sperma per poi abbandonarsi sul suo petto.
Come però cercò d’alzarsi lui la blocco per un braccio.
‘Dove credi d’andare !’ disse l’uomo.
‘A darmi una ripulita.’ rispose lei senza alcuna malizia.
‘Prima puliscimi il cazzo, sai che è un tuo dovere e non vorrei punirti per questa mancanza.’
La donna indugiò un po’ stupita, ma poi s’abbassò e leccò a lungo il membro fino a ripulirlo d’ogni traccia dell’orgasmo dei due amanti.
‘Ora pulisciti, ma fai in fretta che andiamo da me.’
‘Ma non t’è bastato !’ esclamò Licia che credeva d’essere arrivata al massimo delle sue possibilità.
‘Proprio per niente.’ rispose lui ‘Ora andiamo a cena e dopo da me. Ti voglio legare al cavalletto e fottere fino a che non ho più forza. Ma per te non basterà. Allora prenderò un cazzo finto e continuerò a sfondare i tuoi bei buchi fino a farti supplicare di smettere.’
Boccalupo era molto serio mentre parlava e Licia ebbe paura delle sue parole. Poi bastò un suo sorriso per farle capire che forse stava scherzando, così si diede una pulita e si rivestì.
Ma Boccalupo non scherzava affatto.
Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
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Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?