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Nobiltà maiala

By 27 Luglio 2019Giugno 9th, 2020No Comments
[Trama: Durante un lavoro in una villa di lusso, due operai vengono esasperati dalla figlia del padrone di casa, una ragazzina viziata, altezzosa, snob e arrogante. Urge insegnarle un po’ di rispetto nonostante la differenza di classe sociale.]
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Io e il mio socio Anselmo gestiamo una piccola ditta di carpenteria artigianale.
Stamattina siamo stati contattati per un lavoro urgente in una villa di ricconi. Senza giri di parole, ci hanno detto che di solito loro si rivolgono a grosse ditte specializzate…ma gli è capitato un guaio improvviso, e la nostra era l’unica falegnameria aperta anche di sabato.

Rapidamente andiamo col furgone all’indirizzo.
La villa è uno schiaffo alla miseria, con piscina ed ettari di giardino curatissimo. Roba per gente schifosamente ricca.
Mentre camminiamo verso l’ingresso, notiamo una ragazzina che fa il bagno in piscina, una bella gnocchetta dai capelli scuri. Dev’essere la giovane figlia dei padroni di casa.

I proprietari ci ricevono con distaccata cordialità.
Lui dev’essere un CONTE o qualcosa del genere, insomma uno di quei titoli nobiliari dei quali non si capisce la ragione di esistere nella società moderna.
La moglie è una signora sulla cinquantina, piena di gioielli e abiti firmati.

Il conte ci mostra il danno da riparare: una vecchia architrave nel soggiorno è stata erosa dalle tarme ed ha ceduto.
Ci raccomanda che il lavoro deve essere fatto alla svelta, poiché in serata darà un ricevimento di gala in casa.
– «Faremo il possibile, signor conte…ma sinceramente, sarà difficile riuscirci in così poco tempo.»
– «So che vi sto chiedendo uno sforzo notevole…ma se riuscite a completare il lavoro entro le 19.00, raddoppierò il vostro compenso.»
Ostia! Questo sì che è un incentivo a lavorare di buona lena.

– «Noi ora dobbiamo uscire. Se avete bisogno di qualcosa, chiedete pure a nostra figlia Simonetta», dice indicando la ragazzina, che nel frattempo è uscita dalla piscina ed è entrata in casa in accappatoio.
– «Salve, come va?», le diciamo…ma lei ci ignora di pacca, senza neanche degnarci di uno sguardo. Boh, meglio abbozzare…

Appena i genitori escono di casa, lei si toglie l’accappatoio rimanendo solo con un micro-bikini. Inevitabile che il nostro occhio maschile le faccia una radiografia per un secondo.
Piccolina ma ben fatta, culetto sodo e vitino da vespa. Poco seno, ma per una 18enne è nella norma.
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Iniziamo il lavoro, e lei se ne sta lì appoggiata ad una colonna a fissarci in silenzio.
Forse ha preso troppo sul serio l’incarico di assisterci, così cerco di lasciarla libera.
– «Senti, piccola, non abbiamo bisogno di nulla…Se vuoi puoi anche andare a farti un giro.»
Mi guarda di sbieco alzando il mento.
– «Ohe’, cosa sono ‘ste confidenze? Per voi io sono la contessina Simonetta Massanti Suadelli di Minamonca! Datemi del “lei” e ricordate sempre qual è il vostro rango!»
Urca, che permalosa! Neanche l’avessi insultata…Comunque accontentarla non costa niente.
– «Le chiedo scusa, signorina…Intendevo solo dire che abbiamo già tutto l’occorrente, quindi lei può sentirsi libera di lasciarci qui da soli.»
– «Ti piacerebbe, eh? Beh, non ci sperare: li conosco bene i tipi come voi, io resterò qui per controllare che non rubiate niente in giro!»
– «”Rubare”?! Ma come le salta in mente, noi siamo qui solo per il lavoro che…»
– «Chiudi la bocca e impara un po’ di educazione: quando una nobile dice una cosa, i plebei non la discutono! Chiaro?»
Capisco al volo l’antifona e le faccio un gesto di assenso. Certo però che questi aristocratici te la fanno pesare, la differenza di ceto!

La damigella si siede sul divano a leggersi una rivista. Ogni tanto ci scruta di sottecchi. È piuttosto fastidioso essere controllati così, ma pazienza.
Noi andiamo avanti col nostro lavoro. A un certo punto Anselmo si mette in bocca una sigaretta, provocando la reazione della contessina.
– «Ehi, tu, tipo…Non si fuma in questa casa!»
Anselmo sbuffa e ripone la sigaretta. Non passa neanche un minuto, che la ragazzina si accende una Marlboro.
– «No, ma vaffanculo…E scommetto che dopo darà la colpa a noi per l’odore di fumo nella stanza!», sbotta sottovoce il mio collega.
– «Lascia perdere, Anselmo. Concentrati sul lavoro e basta», gli replico.

Procediamo con lo scartavetrare dei pannelli di legno. La pulzella interviene con tono indignato.
– «E che cavolo! Ma guardate quanta polvere che spargete sul pavimento! Questo è un parquet Art-Nouveau originale, sapete?»
– «Signorina, non c’è problema…Dopo scopiamo!»
– «Eh già, voi plebei avete in testa solo di scopare! È per questo che non vi eleverete mai dal gradino più basso della scala sociale! Comunque, esigo che mettiate subito dei giornali sul pavimento, intesi?»

La superbia di questa piccola snob mi irrita davvero. E se sono irritato io, figuriamoci Anselmo che è un ex militante di Lotta Proletaria e i “padroni” non li ha mai potuti soffrire.

Comunque non siamo qui per fare politica; andiamo avanti col lavoro, mentre lei si mette la lacca alle unghie dei piedi.
A un certo punto viene verso di noi.
– «Ho un grosso problema, forse potete aiutarmi…»
– «Volentieri, contessina. Dica pure.»
– «Secondo voi è meglio mettermi lo smalto di Castle-Dior o quello di Rabanne?», dice mostrandoci due flaconcini.
(Alla faccia del “grosso problema“! E il non avere un soldo per comprarsi da mangiare come lo chiama, allora?)
– «Eh?…Ma non saprei…Uno vale l’altro…», le rispondo.
– «Sì, vabbe’, ma che risposta potevo aspettarmi da dei buzzurri come voi!», commenta sprezzante facendo dietro-front.
Io devo trattenere Anselmo che si è mosso verso di lei con un martello in mano. Ma posso capire il suo stato d’animo. Cosa ne sa dei problemi della gente comune questa ragazzina viziata, che non ha mai dovuto lavorare un solo giorno in tutta la sua vita? Scommetto che la paghetta settimanale che le elargisce il suo ricco paparino è più grande del nostro salario di un anno intero.

Riprendiamo il lavoro tenendo ben d’occhio l’orologio. Siamo un po’ indietro rispetto al programma, ma se lavoriamo sodo dovremmo riuscire a rientrare nei tempi previsti.

Fa un caldo infernale, così ci togliamo le magliette rimanendo a torso nudo.
– «E magari levatevi anche le mutande già che ci siete, eh?», sbotta la sgualdrinella, «Un po’ di decenza! Copritevi subito!»
– «Ma signorina, fa caldo…»
– «Non me ne frega un tubo! Nel caso non ve ne siate accorti, qui ci sono anch’io; è indecente esibire le vostre nudità come degli animali in presenza di una dama!»
Sì, vabbe’…Parla proprio lei, che ci gira attorno con indosso solo un bikini striminzito. Ma non è il caso di mettersi a discutere, così ci rimettiamo le maglie. Con l’ovvio risultato di metterci a sudare come porci sullo spiedo.
– «Madonna, ma quanto puzzate! Lavarsi ogni tanto non vi costa niente, eh!», sbotta lei agitando una mano a ventaglio.
Anselmo stritola il tubetto di silicone che ha in mano. Suppongo stia immaginando che si tratti del collo di quella viperetta.

Pur tra imprecazioni soffocate, il lavoro prosegue. Forse ce la facciamo a finirlo per l’orario previsto.
A un certo punto la piccola si avvicina all’impianto stereo e mette un CD di Gigi D’Alessio. E alza pure il volume a palla.
Cazzo. Ho lavorato nelle condizioni più infernali…ma l’essere costretto ad ascoltare Gigi D’Alessio sul lavoro mi mancava ancora.
Anselmo è più lesto di me a mettersi l’unica cuffia paraorecchie che abbiamo. Maledico lui, maledico il D’Alessio, e maledico la stronzetta che mi sottopone a questa tortura.

Concentrarsi sul lavoro è l’unica cosa da fare.
Ora dobbiamo segare delle assi…ma appena la taglierina elettrica si mette in moto, la pupa sbotta irritata.
– «Smettetela subito con questo baccano! Non riesco a sentire la musica!»
– «Ma dobbiamo tagliare un’asse…Come potremmo fare senza usare la circolare?»
– «E usate la pialla a mano, no? Devo dirvelo io come si fa il vostro lavoro, incapaci?»
– «Ehm…Signorina, forse intendeva dire “sega“…»
– «Siete degli esperti di “seghe”, eh? Beh, arrangiatevi, basta che non facciate rumore!»
Insomma, bestemmiando a denti stretti, ci rassegnamo a tagliare le assi a mano. Il che significa perdere altri venti minuti di tempo. Se vogliamo rispettare l’orario di consegna, ci toccherà aumentare il ritmo.

Sgobbiamo come dannati mentre il tempo scorre implacabile.
A un certo punto Anselmo si ferma mollando gli attrezzi.
– «Sergio, vado un attimo a pisciare», mi sussurra.
Arriva al bagno in fondo al corridoio, ma la porta è chiusa a chiave. Prontamente la smorfiosetta lo apostrofa.
– «Ehi, dove credi di andare, tu?»
– «Ehm…Dovrei usare un attimo il bagno, signorina; può aprire la porta?»
– «Scordatelo, quello non è mica un cesso pubblico! Se vuoi fare le tue schifezze, puoi andare al bar in fondo al viale!»
Andare a quel bar significherebbe perdere una buona mezz’ora tra andata e ritorno. Non possiamo permettercelo, se vogliamo rispettare la tabella di marcia.
Anselmo torna verso di me con gli occhi sgranati, sembra sull’orlo di una crisi di nervi.
– «Non ci riesci proprio a tenerla?», gli chiedo.
– «Ci…proverò…», risponde a denti stretti mentre contrae le mani ad artiglio, come se volesse strozzare qualcuno (o qualcunA).

Guardiamo l’orologio. Se non fosse per i ritardi provocati da questa cretinetta, saremmo in tempo col programma. In più, non siamo nello stato mentale per lavorare con serenità.

Comunque sia, a un certo punto la piccola peste prende una chiave e si dirige verso il bagno.
– «Mi assento un attimo. Voi non fregatevi niente, tanto dopo controllo che ci sia ancora tutto!»
Subito dopo, la tipa entra in bagno.
Oooh, per qualche minuto la stronzetta se ne starà fuori dai piedi. Che sollievo!

Ma Anselmo non può godersi il momento di pace. Lo vedo infatti tenersi il basso ventre con una mano, rosso come un peperone.
– «Fanculo, Sergio, io non ce la faccio più…Devo svuotarmi la vescica!»
Ciò detto, si avvicina a una fioriera e si mette a pisciare contro un’agave.
Manco a dirlo, la contessina esce dal bagno proprio in quel momento.
– «MA BRAAAVI!», sbotta sdegnata, «Fare i vostri bisogni dove capita, come delle bestie…E il bello è che dopo pretendete pure l’eguaglianza sociale! In un recinto bisognerebbe mettervi! Animali!»
Senza il minimo senso del pudore, la viperetta si avvicina per scrutare il pisello del mio amico, che cerca inutilmente di girarsi dall’altra parte.
– «E che, lo chiami un cazzo, quello? Fai bene a nasconderlo, ho visto capezzoli più grossi!»
Anselmo emette un ringhio alzando gli occhi al cielo. Sembra sul punto di esplodere.
– «Lasciami finire. Lasciami finire che poi te li sistemo io, i capezzoli!»
– «Hah! Ti piacerebbe, eh? E allora toh, rifatti la vista, plebeo del cavolo!», dice lei separandosi il top e sbattendoci le tettine in faccia.
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Ci rimaniamo di stucco, impalati come baccalà, mentre lei insiste a provocare:
– «Questa è roba per aristocratici, voi proletari non ve la potete neanche sognare! Avanti, stampatevela bene in mente per quando vi farete la prossima pippa, che gli inferiori come voi possono giusto raccattare la nostra elemosina!»

A quel punto Anselmo non ci vede più. Gonfia i muscoli e le si para davanti a muso duro, col pisello ancora di fuori.
– «Stammi bene a sentire, contessina Scemonetta Scassanti Sucauccelli di Minchiamonca dei miei coglioni…Adesso tu ti siedi e ci lasci lavorare in pace senza più dire una sola parola, altrimenti…»
– «…altrimenti COSA, straccione?», risponde lei sprezzante, puntandogli il naso contro il suo.

È un attimo: Anselmo la abbranca di peso e se la trascina sul divano, stendendosela di pancia sulle proprie ginocchia.
– «E adesso ti rifilo quella lezione che i tuoi genitori avrebbero dovuto darti da tanto tempo, mocciosa!»
E ciò detto, inizia a sculacciarla di brutto.
– «AHI! AHI! Bruto! Lasciami andare…Giuro che questa me la paghi cara! AHI!», piagnucola la fanciulla dimenandosi invano.

In teoria dovrei fare qualcosa per fermarlo…e invece blocco le braccia di lei per tenerla in posizione. Questa stronza ce ne ha combinate troppe; è ora di insegnarle un po’ di rispetto per chi non ha avuto la fortuna di nascere con un titolo nobiliare appiccicato al culo.
– «Siete due merde!…AHI!…Lo dirò al mio papà, vi farà finire in strada a mendicare, brutti selvaggi…AHI!…»
– «Chiudi il becco, oca, che così peggiori solo le cose!», le intimo…ma lei non intende ragioni e prosegue a vomitare improperi.
– «Stronzi! Vigliacchi! Caproni! Andate affanculo, pezzenti mangiaceci!»
Non sopporto più i suoi insulti, così le tappo la bocca premendole il mio inguine sulla faccia. Un gesto istintivo per il fatto che avevo le mani occupate.
– «UHMPH! MMMGRRH!», bofonchia lei, cercando inutilmente di girare la testa per liberare la bocca.
Nel contempo Anselmo insiste implacabile a sculacciarla di gusto.
– «Questo è per il fumo…Questo è per il bagno…Questo è per le magliette…Questo è per…»
SCIACK, SCIACK, SCIACK!…Ad ogni schiaffo la disgraziata si dimena per cercare di liberarsi. Tutto quel contorcersi pare faccia effetto ad Anselmo, che ha il cazzo a diretto contatto con la pancia della nobiltroietta. E anche a me continua a strusciare il muso sull’inguine nel tentativo di liberarsi. Ormai il cazzo mi esce dai pantaloncini.

– «Oh, vediamo se adesso sei diventata un po’ più rispettosa!», le dico allontanando il pacco dalla sua bocca.
– «Pezzi di merda! Schifosi! Froci rottinculo! Segaioli! Servi della gleba! Vi taglio le palle e ve le faccio mangiare!»
– «Ma allora non capisci neanche le maniere forti! Toh, tappati quella boccaccia di fogna!», le dico piantandole il cazzo in gola con un affondo secco.
Non mi sono neanche reso conto di averlo fatto, è stato un gesto impulsivo, senza pensare. Perlomeno lei non prova a mordere; si limita ad emettere dei gemiti strozzati cercando di respirare.

Nel contempo, anche Anselmo decide di variare il “modus educandi” della indisciplinata nobilstronza.
Si alza dal divano, e posso notare che tutto quello sfregamento della fanciulla gli ha procurato un’erezione formidabile. Le strappa gli slip del costume e la inforna da dietro.
– «Tie’! Un sano esemplare di nerchia proletaria…Omaggio della classe operaia!»
Ora la pupattola si trova schiacciata su due fronti. Gli affondi di Anselmo le fanno spingere la bocca sul mio uccello, e viceversa. Lei borbotta suoni inarticolati, che presumo siano una serie di imprecazioni al nostro indirizzo.
– «Mmmtronz…Bhghl…Ffffncul…Ghlabkh…»
Le stappo la bocca un attimo, giusto per vedere se la “cura” ha fatto effetto.
– «Uhmph!…È tutto qui quello che sapete fare, brutti impotenti? Faccio meglio io da sola con dei wurstel!»
– «Te le vai proprio a cercare, piccola maleducata!»
Anselmo le ficca un dito nell’ano e inizia a rigirarlo, con intenzioni evidenti.
– «AHIA! No-no-no-no-no…Lì non l’ho mai preso, non ci provare, brutto stronzo!…», protesta la smorfiosetta.
– «Non ha detto “Per favore“, madame contessina!»
Subito dopo appoggia la cappella al buco e spinge senza troppi riguardi, finché non ha tutto il cazzo dentro fino alla radice.
– «Toh! Così adesso anche voi capitalisti sapete cosa si prova a prenderlo nel culo!»
E mentre Anselmo inizia a stantuffarle il retto, la contessina strilla come un’aquila continuando a pronunciare insulti e volgarità ben poco “nobili”.
– «AHIAAAHH!!…C-cazzo, stro-OH!-nzi…Zio porco, che male…S-siete due selvaggi…Puzzoni, cenciosi, morti di fame…Merda-AH!…Fate schifo al cazzo, puttana troia…»
È incredibile il campionario di scurrilità conosciute da questa aristocratica con la puzza al naso. Chissà dove le avrà imparate; forse alla scuola di galateo?

Per un attimo mi sfiora il pensiero delle conseguenze di ciò che stiamo facendo. Rischiamo una denuncia per violenza carnale; sarebbe la parola di due operai morti di fame contro quella di una ricca damigella…ma a questo punto giunti la nostra situazione non può più peggiorare, quindi tanto vale andare fino in fondo.

Anselmo si ribalta di schiena sul divano, trascinandosi addosso la puttanella con ancora il cazzo ben piantato nel deretano. Io non mi faccio pregare e le farcisco la nobilpassera sul davanti.
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La doppia infornata non sembra comunque scoraggiare le velleità offensive della fanciulla:
– «Merdosi…Ce l’avete piccolo, neanche lo sento…AHIA!, merda d’una stramerda…S-siete degli incapaci anche in questo…AHI!…»
Sbraita e offende, però intanto non fa nulla per respingere l’assalto. Se ne sta ferma a prendere tutto quel che le diamo, come se non avesse aspettato altro. E intanto si sfoga sciorinando un linguaggio da scaricatrice di porto. Sarà un rigetto dell’educazione nobiliare? Boh, ma a questo punto chi se ne frega…

Dopo qualche minuto di quel trattamento (e dopo qualche migliaio di parolacce) decidiamo che è ora di variare posizione.
Anselmo le inforna la passera da sotto, mentre io mi porto alle sue spalle e punto dritto all’entrata di servizio.
Non mi faccio scrupoli a spanarle il buco con un affondo secco. La piccola serpe non si merita delicatezze.
– «AHIA-AHIA-AHIA!…F-fai piano, caprone…Ho detto che lì non l’avevo mai preso…OHI!…»
Sarà…ma dalla facilità con cui le scorre il cazzo nelle budella, mi sa che la Simonetta non ce la racconta mica giusta. Comunque, cazzi suoi (in tutti i sensi).
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Io devo dire che l’idea di fare il culo a una nobildonna, peraltro antipatica come questa, mi ingrifa da matti. Le pistono il retto come un assatanato.
In più, a giudicare da come ansima e grufola, non si direbbe che le dispiaccia poi così tanto. E nel frattempo tira improperi da osteria veneta a ciclo continuo. Dove lo trova tutto quel fiato?
– «AOHI!…S-siete due trogloditi…AHH!…Stronzoni…Ominidi sottosviluppati…Feccia della società…OHWWW!…Accattoni…Rifiuti…Poveracci…»
– «Canta “Bandiera rossa“, borghese sfruttatrice!», la stuzzica Anselmo.
– «Fanculo, comunisti del cazzo…AHOUKKH!…S-sovietici di merda! Sinistroidi! Cosacchi!…OAH!…Plebaglia sottoculturata…»
Più lei offende, più io e Anselmo la pompiamo di brutto. Cazzo, la capirà di smetterla, prima o poi!

A un certo punto la madamigella smette di colpo di inveire, si inarca e comincia a boccheggiare ansimando forte.
– «Ahnf…Ahnf…Oh, cazzo…Oh, merda-a-a-ahh…Oh cazzocazzocazzoooOOOHHH!!!…»
Si dimena completamente fuori controllo, freme, strilla, si sbava addosso…MINCHIA! Alla faccia degli orgasmi trattenuti…

Anche noi ci troviamo ormai al culmine del piacere. Anselmo si sfila da sotto e arretra fino a portare l’uccello a portata di bocca della pulzella.
Le sborriamo dentro quasi in simultanea. Io direttamente nel culo, Anselmo in bocca tenendole il cazzo ben piantato in gola. Soffocata da quel fiume di seme, la contessina ha dei conati per cercare di respirare, col risultato che lo sperma le fuoriesce dal naso.
– «Ghg..Blugh…»
Ora la altolocata damigella ha un aspetto decisamente poco nobile: tutta sudata, i capelli scarmigliati, il trucco slavato, la faccia piena di bava, e sperma che le cola dal naso e dalla bocca…
Si abbandona esausta addosso ad Anselmo, e io sopra di lei. Curioso; ora pare aver perso tutte le sue velleità aggressive. Ha pure smesso di offendere.
– «Aaahh…Ahnf…Cazzo, che chiavata, gente!…»
Per alcuni attimi restiamo lì addossati e ansimanti, con lei nel mezzo, senza dire nulla, cercando solo di riprendere fiato.

*****

D’improvviso la ragazzina ha un sussulto e fa una faccia sorpresa. L’istante dopo ci sguscia di mezzo e si catapulta dietro lo schienale del divano.
Non abbiamo nemmeno il tempo di chiederci cosa diavolo le sia preso, che subito fanno il loro ingresso i padroni di casa. Sono seguiti da una marea di ospiti eleganti, e rimangono tutti impietriti a fissarci.
Porca troia…Nella foga della scopata, non ci eravamo accorti del tempo che passava!

Io e Anselmo capiamo subito la scena che si presenta ai loro occhi: due uomini nudi, stesi l’uno sull’altro sul divano, a cazzo ancora ritto in mano, e con evidenti segni di una sborrata recente. Ciò che possono pensare è abbastanza palese, e noi due abbiamo poche speranze di spiegare l’equivoco.
Infatti che cosa gli potremmo dire? Che ci siamo appena scopati in tandem la loro brava figlioletta, la quale ora se ne sta nascosta dietro il divano? Ci toccherebbe come minimo una denuncia, per non parlare poi dello sputtanamento della nostra ditta…No, a conti fatti, è meglio passare per due finocchi. Sperando che non scoprano la tipa rannicchiata dietro lo schienale.

Dopo 10 secondi di imbarazzante silenzio, il conte di Minamonca prende la parola cercando di darsi un contegno.
– «Ehm…Uhmpfh…Cari signori, lasciatemi dire che tutto questo è alquanto indecoroso…»
Io e Anselmo ci copriamo alla bell’e meglio con un cuscino e cerchiamo di mettere una pezza alla situazione. La cosa migliore è dirottare il discorso sul lato professionale.
– «S-signor conte…Ehm…Siamo spiacenti di informarla che…che non siamo riusciti a completare il lavoro per l’orario prefissato, ehm…»

D’improvviso, alle spalle dei presenti compare la piccola vipera, con indosso un accappatoio.
– «OH MIO DIO! Cosa sta succedendo, qui?», esclama simulando un’espressione di sorpresa. Evidentemente era riuscita a sgattaiolare da dietro il divano e ad uscire dalla stanza senza farsi notare, e ora finge di essere all’oscuro di tutto.
La signora contessa le copre pudicamente gli occhi con una mano.
– «Non…non è niente, tesorino…Vai in camera tua, ci pensiamo noi a questa faccenda.»

Il conte cerca di gestire la situazione in maniera diplomatica, invitando i suoi ospiti ad accomodarsi in un’altra stanza:
– «Cari amici, vi spiace attendere in soggiorno? Vi raggiungo fra un attimo, giusto il tempo di sistemare questo piccolo inconveniente…»
Poi si rivolge a noi sforzandosi di rimanere flemmatico.
– «Uhmphf…Sentite, signori, io non ho niente contro le relazioni fra uomini…Dico solo che non dovrebbero svolgersi durante l’orario di lavoro, e soprattutto in casa altrui…»
– «Ehm…È una storia un po’ complicata, signor conte…Forse per ora è meglio saltare le spiegazioni e fare finta di nulla…»
– «Già, lo penso anch’io…Beh, vedo comunque che non avete finito per tempo il vostro lavoro. Peccato; vorrà dire che terremo il ricevimento in un’altra stanza. Voi rivestitevi e liberate il salotto il prima possibile; ci rivediamo fra poco.»

*****

Raduniamo il nostro materiale e diamo una veloce pulita all’ambiente.
Al momento di andarcene, il conte ci salda il compenso per il lavoro fin lì svolto. Niente extra per il completamento dell’opera in tempo utile, ovviamente.
– «Grazie, signor conte…Anche per la comprensione che ha dimostrato nel gestire quello spiacevole…ehm…incidente.»
– «Bohf, figuratevi…A dirla tutta, non è nemmeno la prima volta che mi succede…»
– «Come dice?…»
– «È curioso…ma la stessa cosa si è verificata alcuni mesi fa, quando avevamo assunto due idraulici per riparare una perdita. Anche allora li abbiamo sorpresi nudi l’uno sull’altro, proprio come voi oggi…»
– «Oh, questa poi…»
– «Che devo dirvi? Sarà che quel divano ispira sentimenti amorevoli…»

Già…Oppure sarà che il conte ha una figlia troia che si diverte a scoparsi i plebei che le capitano in casa, all’insaputa dei suoi nobili genitori.
A ben pensarci, dovendo trascorrere le proprie giornate tra ricevimenti, shopping e feste di gala, la povera contessina non deve avere molte occasioni di sfogare le sue pulsioni naturali. Il poter sputare, imprecare e scopare liberamente è uno dei vantaggi della classe proletaria. Eh sì; non c’è proprio da invidiare questi ricconi inamidati, ai quali l’etichetta non permette neppure di fare un ruttino a tavola.

*****

Mentre ci dirigiamo verso il nostro furgone, scorgiamo la contessina che ci fissa da una finestra, tutta in tiro, vestita con un tailleur da 5000 euro.
Si guarda attorno per accertarsi che nessuno dei presenti la stia guardando…poi si scosta di scatto il decolleté mostrandoci le tette e facendoci una linguaccia.
In risposta, Anselmo si porta le mani all’inguine scrollandosi il pacco. (Ale’; ecco siglato il nuovo Accordo Paritario tra padroni e classe operaia…)

Non è stata una brutta giornata. In fondo, oggi abbiamo preso atto del vero principio di eguaglianza sociale: gli aristocratici godono allo stesso modo di noi plebei con le pezze al culo. Et così sia.

[FINE]

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