Il capitolo conclusivo, il gran finale, verrà caricato settimana prossima. Questa saga è stato un divertentissimo esperimento. Spero vi sia piaciuta. Ora vorrei lavorare su una nuova storia, magari una saga, scritta a quattro mani. Scrivetemi all’indirizzo email acchiappasogni918@gmail.it se volete proporvi!
GIOCO 5
Mentre venivano scortate lungo i corridoi che dai dormitori conducevano alla sala giochi per la prima volta Chiara notò sulle pareti alcuni stencil. Non c’erano dubbi: gli stencil nei corridoi rappresentavano in forma stilizzata i giochi che le giocatrici avevano affrontato; mancavano la quinta e la sesta prova. Probabilmente l’indomani sarebbe apparso un nuovo stencil. Come mai la ragazza non c’aveva fatto caso prima? Innanzitutto non aveva sempre potuto raggiungere la sala giochi con le sue gambe. Però nei giorni che lo aveva fatto non aveva mai staccato lo sguardo dalle proprie compagne e avversarie, per studiare le espressioni del loro viso e ascoltare commenti e sfottò pur senza avere il coraggio di partecipare alle conversazioni. Vuoi o non vuoi quando passi tutto il giorno insieme ad una persona finisci per entrare in empatia e magari scambiare delle confidenze anche se sai che una volta arrivati in sala giochi dovrai batterla con qualsiasi mezzo.
Eppure quella mattina era tutto diverso: nessuna sembrava aver voglia di raccontare qualche aneddoto sulla propria vita o di fantasticare sul gioco successivo. Con tutta probabilità ancora sotto shock per la quarta prova camminavano tutte taciturne e sguardo chino a terra oppure visibilmente esaltato come nel caso di Jasmine. Solo Chiara fissava ora ogni dettaglio e ogni crepa delle pareti che sapevano di fresco e davano un senso d’infinito. In realtà non voleva continuare a osservarsi i piedi, se li vedeva sotto le scarpe di ginnastica piccoli e con le dita storte. Aveva sempre detestato i propri piedi, ancor più di quanto avesse detestato il proprio corpo a causa della mancanza di curve.
Ad ogni modo dopo cinque interminabili minuti le giocatrici furono nello stanzone dove si sarebbe certo consumata l’ennesima tortura. Si trovarono di fronte questa volta sei lettini da studio medico. Sui lettini erano legati con fasce di cuoio Benito, Abhay, Filippo, Song e Jonnhy. I ragazzi nudi avevano già tutti il cazzo turgido. Ciò cozzava contro il fatto che stessero cercando di divincolarsi dalle fasce. Le guardie avevano loro somministrato del viagra per procurargli un’erezione forzata. A Chiara fu naturale immaginare un settimo lettino: un dottore le stava iniettando nella vagina mediante una siringa del liquido seminale. Si scosse la testa tra le mani e si diede due buffi per riprendersi. Doveva rimanere concentrata.
Vicino ai lettini lo stesso tavolino che avevano visto durante la quarta prova, ma con oggetti e sex toys differenti: un guinzaglio agganciato a un collare, delle manette, una brocca d’acqua, una pezza, un ovetto vibrante telecomandato, una corda e un uncino anale fatto di cinque sfere metalliche che nei pressi del manico assumevano maggiore diametro. Cosa volevano costringerle a fare? In mezzo alla sala invece una guardia travestita da clown girava a vuoto una bottiglia di vetro.
Dopo aver rammentato che la coppia 5 era stata squalificata e quindi passava in vantaggio la coppia 1 lo speaker con la voce ferma e chiara di sempre, che a questo punto era diventata davvero troppo dissonante rispetto al clima, spiegò le regole del gioco: oggi avrebbero giocato a un classico gioco della bottiglia; toccava alle ragazze divertirsi l’una contro l’altra; un primo giro di bottiglia avrebbe deciso chi avesse impartito l’obbligo, un secondo giro chi avesse pagato; i maschietti erano da intendersi anch’essi alla stregua di sex toys da disporne a piacimento; avrebbe vinto chi, alla fine dell’ora, avesse elaborato l’obbligo più sadico e creativo.
Le ragazze si sedettero in cerchio attorno alla bottiglia. Avrebbero potuto chiudere il gioco in una mano sola, con un obbligo tanto crudele da indurre le avversarie a ritirarsi così da mettere fine una volta per tutte alla gara; forse la storia dei soldi era stata solo un inganno per adescarle, forse avrebbero messo le loro performance su internet e fatto un mucchio di soldi con i video; di denunciare non se ne parlava perché erano state così sciocche da firmare appena arrivate una liberatoria che sollevava da qualsiasi responsabilità in caso di lesioni o danni fisici permanenti: era come si fossero fidate di una di quelle email che finiscono nella cartella spam “Vuoi diventare milionario? Clicca qui”, roba da boomer. Ora comunque il pensiero dei soldi passava in secondo piano. L’unica ragione per cui ognuna era spaventata dal fare la prima mossa era l’eventualità che le altre si fossero poi vendicate magari imprimendo loro il doppio del dolore ricevuto. Questo proprio no.
Primo giro di bottiglia, secondo giro di bottiglia, terzo giro di bottiglia…Per il primo quarto d’ora di gara dominarono l’imbarazzo, la prudenza e l’ipocrisia. Più spaventate dal subire pegni che motivate nel vincere Chiara si stupì del fatto che addirittura le giocatrici si fingessero cordiali e complici l’un l’altra, indirizzando piuttosto gli obblighi verso l’umiliazione dei maschietti per riderne. “Ficca un dito in culo a Filippo” disse Martina, “Strappa tutti i peli del culo a Benito” disse Alice, “Fagli bere metà brocca d’acqua e aspetta che si pisci addosso” asserì Jasmine indicando Abhay.
All’undicesimo giro di bottiglia fu Jasmine a rompere quel bugiardo sodalizio femminile basato sulla paura. Toccava alla triestina scegliere l’obbligo che Martina avrebbe pagato: “Indossa il collare e mettiti nella fica l’ovetto vibrante. Faremo un giro per la sala e tu gli darai una spazzata con le tette appena incontreremo dello sporco. Io ti guiderò, ogni volta che non seguirai il mio passo o lascerai dello sporco azionerò con il telecomando l’ovetto vibrante. Non occorre che aggiunga che anche i tuoi umori sul pavimento dovrai pulirli con le tettone!”.
Alle parole di Jasmine calò il silenzio, ma in fondo anche quello sbalordimento era una stupida finzione: era chiaro che prima o poi qualcuna avesse trovato il coraggio di fare sul serio, tentando la volata. Chiara seguì attentamente i movimenti di Martina che si preparava alla spazzata, si spogliava, si metteva carponi e consegnava il guinzaglio a Jasmine. Oh, avrebbe tanto voluto aiutarla: magari con il seno poco abbondante che si trovava avrebbe usato la lingua. Comunque sarebbe arrivato anche il suo turno.
La donna iniziò a tirare Martina per il collare, dovette accendere l’ovetto un paio di volte prima che si decidesse a seguire perfettamente l’andatura della sua padrona. Era uno spettacolo vedere il culetto e il sesso esposti che sembravano di tanto in tanto scodinzolare alle vibrazioni, tanto che i maschietti sebbene avessero tutti sborrato più volte cercavano di alzare la testa per sbirciare l’eccitante scena (il cazzo sempre barzotto a causa delle pillola blu). Ogni volta che Jasmine fermava il proprio passo indicando una macchia di sporco oppure una palla di polvere la ragazza piegava il busto e aiutandosi con le mani strusciava i seni a terra. Decideva la padrona quando era il momento di proseguire. Aveva deciso che avrebbe attivato l’ovetto ora anche in segno di gratitudine per il fine lavoro svolto, a Martina non conveniva protestare e inoltre quelle piacevoli vibrazioni nella vagina la ripagavano davvero del senso di disgusto perché il seno era diventato appiccicoso e ricoperto da uno strato di polvere. Gli umori che secerneva per la gravità raggiunsero presto il pavimento e ovviamente toccava a lei ripulire: cosa che capitò sempre più spesso in quanto già a metà sala le ginocchia e le mani avevano preso a farle male influenzando così l’andatura e provocando di conseguenza altre vibrazioni; una più intensa fu costretta a subirla dopo il primo orgasmo e si sentì bruciare. Quando arrivò a coprire tutta la sala e Jasmine le tolse il collare si gettò a terra su un fianco, senza rivestirsi, distrutta.
La rossa aveva senza dubbio imposto al gioco della bottiglia un nuovo ritmo. Gli obblighi divennero più severi innescando logiche vendette e contro-vendette. Martina obbligò Jasmine a farsi entrare un pugno nella fica, Erika obbligò Alice a leccare il piscio e la sborra finiti sulla pancia dei ragazzi legati, Alice costrinse Erika a succhiare l’alluce del piede a Jonnhy e così via. Certamente si saranno divertiti un mondo i game master nel vedere il loro intento realizzarsi: trasformare le giocatrici in feroci gladiatori che per guadagnarsi la libertà sono disposti a tagliare la gola a un loro pari.
Arrivò finalmente il turno di Chiara di pagare pegno. Per fortuna toccava a Jasmine, il gladiatore più feroce, scegliere. Così parlò: “Sai, ho notato che sei una troietta vogliosa. Quando il tuo partner e le guardie ti hanno maciullata hai goduto più di tutte e ogni umiliazione sembrava eccitarti solo di più. Quando l’altro giorno tua madre veniva slabbrata sembravi quasi invidiosa. Eppure non ti sei lasciata mai inculare, sicuramente lo temi tanto quanto ti attira. Ti aiuterò io: indosserai il collare e lo legherò con la corda ben tesa a questo uncino che ti ficcherò su per il culo una sfera alla volta. Tu cavalcherai Benito e ti farai riempire la fichetta: sei gemerai, verrai o ti sfilerai l’uncino passeremo alla sfera più grossa. Sono sicura avverrà. L’ultima ha un diametro di cinque centimetri”.
Da non credere ma questa volta le parole udite non erano frutto di fantasia. Chiara avvertì come una scossa di torpedine scuoterla interamente. Non sapeva se sentirsi offesa e arrabbiata, orgogliosa per essere stata chiamata troia da una che di sicuro non era una tipa casta, terrorizzata o eccitata: probabilmente tutte e quattro le cose. L’unica risposta che riuscì a dare fu: “La pregò però, non mi faccia troppo male!”. Jasmine l’aiutò con un ghigno ad alzarsi da terra dando il braccio, le applicò intorno al collo il collare e allargandole le chiappe sverginò l’ano con la sfera da un centimetro di diametro, l’aiutò a salire sul lettino e mettersi cavalcioni sopra il partner. Ormai insensibile nelle zone erogene Benito la salutò con un singolo grugnito. La bastarda non aspettò altra reazione: sbatté dapprima il pene forzatamente eretto contro la clitoride di Chiara e nel giro di mezzo secondo la impalò ad esso fino allo scroto. “Ahiiiii”… Seconda sfera. La seconda sfera era grossa due centimetri. Chiara riuscì a contenere un secondo grido per miracolo, le mucose dello sfintere sembravano già andarle a fuoco. Non riuscì però a trattenere le lacrime che senza far rumore le inondavano il viso. Sapeva che il supplizio non sarebbe durato poco perché in ragione dei molteplici orgasmi avuti non era più così facile far tornare Benito a sborrare.
Ad ogni modo cominciò a cavalcare e ripresasi dal panico iniziale tornò a bagnarsi nel vedersi sottomessa. Ora dettava lei il ritmo della cavalcata e quindi l’intensità della penetrazione. Pareva un’amazzone ariana! La schiena, perfettamente dritta per la pressione che la corda esercitava sul collo, era deliziosamente bianca puntellata da qualche neo. Sinuosa si contorceva e i biondi capelli danzavano nell’aria. I capezzoli turgidi a conclusione dei suoi seni recitavano in faccia al ragazzo sonetti d’amore. Dopo scarsi cinque minuti ebbe il primo orgasmo. Fu più forte di lei inarcare la schiena e lasciarsi scappare un gemito. Jasmine fu lieta di infilzarla anche con la terza sfera di diametro tre centimetri. Si era ormai quasi abituata alla strana e dolorosa sensazione datale dal contatto della fredda sfera di metallo contro le mucose bollenti, ma ora la maggiore dilatazione che era stata imposta all’ano rimescolava le carte in tavolo. Perse per un attimo il ritmo della cavalcata. Poi un incoraggiamento arrivato dal pubblico la esortò a darsi una spinta di bacino e ripigliare il moto. Le compagne avversarie sedute attorno alla bottiglia seguivano quella sua avventura con apprensione e tifo: Alice scommetteva che Benito sarebbe venuto prima dell’introduzione della quinta sfera, Erika sosteneva che il buco dell’ano non avrebbe più recuperato la forma normale.
Un terzo e un quarto orgasmo l’attraversano da parte a parte quasi simultaneamente. Beffa del destino: dopo pochi secondi uno schizzo di sperma le impiastricciò il pelo biondo della patatina. Ormai però un pegno era un pegno, Jasmine le sfondò l’ano con la quarta e la quinta sfera prima di farla scendere dal lettino, levare uncino e collare.
Durante i seguenti giri di bottiglia Chiara dovette stare inginocchiata seduta sui talloni e anche così continuava a sentirsi oscenamente aperta e dolorante. In fondo sarebbe voluta essere nella vita una leonessa come Jasmine ma nel sesso il suo ruolo sarebbe stato per sempre obbedire. Però se avesse vinto quel gioco ne avrebbe potuto avere di più accedendo all’ultimo round con il suo bel bullo. Se solo le fosse stata data una chance…
A dieci minuti dallo scadere del tempo ebbe la sua chance. Stentò a credere a quelle parole ”Chiara impartisce pegno, Jasmine paga”. Aveva avuto una possibilità proprio contro la sua mentore. Deglutì la saliva che aveva in bocca, aggrottò le sopracciglia e le venne un’idea che doveva ammettere diabolica: “Scusa ma voglio arrivare in finale. Ti farai inculare da Jonnhy, guiderò io la cavalcata mentre gentilmente Jonnhy mi lecca il culo. Sai, ho bisogno di lenire il dolore. Terrò conto come te di ogni lamento. Ti farai sborrare dentro e poi terrò conto anche delle gocce di seme che non tratterai dentro. Alla fine avrò il numero di scudisciate che con la pezza bagnata ti darò sui genitali. Magnifico, vero?”.
Era stata davvero sua l’idea di quella tortura tanto crudele? Era tardi, non poteva rimangiarsela. Nonostante le proteste la rossa venne accompagnata da Alice e Martina sopra il lettino. Evidentemente non era molto simpatica a nessuna. Anche Chiara vi montò su ora con più agilità sprofondando il deretano nella faccia di Jonnhy che come per automatismo aprì la bocca per leccare. La sua lingua morbida e lunga regalava proprio sollievo. Sbatteva dolcemente sulle pareti dello sfintere infiammato. Chiara prese la mentore per i fianchi e la forzò sul nerbo, mettendoci più forza ogni volta che sentiva una maggiore resistenza. Aveva occhi irrorati d’odio e lussuria, tanto diversi da quelli innocenti che aveva all’inizio.
“Ahii no, no. Così no!”
Centimetro dopo centimetro i diciassette centimetri dell’americano si fecero sentire tutti. Non ci si sarebbe sopresi più di tanto se ad un certo punto il pene fosse emerso dalla bocca.
“Ouuuu ahhh. E’ troppo, brucia. Te la sei presa perché ti ho chiamato troia? Troiaaa”
Furono i cinque minuti più lunghi di sempre. Chiara si ripromise in futuro di chiedere a qualcuno di usare quell’idea con lei. Lo yankee buttò fuori tre o quattro schizzi.
La donna fu rimessa in piedi. Non si reggeva da sola. Insensibile Chiara non perse tempo ad allargare le chiappe del culone per controllare la quantità di nettare bianco andata fuori dal bersaglio anale. Minuziosa passò le dita lungo l’interno coscia tracciando una traiettoria immaginaria e da golosa sommelier si portò infine dopo aver setacciato ogni millimetro di pelle le mani alla bocca per saggiare il vino. Corse a prendere il panno e a versarci tutta l’acqua rimanente nella brocca. Concluse lapidaria: “dodici frustate”.
Alice e Martina distesero a terra quella che era ora solo una fogliolina tremante. “Sciak aiii schiak aii”. Per fortuna fu lo speaker a fermare il gioco allo scadere dei sessanta minuti. Alla settima frustrata la clitoride infiammata sembrava già completamente trasfigurata non poter tornare più nelle mutandine, le grandi labbra avevano assunto un colore viola che faceva impressione, il fiero gladiatore sconfitto perso colorito in viso sembrava sul punto di svenire.
La coppia 1 s’era decisamente meritata la finale, Chiara se l’era meritata. Passata l’eccitazione ancora non capiva da dove fosse comparsa quell’altra lei che lentamente l’aveva sostituita. L’inorridiva. Aveva varcato vergine le soglie di quella struttura, di vergine non le erano rimaste che le orecchie e l’ombelico (ma solo perché orifizi troppo piccoli). Di certo facendo la doccia prima di andare a dormire si sarebbe nuovamente masturbata.
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