(Laura ormai accetta con eccitata gioia ogni proposta di Vito, anche le più strane)
Era seduta in auto, accanto al suo… aguzzino? (ma come si fa a considerare aguzzino una persona che, pur attraverso una così grande vergogna -mai provata prima, così smisurata!- l’aveva fatta godere in modo così… così sfrenato, addirittura inimmaginabile!), al suo… amante… sì al suo favoloso amante, che le aveva donato quelle sensazioni mai neanche sognate, prima di allora!
Dopo quello squassante orgasmo, i ricordi erano frammentari, come singoli fotogrammi tagliati via da una pellicola.
Ricordava nebulosamente che, dopo aver goduto così tanto, il padrone della trattoria aveva lasciato la cucina ed era venuto a scambiare due amicali parole con Vito, ma occhieggiandola con aria golosa; poi i due uomini avevano parlato di tette e lei si era trovata ad obbedire all’ordine di Vito, di abbassarsi il vestito scoprendosi i seni e lasciando che l’oste giocasse distrattamente coi suoi capezzoli, tirandoli e torcendoli, mentre continuava a chiacchierare amabilmente col suo accompagnatore, come certuni scarabocchiano un foglio, mentre chiacchierano.
Aveva anche colto lo sguardo della cameriera, che la guardava con una strana espressione, come se la deridesse e compatisse allo stesso tempo, con gli occhi brillanti come stelle, invece dello sguardo opaco che aveva mentre serviva ai tavoli.
Dopo non molto, si erano alzati dal tavolo e Laura aveva avuto l’istinto di risistemarsi il tubino -che la copriva soltanto dai fianchi allo stomaco- e di recuperare lo slippino sul tavolo, ma Vito le impose, con un rapido gesto ed un’occhiata severa, di non far nulla di tutto ciò.
Passando accanto alla tavolata, erano stati chiassosamente invitati a bere l’ammazzacaffè dai cinquantenni e Vito accettò cortesemente di sedersi tra loro, pilotandola alla sedia che l’allegra brigata le aveva riservato; inutile dire che lei venne smanacciata ovunque e che si trovò anche due cazzi abbastanza duri nelle mani, ma quando uno dei più esuberanti provò a farle abbassare la testa per farsi fare un pompino, Vito si alzò, li ringraziò educatamente del giro di limoncello e la portò via, fino all’auto.
«Dio, fa che con questa nuova microcam nascosta nella montatura degli occhiali, sia riuscito a filmare tutto e che la memoria e la batteria non mi abbiano abbandonato! Ci tengo troppo a far vedere a quel pallone gonfiato di Dido come anch’io sia riuscito ad… imbarcare questa cretina, tra persuasione, un po’ di ipnosi ed una delle sue pilloline magiche nel vino!
Ma adesso, nuova scena e allontanandomi un po’ potrò usare la telecamerina a mano… Speriamo che venga un bel lavoro, fra tutto, vah!»
Laura aveva accettato l’idea del suo… carnefice (Carnefice? Sì, l’aveva umiliata pubblicamente, è vero, ma l’aveva anche fatta godere in una maniera inimmaginabile! E poi, quando lei era come molle plastilina nelle sue mani, ormai disposta a diventare qualunque cosa tutte quelle persone avessero voluto, non aveva voluto che venisse… penetrata -neanche in bocca!- lasciando agli altri solo la possibilità di guardarla e di toccarla ovunque, anche con le dita dentro!)… del suo amante, del suo vizioso ma favoloso amante, che ora l’aveva portata a percorrere amabilmente la lunga passeggiata a mare, a picco sulla scogliera, costeggiando il grandissimo parco pubblico, ovviamente chiuso e deserto a quell’ora, mezzanotte passata da un pezzo.
Erano parecchi mesi (anni?) che non la percorreva, sopratutto di sera e si stupì di quanti lampioni fossero spenti o addirittura fracassati da qualche esuberante idiota; ma niente paura! Lei era con Vito, che sembrava perfettamente in grado di evitarle sgradevoli incontri.
Sentiva l’aria fresca sulle spalle nude… Scendendo dall’auto avrebbe voluto prendere lo scialle, ma l’uomo l’aveva convinta a lasciarlo in macchina -insieme alla pochette- assicurandola che l’avrebbe tenuta abbracciata e quindi non avrebbe assolutamente freddo.
Non era riuscita a contraddirlo; anzi, si era come accomodata nella decisione del suo accompagnatore, come un gatto che si acciambella su un cuscino.
Così lui si era messo una piccola ma massiccia borsa a tracolla, le aveva posato il braccio sulle spalle, tirandola verso di sé ed avevano cominciato a passeggiare, col mare che rumoreggiava sommesso alla base della scogliera.
Laura si sentiva strana, con indosso solo il tubino -che per giunta Vito aveva fatto un po’ risalire sotto fino a farlo arrivare appena sotto le natiche e, da sopra, lo aveva abbassato fino a coprirle a malapena le areole- gli zoccoletti e null’altro.
Le faceva uno strano effetto camminare con la micia all’aria e ringraziava solo il cielo che la passeggiata fosse praticamente deserta, salvo rare coppie che erano molto concentrate su se stesse e che quindi nessuno potesse o volesse rendersi conto che, a parte l’abitino, fosse completamente nuda.
Si faceva cullare dal tono rassicurante della voce di Vito che parlava, parlava, parlava facendola sentire bene, rilassata e appagata; ormai non seguiva più cosa l’uomo le stava dicendo, ma si godeva semplicemente il caldo suono, la musicalità rassicurante della sua voce, sorridendo.
Arrivati all’antica torre di sorveglianza, anziché seguire il tragitto che passava tra lo sperone roccioso e la costruzione, Vito la pilotò lungo l’antica ringhiera, coperta da strati di vernice verdolina gonfiata qua e là da fioriture di ruggine, che bordava il percorso mattonato sovrastando la falesia.
Arrivarono nel punto dove la passeggiata si protendeva verso il mare e Vito la fece girare, col sedere pressato contro la ringhiera -il lampione spento rendeva il luogo molto intimo- e l’abbracciò forte; poi abbassò il capo e cercò la sua bocca, per un bacio che dall’iniziale dolcissimo, diventò via via sempre più erotico, coinvolgente.
Laura ci mise qualche istante a realizzare che una mano di Vito le aveva leggermente alzato il vestito sul davanti ed adesso le frugava deliziosamente la micetta, mentre col braccio dietro il suo collo, le aveva scoperto i seni e le stava deliziosamente stuzzicando i capezzoli, ormai rigidi come matite.
Si sentiva sciogliere dal piacere, così tocchignata sulla passeggiata, come se fosse tornata ragazzina, come se avesse diciott’anni e fosse con un fidanzatino un po’ sfacciato… Invece era con un uomo, un uomo che sapeva suonare, da vero virtuoso, il suo corpo come uno strumento musicale, facendolo vibrare nelle sue corde più intime, anche le più impensate.
Sentiva le ginocchia diventarle come di gelatina, mentre il piacere assoluto si impadroniva di lei e si sentiva disposta a fare qualunque cosa il suo amante avesse proposto.
«Facciamo un gioco, vuoi?» Sempre toccandole la micetta ormai fradicia e tenendola stretta a sé col braccio attorno alle spalle, aveva smesso di baciarla e le aveva sussurrato sulle labbra quella proposta, sorridendo.
«Sì, tesoro… tutto quello che vuoi…» si sentì rispondere, con una piccola punta di stupore.
I denti di Vito brillarono nella scarsa luce, quando sorrise.
«Allora fai una cosa: accucciati sui talloni… lì dove sei»
Lei si immaginò già lì, accosciata, nella passeggiata pubblica dove poteva ancora passare chiunque -nonostante fosse l’una passata!- a spompinare il suo maschio come una ragazzina trasgressiva ed il pensiero la eccitò molto, per cui obbedì prontamente, sorridendo felice.
Lui valutò la sua posizione, sorrise e poi: «Sì, ma dovresti tenere le ginocchia più larghe per bilanciarti meglio… Aspetta che ti aiuto…»
Le afferrò il bordo inferiore del tubino e glie lo fece risalire fino alla vita scoprendole completamente cosce, e culo e lasciandole la micetta, ormai fradicia, completamente esposta.
La sua eccitazione la fece rallegrare di questo osceno dettaglio, con la libidinosa paura che qualcuno arrivasse e che lei si dovesse freneticamente ricomporre per non farsi scoprire.
«Brava… -approvò lui-… Adesso stando così porta le mani all’indietro, fino a tenerti al corrimano… No, a braccia tese, mani vicine…’
Laura corresse la posizione, aiutata dalle mani di Vito, anche se le braccia erano in una posizione non abituale e le dolevano i muscoli innaturalmente stirati delle spalle; ma era ansiosa di scoprire i segreti di quel nuovo gioco.
Vito era dietro di lei e non lo vedeva, ma sentì qualcosa di freddo sul polso… e poi una sorta di lieve crepitio meccanico e, dopo pochi istanti, la stessa sequenza sull’altro polso.
Provò a muoverli ma… «Inutile che provi a liberarti, tesoro mio: ti ho ammanettata alla ringhiera…»
Incredula, provò a muovere le braccia, a levarsi da quella scomoda postura, ma niente: poteva spostare i polsi di solo pochi centimetri!
L’uomo le si accucciò davanti e riprese a baciarla; nonostante la scomodità e l’irritazione, dopo pochi istanti lei rispose al bacio e la mano che aveva ripreso a giocare col suo sesso così oscenamente offerto, ancora infradiciato dall’eccitazione, le fece riavvampare i sensi.
Vito le fece scendere la parte superiore del tubino lasciandole solo il pancino coperto e la paura di essere sorpresa praticamente nuda da qualcuno che passasse di lì, le fece torbidamente salire l’eccitazione alle stelle.
Le dita dell’uomo giocavano con le sue ninfe: le accarezzavano, le separavano, si introducevano per pochi istanti in lei, stuzzicavano il suo bottoncino durissimo, sfioravano il perineo e arrivavano a giocare con la sua rosellina posteriore, spingendole perfino il polpastrello dentro!, martirizzandola piacevolmente e facendola scivolare verso un inaspettato, prossimo orgasmo.
Così bloccata cominciò ad ansimare sempre più forte, muovendo il bacino per cercare le abili dita dell’uomo, con continuava a baciarla ed a stuzzicarle i sensibilissimi capezzoli con l’altra mano.
Era già “rassegnata” a succhiare il bell’arnese dell’uomo, vista la posizione in cui era e già pregustava le sensazioni che quello strano pompino -praticamente in pubblico!- le avrebbe donato, ma lui non fece neanche il più piccolo movimento per farlo uscire dai jeans e continuò a stimolarla ovunque, mandandola letteralmente fuori di testa.
Laura sentiva il piacere arrivare prepotente, inarrestabile, come un treno che fosse entrato nella galleria fuori dalla quale era lei in attesa e… e Vito smise: smise di baciarle la bocca ed il collo delicato, smise di stuzzicarle i seni, smise di toccarla “là sotto”, lasciandola vibrante di voglia, in disperata attesa di esplodere in un orgasmo liberatorio.
Lo guardò con lo sguardo intorbidito dall’eccitazione, ma lui si era rialzato in piedi e la guardava, con una leggera vena di sadico divertimento nello sguardo: «Adesso mi allontano: voglio vedere come farai a convincere qualcuno a liberarti…»
«Ma… ma tesoro, amore, cosa stai dicendo? Come faccio? Sono ammanettata! Dai, liberami subito, ti prego… Dai, liberami o mi metto a urlare!»
Stava scherzando, di sicuro! Era uno scherzo cretino, ma non l’avrebbe sicuramente lasciata lì tutta la notte, in quella scomoda e dolorosa posizione! Figuriamoci!
L’uomo la toccò ancora, facendola nuovamente eccitare: «Dai Laura: è solo un gioco: facciamo che tu sei qui, bloccata ed offerta a chi passa e che io, nascosto là dietro, mi godo lo spettacolo… Ma tu, devi far finta di essere davvero prigioniera, devi dimenticarti di me, della mia presenza, del fatto che è un gioco tra noi…
Lo farai… per me???» Chiese, con fare suadente.
E lei, ormai soggiogata, capitolò: «Se ti fa felice, faccio tutto, amore mio!»
«Bene, cominciamo!» Vito fece un sorriso cattivo: «Se vuoi, puoi strillare quanto vuoi… tanto qui, senza abitazioni e con il rumore della risacca, chi può sentirti?
Dovrai convincere qualcuno a liberarti… guarda: lascio la chiave delle manette qui, con questo portachiavi… è grosso così lo vedono!» posò un grosso portachiavi giallo limone da barca, di quelli galleggianti, e con attaccala la piccolissima chiave delle manette sulla mattonata, a poco più di un metro da lei, ma comunque fuori dalla sua portata.
Lei lo guardò stupita, eccitatissima ma anche un po’ preoccupata.
«Quando sarai riuscita a farti liberare, tornerò a prenderti.
A dopo, cherie!»
Le diede un tenero bacio sulla fronte e poi si allontanò a passo tranquillo dalla parte da cui erano venuti, scomparendo presto dietro una macchia di pitosforo mentre lei, incredula, non riusciva a dire neanche una parola.
Sì, il posto era adatto: aveva valutato bene, nel sopralluogo fatto il giorno prima e la visuale era ottima, dal punto dove aveva deciso di nascondersi, dietro ad una siepe di pitosforo ad una decina di metri di distanza ed aveva anche tagliato un rametto che disturbava la visione; estrasse la cam dalla borsa, l’accese e la puntò verso Laura, incatenata alla ringhiera della passeggiata, fissandola al leggerissimo cavalletto telescopico d’alluminio.
La cam si adattò automaticamente alla poca luce presente e Vito vide nitidamente la donna, zoomando per ottenere dettagli partendo dai suoi sandaletti, del modo in cui era costretta a stare accosciata a cosce spalancate per non perdere l’equilibrio e non subire dolorose torsioni alle articolazioni delle spalle; poi, dettagli sua sua fica, aperta e vagamente luccicante di umori per l’evidente eccitazione e -risalendo- i suoi seni, coi capezzoli innegabilmente eretti ed infine il viso, che aveva sì una smorfietta, un corrucciare un pochino la fronte a causa del dolore per l’innaturale posizione, ma anche una torbida luce dello sguardo che, unita da un appena percettibile dondolio sui talloni, gli fece pensare che la donna era sempre più eccitata e riusciva ad aumentare il proprio piacere con quei piccoli movimenti.
Una risata e delle voci lo distrassero da ciò che stava guardando nel display della cam: stava arrivando qualcuno!
Si sistemò il più comodamente possibile per poter riprendere tutto al meglio.
Provò a muoversi, ma le manette dovevano essere state passate nei due quadrati tra corrimano e rinforzo orizzontale, intorno da una sbarra verticale; aveva solo pochi centimetri di gioco, ma aveva scoperto che se si muoveva, le spalle le davano fitte lancinanti e quindi doveva stare ferma, con le ginocchia ben aperte per conservare l’equilibrio.
Lo odio, quel bastardo, lui ed il suo stupido gioco! Mi ha lasciata qui, bloccata, nuda, esposta a chiunque passi! Anzi, cosa dico? Non esposta, ma… offerta!
Sai che vergogna, a dover supplicare qualcuno che mi liberi, conciata così?
Speriamo che passi una coppietta… sarà imbarazzante da morire… lei penserà che sono una troia, mi odierà… Magari sarà anche gelosa degli sguardi che il suo lui mi getterà addosso, così nuda… manco lo avessi fatto apposta, a farmi trovare così!
E se… e se invece fosse un gruppetto di ragazzi??? Oddio… Chissà cosa mi chiederebbero, per liberarmi….
Anzi… chiedere? Cosa si prenderebbero loro! Così scosciata e con la testa bloccata… uhm… all’altezza delle loro patte… ohh…. mi… mi… sì ecco… magari vorrebbero che li succhiassi… qui, in mezzo alla passeggiata…. mmmmhhh… e se mentre lo sto facendo, passa qualcuno??? Dio, che vergogna… io bloccata, praticamente nuda, a spompinare sconosciuti…. ohhhh…
E quello stronzo, dove cazzo è andato? Ha detto che dopo che mi hanno liberata mi torna a prendere… quindi dev’essere da qualche parte, a vedere se arriva qualcuno…
Non può essere così figlio di puttana, da lasciarmi al primo che passa!
No: probabilmente, come vede qualcuno che si avvicina, corre qui a liberarmi, prima che arrivi qui…
Sì, dev’essere così… senz’altro… perché quel porco ha capito che… sì, insomma… ha capito che… che questa situazione mi sta eccitando da morire, mmmmhhh…
Oddio, cos’è questa risatona??? E queste voci, che ridono??? Oddio, arriva qualcuno… e mi vedranno così!!!! Mhhhh….
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?