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Silenzio

By 22 Luglio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Silenzio. Filnalmente silenzio in questa casa troppo spesso troppo affollata.
Ha finito anche l’ultimo elettrodomestico. L’ultima macchinata di lavaggio &egrave stesa ad asciugare. Il maggiore &egrave in montagna con la fidanzatina. I gemelli sono al pigiama-party dal loro compagno di classe. Antonio &egrave in trasferta e fino a martedì non avrò sue notizie.
Meno male.
Scherzo. Voglio bene a mio marito. Solo che ogni tanto &egrave troppo apprensivo. Troppo integerrimo. Troppo preso dal suo ruolo di padre, marito, uomo di casa. E lasciati andare un po’.
Ma poco importa di mio marito, adesso.
Quello che conta &egrave che per qualche giorno non si farà vedere e io avrò tutto il tempo che desidero. E questa notte sarà tutta per me.
Mi faccio una doccia. Lavo via da me tutti i residui della casalinga. Getto nel cestone quella biancheria anonima che indosso quotidianamente. Frugo nel cassetto e dal posto mio segreto faccio magicamente apparire un tanga a filo interdentale e un reggiseno trasparente. Mio marito non ha mai visto questa roba. Penso che gli verrebbe un colpo se anche solo immaginasse che me la sono comprata.
Mi guardo allo specchio e faccio un paio di passi di danza. Faccio ancora la mia porca figura nonostante le tre gravidanze e l’età non più verde. Certo le tette non sono quelle che avevo a vent’anni ma il loro dovere lo fanno ancora.
Mi tuffo nell’armadio e anche da qui appaiono una minigonna nera, tanto corta che mi spunta il mio bel mezzo chilo di prugna calda, e un top leopardato, tanto scollato sulla schiena che farebbe svegliare anche i morti.
Di nuovo indugio allo specchio. Chi riconoscerebbe in me la casalinga oculata, la brava madre di famiglia, la moglie fedele? Mi mancano solo i tacchi vertiginosi, che sfoggio solo in questi miei sabati solitari e un trucco che mi renderà la peggior baldracca di molti chilometri.
Un giro in bagno con matite e pennelli e, zac, sono perfetta. Troiaggine a livelli stratosferici.
Salto in macchina e mi lascio alle spalle le villette a schiera coi giardini curati. La notte si scioglie davanti a me. Ho qualche chilometro da fare. So dove voglio arrivare. So cosa voglio trovare. Questo &egrave il mio sabato notte.
Le sagome mastodontiche dei tir spuntano all’orizzonte. So che quello &egrave un parcheggio molto frequentato dai bisonti della strada. Infatti, quando arrivo, ne trovo almeno una quindicina. Gli autisti fanno capannello davanti alle motrici. Qualcuno seduto sugli sgabellini, altri in piedi. Molti sono in canottiera, altri a petto nudo. Dai calzoncini spuntano gambe tozze.
Quando mi vedono arrivare smettono di parlare tra di loro e puntano i loro sguardi sulla mia macchina. Mi fermo a qualche metro dal gruppo. Lascio loro il tempo di realizzare che non sono della polizia. Si guardano, poi mi guardano di nuovo.
Il primo che si avvicina &egrave un tipo basso, con la pancia prominente chiusa a stento dalla canottiera chiazzata.
‘Hai perso la strada, bella?’ mi cheide col fare del maschio alfa, gonfiando il petto.
Lo guardo senza sorridere. Scuoto il capo con indifferenza. Ogni volta che faccio questo ho sempre un po’ di timore, ma il brivido dell’eccitazione mi fanno salire tutto il coraggio che nessuno pensa io abbia. ‘No.’ Rispondo secca. ‘Cercavo voi.’
Il maschio alfa &egrave colpito ma si gira verso i suoi soci e fa un gesto di assenso, poi torna da me. ‘E per cosa, bella?’
Vorrei farlo passare per tonto rispondendo con sarcasmo qualcosa come: ‘Per quello che hanno i tuoi amici tra le gambe.’ Ma decido che &egrave giusto ingraziarsi il capo, o lo pseudo tale.
‘Per quello che hai tra le gambe, maschione.’ Divento lasciva e lui s’irrigidisce subito. Gonfia ancora di più il petto. ‘Hai trovato pane per i tuoi denti.’ Mi risponde mettendo in mostra i suoi, giallastri e irregolari. ‘Vieni.’
Scendo dalla vettura e tutto diventa veloce. Fotogrammi impazziti di mani che corrono rapide sul mio corpo, di cazzi sfoderati già pronti all’uso.
Il maschio alfa mi mostra il suo bitorzolo nascosto sotto il ventre. Ha un odore di sesso poco curato ed &egrave peloso anche sull’asta. Me lo ficco in bocca, perché &egrave ciò che voglio in questo mio sabato. Mentre lo spompino sento molte mani su di me. Mi alzano la gonna, mi scavano sotto alla maglietta, mi abbassano gli slip. Un lingua inizia a leccarmi il clitoride. Vicino al maschio alfa altri si accarezzano pian piano i membri turgidi.
Senza il benché minimo preavviso il maschio alfa mi sborra in bocca. Avrei detto che questo sarebbe durato a lungo. Con un rantolo si toglie e sparisce dalla mia vista. Un altro cazzo prende il suo posto. Stavolta &egrave un bell’uccello, grosso e lungo, con due palle gonfie che penzolano di sotto.
Lo succhio e lo lecco. Gli stringo i coglioni e glieli massaggio.
Dietro di me si stanno dando da fare. Mi hanno già aperta con le dita. Le sento scorrere dentro la figa bagnata. Non vedo l’ora che qualcuno m’impali con un colpo solo.
Non devo aspettare tanto. Un cappella bussa e in un battibaleno colma il mio vuoto. La sento farsi largo tra le mie carni. Spingere e sfondarmi. Il mio cervello cortocircuita e cado in preda alla lussuria sfrenata.
Succhio con la bocca. Le mani cercano altri cazzi. Scarico i miei umori sull’asta che mi riempie. Vedo, sento, tocco, gusto solo cazzi. Grossi cazzi. Cazzi duri. Cazzi coi controcazzi che mi aprono e mi fanno godere.
Quello dietro di me si sfila e mi schizza sulle chiappe. Il grosso che ho in bocca si accorge dello spazio lasciato libero dietro e ci si tuffa. Davanti &egrave pronto subito un altro calibro.
Sento dell’altro sperma colarmi sulle chiappe.
‘Anche nel culo.’ Riesco a dire tra una leccata e l’altra.
Il mio desiderio viene subito esaudito. Usano i miei umori e lo sperma altrui per lubrificare il mio buco, poi me lo sbattono nel secondo canale. Il dolore si propaga nel mio ventre. Mi manca il respiro. Davanti mi scopano la bocca. Dietro mi chiavano senza pietà.
Allungo una mano e mi sgrilletto per alleviare il bruciore dell’ano. In breve tutto diventa goduria. Un fiotto caldo mi colpisce il volto. Poi un altro. E un altro ancora. Uno mi centra in pieno occhio. Mi sbattono la cappella sulla faccia. Annaspo. La lingua cerca i cazzi. Li trova. Li succhia.
Non ho idea di quanti mi abbiano scopato la figa, il culo o la bocca. Non ho idea di quanti orgasmi abbia procurato e di quanti ne abbia avuti io stessa.
In macchina, la strada scorre a ritroso oltre il vetro. L’aria serale entra dal finestrino abbassato riportandomi alla mia vita di sempre, alla missionaria di mio marito, alle lavatrici per i miei figli.
Ma ritorno soddisfatta. Felice dei miei piccoli sabati peccaminosi e segreti.

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