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Racconti sull'Autoerotismo

Il pennarello

By 20 Settembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un pomeriggio d’Aprile, ero al pc, dagli altoparlanti usciva “You shook me all night long” degli Ac/Dc, mi dedicavo come quasi tutti i pomeriggi a chattare e ad organizzare la serata. Quell’anno avrei finito le superiori, mi avviavo alla fine dell’anno con la consapevolezza di avere una media decente e di non dover studiare troppo per gli esami finali, e come mi accorsi a distanza di qualche mese, avevo ragione. La scuola mi divertiva, le lezioni erano una noia, non tutte ma la maggior parte, ma io ci andavo per la gente, per scherzare e studiare i comportamenti delle ragazze e al tempo fare la mia mossa. Facendo l’ultimo anno ero l’oggetto delle attenzioni di parecchie ragazze più piccole, cosa che non mi dispiaceva affatto, tranne che in un caso.
Si chiamava Arianna ed era quella che si sarebbe potuta definire un “cozza”, non tanto per l’aspetto fisico, tutto sommato normale, ma per i suoi modi per così dire “adesivi”. E Arianna aveva scelto come scoglio il sottoscritto. Avevo provato in tutti i modi a farla desistere ma non c’era speranza, all’inizio con dolcezza, avevo addirittura provato a farle conoscere dei miei amici, ma non ne voleva sapere, voleva me. Ora il problema è che questo suo proposito non lo teneva per se, e nemmeno per il suo diario segreto, ma si sentiva obbligata a farmelo sapere ogni volta che poteva, mandandomi biglietti del tipo “voglio scopare con te” oppure “prendi la mia verginità”. Fin qui niente di strano, e devo dire che mi sentii anche vagamente lusingato dal fatto che una ragazza ardesse così di desiderio per me, comunque declinai gentilmente l’offerta.
A quel punto Arianna passò al piano b, non contenta dei biglietti cominciò a parlare con i miei amici raccontandogli nei particolari i sogni erotici che avevano me come protagonista ed altre fantasie con lo stesso tema. Questo mi infastidì profondamente, anche perchè io ero sempre stato gentile, se aveva cambiato atteggiamento era perchè voleva mettermi pressione, costringermi. Non potevo sopportarlo e mi ripromisi di essere più duro, di ferirla se necessario.
Sullo schermo apparve una richiesta di contatto, non lo conoscevo, l’indirizzo e mail conteneva un nome maschile, accettai, se non altro per capire chi fosse e cosa volesse.
Aspettai e la canzone venne interrotta dall’odiato “trillo”, “cominciamo male” dissi tra me. Mi bastarono poche righe per capire che lo sconosciuto altri non era che Arianna alla ricerca di qualche particolare da poter usare nelle sue “sedute di piacere”, decisi di darlglieli. Le parlai di come mi piacerebbe far provare un orgasmo alla mia ragazza, ma non uno normale, uno da punto g, lei ne fu a dir poco incuriosita, addirittura frenetica nello scrivere, voleva saperne di più. Le dissi dei miei esperimenti con la doppia stimolazione clitoride e ano con la mia attuale ragazza e di come non abbia funzionato al meglio, di come io sogni di poter fare tutto questo con una ragazza che davvero si abbandoni a me.
Fu la scintilla che la fece esplodere, mi rivelò la sua identità e che per tutta la conversazione si era toccata, che la sedia era tutta bagnata e che vuole farmi vedere. Non risposi. Dopo pochi secondi apparve una miniatura sullo schermo da cui non si distingueva che una macchia blu. Scaricata la foto, la aprì, vidi le sue cosce bianche, aperte, il suo maglione arrotolato e tenuto su con la sinistra, sullo sfondo le caviglie con delle mutandine azzurre anch’esse arrotolate ancora infilate in una gamba. Il cuscino blu della sedia conteneva una chiazza più scura piuttosto diffusa, appena visibili i peli biondi del suo pube e si intuiva la divisione delle grandi labbra. Si era fatta una foto dopo essere venuta, e me l’aveva inviata, ed il tutto pensando a me. Ero eccitato, non potevo farne a meno. “hai usato le dita?” scrissi, “non solo” alla fine della risposta c’era lo smile che fa la linguaccia. “cos’altro?” non potei trattenermi dal chiedere, “devi venire qui a scoprirlo” disse lei. “a cosa hai pensato mentre lo facevi?”, “a te, e a quello che mi dicevi, pensavo lo facessi a me” piccola pausa “vuoi farle a me quelle cose?”. Non ci pensai più di tanto dissi a me stesso “Comunque si è già attaccata, meglio approfittarne, e poi è un peccato farla rimanere con questa voglia, è crudele”, questo senso di finta compassione nell’andare da lei mi eccitava da morire. “si” scrissi, “e te le farò”, “domani. pomeriggio. vieni.” rispose lei.
L’indomani a scuola quasi non mi guardò, e nemmeno io cercai il contatto. Tornato a casa come prima cosa accesi il pc, scorsi la lista dei contatti e le inviai solo “16:30”, lei non risultava connessa, ma mi arrivò lo stesso una risposta “ok”, doveva aver impostato su invisibile il suo stato così da non farmi capire che mi aspettava. Giunta l’ora prefissata mi diressi un po’ teso con il motorino a casa sua, nella zona industriale del mio paese, ci ero già stato per un progetto di fisica che avevamo fatto insieme con il gruppo. Lei mi aspettava sul cancello e mi fece parcheggiare senza parlare facendomi segno di fare più piano possibile, una volta in casa mi disse “c’è mia sorella che studia, non ci deve sentire”, non risposi, mi limitai a fare piano.
La sorella la conoscevo, era più grande due anni di me e mi aveva sempre fatto eccitare, aveva quell’aria simpatica ma allo stesso tempo irragiungibile per un ragazzo più piccolo.
Mi fece entrare in camera sua, aveva dei peluches, il letto singolo con un piumone di un leggerissimo azzurro, vi si potevano intravedere dei disegni damascati in controluce, una scrivania con sopra il pc, la famosa sedia blu, il profumo di femminilità si poteva ancora avvertire nell’aria. Ciò che mi colpì di più fu un portapenne pieno fino all’inverosimile di tutti gli strumenti per scrivere che uno possa immaginare. Ce n’erano di tutte le forme e le dimensioni, di alcuni tipi anche due o tre dello stesso colore. Mi sedetti sul letto, lei mi si parò davanti, guardandomi dall’alto, le misi le mani sui fianchi, lei ebbe un tremito e si slanciò quasi sulla mia bocca. Io mi scostai, le sussurrai all’orecchio “aspetta, fai fare a me”, le si rimise dritta con lo sguardo visibilmente dispiaciuto. Nel frattempo avevo posato le mie mani sui suoi glutei, che anche attraverso i jeans (sebbene non troppo spessi) sembravano morbidi al punto giusto, il mio pene si inturgidì pensando a quando il liquido doveva esserle colato in mezzo al sederino e al profumo che doveva essersi sprigionato. Sollevai la maglietta e le accarezzai la schiena, era liscia, vellutata, la sensazione piacevole mi sorprese quasi, mi aspettavo una pelle ruvida e non invitante, invece era perfetta. Allargai le mani sulla schiena e ritornai sul davanti, indugiando sulla fascia del reggiseno, infilando ora un dito sotto, ora salendo fin quasi nella coppa. La maglietta si alzò finalmente anche sul davanti, lasciando intravedere solo il suo ombelico e la chiusura dei suoi jeans. Quando feci per darle un bacio vicino all’ombelico lei si affrettò a sollevare la maglietta fino al seno, guardando con attenzione quello che facevo, mi colse di sorpresa, tanto che fui investito dal suo odore di donna acerba ma pronta per essere presa. Tremava, il mio respiro sul suo corpo le faceva quell’effetto, cominciavo a salire per scoprire il suo seno, ma sentì la maglietta cadermi sulla testa, pensai che doveva essere spaventata e forse le serviva un po’ di tempo, risedetti sul letto pronto a rassicurarla, ma quella si era in realtà sbottonata il jeans, e mi guardava, non resistetti “che c’è?” chiesi sardonico, “puoi baciarmi qui? ti prego” e con una mano scese nelle mutandine azzurre che avevo visto il giorno prima nella foto, “la porcella non le ha cambiate” pensai.
Con un sorriso le poggiai di nuovo le mani sul sederino (stavolta toccando la sua pelle appetitosa) e cominciai a baciare, dall’obelico scendendo giù, prendendomi il mio tempo, sempre accarezzandole i glutei, ed ogni bacio le provocava un brivido. Arrivato al limite delle mutandine non le abbassai, ma continuai a baciare sulla stoffa, premendo leggermente via via che scendevo e sfiorandola con la lingua rendendo le sue mutandine leggermente trasparenti con la saliva. Lei sembrò impazzire, spingeva il suo inguine contro la mia bocca e io capii che quella per lei doveva essere una tortura. Io, sadico, smisi, mi alzai in piedi e tirando la sedia blu da sotto la scrivania dissi “Ora fammi vedere cosa facevi mentre pensavi a me ieri”, lei titubante disse “Mi vergogno” e io “Non devi, se devo prenderti voglio prima sapere cosa ti piace”.
Lei abbassò lo sguardo, si sedette e sfilò scarpe, calze e poi jeans, alzando il sederino abbassò anche le mutandine, lasciandole infilate in una sola gamba, si vedeva che doveva aver ripetuto quei gesti centinaia di volte. Con gli occhi chiusi cominciò ad accarezzarsi con molta dolcezza, io vedendo la scena mi sbottonai i pantaloni e cominciai a toccarmi, avendo cura di fare meno rumore possibile, lei continuò per un pò con ritmo crescente, poi si fermò portò un dito all’altezza delle labbra, inspirò profondamente, aprì gli occhi, non so se a causa dell’odore del mio cazzo che nel frattempo aveva cominciato ad espellere del liquido trasparente o perchè era pronta a venire. Mi guardò, vide il mio grosso cazzo in mano e il suo sguardo divenne affamato, con un filo di voce mi chiese “posso toccarlo mentre lo faccio?” io mi avvicinai e lei lo strinse con forza, devo ammettere che dovetti trattenermi perchè avrei già voluto spruzzarle addosso il mio liquido, ma non lo feci, essendo curioso di cosa avesse usato per venire nella foto. Lei con la destra andò sulla scrivania, poi sul portapenne, lo guardò attentamente, e dopo aver spostato qualche pennarello ne scelse uno grosso e nero, lo portò sotto il naso come aveva fatto con il dito, se lo passò in mezzo alle labbra allargandole, evidentemente per bagnarlo, e lo infilò dentro la fichetta con decisione. Le sue mani si muovevano all’unisono, una sul mio cazzo, l’altra facendo entrare ed uscire il pennarello dalla sua fica, pensai “se non la fermo la troietta mi farà venire, ed ho ancora troppe cose da capire, é davvero così porca?” I suoi occhi erano chiusi e si riaprivano solo per guardare il mio cazzo ormai al limite e bagnato, nella sua mano.
Mi alzai, lei non lascò la presa, lo avvicinai alle sue labbra, e senza dire niente, guardandomi negli occhi cominciò a succhiare. Con la mano scelsi un pennarello, il più grosso, quasi quanto il mio cazzo, lo odorai, anche quello aveva il suo odore, pensai “non è solo una collezione, li usa tutti”. Ne presi uno più sottile, lo portai alle labbra e mi sembrò chiaro “è l’odore del suo culetto, che troia”. Mentre lo succhiava aprì gli occhi e mi vide, penso che il fatto che conoscessi il suo segreto la fece eccitare ancora di più, io presi il pennarello sottile e lo misi in bocca assaggiando il sapore del suo ano “chissà se lei lo fa…” pensai.
Venne, spinse il pennarello più dentro che potè e mi morse la cappella succhiandola, poi aprì la bocca e fece cadere alcune gocce di saliva sulla maglietta, era esausta, il pennarello ancora dentro, lo tirai fuori e lo leccai. Lasciai i due pennarelli che avevo in bocca sulla scrivania, presi quello più grosso e lo buttai sul letto, poi la baciai e prendendola da sotto le ascelle la sollevai e la misi sul letto, lei acconsentì. Le feci sollevare le gambe, appoggiandogliele sul busto, aveva il culetto più rosa e chiaro che avessi mai visto, mi venne l’acquolina in bocca, lo toccai con la lingua e si chiuse leggermente dapprima per poi farmi entrare con tutta la lingua e farsi assaporare, lei tirò ancor più su le gambe e tentò di allargarlo ancora, mi invitava a scoparla nel culo.
Io avevo altri progetti. Presi il pennarello grosso, lo leccai, lo passai nella sua fichetta e poi cominciai a spingerglielo nell’ano. Sentivo che era tesa, lo respingeva, ma quando cominciai a leccarle il bottoncino si lasciò andare e la penetrai fino al tappo, lo tolsi in modo da bloccarlo all’interno, e sperai che non spingesse troppo, non finchè fosse pronta a venire almeno. Smisi di leccare, gemette, la bloccai in posizione e la penetrai nel suo sesso, stavolta col cazzo turgido e ingrossato. Era così stretta, non depilata, ma con pochissimi peli, per via della carnagione chiarissima, in punta sentivo il cazzo strettissimo, quasi fino allo spasmo. Mi piegai per guardarla negli occhi, li teneva chiusi, pensai “finalmente sto ‘prendendo la sua verginità’, chissà se è così che se l’è immaginato, con un grosso pennarello nel suo culetto rosa” lo sguardo mi cadde sulla scrivania e di nuovo mi meravigliai della quantità di oggetti inseribili nei suoi orifizi, dissi “può essere” a me stesso con un ghigno malevolo. Purtroppo non durò molto, la sentì irrigidirsi a scatti, poi divenire un pezzò di marmo, mi ricordai del pennarello e le misi una mano dietro per non farlo uscire troppo in fretta, spingendolo dentro ogni tanto, la mano mi rimase macchiata dalla punta viola per parecchie settimane. Uscii da lei, mi avvicinai col pene duro al suo viso, mi toccai ma non riuscivo a spruzzare dopo tutto quel trattenermi, lei fece un espressione d’assenso come se avesse voluto dire “non preoccuparti”, con la mano tirò fuori il pennarello dall’ano e lo mise in bocca. Esplosi, sul letto, sui suoi capelli e sul suo viso, lei inspirò forte per fare suo l’odore e sussurrò “grazie”. A scuola mi sorrideva da lontano, guardando il sengo viola sulla mia mano. Non venne più a trovarmi, forse per vergogna, o solo perchè aveva ottenuto ciò che voleva.

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