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Racconti sull'Autoerotismo

L’estate di Martina

By 8 Maggio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Avanzava a piedi nudi nella stanza ‘ La stanza era di colore rosso scuro ‘ Le pareti avevano il colore del fegato crudo.
Martina abbassava lo sguardo sul suo corpo, il suo colorito era cosi bianco da apparire quasi diafano con quella luce.
Il completo intimo nero in pizzo balzava subito all’occhio. Sembrava un cartello con scritto guardare qui.

Mentre avanzava lentamente nella sua mente ripercorse ogni situazione che l’aveva portata in quella stanza. Seguendo il suo desiderio di piacere. Una volta tanto senza la scusa dell’amore. Lasciando che per una volta fosse il suo corpo, i suoi istinti a decidere cosa fare.

Tutto era cominciato tre giorni prima.

Martina stava rientrando dalla sua passeggiata serale. Nell’androne delle scale si era incontrata con Carlo.
‘Buonasera’ le disse lui facendosi incontro.
‘Buonasera’ rispose lei con la sua solita educazione.
‘Niente vacanze quest’anno signorina?’ Mentre faceva questa domanda, Martina fissava il suo interlocutore. Il suo vicino di casa, un uomo sulla cinquantina, di cui aveva sempre notato le braccia e le mani grandi da lavoratore.
‘Niente, sono a casa per preparare un esame all’università’ rispose, e dentro di lei si apriva un po’ di malinconia.
‘Le dico una verità, mi spiace per lei, che non è andata in vacanza ma, per me ed altri del condominio è una bella fortuna’ mentre faceva questa affermazione le sembrò di cogliere un lampo negli occhi neri di Carlo.
Mentre stava per rispondere, si aprirono le porte dell’ascensore. Lui con un mezzo inchino mimato le fece segno di salire. Appena la salita cominciò Martina dovette assolutamente chiedere: ‘Come una bella fortuna mi scusi’. Lui le sorrise e dopo una breve pausa rispose. ‘Vedi abbiamo la fortuna di ammirarti tutte le mattine prendere il sole’ La fissò. A lei sembrò quasi le facesse una radiografia. E aggiunse: ‘Roba da urlo’. In quell’istante si apri la porta dell’ascensore. Per fortuna pensò Martina. Non sapeva che cosa dire. Era completamente arrossita. Si allontano senza guardare Carlo e biascicando una specie di buonasera. Se si fosse girata molto probabilmente avrebbe visto lui che le fissava il culo con un sorriso da alligatore.

La mattina successiva all’incontro, come ormai faceva ogni mattina, usci sul terrazzino a prendere un po’ di sole. Si sdraiò tranquilla, indossando il suo bikini rosso. Dopo un po’ le tornarono in mente le parole di Carlo della sera prima e apri gli occhi per accorgersi effettivamente che c’erano un paio di maschietti che la guardavano dai vari balconi del condominio. Tra questi c’era anche Carlo. Martina si senti turbata. Non perché la stessero guardando, no quello non le creava nessun disappunto. Ma perché si sentiva desiderata, bramata. Era una strana situazione soprattutto perché si accorse che si stava eccitando. Già l’idea che quelle persone la guardassero cariche di desiderio, la eccitava. S’immaginava i commenti sporchi che potevano farsi l’un l’altro parlando di lei. All’improvviso dovette alzarsi di scatto ed entrare in casa di corsa. Mentre pensava, la sua mano era scivolata lenta a sfiorarle il pube. Entrò in casa, aveva la testa pesante che le pulsava. Tutte quelle idee che si era fatta l’avevano caricata a molla, si abbandonò sul divano e cominciò a toccarsi senza pudore. Sposto lentamente la mutandina del costume e cominciò ad accarezzarsi la figa. La scoprì già pregna di umori. Il che le diede subito un grande piacere, mentre, il suo dito medio allargava lentamente le labbra della figa. Si accarezzò il clitoride e percepì un grande calore.
Mentre continuava la sua azione solitaria, mentre faceva scivolare dentro e fuori le dita dalla sua fica non poteva non pensare a quegli sguardi. Si toccava dolcemente i capezzoli e lo spazio che divide fica e ano, prima di riprendere a sditalinarsi furiosamente. Si sentiva porca, voleva immaginarsi così, almeno fino a quando non arrivò l’orgasmo liberatorio.

Il giorno dopo, per pudore non uscii a prendere il sole. Aveva paura di provare di nuovo quella sensazione indecente di lussuria.
Andò invece a farsi una passeggiata, per distrarsi un pochino.
Con sua estrema sorpresa, al suo rientro a casa nell’androne incontrò di nuovo Carlo, ed era sicura che la cose non fosse casuale.
‘Ciao, ti stavo aspettando’ tagliò corto lui.
Martina benché non del tutto sorpresa rispose ‘Ciao’ un po’ titubante.
‘Scusa vorrei parlarti un attimo, se hai tempo’ insistette lui con un fare affettato.
Martina non riusciva a immaginare nella maniera più assoluta cosa potesse desiderare da lei, ma per buona educazione si trovo a dire: ‘Si certo dimmi pure’.
‘Vieni pure con me’ disse aprendo la porta dell’ascensore.
Martina senza problemi si accomodò, ma ebbe un motto di protesta quando Carlo selezionò il tasto della cantina.
‘Tranquilla e per parlare un secondo’ fece una pausa ‘Non ti mangio mica’ aggiunse. Martina in quell’esatto istante dovette far a pugni con se stessa, voleva scappare via.
Il viaggio durò più o meno una dozzina di secondi. Lei aveva il cuore in gola. Arrivati in cantina Carlo accese la luce, e prosegui fino a quello che doveva essere la sua stanza di proprietà. Carlo si fermò dinnanzi alla porta e la guardò con un aria severa ‘Ieri mattina ti ha eccitato farti guardare vero?’
Martina arrossì in un istante. Avvampò come se fosse stata fatta di benzina e qualcuno avesse buttato su di lei un cerino acceso.
‘No’ rispose con forza.
‘Bugiarda’ la incalzò Carlo ‘Quasi ti sditalinavi sul balcone, confessa’.
‘No’ disse lei, di nuovo.
Carlo le si avvicino ‘Scommetto che anche adesso ti stai eccitando vero?’.
Martina si accorse che poteva mentire finché voleva, ma il suo corpo diceva il contrario. Anche adesso sentiva quel brivido, quella assurda sensazione che aveva percepito il giorno prima. Alla fine guardò Carlo, per la prima volta negli occhi, e gli disse ‘Si è vero’.
Appena quelle parole uscirono dalle sue labbra, Carlo le si avvicino ancora e,le sue mani l’accarezzarono sul viso.
Martina stava per dire qualcosa, ma lui le disse solo ‘Shhhh’ mentre le scoccò un bacio sulle labbra.
Lei si sentiva come la mattina prima. Da una parte quei brividi, quella voglia di sentirsi nuovamente porca. Dall’altra l’idea che la cosa fosse sbagliata: quell’uomo era più grande di lei, non c’era nulla tra loro.
C’era una lotta tra mente e corpo, ed era furiosa.
Decise di assecondare il suo corpo. Socchiuse le labbra e accolse quelle di Carlo. Si abbandonò pienamente mentre le loro lingue si intrecciavano con foga. Le mani di Carlo esplorano le rotondità di Martina. Le accarezzano i seni, le natiche. Lei si sente percorsa da brividi. Mentre lui le bacia il collo e le orecchie armeggia con la chiave della cantina, finalmente si apre e sospinge Martina all’interno. Appena dentro le solleva la maglietta e le scopre i seni. Le sue labbra si avventano su quei due capezzoli, piccoli e rosa chiaro. Lei geme piano, sembra quasi un miagolio. Lui scende lento con i suoi baci. Sotto i seni, sull’ombelico e ancora più giù. Mentre le labbra di Carlo esplorano la pancia di Martina, le sue mani ancora le frugano i seni. Quelle mani che le sembravano così grandi e tozze. Più di una volta ebbe un sussulto mentre le sue dita le strizzavano i capezzoli.
Carlo si tira su e con un tono dolce ma deciso le dice: ‘Spogliati per me!’
Martina obbedisce sfilandosi la maglietta e il reggiseno, mentre Carlo da lontano la osserva con il cazzo in mano. Martina lo osserva per un istante, apprezzando il vigore di quell’arnese. Lui esclama:’Hai delle bocce favolose’. Poi di nuovo il tono si fece perentorio. ‘Metti le braccia in alto e fattele guardare’. Martina obbedì e si fece ammirare, mentre lui da lontano si segava lentamente.
‘Togliti gonna e mutandine, dai’ La incalzò Carlo. Lei obbediente si spogliò con una certa calma. Provava piacere a farsi ammirare. Lui la osservava, le chiese di masturbarsi per lui. Martina assecondò la richiesta toccandosi senza pudore.
Carlo perse del tutto il controllo e quasi con un balzo le fu addosso. Inizia a leccarle la fica, prima in superficie, poi spingendo la lingua sempre più in profondità. Martina non riesce a smettere di miagolare, non si era mai sentita cosi. Aveva avuto le sue esperienze, ma nessuna le aveva fatto provare questa perversione che stava vivendo.
Carlo ora sta succhiandogli il clitoride, mentre un dito penetra la fica. Martina non riesce a trattenersi, mentre le sue mani raschiano il muro, si abbandona all’orgasmo.
Lui si alza, col suo cazzo ormai durissimo in mano. Le alza leggermente una gamba e la penetra con un colpo secco. Lui fa un grugnito di goduria e lussuria ed inizia a muoversi dentro di lei.
L’andirivieni del cazzo la fa andare in estasi, per la prima volta della sua vita si sente appagata sessualmente. Lui è completamente fuori controllo continua il suo movimento come un ossesso. Le sue labbra si avventano sui suoi capezzoli, sul suo collo. Una mano le sorregge la gamba e l’altra le strizza una natica. Martina stringe sue braccia attorno a Carlo e sottolinea il suo nuovo orgasmo con un urlo liberatorio e con le unghie piantate nella di lui schiena. Carlo continua ancora un po’ il suo movimento poi sfila il cazzo e lascia fuoriuscire una copiosa sborrata sull’ombelico di Martina.
Ora l’abbraccia e in affanno le sussurra ‘Sei stupenda tesoro, spero tu voglia approfondire la nostra amicizia’. Martina non risponde, non direttamente almeno, ma fa rispondere alla sua lussuria ancora inappagata.
Si passa un dito sullo schizzo di sperma e se lo porta alla bocca.

Martina si richiamò alla realtà ‘ Riprese ad avanzare lentamente ‘ Si spinse al centro della stanza.
Ad un tratto la luce si spense. Per un breve istante rimase immersa nell’oscurità. Poi dal buio emerse la fioca luce di una candela.
Non poté non notare subito Carlo che reggeva la candela completamente nudo. Con quella luce saltellante tutto sembrava assai più misterioso.
Non ebbe un idea romantica della situazione. Il suo raziocinio l’aveva chiuso in un angolo e non aveva intenzione di lasciarlo libero.
‘Spogliati’ esordì lui. La sua voce bassa rimbombò nel silenzio della stanza. Aveva un che di perentorio. Questo la eccitava.
Lentamente si portò la mano all’allacciatura del reggiseno. Con grazia lo lasciò cadere dinnanzi ai suoi piedi.
Si palpeggiò lentamente i seni, stimolandosi con le dita i capezzoli fino a farli diventare turgidi. Fece scendere le mani lungo i fianchi, lentamente fino a trovare l’elastico del perizoma. Si girò di schiena per mostrare a Carlo il suo culo. Mentre cominciava lentamente a sfilarlo. Lo fece scendere fino alle ginocchia e si volto mostrandosi completamente a lui.
‘Sei meravigliosa piccola’ si lasciò andare lui, rompendo il silenzio.
Martina finii di sfilarsi il perizoma. Faceva scivolare le sue mani lentamente sul suo corpo. Voleva che lui la desiderasse, quasi sbavasse per lei.
Continuava la sua danza senza musica, lasciava che le sue dita scivolassero sul suo corpo. Assaporava ogni istante, sperava che il desiderio in lui si accendesse come ora stava bruciando dentro di lei. Lui abbandonò la candela su un piccolo tavolino ovale. Le si fece incontro e Martina notò con soddisfazione che aveva già il cazzo in erezione.
‘Inginocchiati’ le disse Carlo, mentre con una mano si scappellava il suo arnese. ‘inginocchiati e succhiamelo’ aggiunse portando il ventre in fuori, mettendo un ulteriore accento su quello che si aspettava da lei.
Martina si accovacciò in ginocchio ed incominciò a leccare lentamente il cazzo. Prese a leccarlo come se si trovasse dinnanzi ad un cono gelato. Leccate lente e profonde. Percorreva lentamente la sua asta, soffermandosi maggiormente nei punti in cui lo sentiva mugolare. Si spinse fino alle sue palle, le lecco a lungo mentre con una mano lo segava. Lui mandava dei rantoli di approvazione. A quel punto si tirò su e cominciò a succhiarlo. Inizialmente timidamente, poi cercando di fare entrare più che poteva quel cazzo nella sua bocca. Si muoveva in modo ritmico. ‘Sei bravissima’ disse lui.
In quel momento, a Martina sembrò che la luce fosse aumentata, con la coda dell’occhio notò che vi era un’altra candela accesa nella stanza. Eppure non l’aveva vista prima. Si trovò ad interrompere il pompino per guardare. Con estrema sorpresa vide che c’era un altro uomo seduto sul divano. Il suo sguardo si volse verso Carlo in cerca di una risposta.
In quel istante, voleva alzarsi e correre via. Si sentiva come se stesse nuotando nel mercurio. Le mancava il respiro. Voleva urlare.
‘Tranquilla’ disse Carlo senza scomporsi minimamente. ‘E’ qui solo per guardare’. Lei era sconcertata fece per rimettersi in piedi. Lui la trattenne con una mano sulla spalla. ‘Dai lo sappiamo entrambi che ti piace essere ammirata’ . ‘Ma’ stava per ribattere lei. Lui le diede un colpo col suo membro sulle labbra. ‘Basta chiacchiere’ disse in modo duro lui, aggiungendo: ‘Lo so che ti piace, rimettiti a succhiare’.

Segui un attimo surreale. Tutto sembrava immobile.
Martina provava vergogna. Si sentiva umiliata, svilita.

Eppure cos’era quella sensazione che provava? Perché in quel momento sentiva quel caldo nascergli nel ventre? Che quel uomo l’avesse capita meglio di chiunque altro?

Voleva darsi una risposta. Ma la risposta l’aveva già. Erano i suoi umori che la bagnavano tutta.
Smise di farsi domande. Quando era entrata in questa casa l’aveva fatto per provare piacere dopotutto.
Si rimise il cazzo di Carlo in bocca e riprese a succhiare. ‘Brava piccola’ aggiunse lui con una smorfia d’approvazione. Il ritmo che impresse Martina stavolta era molto più furioso. Con le dita si accarezzava la figa compiacendosi di quanto fosse già bagnata.

Il guardone armeggiava con i pantaloni, estrasse il cazzo ed inizio a massaggiarlo. Commento laconicamente ‘Che zoccola’.

Nel sentire quelle parole Martina provo un nuovo brivido di piacere. Carlo la fece alzare e, con le mani esploro tutto il suo corpo. Lentamente le prese i seni tra le mani, quasi a volerli soppesare. Poi scese fino al pube, lo accarezzava dolcemente, sfiorandolo con le dita. Martina si sentiva come percorsa da mille brividi. Aveva la pelle d’oca dappertutto. Poi lui le toccò la figa e cominciando a sditalinarla le disse: ‘Ammettilo che ti piace essere ammirata’. Lei non rispose. Il suo dito medio entrava ed usciva dalla sua vagina. ‘Allora?’ aggiunse lui guardandola con uno sguardo crudele. Dalla bocca di Martina usci un si mischiato ad un ansimo di piacere.
Lui la prese e la portò dinnanzi al guardone. Si mise dietro di lei ed inizio a palpeggiarla dinnanzi allo sconosciuto.
Quel uomo sul divano si godeva la scena con estremo compiacimento. Aveva il cazzo in erezione. La guardava e si toccava. Martina abbandonò in quel momento ogni pudicizia e prese a sfregarsi il clitoride dinnanzi a quello sconosciuto.
Carlo si stacco da lei e la fece mettere a carponi. Si mise dietro di lei e con un violento colpo di reni la penetrò. Martina caccio un urlo di piacere. Lui prese a scoparla. Andava avanti e indietro con estrema calma. Ogni tanto si fermava per toglierlo e poi ricacciarlo dentro con foga. Martina miagolava di piacere. Ogni volta emetteva un urletto stridulo. Poi d’un tratto l’atto si arrestò. Carlo si stava sdraiando sul pavimento.
‘Dai vieni sopra tu’ l’apostrofò. Lei stava per obbedire quando con un motto di protesta Carlo le disse ‘Non così, girati a guardare il nostro ospite’. Martina si trovo ad eseguire la richiesta di Carlo senza nessun obbiezione. Inizio a far scivolare il suo arnese dentro la figa. Cominciò a muoversi lentamente sul cazzo fissando lo sconosciuto.
Il guardone la guardava sorridendo, mentre si segava lentamente. ‘Sei proprio una zoccola’ le disse di nuovo.

Lei non capiva più nulla. Era in preda dei suoi più selvaggi desideri. Andando su e giù sul cazzo di Carlo disse ‘Si è vero’. Comincio a muoversi sempre più velocemente, incoraggiata da un paio di sculaccioni che Carlo le assestò. Dopo poco si abbandonò ad un orgasmo. Gemendo e strizzandosi i seni.
Carlo la fece mettere sdraiata e mettendosi le sue gambe sulle spalle la scopò con foga. Fino a quando lo tiro fuori e venne in modo copioso sul sesso di Martina.
Lei era per terra ansimante ed in preda all’estasi. Vide solo il guardone in piedi su di lei che le regalò la sua sborrata. I suoi fluidi caldi la colpirono sulla faccia, sul collo, sui seni.

Più tardi nel buio di casa sua, dopo una doccia rilassante, Martina ripensò a quello che aveva fatto e provato quella sera. Riuscii ad addormentarsi solo dopo essersi masturbata nuovamente. Poi cadde in un sonno profondo.
Il periodo di esilio, almeno così lo chiamava lei, stava per terminare. Così come stava per terminare l’estate, ancora un paio di giorni ed avrebbe rivisto mamma e papà.
Aveva dato quel benedetto esame, non solo, l’aveva passato anche con un ottima votazione. Insomma non era stato tempo sprecato. Dentro di se però sentiva un altra verità, sapeva che non era solo per l’esame. Sapeva che era anche per la sua avventura con Carlo.

Martina stava davanti allo specchio, si guardava. Voleva guardarsi dentro ma non ci riusciva tanta era la confusione che provava. Riusciva solo a guardare il suo corpo e, mentre lo accarezzava con dolcezza si chiedeva se c’era qualcosa di sbagliato nel fare qualcosa che le dava così tanto piacere. Aveva passato molte sere così senza sapersi dare una risposta. Alcune volte si era sentita sporca e sbagliata altre, invece, le aveva terminate toccandosi dolcemente fino a raggiungere l’orgasmo in preda alle sue fantasie.

Non poteva negarsi il piacere che le dava essere ammirata. Quando prendeva il sole sul terrazzo e, dietro i suoi occhiali scuri, vedeva gli sguardi degli uomini che la guardavano si sentiva percorrere da forti brividi. Le sembrava volessero farle una radiografia, stamparsi nella mente l’immagine del suo corpo. S’immaginava che si masturbassero pensando a lei, questo la deliziava da morire. Come l’avevano deliziata i due furtivi incontri con Carlo in ascensore, le loro lingue che s’intrecciavano e le sue mani forti esploravano il suo corpo.

Fu in uno di quei pomeriggi dove la passione e la sua malizia avevano il sopravvento che si decise a mandare un sms a Carlo. Era breve e molto coinciso: ‘Ho voglia di vederti’. Era convinta che lui avrebbe capito che cosa intendeva. Passò circa un ora prima della risposta. La suoneria del cellulare rimbombò nella stanza silenziosa, la risposta al suo messaggio era: ‘Ti aspetto alle 18.30 alla fermata del bus 34, non tardare’.
Si preparò con cura per l’incontro. Si ammirò allo specchio, la minigonna di jeans le stava molto bene, voltandosi di tre quarti si ammirò come le stava dietro e né fu soddisfatta. Si sistemo al meglio la sua lunga chioma bionda, raccogliendola in una coda. Appena si senti pronta uscii per andare alla fermata dell’autobus.
Camminando per strada canticchiava un motivetto, si sentiva tremendamente sicura di se. Si sentiva cambiata dai precedenti incontri con quell’uomo, sapeva esattamente ciò che voleva.
S’incontrarono finalmente, lui l’accolse con un largo sorriso e le si fece incontro. ‘Seguimi’ disse tranquillo, incamminandosi per una via secondaria. Martina cominciò a seguirlo, ma poi gli chiese tra curiosità e panico: ‘Dove stiamo andando?’
Fu un attimo di silenzio. I loro sguardi s’incrociarono. Lui aveva uno sguardo carico di desiderio, in quello di Martina, le cui certezze erano crollate nuovamente si poteva leggere del nervosismo e della tensione.
‘Non ti fidi?’ le chiese lui con un mezzo sorriso. ‘Si ma credevo saremmo andati a casa’ rispose lei un po’ titubante. ‘Ascoltami, vedrai ti piacerà anche stasera, devi solo fidarti di me’ affermando questo, lui le tese la mano. Lei aspetto qualche secondo e poi in segno di resa le diede la sua.
Dentro la testa di Martina una vocina le diceva: ‘Stupida così li hai appena dato il consenso a fare di te ciò che più desidera’

Camminarono così, per il dedalo di vie secondarie che si snodava dal corso. Martina credeva senza una meta ben precisa. Anche se sapeva che non poteva essere possibile. Carlo aveva sicuramente un piano.
Ad un tratto, si trovarono dinnanzi ad uno dei parchi cittadini. A dire il vero, quello era uno dei più grandi polmoni verdi della città e si estendeva per molti ettari.
Si addentrarono nel parco, la luce di quell’ora creava un piacevole effetto penombra tra gli alberi. Carlo la sospinse contro un tronco. Prese a baciarla con foga: si baciavano, si mordicchiarono le labbra, giocavano con le loro lingue. Martina senti finalmente quella carica che si era creata nell’attesa che finalmente cominciava a sciogliersi. Allungò la mano sulla patta di lui. ‘Hai fretta tesoro?’ l’apostrofò lui mentre le baciava il collo. ‘Aspetta il gioco comincia adesso’ affermò allontanandosi da lei. Martina provò un certo disappunto, lo desiderava. ‘Togliti le mutandine e dammele’ le ordinò lui. Lei voleva protestare, ma sapeva che sarebbe servito solo a prolungare con una serie di parole l’inizio di quel gioco. Quindi con un fare più malizioso possibile si sfilo il perizoma, lasciando intravedere a Carlo il suo pube completamente rasato. Gli consegnò così il suo indumento intimo.
‘Andiamo’ disse lui. La cinse col braccio intorno alla vita e s’incamminarono nel parco. Presero un sentiero abbastanza battuto da persone e ciclisti. ‘Pensa se s’immaginassero che sei senza mutandine’ le sussurrò nell’orecchio. ‘Sai come si ecciterebbe certa gente’ continuò lui con malizia.
Martina fu percorsa da un grande turbamento, nuovamente presa dalla sua morbosa ossessione esibizionista. Provava dei brividi fortissimi, si rese conto che ogni volta che si avvicinavano ad un gruppo di uomini si metteva a sculettare più vistosamente sopra i suoi tacchi.
‘Sei un po’ zoccola’ pensò di se stessa. Ma la cosa non le dava fastidio, anzi, accresceva in lei il desiderio. Aveva letteralmente la fica in fiamme. Sentiva le sue grandi labbra gonfie e umide dei suoi umori.
Lui la guardava di tanto in tanto, e leggendo la sua crescente eccitazione la portò lungo un sentiero secondario. Passarono vicino ad una serie di panchine. Erano quasi tutte vuote, ad eccezion fatta per una occupata da un signore piuttosto anziano. Lo sguardo di quell’uomo fu subito attratto da Martina, già da lontano la fissava insistentemente. Gli passarono accanto e Carlo volutamente rallentò il passo. Appena lo superarono, alzò la minigonna di Martina lasciando alla vista di quel uomo sconosciuto il suo bel culetto. ‘Ma che fai’ protestò lei. ‘Lascia che ti ammiri, che ti desideri’ rispose lui di tutto punto. Teneva la minigonna sollevata, mentre ancora si allontanavano.

La scena si ripete molte altre volte. Martina sentiva che il suo turbamento aveva preso ormai il sopravvento su tutto. I suoi umori le scendevano lungo una coscia. Il suo unico desiderio era che Carlo la prendesse e la facesse sua. Aveva dentro di se una carica esplosiva. Il cuore le batteva forte. Le rimbombava nelle orecchie. Si sentiva leggera e come se dovesse svenire da un momento all’altro.
Quando lui la strattono per portarla verso un gruppo di alberi lei ebbe un momento di interruzione del suo capogiro.
Era di nuovo con la schiena appoggiata ad un tronco, mentre lui la baciava e, denudava il suo seno tirandole su la maglietta. Ora sentiva il suo corpo esultare. Mentre i suoi baci indugiavano sui suoi capezzoli, Martina allungo la mano e sollevata la gonna cominciò a torturarsi il clitoride. Incapace com’era di attendere, tanto era il piacere che bruciava dentro il suo corpo.
Lui si allontanò e la incitò ‘Continua sei bellissima, toccati per me’ e mentre diceva così: si allungò la mano per sfilare dalla patta dei pantaloni il suo cazzo, che oramai gli stava scoppiando nei pantaloni.
Martina si masturbava senza ritegno, con gli occhi chiusi lasciava che le sue dita le solleticassero il clitoride. Lentamente e poi furiosamente, mentre con l’altra mano si torturava i capezzoli.
Stava per godere quando senti la lingua di lui aggiungersi a quell’atto di pura lussuria. Lei smise di toccarsi e si abbandonò alle cure di Carlo. La sua lingua correva su tutta la lunghezza della sua figa. Ogni tanto si aiutava con un dito che la penetrava delicatamente. Dovette mordersi un dito per evitare di urlare mentre un orgasmo l’assalì, lasciandola singhiozzare di piacere contro l’albero.

Martina dischiuse gli occhi solo per intravedere che uno di quei passanti che avevano stuzzicato probabilmente li aveva seguiti. Ed ora era li in piedi a godersi la scena con la mano sul cazzo.
Carlo alzandosi la fece voltare, in modo da appoggiarsi con le mani all’albero. Lui indugiò e con i suoi occhi osservava le sue rotondità che li si offrivano così oscenamente. Si avvicinò e con un colpo secco di reni infilò il cazzo dentro Martina. Lo metteva e lo toglieva, ogni tanto lo picchiettava sulla sua figa prima di farlo riaffondare nel suo piacere. Martina gemeva ad ogni colpo di reni, ansimava senza ritegno. Carlo rimase immobile, mentre il suo cazzo era dentro di lei, la teneva per le natiche. ‘Muoviti’ le disse. ‘Scopami dai’ aggiunse con la voce rotta di piacere.
Martina facendo leva sulle braccia cominciò a muoversi sul cazzo di Carlo. Si muoveva sinuosa, ogni tanto ondeggiava il bacino per farsi ammirare da lui ancora più oscenamente. Così mentre lei continuava quel movimento, sentiva le dita di Carlo indugiare lascive intorno al suo ano. La massaggiavano delicatamente facendole scoprire un nuovo piacere. Si sentiva su di giri e nel contempo sentiva le gambe farsi molli per il forte piacere che provava.
Carlo la fece voltare, le sollevo la gamba e le fece scivolare tutto il cazzo dentro con un colpo secco. Prese a muoversi con sempre maggiore foga dentro di lei. Martina vide che l’uomo che li guardava era molto vicino ora, aveva il cazzo in mano e se lo menava come un forsennato. Istintivamente allungò la mano e prese a masturbare quello sconosciuto.
Sentiva il calore crescere dentro di lei, ebbe un nuovo orgasmo mentre ancora Carlo la possedeva con vigore. Con la mano libera gli strizzò una natica mentre si abbandonò al suo piacere ansimando e urlando ancora. Carlo sfilando il cazzo dalla sua fica la spinse verso il basso per farla inginocchiare. Appena fu in quella posizione le premette il cazzo sulle labbra, Martina inizio a leccarlo ancora ebbra del suo orgasmo mentre con la mano menava lo sconosciuto. Passò un istante e senti Carlo irrigidirsi, il suo cazzo gonfiarsi e fremere sulle sue labbra per poi schizzare. Uno, due, tre fiotti caldi la colpirono sul viso nonostante ciò lei continuava a leccarlo avidamente. Sentiva il suo sapore acidulo sulla lingua e lo fissava negli occhi ormai persa nel suo turbamento. Lo sconosciuto ritrasse il suo cazzo dalla mano di Martina, prese a menarselo da solo ed avvicinandosi a lei le sborrò anche lui sulla faccia.
Martina e Carlo si sedettero a terra, sfiniti si appoggiarono contro l’albero. Lo sconosciuto si allontanava silenziosamente, così come era comparso.

Settembre era arrivato quasi distrattamente, ma aveva cancellato già in parte le abitudini estive. Le tintarelle andavano sbiadendo, le aziende e le scuole avevano riaperto i battenti, la città era di nuovo immersa nel suo caotico andirivieni di persone.
Martina che non si era mai allontanata dalla città, l’aveva adorata nella sua tranquilla versione estiva. Era il giardino in cui lei aveva scoperto molto di più di quanto si aspettasse su se stessa. Non poteva certo dimenticare i giorni in cui si è abbandonata alla sua lussuria. Ne era uscita totalmente cambiata.
Eppure il ritorno ai ritmi normali avevano allontanato da lei ogni ipotesi di perfezione che si era fatta sulla sua città. La vedeva la mattina svegliarsi noncurante dei furti e delle violenze notturne e, sciatta prepararsi per un altro giorno. Se prima gli sguardi furtivi sul suo corpo le mettevano eccitazione, ora provava sempre un certo brivido di paura.
Certo tutte quelle notizie che si sentivano ai telegiornali non l’aiutavano a vivere la sua vocazione esibizionista, anzi la reprimevano sempre più.
Anche la sua relazione con Carlo, ora che i suoi genitori erano a casa, si era lentamente dissolta come le tintarelle. Si erano visti come comparse di un film in brevi e fugaci apparizioni in ascensore e nulla di più. Romanticamente pensò che la cosa che più le dispiaceva era non essersi detti addio.
Stava attraversando un momento particolare, da un lato cercava un modo per vivere le sue esperienze da un altro temeva che esse fossero irripetibili.

Un pomeriggio come tanti, mentre rientrava a casa dall’università, su un vagone stracolmo della metropolitana sentì una mano che le sfiorava leggera il culo. Si girò guardando le persone dietro di lei, ma non riusciva a capire chi poteva essere stato, il mezzo era un vero e proprio carnaio. Si girò credendo che si trattava di una cosa involontaria. Quando di nuovo la mano le accarezzò le natiche, stavolta in modo più plateale. Non c’erano dubbi. Si voltò di nuovo voleva vedere chi la stava toccando. Ma non riusciva a identificare chi poteva essere.
Aveva dato uno sguardo alle persone dietro di lei: forse era il vecchietto basso e tarchiato, forse era l’uomo di origini senegalesi, oppure uno di quei tre ragazzini dall’aria di essere tre adolescenti un po’ cafoni. Proprio non riusciva a identificare il colpevole. Sicura era che si sentiva un po’ spaventata, sua madre le diceva sempre di fare attenzione: ‘In giro c’è certa gente’.
Proprio mentre si era girata aveva sentito di nuovo la mano appoggiarsi al suo corpo, stavolta le toccava la coscia. Appena si voltava la mano spariva velocemente e nessuno di quelli dietro di lei le lanciava uno sguardo particolare in modo da farsi identificare.
Proprio in quel momento nella sua mente s’immaginò completamente nuda in mezzo alla folla, con miriadi di mani che percorrono il suo corpo. Mentre quell’immagine si formò nella sua mente, lasciando libera la sua fantasia più estrema, la mano tornò ad esplorare le rotondità del suo corpo. Decise di non voltarsi più, di non dare ascolto a quel brivido di paura ma di lasciarlo sciogliere nella sua eccitazione. Si morse il labbro inferiore leggermente e lasciò che quella mano sconosciuta le accarezzasse il corpo.
E’ quella mano non fu affatto timida, le accarezzo per bene il culetto e se non avesse avuto i jeans molto probabilmente si sarebbe spinta ben oltre né era sicura. Ogni tanto si fermava nell’interno della sua coscia e agitando un dito le sfiorava leggermente la fica.
Lei si sentiva così eccitata in quel momento che quasi aveva paura di sapere chi era, magari ne sarebbe rimasta delusa o intimorita. Sapeva solo che i brividi di piacere le attraversavano il corpo, il sangue le pulsava nelle tempie e sui timpani avrebbe volentieri voluto abbandonarsi alle sue sensazioni.
Purtroppo l’arrivo della sua fermata la richiamò alla realtà, scese dal vagone e si dileguò tra la folla anonima mentre era ancora in preda allo sconvolgimento dei suoi sensi.
Appena fu a casa, si rinchiuse nella sua stanza con la scusa che doveva studiare e, sbarazzatasi dei suoi vestiti cominciò a masturbarsi senza vergogna alcuna. Fantasticando su mani sconosciute che esploravano il suo corpo, la sua femminilità, fino a che non si abbandonò in un orgasmo liberatorio.

Questo episodio la fece riflettere non poco sulla sua condizione, desiderava al più presto trovare una valvola di sfogo alle sue fantasie. Purtroppo però era ancora in preda a forti timori. Sapeva in un certo senso che anche quell’episodio poteva finire male, davvero in giro c’era gente brutta, lo sentiva tutti i giorni. In più aveva la convinzione che sarebbe stato difficile trovare un partner in grado di accettarla. Aveva paura del rifiuto e di essere additata come una poco di buono.
In più si sentiva sola, non aveva qualcuno a cui raccontare le sue pulsioni e questo la rattristò ancora di più.
In quella condizione mentale non riusciva nemmeno ad affrontare bene le cose che le capitavano tutti i giorni, spesso rinunciava a seguire le lezioni per farsi delle passeggiate. Andava su e giù per le vie del centro senza una metà. Poi la sera a casa doveva fare a botte con se stessa, non poteva mandare la sua vita in frantumi così, sapeva che doveva reagire in qualche modo. Anche se non aveva idea di come farlo.

Durante una delle sue passeggiate per il centro un tizio le se avvicinò, sembrava squadrarla dalla testa ai piedi. Lei se né accorse con la coda dell’occhio. L’uomo avanzava verso di lei lentamente e la saluto con un cordialissimo ‘Ciao’. Martina voltandosi e guardando l’uomo e con un po’ d’incertezza gli rispose: ‘Buongiorno’. Non aveva idea di chi fosse in realtà, quindi cerco di mantenersi sul vago. Ma era pronta anche ad allontanarsi in tutta fretta se si fosse rivelato un male intenzionato.
‘Vedo che non mi hai riconosciuto’ aggiunse l’uomo sorridendo.
‘No scusa’ rispose sempre più nervosa.
‘Dai ci siamo conosciuti da Carlo’
Quando finì quella frase, Martina si sentii sprofondare. Ora aveva capito chi era. Era quell’uomo che l’aveva ammirata fare sesso a casa di Carlo. Lui era quello che l’aveva apostrofata ‘zoccola’.
Ora lo guardava con occhi diversi, ed era completamente arrossita. Non avrebbe mai potuto immaginare di incontrare una delle persone con cui aveva condiviso involontariamente le sue fantasie.
‘Piacere sono Marco’ disse lui per rompere l’impasse.
‘Martina’ disse lei con un filo di voce.
‘Posso offrirti un caffè?’ aggiunse lui con gentilezza.
Martina accettò di buon grado, e si sedettero in un elegante bar del centro. Passarono una buona mezz’ora chiacchierando amabilmente senza mai fare riferimento all’accaduto di quella sera. Ora che aveva occasione di guardare Marco le sembrava un uomo di aspetto molto piacevole. Sulla quarantina, brizzolato ed aveva degli splendidi occhi verdi. Soprattuto fu estasiata dai suoi modi gentili e dalla sua autoironia.
La conversazione alla fine portò Marco ad interrogarla sul motivo per cui si trovava li in centro a passeggiare. Dapprima lei rispose vagamente, ma poi in uno strano impeto le confessò la realtà della sua condizione mentale e del periodo di sbandamento che stava attraversando. Dentro di lei non sapeva perché si era aperta così con un semi-sconosciuto, ma l’aveva trovato facile e liberatorio.
Continuarono così a chiacchierare, fino a quando, lui guardando l’orologio le disse che aveva un appuntamento di lavoro. Prima di congedarsi le allungò un biglietto da visita e le disse: ‘Se hai piacere di volermi incontrare, magari posso aiutarti con il tuo problemino, chiamami senza problemi’. Martina prese il biglietto e lo salutò con un sonoro bacio sulla guancia. Essersi sfogata l’aveva fatta sentire meglio in un certo senso.

Passarono tre giorni piuttosto anonimi. Martina prese così coraggio e decise di telefonare a Marco. Dopo una breve conversazione lui le diede appuntamento per il pomeriggio.
Martina passò la mattinata a prepararsi cercando tra i suoi abiti qualcosa che ritenesse adatto. Voleva qualcosa di sexy ma non voleva fosse troppo appariscente. Alla fine optò per una gonna nera a balze che le arrivava appena sotto metà della coscia, ed una bella camicetta bianca con dei piccoli strass. Dirigendosi al suo appuntamento era carica di speranze e di buon umore, si sentiva come quella sera nel parco assieme a Carlo. Gli sguardi che le mandavano gli uomini non facevano altro che caricarla di più. Aveva in un solo istante abbandonato ogni timore, voleva solo vivere quest’esperienza e farlo nel migliore dei modi possibili.
Appena s’incontrò con Marco fu felice di sentirsi inondare di molti complimenti, lui la fece salire in macchina e, senza rivelarle la destinazione cominciò a guidare. Solo quando parcheggiò la macchina in una via angusta la guardò negli occhi con fare un po’ severo. ‘Allora sei davvero sicura? Scesi non si torna indietro’ le disse lui. Martina sentì come se questa affermazione caricasse ancora più di mistero la situazione, ma senza tentennamento alcuno, rispose con un semplice: ‘Si’. Lui l’accarezzò sulla guancia e sporgendosi verso di lei cominciò a baciarla sulle labbra. Lei ricambiò lasciando che la lingua di Marco e la sua si scontrassero e si unissero per alcuni istanti. Quel bacio che l’era sembrato così tenero ma anche carico di voluttà la lasciò senza fiato. Appena scesi dall’automobile, lui le strinse la mano e l’accompagnò dinnanzi ad un cinema porno. ‘Fidati’ disse lui, quasi le leggesse nella mente e, prevenisse così le obiezioni che stava per fare.
Presi i biglietti, la fase che riteneva più imbarazzante, entrarono nella sala dove stavano proiettando il film. Marco la teneva per mano e percorsero tutto il corridoio che separava le due file di sedili. Poi la condusse in una fila deserta dove si accomodarono nei posti centrali.
Martina dapprima diede uno sguardo allo schermo, dove c’era una donna impegnata a soddisfare due uomini di colore che avevano il cazzo di dimensioni improponibili. Poi guardò lungo la sala e vide in un angolo un tizio chinato a succhiare il cazzo ad un altro avventore del cinema. Non sapeva cosa aspettarsi da quella situazione, era tesa e nervosa. Marco le se avvicinò all’orecchio e le disse: ‘Alzati in piedi e sfilati la camicetta e poi ti siedi di nuovo’. ‘Ma’ disse lei titubante. Lui non le fece finire la frase: ‘Fallo e basta, ti ricordi non si torna indietro’ disse stavolta sibilando con un po’ di rabbia nella voce. Lei ubbidì si alzò e nel centro della sala cominciò a sbottonarsi lentamente, si sfilò la camicetta e si risedette. Sicura che il suo gesto non era passato inosservato. La mano di Marco prese a palpargli la coscia destra, mentre sullo schermo ora poteva ammirare la donna seduta a smorza candela su uno di quei cazzi neri. Poco dopo sentii due mani, provenienti dal sedile dietro il suo, toccargli le bretelle del reggiseno e scendere fino ai suoi seni. Quelle due mani sconosciute senza nessuna gentilezza presero a palparle i seni, a strizzarli leggermente. Marco diede una mano allo sconosciuto abbassandole il reggiseno, obbligandola a sfilarsi le bretelle e lasciandolo cosi a cingere la sua pancia. Ora quelle mani presero ancora più coraggio cercavano i capezzoli e li stimolavano strizzandoli e giocandoci con le dita. Martina fu colta da un esplosione di sensazioni, si lasciò trasportare da esse. Le aveva represse per tantissimo tempo, che appena riaffiorarono si trovò completamente bagnata ed in preda al desiderio. Marco si chinò tra le sue gambe e l’aiutò a sfilarsi il perizoma. Iniziando poi a leccarle la figa; la leccava dal basso verso l’alto in modo da portare i suoi umori verso il clitoride. La faceva impazzire, si trovò a mugolare, sperava di essere stata coperta dalle urla che provenivano dal grande schermo. Si rese conto che ora le mani sconosciute che la toccavano erano passate da dietro a fianco di lei, il tizio le tirava su la gonna per ammirare il lavoro che stava svolgendo Marco. Una di quelle mani le afferrò la sua e la condusse al cazzo del suo proprietario. Martina lo afferrò e cominciò a segarlo lentamente, mentre il tizio ormai senza nessun ritegno prese a leccarle i capezzoli. Altre due mani si aggiunsero al gioco, si sentiva esplorata in ogni centimetro del suo corpo, era come nelle sue fantasie più recondite. Anzi era meglio perché le stava accadendo davvero. Non seppe dire se era davvero bravo Marco con la lingua o fosse la situazione ma si ritrovò ad abbandonarsi ad un orgasmo sublime. Mentre fremeva e si contraeva in preda al suo piacere, sentiva Marco continuare a leccarla introducendo le dita nella sua figa, uno sconosciuto che le mordicchiava un capezzolo, ed un altro nei posti dietro che sporgendosi esplorava i suo corpo con le mani. Aprendo gli occhi vide la donna del film che urlava mentre uno di quei cosi lunghissimi si faceva largo nel suo culo.
Si decise a chinarsi lateralmente e prese in bocca il cazzo di quello sconosciuto, il tizio ne fu lieto e la incoraggiò a continuare ‘Si troia dai’. Martina era noncurante del titolo che le aveva appena regalato, anzi si impegnò ancora di più a spompinare quel cazzo.
Marco si era tirato su e vedendo la scena si rese conto di non poter più resistere, tirò fuori il suo uccello dai pantaloni e lo infilò senza tanti preamboli nella fica di Martina. Andava e veniva col suo cazzo dentro di lei, la guardava fremere mentre la possedeva con impeto.
Martina gemeva era in preda di nuovo a un orgasmo sconvolgente, dovette togliersi il cazzo dello sconosciuto dalla bocca perché aveva paura di morderlo tanto era forte quello che stava provando. Il tizio però la fece di nuovo chinare verso il suo arnese per esplodere sulla sua faccia il suo seme. Appena ebbe finito di venire si alzò per andare via. Martina alzo gli occhi e vide che si stava sedendo un altro vicino a lei, questo aveva il cazzo in mano e se lo menava furiosamente. Lo vide per un attimo solo, perché poi il nuovo arrivato si lasciò andare a una sborrata che la investì in pieno viso. Dopo poco anche Marco tiro fuori il suo cazzo dalla sua figa e, aggiunse il suo sperma a quello dei due sconosciuti.
Martina mentre si ripuliva, alzo gli occhi allo schermo e vedeva ancora quei due stalloni che prendevano assieme quella donna, ne aveva uno nella figa e uno in culo e urlava come una matta.
Cercò i suoi indumenti e si rivestì, proprio mentre nel film i due finalmente venivano sulla bocca della tizia. Poi si alzarono e lei e Marco uscirono dal cinema.

Quando lui la lasciò sotto casa, lei le diede un bacio in bocca tenero e appassionato ed uscendo dalla macchina li disse solo: ‘Grazie’.

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