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Racconti sull'Autoerotismo

Metrò

By 18 Novembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Non riesco a trovare le mie mutande’ esclamò Marta mentre guardava sotto il letto. Quando il ragazzo uscì dal bagno vide davanti a se la sua fidanzata ancora completamente nuda che rovistava in ogni angolo della stanza. Rimase immobile ad osservala: capelli neri e occhi azzurrissimi, un fisico aggraziato e sensuale con due seni non tanto grandi ma perfettamente sodi e un sedere perfetto ed invitante. ‘Non riesco a trovare le mie mutande’ ripeté Marta, fermandosi nel mezzo della stanza con le mani sui fianchi. Era riuscita a raccogliere la maglietta, il reggiseno e la gonna, ma del pezzo mancante non v’era traccia. Lui si guardò intorno, poi disse: ‘Eppure devono essere qui’. Lei sbuffò e poi mormorò: ‘Accidenti, se soltanto mi fossi messa i pantaloni. In ogni caso mia zia mi aspetta per pranzo e devo attraversare tutta la città; sono costretta ad andare senza. Appena le trovi, mettile da parte che me le riprendo stasera.’ ‘Non vorrai mica uscire senza mutande sotto la gonna?’ provò a protestare lui, ma lei lo zittì immediatamente: ‘Non c’&egrave altro da fare, ma stai tranquillo, la gonna &egrave abbastanza lunga e non ci saranno problemi.’
Mentre camminava verso la stazione della metropolitana, Marta rifletteva sull’ultimo periodo della sua vita. Aveva 25 anni e ormai da quasi due anni viveva e lavorava a Parigi, città che da sempre l’aveva affascinata. Appena arrivata aveva conosciuto il ragazzo che sarebbe diventato il suo compagno; tutto bellissimo, tutto stupendo. La vita che aveva sempre sognato. Però’
C’era ancora quel piccolo problema che non era riuscita a risolvere, che la inseguiva dovunque e, soprattutto, con chiunque. Non riusciva mai a raggiungere l’orgasmo. Mai.
Sin da quando, ancora ragazzina, aveva iniziato ad esplorare il suo corpo, non era riuscita a trovare quel piacere che le avevano descritto le amiche sino ad abbandonarne la ricerca. Poi erano arrivati i primi ragazzi, inizialmente dava alla loro inesperienza la colpa del fallimento, ma pian piano aveva iniziato a capire che era lei la fonte del problema. Anche con il suo ultimo compagno si era ripetuta la stessa vicenda e ormai si stava abituando a fingere ed a rinunciare al piacere.
Marta continuava ad essere assillata da questi pensieri mentre scendeva le scale della stazione del metrò, si sedette su un vagone in direzione est e si guardò intorno scoprendo oltre a lei soltanto una coppia di anziani. In effetti la domenica mattina su quel punto della tratta così lontano dal centro non c’era mai gran movimento. Le porte si chiusero e il treno iniziò la sua marcia nel sottosuolo. Marta si ricordò in quel momento di rimanere ben composta per non scoprirsi troppo dato il suo abbigliamento, ma subito si rese conto che la situazione non era affatto a rischio e che senza alcun problema sarebbe potuta rimanere anche nuda dalla vita in giù senza che gli anziani la notassero. Infatti i sedili del vagone erano disposti in file di quattro, separati dal corridoio, orientati in modo alterno. Marta sorrise del suo pensiero irriverente e si sistemò ugualmente la gonna. Nonostante tutto rimaneva latente dentro di lei quella strana emozione appena provata fantasticando sulla sua situazione e, per quanto cercasse di distrarsi, la sua mente tornava sempre sullo stesso argomento.
Dopo un paio di fermate la coppia scese e Marta si ritrovò completamente sola nel vagone; pensò che il destino stava scherzando con lei cercando di metterla in imbarazzo con se stessa, anche se ancora non aveva ben inquadrato il problema. Ma che le stava succedendo? Il cuore le batteva forte e sentiva una stretta allo stomaco. Tutto questo perché non indossava gli slip? Non era possibile, proprio lei che aveva da tempo rinunciato al piacere. Sollevò con prudenza la gonna, come se avesse paura di ciò che poteva trovarvi sotto. Invece era tutto normale; la striscia di peli, il clitoride, le labbra, tutto perfettamente in ordine. Il treno rallentò nuovamente la sua andatura, Marta si sistemò la gonna proprio un istante prima dell’arrivo alla stazione. Aveva visto scorrere davanti ai finestrini diverse persone, ma nessuna era salita sul suo vagone. Ancora quella strana sensazione. Sollevò nuovamente la gonna e riprese ad osservarsi. Con il cuore che le batteva sempre più forte allungò una mano sino a coprire interamente la passerina. Era calda e umida. Lasciò scivolare lungo l’intera superficie un dito fino a quando sfiorò il clitoride; allora un brivido la fece sussultare sulla poltroncina. Già quella era la più bella emozione mai provata ‘ chissà che poteva ancora succedere ‘ adesso non voleva altro che andare avanti, ma la fermata era vicina e Marta non poté far altro che ricomporsi. Sperò che nessuno salisse, ma questa volta diverse persone occuparono il vagone e due ragazze si sistemarono persino molto vincine a lei. Era finita. In fondo meglio così, Marta iniziava ad avere paura di quello che provava e in questo modo sarebbe stata costretta a fermarsi. Mentre il treno correva nelle gallerie, lei non poteva togliersi dalla testa quel rapido contatto che le aveva provocato una reazione così violenta, erano passati più di dieci anni dall’ultima volta in cui aveva provato a masturbarsi, e adesso non vedeva l’ora di poter ritentare. Marta sentiva il desiderio di essere nuda, di poter accarezzare il suo corpo, sapeva che stava perdendo un’occasione irripetibile per provare il suo primo orgasmo. Improvvisamente il treno iniziò a rallentare sino a fermarsi nonostante non vi fosse alcuna stazione; le luci si spensero e una voce dall’altoparlante pregò i passeggeri di pazientare un minuto in quella situazione per motivi tecnici. Marta pensò che era già successo in passato e infatti nessun passeggero dava segni di disagio; ma per lei questa volta era una specie di benedizione, un modo per alleviare le sue sofferenze. Il piano era semplice e lei fu rapidissima ad eseguirlo: si infilò sotto la maglietta entrambe le mani con le quali sganciò prima le spalline e poi il gancio del reggiseno, tirò fuori l’odioso indumento e lo infilò nelle borsa un attimo prima che si riaccendessero le luci e il treno ripartisse. Finalmente si era liberata di quell’arnese che le schiacciava il petto; un altro passo verso la libertà. Marta si voltò leggermente verso il finestrino e controllò la situazione: la forma dei capezzoli turgidi spuntava chiaramente attraverso il sottile tessuto della maglietta. La ragazza ebbe un moto di imbarazzo e per un momento si pentì di quello che aveva fatto, poi riprese il sopravvento il calore che aveva tra le gambe ed iniziò a pregustare il piacere che forse la attendeva. Il treno aveva ormai attraversato il centro della città e pian piano il numero di passeggeri diminuiva; mancavano soltanto un paio di stazioni alla discesa e Marta si alzò dal suo posto per raggiungere il fondo del vagone. Arrivata davanti alla sbarra di sostegno verticale, le si appoggiò quasi sopra e fece in modo che la mano sinistra si trovasse in modo naturale sopra il seno destro. Con la punta dell’indice stuzzicava il capezzolo attraverso la stoffa che non era mai stato così gonfio nemmeno per colpa del freddo. Scesa dal treno, percorse le scale quasi correndo; non vedeva l’ora di avere un tetto sopra la testa ed una porta chiusa a chiave a separarla dal mondo. Stava attraversando la piazza che le avrebbe fatto raggiungere la meta, quando si rese conto che i suoi propositi non potevano essere realizzati; proprio quel giorno infatti sarebbero arrivati i parenti dal Belgio e anche soltanto salutarli tutti le avrebbe fatto passare qualsiasi voglia. Ma lei di certo non voleva sprecare quell’occasione, quindi doveva provvedere PRIMA di arrivare a casa. In pochi istanti elaborò il piano che, anche se rischioso, le avrebbe permesso di appagarsi. Marta si andò a sedere su una panchina all’estremità della piazza; era rivolta verso l’esterno in direzione di un paio di negozi chiusi; dietro di lei passavano diverse persone, ma almeno davanti la situazione sembrava tranquilla. Tirò fuori dalla borsa una cartina della città anche se ormai la conosceva benissimo, la aprì interamente e se la distese sul grembo. Era una follia, ma non avrebbe sprecato quell’occasione per nulla al mondo. Con fare indifferente infilò la mano destra sotto il foglio di carta, aprì leggermente le gambe e sollevò la gonna quel tanto che bastava per permettere il tanto agognato contatto. Lo stesso brivido provato nel vagone del treno la percorse nuovamente quando la sua mano si avvolse intorno al sesso umido; iniziò ad accarezzarlo con delicatezza sentendo gli umori scivolare lungo le cosce. Un piacere senza precedenti stava crescendo dentro di lei e nuovamente desiderò essere nuda e poter urlare liberamente le sue emozioni. Ma in quel momento doveva accontentarsi di quella mano sotto la cartina che clandestinamente appagava il suo desiderio. ‘E’ stupendo’ pensò Marta con le lacrime agli occhi, ‘sto finalmente per godere’. Si penetrò con indice e medio, mentre con il pollice continuava a stuzzicare il clitoride. Un lungo sospiro le sfuggì dalle labbra socchiuse. Strinse la cartina nella mano sinistra e contrasse anche le dita dei piedi, mentre l’orgasmo la faceva tremare con forza. Dopo un tempo indefinito, si ritrovò con gli occhi chiusi e la bocca spalancata senza che stesse emettendo alcun suono.
Quanto tempo era passato? Un minuto? Mezz’ora? Marta si poneva queste domande mentre rimaneva immobile nella stessa posizione. L’orgasmo l’aveva lasciata felicissima, ma esausta. ‘Marta? Sei tu?’ chiese una voce femminile; la ragazza guardò alla sua sinistra e vide un’anziana sorridente, le rispose sorpresa: ‘Zia!’. La donna si avvicinò ancora di qualche passo accompagnata da una mezza dozzina di altre persone e insistette: ‘Che succede? Non ricordi più dove abito?’. Marta si accorse in quel momento di avere ancore due dita infilate dentro e imbarazzata rispose: ‘No no, io avevo’ avevo un piccolo dubbio e mi sono fermata per controllare’. L’anziana sorrise ancora e, mentre cominciava ad allontanarsi disse: ‘Capito, noi dobbiamo mettere i dolci in frigo, tu quando hai risolto il tuo dubbio raggiungici’. Marta trasse un sospiro di sollievo e salutando con la mano sinistra osservò il gruppetto mentre spariva in una traversa. Tirò fuori delicatamente dalla passerina le due dita e si ricompose un po’, mentre sorridente pensava alle emozioni appena provate. Furtivamente si portò in bocca le dita e ne assaggiò il nuovo gusto. Adesso poteva veramente dire di essere felice. Marta credeva di aver definitivamente risolto il suo problema. Non le rimaneva che continuare a fingere con il suo fidanzato e successivamente occuparsi da sola del suo piacere. Sembrava semplice, ma non lo era. Si era subito accorta che nella tranquillità di casa sua non riusciva per nulla ad eccitarsi e senza eccitazione non arrivava alcun piacere. Ormai le era chiaro che l’unica cosa in grado di farla eccitare era il rischio di essere scoperta. A questo problema se ne aggiungeva un altro: per andare sul sicuro aveva provato a ripercorrere esattamente le stesse tappe del suo primo, e sino a quel momento unico, orgasmo. Così aveva preso il metrò e si era andata a piazzare sulla stessa panchina. Niente da fare. Il fatto che fosse tutto così perfettamente organizzato e già provato annullava l’effetto ‘rischio’. Serviva una nuova situazione.
Marta non riusciva a concentrarsi sul lavoro proprio per colpa di questi pensieri. Si guardò per un attimo intorno per studiare l’ambiente. La sua e un’altra scrivania erano posizionate lungo una parete della stanza in modo che la persona seduta guardasse verso l’interno. Lungo la parte opposta altre due scrivanie erano posizionate nello stesso modo. Nelle due pareti restanti, da una parte si apriva la porta, dall’altra una grande vetrata che guardava la città. Il collega che abitualmente occupava la scrivania accanto a quella di Marta era quel giorno assente, mente nella altre due scrivanie sedevano un uomo ed una donna.
Aver studiato la situazione aveva innescato pericolosi ragionamenti nella mente di Marte. ‘Si può fare’ pensò. Si alzò ed andò in bagno. Una volta chiusa la porta dietro di se si sfilò gli slip da sotto la gonna ed il reggiseno da sotto la camicetta e li conservò nella borsetta. Sarebbe stato troppo semplice farlo nel bagno, quindi non ne avrebbe avuto nessun piacere, così uscì e tornò al suo posto. Per un momento aveva pensato che tutti avrebbero subito capito le sue intenzioni, ma abbandonò quello sciocco pensiero quando vide che i suoi colleghi non notavano nulla di insolito.
Finse di ricominciare a lavorare al pc, ma tutta la sua attenzione era rivolta ai suoi capezzoli che già premevano contro la stoffa della camicia. La paura di essere scoperta faceva crescere sempre più la sua eccitazione, così afferrò una matita e lentamente la portò tra le cosce, ma quando il legno stava per arrivare a contatto con il suo sesso il telefono prese a squillare.

La segretaria squadrò Marta dalla testa ai piedi, poi disse: ‘La sta aspettando’. La ragazza varcò la grande porta d’ingresso e si trovò al cospetto del suo capo, un uomo sulla quarantina abbastanza insignificante. Ciò che la preoccupava non era tanto la convocazione appena ricevuta, piuttosto la metteva a disagio quella sensazione di eccitazione che non l’aveva abbandonata da quando si era alzata dalla sua scrivania.
Si sedette composta su una delle due poltroncine al di la della scrivania del capo e pazientemente attese. Dopo qualche minuto trascorso a scorrere delle carte, l’uomo la guardò e stava per iniziare a dire qualcosa, quando la voce della segretaria squillò dall’interfono: ‘Direttore, abbiamo un problema al secondo piano per il quale &egrave richiesta la sua presenza’. ‘Mi scusi’ furono le uniche parole che le rivolse mentre usciva dall’ufficio.
Marta si guardò intorno. L’ufficio era stranamente piccolo nonostante l’importanza della persona che ospitava. L’unico oggetto che riusciva ad attirare l’attenzione della ragazza era la grande poltrona al di la della scrivania. ‘Non qui’ pensò, ma più cercava di calmarsi più l’eccitazione cresceva e la voglia di toccarsi diventava difficile da controllare.
Schiava delle sue stesse emozioni, Marta si alzò dalla poltroncina e si andò a sedere sulla poltrona del capo. Il cuore martellava incessantemente, ma la ragazza sapeva che era l’unico modo per arrivare al piacere. Rapidamente si sollevò la gonna ed iniziò ad accarezzarsi, intanto tendeva le orecchie per capire se qualcuno stesse arrivando. Probabilmente la segretaria era ancora seduta al suo tavolo dietro la porta e il direttore poteva già essere di ritorno, ma tutto ciò che le importava era poter nuovamente godere.
Stuzzicava incessantemente il clitoride e massaggiava il suo sesso zuppo di umori. E se qualcuno fosse entrato in quel momento? Come avrebbe fatto a spiegare che lei aveva bisogno di farlo?
Poggiò i piedi sulla scrivania del capo e allargò ancora di più le gambe, mentre con l’unica mano libera si sbottonò la camicetta scoprendo i seni. Ecco’ c’era quasi’ tornava quel piacere provato soltanto una volta su quella panchina’

Quando il capo rientrò nell’ufficio, Marta era appena tornata a sedere su una delle due poltroncine davanti alla scrivania e mentre il direttore tornava sulla sua scrivania ebbe il tempo di riagganciare l’ultima bottone della camicia. ‘Si &egrave annoiata?’ chiese lui, lei gli sorrise e stava per rispondere quando l’uomo aggiunse: ‘Ma non era seduta sull’altra poltroncina?’

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