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Racconti CuckoldTrio

Le avventure di un cuckold nell’ Antica Roma

By 20 Marzo 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

– Lecca quella sborra, stronzo!
L’uomo, intimidito da quell’ordine si avvicinò ubbidiente al letto.
La moglie, a cavalcioni su di un secondo gladiatore, aveva ancora il suo cazzo possente infilato nella sua vagina, ma ora, spossata dalla fatica, se ne stava accasciata sul torace del suo amante.
Il marito si avvicinò al suo fondoschiena, vi si aggrappò e dilatò leggermente le natiche.
Un fiotto di sborra colò fuori dal buco del culo, orrendamente arrossato e slabbrato, scivolando sulle grandi labbra e giù, fin sullo scroto afflosciato del gladiatore.
– Su – ordinò il primo – Puliscili!
E il marito avvicinò la bocca allo sfintere della donna, allungò la lingua…
Un sapore acidulo gli avvolse le papille gustative. Un sapore conosciuto, così come quella sostanza lattiginosa che gli impiastrava la lingua.
Diligentemente ripulì il buco del culo della moglie, poi scese verso il basso e succhiandole le labbra arrivò fino ai coglioni del rivale.
– Guarda che pederasta! – sghignazzò sempre lo stesso uomo, che in piedi di fronte al letto metteva in mostra tutta la sua prestanza fisica ed un cazzo penzoloni, circonciso, di dimensioni notevoli.
Il marito, come se niente fosse, continuò il suo lavoretto e riempitosi la bocca con la pelle flaccida dello scroto iniziò a succhiare tutto lo sperma che vi era colato sopra.
A quel punto la donna si sollevò leggermente; dalla sua figa lucida di umori scivolò fuori un cazzo di notevole calibro, altrettanto unto e lucido.
A questo punto il marito non attese alcun ordine. Impugnato nella mano destra quel pezzo di carne bollente se lo portò alla bocca e subito lo inghiottì per tutta la grandezza della cappella.
– Ma guarda questo schifoso! – esplose il primo gladiatore – Questo è proprio matto: non gli basta che gli scopiamo la moglie!… Questo vuole che ci scopiamo pure lui!
E una grassa risata risuonò nella stanza.
Una stanza che, nel corso degli anni, ne aveva viste di tutti i colori!

Solo poche ore prima quella stanza era stata completamente irriconoscibile.
Marzia aveva ordinato alle ancelle di curare con la massima cura ogni aspetto dell’arredo.
Sul letto erano state stese lenzuola di seta provenienti dalla Giudea, e sulle lenzuola, una marea di petali di rose spandeva una fragranza irresistibilmente sensuale.
Candelabri, poi erano stati disposti agli angoli della camera e poco prima dell’ora di cena erano stati accesi, illuminando così di riflessi dorati tutti i soprammobili e gli ornamenti dell’arredo.
Era da poco tramontato il sole, quando vennero annunciati gli ospiti.
Il padrone e la padrona di casa si fiondarono verso l’ingresso e quando li ebbero scorti si scambiarono un impercettibile sguardo d’intesa.
Tutto procedeva alla perfezione.
Quei due gladiatori erano proprio quelli che avevano indicato al lenone.
Li avevano visti la domenica precedente, in un’esibizione pubblica alla corte dell’ imperatore Claudio. Con quali occhi li aveva osservati quella vacca di Messalina! Sicuramente se era anche già “provati”, come faceva con tutti i bellimbusti che passavano per Roma.
Tuttavia, benché già sfruttati dalla consorte reale, erano pur sempre un bel bocconcino, e Cassio non se li era lasciati scappare.
Aveva visto con che occhi se li mangiava sua moglie, Marzia, durante l’esibizione!
Ebbene, non ci aveva pensato due volte: quello doveva essere un bel regalo per il loro anniversario! Perciò non aveva badato a spese! Per accaparrarseli aveva dovuto sborsare una somma allucinante, ma che gli importava? Le sue attività mercantili rendevano più di quanto avesse mai potuto spendere, per cui…
Aggiudicati!
Ora, con indosso delle tuniche scarlatte, avevano un aspetto meno brutale, ma pur sempre provocante. I muscoli delle cosce e delle braccia sbucavano dalle vesti in tutta la loro forza, così come il loro collo taurino e le loro spalle robuste.
I coniugi si avvicinarono sorridendo. Cassio, per primo, allungò loro la mano e immediatamente i due gladiatori si inginocchiarono per baciargli l’anello.
– Ave senatore Cassio!
– No, no – si schermì il patrizio – Nessuna formalità, vi prego. Sta sera siete miei ospiti, e i miei ospiti non mi devono trattare da patrizio. Lasciate che vi presenti mia moglie, Marzia.
I due omaccioni, ancora inginocchiati, baciarono la mano della donna, poi si alzarono in piedi, mostrando di essere più alti di almeno una spanna rispetto al padrone di casa.
La nobiltà di quest’ultimo intimoriva un poco i due gladiatori, i quali, poco abituati a frequentare certe persone, erano assai colpiti dalla sfarzosità della casa.
Gli affreschi alle pareti e i mosaici del pavimento erano degni della reggia dell’imperatore. Gli stessi arredi, le posate, addirittura la servitù: tutto era di prima qualità. Nessuno a Roma poteva vantare una sistemazione come quella del senatore Cassio.
Non ci soffermeremo qui sugli argomenti che animarono la conversazione di quella sera perché furono assai futili e di nessun interesse reale.
Coricati languidamente sul loro triclinio, marito e moglie non vedevano l’ora che si passasse alla seconda fase di quel convivio, per cui quasi non si accorsero delle prelibatezze che il cuoco di casa fece servire alla loro mensa.
Ben diversa, invece, fu la reazione dei due gladiatori, i quali, mai avevano mangiato una murena arrostita come quella! E quel garum non era la solita salsetta fatta con gli scarti della cucina: quella era degna della mensa del mitico Lucullo!
Solo, i due bestioni non toccarono vino, seppure quello servito a tavola fosse del prelibato Falerno.
– Non beviamo mai quando dobbiamo… lavorare! – aveva spiegato uno di essi, quello che sembrava essere più espansivo.
Dei due, infatti, solo uno teneva alta la conversazione. Era lucano. Dopo aver disertato durante la campagna in Gallia era stato venduto come schiavo e, in quella condizione, un dominus ne aveva intuito le potenzialità fisiche e lo aveva trasformato in gladiatore.
Era alto, abbronzato. I suoi capelli scuri erano tagliati corti. I suoi occhi neri ne facevano risaltare i lineamenti duri, tagliati con l’accetta.
L’altro, invece, era di poche parole. Era straniero. Proveniva dall’ Egitto, e non sapendo parlare bene la lingua dei romani preferiva tacere. Di carnagione olivastra, aveva la testa rasata e una lunga cicatrice che gli partiva dall’orecchio e gli scendeva sotto la tunica. Lo sguardo ipnotico.
La donna era stata immediatamente colpita da lui.
Gli piacevano gli uomini misteriosi, silenziosi.
L’altro, con la sua aria da spaccone la divertiva, le sue spalle larghe e i suoi bicipiti muscolosi la eccitavano, ma i suoi occhi proprio non potevano staccarsi dall’egiziano.
Quando la cena si fu conclusa e venne portata la bacinella con l’acqua tiepida per risciacquarsi, il padrone di casa licenziò la servitù e i quattro rimasero soli al pianterreno.
– Ebbene – iniziò Cassio – Vi state divertendo?
– Molto – rispose il lucano, con un sorriso smargiasso stampato sul viso
– Mi fa piacere – rispose il padrone di casa – E spero che la serata ci riservi molti altri piaceri.
Intanto, gli occhi di Marzia non si scollavano dall’egiziano che, impassibile reggeva il suo sguardo consapevole del suo carisma.
Lentamente, continuando a chiacchierare, Cassio si alzò dal triclinio e, cingendo il fianco della moglie, invitò gli ospiti a seguirlo.
Attraversarono un lungo corridoio, poi sospinse un grande portone dorato e finalmente entrarono in camera da letto.
Lo sfarzo e il lusso dell’arredamento lasciarono esterrefatti i due uomini.
Anche l’egiziano, fino a qual momento distaccato da ogni stimolazione esterna, rimase colpito da tanto fasto.
In particolare, venne attratto da un grande affresco situato proprio di fronte al letto: su di uno sfondo rosso scarlatto era rappresentato un Priapo, simbolo di fertilità e virilità, con il suo pene enorme e ai suoi piedi una donna ed un uomo inginocchiati, a contendersi tanta abbondanza.
Una voce suadente si insinuò nelle sue orecchie: – Vuoi essere tu, questa sera, il nostro Priapo?
L’uomo si voltò e subito il suo sguardo venne rapito da quello languido della bella Marzia, la quale, aveva già allungato una mano al di sotto della sua tunica e gli stava accarezzando il torace possente.
– Il vostro? – domandò l’uomo, con un filo di voce, quasi imbarazzato a doversi esprimere in quella lingua che conosceva così poco.
– Si – rispose la donna, con quel tono da gatta morta – Il nostro. Mio… – e gettando uno sguardo al marito – …E suo… Non ti va?
Il gladiatore non ebbe tempo di rispondere che la donna gli si era già inginocchiata ai piedi e, sollevando la lunga veste scarlatta, si era impadronita del suo pezzo di carne.
Era scuro, completamente depilato. E il suo calibro era davvero impressionante. Ancora penzoloni, quella carne si dimostrava già assai robusta tra le sue dita sapienti.

– Hey! Ma cosa sei? – chiese la donna -Un cavallo?
E con decisione gli abbassò la pelle del prepuzio fino a scoprire una cappella marrone e ancora morbida, poi se l’avvicinò alla bocca e prendendosela tra le labbra incominciò a leccarla delicatamente.
Era buono quel gusto. Quanto le piaceva il sapore salmastro del cazzo! Quanti ne aveva succhiati nella sua vita! Ma, allo stesso tempo, ogni volta che ne aveva uno tra le fauci gli sembrava sempre diversa e sempre migliore della precedente.
Godeva a sentirselo indurire tra le labbra. Sentire quella leggera pressione, inarrestabile contro il suo palato. Sentire la cappella gonfiarsi e rubare spazio alla sua lingua. Sentire il gusto salato invadergli la bocca ad ogni risucchio.
L’egiziano si sollevò la tunica e se la tolse sfilandosela dal collo. E tutti poterono ammirare la vivida cicatrice che dall orecchio gli scendeva fino al torace e lì si scomponeva in una serie di tagli trasversali.

Intanto la donna s’era sfilata da quel tronco ormai duro e pulsante e con la lingua era scesa lungo l’asta venosa, fino ai suoi coglioni gonfi e allungati.
– Che troia! – esclamò l’altro gladiatore, ormai a suo agio e senza più alcun timor reverenziale al cospetto del patrizio, seduto vicino a lui su di un lungo divano imbottito – Si vede proprio che le piace il cazzo!
E infatti, sotto gli occhi accalorati del marito, la donna giocava ad infilarsi una di quelle ghiandole tutta in bocca, a sballonzolarla con la lingua, a succhiarla e poi risputarla fuori, fradicia di saliva, per passare all’altra e ricominciare da capo il gioco.
Ma questo punto, inaspettatamente, l’egiziano si spostò leggermente in avanti, sovrastando la donna con tutta la sua mole e appoggiando il piede su di uno sgabello. Marzia non aveva previsto una simile evoluzione. Credeva di essere lei a gestire la situazione; era sempre stato così le altre volte! Ora, invece…
Quel gladiatore silenzioso le aveva appena messo il suo buco del culo davanti al naso!… Indecisa sul da farsi stava per scostarsi di lato, ma la mano dell’uomo le fermò il capo in quella posizione e leggermente la sospinse in avanti..
Marzia potè solo seguire quel comando e con lo scroto dell’uomo appoggiato sulla fronte e sugli occhi, dischiuse la bocca. Mai aveva vissuto una sensazione simile: la sua lingua scivolò mollemente sull’ano dell’egiziano, la inumidì di saliva e iniziò a leccare.
Subito aveva pensato che la cosa le facesse schifo… Tutt’altro. Quelle carni delicate, leggermente pelose… l’odore pungente, ma non fastidioso…
La sua lingua si fece man mano sempre più intraprendente, arrivò addirittura ad insinuarsi verso l’interno dello del buco e i gemiti dell’uomo la incoraggiarono ancora.
Cassio, sulla poltrona, aveva smesso di parlare con l’altro e ora era rapito dalla scena.
– Penso che sia ora che anch’io mi unisca ai giochi, non crede? – disse il lucano, con arroganza, e senza attendere un assenso da parte del padrone di casa si avvicinò ai due di fronte al letto.
La donna continuava a succhiare quel pezzetto di carne saporita, talvolta risalendo fino alle palle per poi tornare al buchetto. Quando il lucano le si avvicinò non si scompose, anche perché l’egiziano, quasi a voler sottolineare la sua precedenza, le bloccò nuovamente il capo in quella posizione.
L’altro gladiatore, tuttavia, non si diede per vinto. Si posizionò dietro la donna e divaricandole leggermente le cosce, raggiunse con le dita la sua figa fradicia, penetrandola senza tante precauzioni.
Marzia sobbalzò nel sentire quelle ditone entrarle nel ventre, ma bloccata in quella posizione non poté far altro che continuare il lavoretto.

– Ti piace, eh, troia! – e affondò un terzo dito in quella guaina scivolosa
Intanto, non potendo respirare che con il naso, dalla sua bocca una colata di saliva si allargava tra le natiche dell’uomo e colava lungo le cosce muscolose di quest’ultimo.
Finalmente l’egiziano si spostò da lei e le lasciò libera la bocca.
La saliva colata dal suo mento le era scivolata fin sul seno, allora se la spalmò con voluttà lasciando le mammelle belle lucide.
Ma ora il suo sguardo ora era diretto al marito, seduto all’altro lato della sala. Mentre il suo corpo era nelle mani del lucano che, improvvisamente se la prese in braccio e la fece adagiare sul letto, a gambe larghe tra i petali di rose. Allora le si accovacciò davanti e spingendo il proprio viso sulla sua vulva incominciò a leccargliela, a stuzzicargliela con la lingua e con i denti, a farla impazzire.
Marzia non si fece cogliere alla sprovvista e incoraggiò l’uomo a continuare, tenendogli una mano premuta sul capo.
L’egiziano, invece le si coricò a lato e massaggiandole il seno le indirizzo nuovamente il cazzo in bocca così che una nuova battaglia ebbe inizio.
Il lucano, emettendo gemiti sguaiati e versi osceni, le sollevò le gambe verso l’alto; allora scivolò con la lingua fin sul suo buco del culo e li si soffermò con ardore.
Il suo bocciolo carnoso era pronunciato verso l’esterno. Profumato, morbido.
Il lucano se lo prese tra le labbra e dopo averci fatto colare un grumo di saliva sopra, iniziò a succhiarlo e a cercare di penetrarlo con la lingua.
Era proprio ciò che faceva impazzire Marzia, la quale allungò una mano verso la sua figa fradicia e incominciò a masturbarsi con decisione.

– Si, così, così! – urlava e con le dita se la menava furiosamente – Succhiami il buco del culo, dai!
E contemporaneamente succhiava il cazzo olivastro dell’egiziano, facendogli scorrere la mano velocemente sulla pelle grassa del prepuzio.
Quante emozioni tutte in un colpo solo!
La lingua del lucano diventava sempre più prepotente, facendosi largo tra le sue viscere, mentre il focoso egiziano iniziava a ruggire dal piacere.
Proprio nel momento in cui la sua bocca iniziò a riempirsi di sperma, la donna incominciò a provare un intenso orgasmo.
Dal canto suo l’egiziano, ad ogni strattone della mano confusa di Marzia, continuava a sborrare a getti potenti, come una fontana, e quel latte colava dalle labbra della donna fin sul collo e sul seno. Dal canto suo, Marzia non capiva ormai più nulla: l’orgasmo, salendo come una scossa dagli abissi del suo ventre era salito a squassarle la testa ed ora era in preda al piacere.
Il lucano continuava a leccarle il buco del culo. L’egiziano, gemendo, non la smetteva di spruzzare il suo liquido lattiginoso, ma la donna non se ne accorgeva neppure.

Si limitava a gemere, ripetendo un confuso: – Dai, dai!…. Così!
Il suo viso stravolto dal piacere nascondeva gli occhi, persi in un’altra dimensione.
Stava godendo.
Intanto, dall’altro capo del letto, suo marito si era avvicinato e si era inginocchiato a pochi centimetri dal viso della moglie
Attentamente, ammirava gli effetti di quella irrefrenabile passione impressa su quel viso e su quel cazzo strapazzato e fradicio. La sua attenzione, in particolare, era attratta dalla massa biancastra e densa che, in un lungo filo, collegava la cappella bruna dell’egiziano alle labbra della moglie e colava verso il basso fino a formare una grossa chiazza umida sulle lenzuola di seta.
Tutto, ora, era immobile.
Solo la sua mano, infilata sotto la tunica, si muoveva meccanicamente verso l’alto e verso il basso, in un fruscio di stoffa…

FINE PRIMA PARTE

Questo racconto è opera della collaborazione di due anime affini:
Swann e Giulia1937.

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donnadaltritempi@hotmail.it
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A presto

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