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Racconti Cuckold

lui, lei… e l’altro.

By 28 Novembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho portato la mia donna in montagna.
Dico la mia donna, e lo sottolineo: ha l’indole di una cagna, mi appartiene. Come io appartengo a lei, non lo nego. Dunque, ho portato la mia donna in montagna.
Si era all’imbrunire, quasi. C’è un’idea che, da un po’, mi frulla in testa. Voglio esporla. Esporre la sua libidine, la sua sessualità. Il suo sesso. Voglio mostrare il mio possesso su tutto questo. Voglio… Voglio penetrarla all’aperto col suo sesso vulnerabile, esposto: aperto.
Non mi ero mai spinto a tanto. Ho fatto in modo di fermarci a sedere nei pressi di una radura dove avevo visto le tende di un campeggio, col vago intento di far sesso lì, contro un albero. Mi sono seduto, la schiena al tronco, con lei accoccolata su di me, i seni a pochi centimetri dal mio viso. Le ho cinto le spalle con un braccio. Ho preso, con le dita dell’altra mano, a titillarle i capezzoli nascosti dagli indumenti. Ha colto, subito, i miei intenti. E, come una cagna fedele, li ha assecondati. Mi ha poggiato una mano sulla patta. Poi, col dorso, si è messa a carezzarmi il cazzo. Estate afosa, i nostri indumenti sono leggeri, pressocché inconsistenti. Sbottono la sua camicia, le scopro i seni. Tiro su il reggiseno, le mie labbra sui capezzoli. Mugugna, presa da una vaghezza strana, come una promessa di piacere. Alzo il bacino per permetterle di sfilarmi la tuta e gli slip. Mi tira fuori il cazzo, me lo sento in tiro. Le chiedo com’è, il mio cazzo. Mi risponde che è semieretto, duriccio, il glande violaceo, semiscoperto.Non glielo chiedo: si abbassa, parte dalla base: la sua lingua sull’asta, fino in cima. Lo prende in bocca, mi ciuccia il glande. Qualche secondo di piacere acre, quasi osceno, intenso: e comincia a fare su e giù. Sento la pressione delle sue labbra, il calore morbido della sua lingua: sto godendo. Sento un fruscio, mi sembra di vedere un’ombra. Ecco, ci siamo. Non ne sono sicuro, ancora, ma sento che qualcuno ci sta guardando. Mi sento il cazzo, lo sento gonfiarsi. Decido, come in un lampo, di non dirle niente. Voglio che non sappia.Le tolgo la camicia, le sfilo il reggiseno. Lei mi lascia fare, un sospiro lieve. Ne sono sicuro, adesso. C’è un tizio, dritto davanti a noi, nascosto dal tronco di una quercia. Le sfilo il cazzo dalle labbra, dolcemente. La faccio alzare, le tolgo i pantaloni: la lascio in mutande. La faccio sedere contro il tronco a gambe divaricate: la fica nascosta dallo slip, i seni esposti allo sguardo dell’uomo. Sono in piedi, davanti a lei. Le accosto il cazzo alle labbra, spingendo piano. Lo riprende, subito: il tepore di quella bocca che si apre, che cede… sembra di penetrarle la fica. Gliela scopo, quella bocca. Le dico di toccarsi, con le dita, la fica; ma senza scoprirla, da sopra la stoffa. Immagino lui: lui che guarda le dita di lei, che si titillano il clitoride, e le mie, che le stringono i capezzoli lievemente, con tenerezza. Non reggo più, le sborro tra il palato e la lingua. Spingo, sento che ingoia. Stringo un po’ di più un capezzolo: geme. Mi accoscio tra le sue gambe, le scosto le dita che carezzano la linea, divaricata, delle grandi labbra. La lecco, le lecco la fica: non le tolgo lo slip, lecco anche la stoffa. Mordicchio, accenno a baciare le piccole labbra. Accenno una penetrazione ludica, lieve. Non voglio lasciare la fica di lei, la mia fica, esposta allo sguardo di lui, dell’uomo: non ancora, non adesso. Faccio scivolare la lingua sotto lo slip, lateralmente. Lecco. La sento umida, calda. Vogliosa, fradicia. Geme. Si tocca i capezzoli, li porta alla bocca. Mi eccitava l’idea che, dalla posizione che aveva assunto, potesse vedere l’uomo, pur non avendolo ancora visto. L’ho fatta stendere sulla schiena. la testa ai piedi del tronco. Ho riproposto il mio cazzo alla sua bocca. Mi mordicchia i coglioni, poi riprende il cazzo, ancora umido di umori, di voglie, di sborra. Infilo le dita sotto lo slip. Le sfioro il clitoride, seguo la linea delle grandi labbra. Stringo le piccole. La penetro. Uno, due, tre… poi quattro, cinque dita. Tutta la mano dentro, a cono. Vedo, davanti a me, l’uomo. Si è messo di lato, rispetto al tronco. H i pantaloni abbassati, lo slip abbandonato nei pantaloni, il cazzo in tiro in mano. Tolgo la mano e… Il momento è arrivato, scosto lo slip: la espongo. La sua fica vulnerabile, spalancata, divaricata: nuda. Lo sguardo di lui la esplora, la fruga: quasi la penetra. E vedo il suo cazzo: ha un guizzo. Divarico quella fica condivisa, prostituita. La frugo con la lingua, la penetro con le dita. I nostri sguardi si incrociano: è un attimo, un assenso. Mi alzo, mi accosto al viso di lei. Le dico tutto: le leggo il desiderio negli occhi. A quel punto, è un attimo: il cazzo di lui dentro di lei. Stantuffa, geme. Dura un po?, è vigoroso, forte: temo la sfondi. Non viene, lo trira fuori: è enorme, veramente: cazzo degno del negro che era. Prende a leccarle l’ano. Le divarica le gambe, sollevandole il bacino. La mette a quattro zampe: è dentro. Lei urla, piange: capisco che le piace. Muove il bacino contro il suo cazzo. Mi accosto, le titillo i capezzoli. Un grugnito: è venuto.

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