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Racconti Cuckold

Marika e Willy

By 15 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Da studente avevo l’abitudine di studiare insieme con qualche buon collega per rendere più leggero lo studio. Era un sollievo studiare con qualcun altro perché non si rischiava di rimanere soli. Stavo preparando un esame piuttosto difficile, previsto per la metà di luglio, con un mio caro amico e avevamo cominciato a studiare per tempo durante la primavera. L’esame era un mattone difficile e lungo da digerire, ma ce la stavamo mettendo tutta nonostante, si sa, in primavera le ragazze comincino ad indossare abiti più leggeri e le gonne svolazzanti attiravano la nostra attenzione. Il mio amico, Willy, ed io studiavamo dalle nove del mattino fino alle nove di sera con un breve interruzione per un panino a pranzo. Durante il giorno ce ne stavamo rintanati in casa a studiare e uscivamo il meno possibile per non farci distrarre. Dopo cena io vedevo i miei soliti amici e lui usciva con la sua ragazza Marika. Qualche volta ero uscito con loro a bere una birra o mangiare una fetta di melone. Marika è una bella ragazza acqua e sapone, con qualità non esibite molto provocanti. La primavera aveva alleggerito i suoi abiti e io avevo avuto modo di valutare che sotto quei vestiti batteva un cuore grande, ma anche curve piuttosto pronunciate dure come il cemento.

Arrivò luglio e il caldo divenne insopportabile. Le ultime due settimane, per studiare anche dopo cena, decidemmo di trasferirci nella casa di campagna di Willy, dove c’erano meno distrazioni e un po’ di fresco. Un giorno Marika, a sorpresa, venne a trovarci. Aveva portato con se qualche leccornia da mangiare. Mangiammo fuori, nell’aia assolata, sotto un platano gigantesco che ci restituiva un po’ di fresco. Era davvero molto caldo, avevamo mangiato con gusto e bevuto vino ghiacciato. Stavamo bene insieme e a me non pesava affatto reggere il moccolo.

Dopo il caffè, eravamo ancora a tavola sotto il platano e non ci decidevamo a tornare a studiare. La compagnia di Marika era piacevolissima. Una ragazza di spirito che non mancava di prende in giro il suo ragazzo e me. Ridevamo sereni e felici di quella giornata spensierata e inaspettata.  Avevo la vescica che stava per scoppiare e, senza preamboli, mi alzai per andare a far pipì.

“Dove vai?” mi chiese Willy

“In casa a far pipì, ne ho pronti cento litri “ risposi tranquillo.

“È inutile andare in casa. Falla fuori! Vai dietro quella siepe,così rimani in contatto con noi”,

Marika scoppio a ridere (eravamo un po’ brilli e bastava poco) e, mentre rideva, disse “Che bello poter fare la pipì in libertà. Avrei voluto essere un maschio anche io per poter fare liberamente pipì dietro gli alberi. Anche perché mi sarei divertita un mondo a fare il pompiere e spruzzarla tutt’intorno.”

Marika non aveva ancora smesso di ridere che Willy, rivolto a me, disse: “Se non ti dà noia, falle pare il pompiere con il tu cazzetto”. Risposi che io non avevo problemi e Marika accettò subito. Non andammo dietro la siepe, ma rimanemmo vicini al tavolo in modo che il mio amico potesse godersi lo spettacolo. Marika si mise alle mie spalle, con le braccia attorno alla mia vita, in modo da potere operare sulla mia patta. Aderiva perfettamente al mio corpo e sentivo le sue tette premere sulle mie spalle. Sentivo l’odore della sua pelle bruciata dal sole. Immaginavo le sue belle gambe, accaldate e forti, che puntellavano la spinta del suo bacino sul mio culo per poter raggiungere con le mani la mia patta. Aveva appoggiato il mento sulla mia spalla per poter guardare davanti a me cosa stava accadendo.  

“Sei fortunato – disse Willy – se Marika fosse stata un uomo non avrei dato un euro per la tua verginità anale“

“È ben custodita e poi di Marika mi fido” risposi cercando di nascondere quel piacere che il corpo di Marika mi procurava.

“Non ti fidare troppo – rispose ridendo Marika – potrei perdere il controllo di me stessa!”

 Marika volle eseguire tutte le operazioni, compresa l’apertura della cerniera e l’estrazione del pene. Ridevamo tutti a crepapelle. Marika si stringeva a me sempre più per poter raggiungere con le mani la cerniera. E rideva, rideva come una bimba. Guidata dal mio amico, Marika aprì la cerniera, infilò la mano nei pantaloni, frugò e cercò un po’ in giro per trovare il pene (che si stava indurendo). Lo prese in mano e lanciò un urletto di gioia.  “Eccolo! Ce l’ho! È mio!” gridò, suscitando le risate di Willly.

Marika lo estrasse con cura per non farlo strisciare sulla cerniera aperta, lo scappellò. Si sprigionò l’odore del mio sesso.

“Uhmmm! Che profumo! “ disse Marika e cominciai a pisciare.

Fu una pipì lunga durante la quale Marika muoveva il pene dirigendo il getto ora di qua ora di là. Provò persino a lanciarlo vero l’alto per seguirne il percorso giallognolo. Ma soprattutto Marika si stava divertendo un mondo. Ebbi appena il tempo di dire che mi aspettavo che Marika mi restituisse il favore mi facesse dirigere la sua pisciata, che il flusso della pipì cominciò a diminuire.

“Avrei potuto spegnere qualsiasi incendio, con questa pompa in mano “ disse Marika riprendendo a ridere.  

 “Ora che la pisciata è finita, prima di rimetterlo nei pantaloni, devi scrollarlo per far cadere anche l’ultima goccia” disse Willy a Marika.

Marika non si fece pregare e, pur rimanendo incollata a me, cominciò a scrollarlo con larghi gesti teatrali, provocando le risate generali.

“Attenta Marika, perché dopo la terza scrollata è omologata sega” le dissi.

Marika, ridendo ancor più forte e senza smettere di scrollare, rispose: “Ooops, Troppo tardi, sono già alla quinta scrollata”. Willy suggerì: “In questo caso, Marika, ti conviene finire il lavoro.”

Potevo sottrarmi? Annuiì!

E così, rimanendo alle mie spalle, Marika cominciò a segarmi e il mio pene ad indurirsi. Cresceva la mia eccitazione, ma anche quella di Marika. Sentivo il suo fiato sul collo ed il suo respiro affannoso, di tanto in tanto rotto da un sussulto del cuore. E più sentivo il suo fiato e più l’eccitazione ed il pene crescevano. Segava lenta, Marika, come se volesse gustarsi tutto. Il pene era gonfio, nella sua massima estensione, rigido e profumato, la cappella era diventata violacea e Marika, con la sua manina gentile andava ancora su e giù lenta, ma inesorabile.

Sentivo l’orgasmo montare dentro di me. Come un fiume in piena! Il silenzio era rotto dai miei gemiti di piacere. Qualche moscone gironzolava attorno all’area delle operazioni ma nessuno se ne curava.  

“Sta diventando troppo secco, Marika. Devi inumidirlo un po’”  ruppe il silenzio Willy. Marika portò la mano alla bocca e ci riversò un po’ d saliva. Poi riprese a segarmi impastando la saliva con il mio pene. Sentivo ansimare e gemere anche Marika, che ora aveva appoggiato la sua bocca sulla mia spalla. Poi allungò l’altra mano e afferrò i miei coglioni e cominciò a massaggiarli delicatamente. Ero in estasi.

“Non è sufficiente. Devi inumidirlo ancora.” Riprese Willy. Marika si spostò, abbandonò la posizione dietro le spalle e si inginocchio davanti a me. Non avrei mai sperato tanto. Aprì la bocca e lo infilò tutto dentro. Richiuse le labbra attorno. Ormai stavo per esplodere. Scaricai tutto nella sua bocca, mentre lei continuava a succhiare. Le presi la testa fra le mani. Le accarezzai i capelli e la tenni ben ferma perché non mi abbandonasse nel momento più delicato.

Quando anche l’ultima goccia di sperma cadde nella sua bocca, lei si alzò e senza dire una parola andò a baciare Willy. Non so se avesse ingoiato tutto. Non so se ne versò una parte nella bocca di Willy. So che per non rovinare il momento magico, non chiesi nulla. Nè ne riparlai più con Willy.

Cedendo alle pressioni dei lettori, ho deciso di dire la verità. È vero rimasi molto colpito da quanto era successo e ne serbai il giudizio e la curiosità per molto tempo. O più precisamente, per molte ore. Chiunque sarebbe rimasto, come me, piuttosto turbato dal comportamento di Marika e Willy. Lei, con il consenso di lui se non con il suo incoraggiamento, mi aveva praticato un pompino ed aveva versato il mio seme, poco o molto che fosse, nella bocca di lui. Ce n’era abbastanza per farsi molte domande.

In ogni caso, dopo quel bacio, ci ricomponemmo tutti e tre e non ne parlammo più. Anzi facemmo di tutto per distogliere l’attenzione da quanto era avvenuto, ritornando alle nostre solite occupazioni: Willy ed io, dopo aver raccolto piatti e posate, ci dedicammo allo studio e Marika ci fece omaggio della lavatura dei piatti. Nessuno ne parlò più e Marika si mise a leggere un libro fino a quando non arrivò l’ora in cui passava l’autobus che l’avrebbe riportata a casa. Venne a salutarci. Baciò appassionatamente Willye me da buoni amici, ma nell’allontanarsi da me, non riuscì a frenare la propria indole giocherellona e allungò la mano a stringere il pacco e disse: “Ciao, puffo pompiere”.

Ridemmo e l’accompagnammo sulla strada provinciale e le facemmo compagnia fino a quando, pochi minuti dopo, non arrivò l’autobus.

Tornammo in casa, ci mettemmo in mutande e ci accomodammo a studiare su quelle sedie che ormai erano diventate strumento di tortura, con buona lena fino a tardi. Avevamo mangiato abbastanza a pranzo per accontentarci di un po’ di frutta per cena. L’aria si era fatta più fresca e ci riposammo, dopo cena, sull’aia. Avevamo studiato tanto ed eravamo stanchi. Avevamo una notevole scorta di birre in frigo e ci spaparanzammo su un dondolo un po’ scassato, ma che ancora reggeva, seduti fianco a fianco ognuno con la sua birra in mano. Io ripensavo a Marika ed al suo pompino, ma non osavo chiedere nulla a Willy. E, invece, fu lui a ritornare sui fatti. 

“Ho visto che ti è piaciuto, ti è piaciuto molto il pompino di Marika.” Disse a bruciapelo

“Bè, un pompino fa sempre piacere! E tu da cosa hai capito che mi è piaciuto ….. molto”

“L’ho capito da come le hai afferrato la testa, come l’hai immobilizzata quando stavi ormai per venire” 

“Oh, è stato un gesto automatico, temevo che smettesse proprio quando mi piaceva di più. E tu? A te è piaciuto?”

“Cosa? “ Chiese Willy

“Che Marika mi facesse un pompino!” azzardai io

“Marika è una ragazza molto bella, ma anche molto determinata. Non fa mai nulla tanto per fare. E quando fa l’amore o solamente un pompino ci mette l’anima. E, oltre che fare l’amore con lei, è bellissimo osservarla mentre fa l’amore. Ci sono delle volte che facciamo l’amore che io godo molto di più a guardarla mentre si procura piacere con il mio cazzo dentro di se, che dall’atto in se. Oggi ho potuto ammirarla in azione con un amico in tutta la sua bellezza”

“Vuoi dire che non sei geloso, che non sei arrabbiato con me?” 

“Perché dovrei esserlo? L’ho spinta io a farti quel pompino. Ed è stato uno spettacolo bellissimo. Lei è nata per scopare! Guardarla è semplicemente meraviglioso per il grado di eccitazione che riesce a procurarti. Guarda qui! Mi sono eccitato al solo pensiero” e nel finire la frase si alzò in piedi e tirò giù le mutande scoprendo un pene molto più grande del mio ed in tiro. Si rimise seduto affianco a me. Non potevo fare a meno di guardare quel prodigio. Quella era la ragione perché a Marika piaceva tanto scopare, aveva, a disposizione, uno strumento invidiabilissimo.

“E tu? Non sei eccitato a ripensare a quello che è successo oggi pomeriggio?” continuò Willy.

“Certo che si! “ risposi alzandomi in piedi e abbassando le mutande quel tanto che si vedesse il mio pene in tiro. Ero un po’ a disagio e lo rimisi nelle mutande subito. Poi, per smorzare la tensione, dissi: “vado a pisciare” e mi avviai un po’ distante dal dondolo.

Willy, silenziosamente, mi fu vicino prima che io potessi raggiungere l’albero dove intendevo spargere la mia urina. “Voglio fare il pompiere anch’io” disse Willy, abbracciandomi da dietro.

Sentii il suo petto aderire alla mia schiena, così come era successo poche ore prima con Marika. Sentii la sua pelle calda riscaldare la mia che nel fresco della sera si era un po’ raffreddata. Non osai opporre resistenza. In fondo mi aveva fatto spompinare dalla sua ragazza, dovevo essere gentile. Infilò una mano sotto le mutande ed afferrò il mio pene, mentre con l’altra mano abbassava le mutande, che caddero fino al ginocchio. 

“Dobbiamo spegnere l’incendio. Aprite i rubinetti!” disse serio, mentre la sua mano mi accarezzava i fianchi nudi e le pancia e saliva fino a stuzzicare i miei capezzoli. Ma, soprattutto, sentivo il suo cazzo appoggiato sulle mie chiappe. 

Non avevo mai desiderato un rapporto omosessuale ed i finocchi mi avevano sempre fatto un po’ ripugnanza. Ero ben felice di non essere omosessuale, ma in quel momento mi piaceva sentire il caldo della pelle di Willy sulla mia, la sua mano esperta che aveva scappellato il mio pene, che dirigeva il getto a destra e a manca e, soprattutto, mi piaceva l’altra mano che mi torturava i capezzoli.

Cominciò a baciarmi sul collo e mi piaceva ancor di più. Ero completamente nelle sue mani e mi piaceva. 

“Allarga un po’ le gambe” mi disse mentre ormai la pisciata stava finendo. 

“Non l’ho mi fatto. Non voglio – dissi – rivestiamoci “

“Ma cosa dici, voglio solo mettertelo tra le gambe e strusciarmi per dare a me un po’ di piacere e te un po’ di sollievo” 

“No, non voglio “ risposi ancora con un fil di voce. Mi ero già arreso.

“Andiamo! Non aver paura, voglio sentire le tue gambe attorno al mio cazzo. In fondo oggi pomeriggio tu hai trovato sollievo nella bocca di Marika. Ho diritto anche io di trovarne tra le tue gambe!”

Allargai le gambe e come una molla carica, il suo pene ci si infilò dentro. Sentivo una strana sensazione. Una piacevole sensazione tra le gambe. Ondeggiava il bacino in modo che il suo pene si muovesse tra le mie gambe ed io ondeggiavo con lui. Godevo anche io e lui se ne accorse. Senza smettere di dondolarsi e di baciarmi il collo, lasciò il mio pisello e con la mano libera si insinuò tra le chiappe. Cercava il buco.

“No” dissi con più forza, ma senza smettere di dondolarmi per non fermare la sega che gli stavo facendo con le gambe. Mi piaceva.

“Andiamo! Voglio solo fargli delle carezze “ disse mentre sputava nella mano per poter facilitare l’introduzione. Continuavo a dondolarmi, ormai da solo, mentre lui inumidiva il buco e cominciava ad infilare un dito.

“No, no, ti prego. Willy. Non mi piace, non l’ho mai fatto!” dissi supplicando

“Se non l’hai mai fatto come fai a dire che non ti piace – rispose lui che ormai aveva capito che la mia resistenza sarebbe stata molto debole – e poi, non voglio farti proprio niente di male, solo accarezzarti un po’ ”.

Continuavo dondolarmi e continuai a farlo anche quando mi accorsi che il pene di Willy non era più fra le mie gambe. Ormai armeggiava con le dita sul mio buco ed io dondolavo favorendo la penetrazione del primo dito. Mi piaceva. Mi piaceva che qualcuno si prendesse cura di me. Sentii il dito ormai completamente dentro.

“Uaoh – disse Willy, mentre ruotava il dito nel culo – è meraviglioso. Hai un culo fantastico. Continua a muoverti così, bravo”

Portò altra saliva sul mio buco, mentre io ero ancora appoggiato con le due mani sull’albero ed il culo un po’ in fuori per offrirglielo. Infilò un secondo dito. Mi stimolava la prostata. Ricominciò a ruotare le dita. Mi piaceva. Mi bruciava, ma mi piaceva.

Piano piano estrasse le due dita dal mio culo e vi appoggiò il glande. 

“No, ti prego Willy. Non voglio. Non sono un finocchio. Non voglio”

“Nemmeno io sono finocchio e nemmeno io voglio. Te lo appoggio sul buco così possono fare conoscenza. Non posso spingertelo dentro è troppo asciutto” rispose Willy. Lo lasciai fare e lui riprese a baciarmi il collo. Poi mi fece girare. I miei movimenti erano un po’ impediti a causa delle mutande che mi legavano le gambe. Ora era di fronte a me e prima ancora che potessi capire cosa stava per fare mi baciò sulla bocca. Con la lingua. Risposi al bacio che durò a lungo. Con le mani cominciò a premere sulla spalle. Capii cosa voleva e non mi opposi. Mi inginocchiai e glielo presi in bocca. Non l’avevo mai fatto e non sapevo come si fa, ma speravo che se l’avessi fatto venire, avrei salvato il culo. Ma era più difficile di quel che pensavo perché me lo infilava con forza in fondo alla gola. Mi sembrava di morire soffocato. Mi venne da tossire e tossii. Ne approfitto per farmi rialzare e girare. Armeggiava di nuovo sul mio culo. Spalmò una generosa porzione di saliva e di nuovo posizionò il suo pene sul mio buco.

“No, Willy. Ho detto di no. Non farlo”

Ma Willy non mi ascoltava ed io ero preso tra la voglia di lasciarlo entrare e la rabbia di ribellarmi. Ma lo lasciavo fare. Sentii che la punta aveva già cominciato ad entrare. Cominciavo a desiderarlo.

“Non voglio entrare. Voglio solo che facciano la conoscenza, che il tuo culo accetti il mio cazzo”

Desideravo che entrasse e lo sfintere cominciò a rilassarsi. Entrò per almeno due centimetri. Il dolore era lancinante, ma a quel punto volevo andare fino in fondo.

“Spingi. Spingi forte – gridai, mentre anche io, appoggiato all’albero, spingevo indietro il culo per favorirne la penetrazione – ora mi devi spaccare il culo!”

Mi sembrava che i tessuti anali si stessero strappando. Sentivo quella furia che entrava centimetro dopo centimetro. Finalmente entrò tutto. Mi aggrappai all’albero mentre Willy cominciò a pompare.

“Voglio riempirti. Voglio riempirti del mio sperma – diceva mentre pompava su e giù – se lo hai già preo nel culo, ora sentirai il mio sperma che ti incendierà di passione e ti brucerà le viscere” 

“Si, si Willy, spaccami il culo, fammi godere. Non l’ho mai preso prima ma incendiami di passione, bruciami le viscere lo stesso”

“Ti riempirò il culo fino a fartelo esplodere. Ora il tuo culo ha accettato il mio cazzo e sono io il suo padrone”

“Si, si, sei tu il padrone del mio culo. Fammi godere, fammi godere”

 

Andò avanti a fottermi parecchio tempo. Dieci minuti? Venti? Trenta minuti? Non lo so! Sembrava che l’orgasmo non dovesse finire mai e quando mi scaricò tutto il suo sperma, sentii come un incendio riscaldarmi l’addome. Ci fermammo un attimo per riprendere fiato. Mi girai e lo baciai sulla bocca, poi mi abbassai e con la lingua gli ripulii la cappella. Fantastico. Era stato fantastico.

Eravamo a letto, nella stanza che al mattino è più fresca perché esposta a nord. C’eravamo lavati dopo il sesso fatto nell’aia. Mentre entravamo in casa, avevo sentito lo sperma di Willy uscirmi dal sedere e colarmi lungo le gambe. Una sensazione che in altre condizioni mi avrebbe dato un gran fastidio. In quel momento teneva viva la mia eccitazione. Ci mettemmo a letto nudi perché era molto caldo. A letto avevo avuto modo di guardare e vedere il sesso di Willy. Era a riposo, certo, ma mi colpì che aveva il sesso completamente depilato, pulito. Mi tornava la voglia sentirlo dentro di me, ma mi bruciava ancora tanto. 

Mi accarezzava il petto, pizzicando i capezzoli. Poi scendeva con la mano giù verso il mio sesso, che accarezzava con maggior delicatezza. E intanto mi baciava il collo, l’orecchio, le labbra. Era dolcissimo e cresceva il desiderio di prenderlo ancora dentro di me.  Temevo di riaccendere il bruciore che solo ora stava scemando.

“Mi è piaciuto molto sentirti dentro di me. Ho provato un orgasmo che non avevo mai provato. È stato magnifico anche il pompino di Marika. Al solo pensiero mi torna nuovamente duro. Come mai hai lasciato passare due settimane, qui in campagna da soli, senza mai provarci prima? e poi, oggi, prima Marika e poi tu! Cosa è successo?” gli chiesi con fil di voce, temendo di irritarlo e ricordandogli quel che aveva fatto la sua ragazza.

“Non è stato un fatto casuale. – rispose Willy – Era da qualche tempo che Marika ed io, stavamo progettando di fare l’amore in tre, con un altro ragazzo. La scelta è caduta su di te, ma una delle richieste di Marika era che fosse qualcuno che apprezzasse e gli piacesse il sesso anale, perché lei desidera assistere a un rapporto omosessuale. Io avevo capito già da qualche giorno che con te sarebbe stato possibile, ma lei oggi è venuta qua per accertarsi che piacessi anche a lei. Le ho già telefonato per confermarle che abbiamo fatto del sesso molto bello e le ho chiesto di raggiungerci domani”.

Rimasi in silenzio. Ero stato verificato e avevo superato la prova. Non sapevo se esserne felice o umiliato per essere stato usato. Mi girai su un fianco dandogli le spalle. Si avvicinò a me e sentii di nuovo tutto il calore del suo corpo. Sentii anche la sua eccitazione che continuava a crescere e a spingere sul mio sedere. Lo desiderai ancor di più.

“È di nuovo duro; è pronto per una nuova incursione. Mi fai eccitare al solo contatto con la tua pelle” mi disse.  

“Sono eccitato anch’io, lo vorrei anch’io, ma il culo mi brucia ancora molto. Ho paura che alcuni tessuti si siano lacerati e non vorrei peggiorare la situazione” risposi. Allungò la mano e prese il mio pene. Era nello stato barzotto. Lo scappellò e poi lo ricoprì e poi lo scappellò ancora fino a farlo diventare duro. Poi si fermò. Mi piaceva la sua mano. Avevo voglia di un orgasmo, di eiaculare.

“Capisco – disse e mi baciò sul collo – e non voglio metterti ansia. Del tuo pene se ne occuperà Marika. Io vorrei aiutarti, ma non posso. Voglio, invece, riempirti la bocca di sperma.”. E mi prese la testa fra le mani per tirarla, dolcemente, verso il suo sesso.

Mi girai e avvicinai la bocca al suo pene. Era splendido per le dimensioni e il colore. E poi, l’assenza totale di peli lo rendeva ancora più maestoso. Con una mano presi i testicoli tra le dita e accompagnai il pene a entrare nella bocca. Era nobile, bello e profumato. Lo scappellai e comincia a leccargli la cappella soffermandomi poi laddove il frenulo si attacca all’asta. Mi accarezzava i capelli mentre mi sussurrava dolcissime parole. Lo infilai tutto in bocca e cominciai a succhiare; poi lo estraevo e lo re-infilavo dentro. Mi piaceva, mi piaceva da morire succhiare il cazzo di Willy. Non avevo succhiato nessun altro cazzo prima di allora, né avrei mai immaginato che mi sarebbe piaciuto tanto, ma la sua dolcezza unita alla forza che sentivo emanare da quel semplice pene, m’inebriava e mi eccitava. Sentivo il suo piacere montare, sentivo i suoi gemiti di piacere aumentare di ritmo, sentivo che gli si fermava il respiro, mentre il cazzo già enorme, mi sembrava si gonfiasse ancora di più.

Mi sentivo pervaso dalla sua forza alla quale sentivo non poter opporre nessuna resistenza. E, per questa ragione, quando mi spinse dalle spalle per farmi assumere la posizione supina, pur rimanendo con il suo pene in bocca, non mi opposi. Fu ancora lui a sorprendermi. Si girò in modo tale che potessi appoggiare la testa sul letto mentre lui mi sovrastava e aveva la mia bocca in pieno potere. Inarcò la schiena e sollevò il bacino per non schiacciarmi e, come fosse la cosa più normale del mondo, cominciò a scoparmi la bocca.  Respiravo a fatica, il suo pene scendeva fin nell’esofago e poi veniva fuori creando il vuoto. Accusavo conati di stomaco che riuscivo a malapena a non curare. Sollevava il bacino ed estraeva quasi tutto il suo cazzo dalla gola, per poi rituffarsi dentro cadendo a corpo morto. Sentivo che ormai il suo orgasmo era vicino e questo mi rendeva orgoglioso.

Il suo orgasmo fu come uno tsunami: improvviso e gigantesco. Sentii la pressione violentissima del suo seme nella bocca. Poi estrasse il cazzo dalla mia gola e ricadde pesantemente ed esausto sul letto. Mi baciò ancora e con la lingua andò a scovare quel che era rimasto del suo seme nella mia bocca. Ci addormentammo abbracciati. 

Al mattino mi svegliai alle prime luci dell’alba. Ripensai a quanto era accaduto la sera prima, a com’ero stato amato. Allungai una mano e gli toccai il pene. Aveva i coglioni stretti tra le gambe. Glieli liberai. Scappellai il pene. Desideravo prenderlo ancora. Il bruciore al culo era passato. Lo volevo ancora nel culo. Cercai di farlo diventare duro fino a quando lui non si lamentò e mi spinse fuori dal letto dicendo che voleva dormire. Gli lasciai libero il pene e lo guardai. Era straordinario quanta forza fosse racchiusa in quel giovane corpo raggomitolato. Rimasi ancora a letto ancora un po’, poi mi alzai e andai a preparare la colazione.  Mi venne l’idea che avrei potuto andare fino al villaggio a comprare delle brioche al cioccolato che a lui piacevano tanto.

Il villaggio era a circa quattro kilometri dalla casa, ma prendendo una stradina che lambiva un boschetto e attraversava i campi, sebbene bisognasse scendere e risalire, la distanza si dimezzava. Mi avventurai. Arrivai al villaggio e comprai dieci brioche al cioccolato, ne mangiai una e mi avviai sulla strada del ritorno, quando mi sentii chiamare. Era Marika che era appena arrivata con il pullman.

“Ciao puffo pompiere! Sei solo? Che cosa fai qui al villaggio?”

“Ciao Marika, credevo che dovessi arrivare stasera. Willy è casa che dorme ancora. Io ho pensato di venire a comprare delle brioche per la colazione.”.

“Stupendo! Mi piacciono le brioche. Ti ho visto dal pullman e sono scesa qui. Ora come torniamo a casa?”

“Vieni con me, non è lontano. Conosco una scorciatoia”

Marika prese una brioche e non mi chiese nulla della sera prima, né della verginità che avevo donato a Willy. Non mi disse perché era venuta. Non sapevo se mostrare di conoscere l’accordo tra lei e Willy. Nel dubbio preferii tacere. Sembrava molto allegra e ci avviammo sulla scorciatoia.  Lungo la strada parlammo del più e del meno, discorsi senza importanza fino a che, nei pressi del boschetto, Marika vide delle fragoline di bosco spuntare nei cespugli.

“Ehi! Ci sono cespugli pieni di fragole – gridò – dai, raccogliamone un po’ e poi le mangiamo con Willy” e si chinò a raccogliere fragole. Aveva una gonna leggera e corta a metà coscia e nel piegarsi ne scoprì il resto fin quasi a scoprire le mutandine. Aveva delle gambe bellissime, affusolate e lunghe. Si accorse che le stavo guardando, ma non disse nulla.  Poi mi diedi da fare per aiutarla. Raccogliemmo fragole fino a riempire il sacchetto delle brioche. Erano belle rosse e profumate. Dovetti mantenerla perché non cadesse per raccogliere quelle sul ciglio di un piccolo canale. Marika disse: “Uhm, le portiamo a Willy e faremo un’ottima colazione tutti insieme. Ne abbiamo a sufficienza da fare con il limone o con la nutella. Abbiamo limone e nutella a casa? Buonissime.  Ne abbiamo anche da mangiare un paio qui, per gratificarci per il lavoro fatto. Cosa ne pensi?”

Così dicendo ne prese un paio dal sacchetto per farmele assaggiare. Non feci in tempo a risponderle che Marika mise un piede in fallo, prese una storta e cadde. Sarebbe stata una caduta da nulla ma, proprio dietro di lei, c’era un imponente cespuglio di rovi e spini. Tra il dolore della distorsione le spine che avevano trafitto le gambe e le braccia, Marika lanciò un urlo e rimase impietrita dalla paura che muovendosi potesse peggiorare la sua situazione con altre spine che l’avrebbero certamente graffiata. La aiutai a rialzarsi. Era tutta dolorante. Aveva numero spine conficcate nella carne e la caviglia che le faceva male. I graffi procuratigli dalle spine durante la caduta, lasciavano uscire un po’ di sangue. Non sarebbe morta dissanguata, certo, ma la vista del sangue le fece un po’ impressione.

“Stenditi a pancia in giù sull’erba, ti tolgo le spine e intanto ti riposi che si mette a posto la caviglia.” Dissi premuroso.

La aiutai a stendersi. Stesa sull’erba, le sue gambe risaltavano ancor di più e sembravano tentacoli di una gigantesca piovra. Quelle gambe così belle, gambe per amare, terminavano in un sederino pieno e sferico che reclamava la sua parte di giustizia.  Le tolsi le numerose spine ancora conficcate. Si trattava di piccole spine che erano entrate nella carne per un millimetro al massimo. Le davano più fastidio che dolore. Diverso fu per i graffi, anch’essi superficiali ma che le davano un bruciore continuo. Mi adoperai per pulire le ferite e, allo scopo di lenire il bruciore, le leccavo i graffi lasciando abbondante saliva. Ero eccitato. Per continuare a godere di quello stato di eccitazione, allungavo il tempo della cura. Indugiavo con la lingua sulle belle gambe, trascinando la lingua da un graffio all’altro. Lei era tranquilla e soddisfatta del trattamento.

La mia eccitazione cresceva e non mi bastava più leccarle le ferite, cominciai a vagare con la lingua sulla sua gamba, Feci uno sforzo enorme per produrre ancora saliva da poter lasciare sulle sue gambe al passaggio della lingua. Poi mi ricordai che Willy mi aveva detto che del mio pene se ne sarebbe occupata Marika e decisi di osare. Spostai la gonna un paio di centimetri più su e leccai la parte scoperta. Poi spostai la gonna ancora e, svelto, leccai ancora. Questa volta Marika si lasciò sfuggire un gemito che io interpretai come un segno d’incoraggiamento. Scoprii il sedere di Marika che ora era solo protetto dalle mutandine rosa. Leccai lungo il bordo aspettandomi un cazziatone che non arrivò. Ero imbaldanzito dal successo.

“Ti sei procurata delle belle ferite perfino sotto le mutandine. – dissi mentre risolutamente afferrai i lembi delle mutande per abbassarle – bisogna scoprire la parte.”.

“Oh, si! Si! Togli queste stupide mutandine – rispose Marika – ma ti prego continua a curarmi come hai fatto fino ad ora. Hai fatto un corso da infermiere?”

“No. È un talento naturale – risposi mentre avevo cominciato a far scivolare le mutandine – Vediamo cosa si può fare. Questi graffi sono molto fastidiosi e oggi, invece, deve essere la nostra festa” Si muoveva per facilitarmi l’operazione e portai le mutandine giù fino al ginocchio e poi tornai all’altezza del sedere.

“Oh, porca miseria! Guarda qua quanti graffi! – dissi, sicuro che nessuno potesse smentirmi – bisogna fare in fretta, rischi una cicatrice a vita!” e ricominciai a leccare il sedere dove, ovviamente, non c’era nemmeno l’ombra dei graffi.

Poi delicatamente afferrai con le due mani le sue chiappe e le allargai in modo da poter entrare con la lingua. Guadagnavo centimetro dopo centimetro verso il suo buchino. Quando ci arrivai, lei aveva già ricominciato a gemere per il piacere che si aspettava piuttosto che per quello che ne ricavava. Ero il campione della lingua ed anche in quel frangente mi ricoprii di gloria. Adesso era lei che allargava le gambe, invitandomi a superare la zona perineale e scendere fino sulla sua passerina. La feci girare sulla schiena, le aprii le gambe che ora erano piegate sulle ginocchia. Mi disposi in ginocchio, tra le sue gambe e delicatamente raggiunsi la passerina e le grandi labbra. Le aprii. Fu come aprire la pentola del ragù che bolliva: venne su tutto il profumo della sua giovane figa in calore, liberando una sinfonia di profumi. Era già abbondantemente bagnata. Mi buttai con la lingua e cominciai a praticarle un cunnilinguo da manuale. Leccavo la sua figa e bevevo i suoi abbondanti umori, mentre lei mi teneva una mano sulla testa. Gemeva e godeva senza freni. Mi accarezzava i capelli, mi spettinava e poi mi pettinava.  Le infilai un dito nella figa. Entrò senza nessuno sforzo. Cercai il suo punto G, ma mi accorsi che non ce n’era bisogno perché lei era già vicina al suo primo orgasmo. Ansimava e faceva fatica a parlare. Tuttavia riuscì a farsi capire e disse: “Ora basta, puffo pompiere! Ora mettimi dentro qualcosa di sostanzioso”.

Non me lo feci ripetere. Mi alzai, tolsi i pantaloncini, tolsi le mutande scoprendo un pene in tiro che non temeva la legge della gravità.

“Oohh! Si, si puffo, vieni, vieni dentro” sospirò! Non ebbe il tempo di terminare il suo sospiro che aveva già la passerina piena. Appoggiai le sue gambe sulle mie spalle alzando così la sua figa una decina di centimetri da terra, in modo che io, in ginocchio, avessi la posizione migliore per cominciare la danza delle mille e una notte. I suoi caldi umori facilitarono l’ingresso e si presero cura del mio pene che era ormai diventato il padrone della situazione.  Andai avanti a spingere parecchio tempo sentendo il suo piacere salire al cielo insieme ai suoi gemiti ormai non più soffocabili.  Riconobbi distintamente almeno due suoi orgasmi, annunciati dagli spasmi di piacere e confermati da abbondante produzione di umori caldi e vischiosi. Mi ammazzavo per resistere quanto più possibile. Sapevo cosa era in grado di fare il vecchio Willy e cercai in tutti i modi di superarlo. Fino a che fu lei a dire: “Mi fai impazzire di piacere. Ti prego, voglio sentire anche il tuo orgasmo. Voglio sentirti venire dentro di me. Non aver paura, riempimi la figa. Vieni, vieni, riempimi!! Non aspetta che te” 

La riempii e caddi esausto al suo fianco. Rimanemmo in silenzio per un po’, aspettando che il nostro respiro tornasse regolare. Lei disse: “Ti piacciono le mie gambe? Ti ho visto come le guardavi. – disse sorridendo – Oppure, forse, guardavi sotto la gonna? Non c’è niente di male! Ora so che sei un gran maialino. Come me! Sei un ragazzo fantastico. Complimenti!”

Mi attirò a se e mi baciò. Fu un bacio molto lungo. La baciavo mentre continuavo ad accarezzarle l’interno delle cosce e su fino alla passerina in un lago di felicità.

 

Rimanemmo ancora sul prato per riposare un po’ prima di riprendere il cammino per tornare da Willy. Come l’avrebbe presa, sapendo che avevamo fatto l’amore sul prato?

Arrivammo alla casa che Willy dormiva ancora. Mettemmo le brioche in un cestino, lavammo le fragole e le condimmo con succo di limone; preparammo una cuccuma di caffè e riscaldammo il latte. Poi andammo a svegliare Willy. Marika gli sussurrava nell’orecchio, io gli accarezzavo la schiena, ma Willy non ne voleva sapere. Ci spogliammo e ci sistemammo sul letto di fianco a Willy che continuava beatamente a dormire. Parlottavamo tra noi, senza nessun accenno a quanto era successo lungo la strada. Improvvisamente Marika disse: “Ehi, ma quanti peli hai intorno al cazzo? A me piace il sesso pulito, senza peli. “

“Hai ragione, a me piace molto il cazzo di Willy, non solo per le dimensioni, ma anche perché è così pulito …. così invitante ….!”

“Ascolta, giacché siamo qui senza far niente, aspettando che Willy si svegli, andiamo in bagno e ti taglio tutti i pelacci che hai! Ti va?”

Non fu necessario che rispondessi e poi Marika era già schizzata via a prendere l’occorrente. La seguii fino in bagno. Mi fece sedere sul water e con un pennello da barba mi inumidì il sesso e cominciò a spalmarmi la schiuma. Quando ebbe finito di spalmare a schiuma, con il rasoio bilama cominciò a tagliare. Teneva la punta del pene con una mano e lo tirava per tendere la pelle. Vederla china sul mio sesso, con le tette che ballavano al ritmo dei suoi movimenti, mi eccitó parecchio. E il cazzo s’indurì.

“Così va certamente meglio, riesco a tagliare meglio i peli, ma non vorrei che tu facessi cattivi pensieri – mi guardò negli occhi – non vorrai che io tradisca Willy sotto il suo tetto”.

“Hai ragione, ma non so come fare. E poi, sta tranquilla, nemmeno io voglio tradire Willy sotto il suo tetto”.

Marika rise di gusto e tra le risa disse: “Fuori di qui, però, è permesso ed é anche molto gradevole”.

Finì di tagliare i peli e sciacquó per togliere il sapone rimasto. Poi contenta del risultato piazzò un bel bacio sul grande che era ancora turgido.

“Bel lavoro – dissi – ma mi viene in mente che abbiamo così sistemato chi deve spompinarmi, ma Willy, che si prenderà cura del mio culo, troverà ancora una montagna di peli.”

“Vuoi che tagliamo anche quelli?”

“Sì. Ti prego”

“Bene, allora torniamo sul letto, perché devi stare bello disteso “.

Mi fece sdraiare prono sul letto, di fianco a Willy che continuava a dormire. Portò con sé tutti gli attrezzi per la barba e con le mani mi aprì bene le chiappe “Beh, sì, qui sembri una scimmia per quanti peli hai. Adesso facciamo un bel lavoro anche qui.

Passò il pennello umido sul sedere, tra le chiappe, intorno al mio buco e sul perineo. Inumidita la parte, mise un po’ di sapone da barba sullo steso pennello e cominciò a spennellare la parte e a riempirla di schiuma. Era molto piacevole sentire il pennello passare su parti così sensibili.  

“Hai ragione, dobbiamo preparar bene il culo per Willy. Devi avere un culo bellissimo se vuoi una penetrazione soddisfacentissima.”.

Nello spennellare, ogni tanto lasciava il pennello e spalmava con le mani il sapone, dove era necessario. Improvvisamente sentii un suo dito che si faceva largo nel mio buco. Mi scappò un gemito di piacere.  

“Ohhooo” Il signorino è molto sensibile – esclamò Marika senza smettere di dimenare il suo dito nel mio culo. – ti piace tanto, vero?”

“Oh sì, Marika, mi piace molto, ma è meglio che la smetti …. non vorrei che mi procuri altri bruciori che mi impedissero di prendere l’uccello di Willy”

Marika, tolse il dito, lasciò il pennello e cominciò a radere. Era piacevolissimo sentire il rasoio passare sulla pelle. Il sapone da barba al mentolo mi rinfrescava la pelle rasata. 

“Hai un buchino sensibilissimo. – disse Marika –  Lo sai che nella parte terminale del retto c’è la maggiore densità di terminazioni nervose dl nostro corpo? Questo spiega perché dopo il dolore della penetrazione, si è inondati da un piacere intenso. Tu sei particolarmente sensibile anche perché avendo scoperto da poco questa sensazione, ora vorresti recuperare il tempo perduto.”.

“Sarà come tu dici, ma ieri ho scoperto il paradiso. Intendiamoci, non ho perso il gusto per la passera!”.

“E me ne sono accorta!!!”

Marika aveva quasi finito di radere il culo e aveva cominciato, con molta delicatezza, a radere intorno al buco. “Ti piacerebbe se provassi ad allargartelo un po’ questo buchino?” Chiese Marika.

“E come vorresti allargarlo?”

“Ho visto in cucina dei bei cetrioli che farebbero al caso nostro. Potrei prenderne uno, lavarlo ben bene per poi infilartelo nel sedere e lavorare di fino per allargare il buco. ”

“Possiamo provarci!”

“Bene! Finisco di tagliare e vado a prendere il cetriolo”.

Con molta cura Marika tagliò gli ultimi ciuffetti di peli. Poi con il pennello inzuppato d’acqua sciacquò per togliere il sapone residuo, infine spalmò un po’ di dopobarba di Willy. Poi si alzò e andò in cucina a prendere il cetriolo. In quel momento Willy aprì gli occhi e mi vide sdraiato culo all’aria. Marika si accorse di Willy e gli disse: “Guarda Willy, gli ho fatto un depilè fantastico, così, ora, potrai incularlo con piacere e senza preoccuparti degli odiosi peli. Ora vado a prendere un cetriolo in cucina per allargargli un po’ il buco, così gli farà meno male.”.

“Lo voglio stretto – rispose Willy – lo voglio stretto così. Così va benissimo. Anzi, lo voglio stretto e lo voglio immediatamente”.

Non fece in tempo a finire la frase, che Willy era già vicino a me, con il cazzo in tiro. Aveva assistito alle ultime fasi della depilazione e si era eccitato come un gorilla. Non mi diede il tempo nemmeno di replicare che era già sopra di me con la punta del cazzo che spingeva sul mio povero buco indifeso.  

“Siiiiiii, sì, Willy, facciamolo subito. Ho tanta voglia anch’io. “ incalzò Marika sedendosi sul letto all’indiana, proprio davanti a me. Prese la mia testa fra le sue mani e mi accarezzava e mi spettinava. Era tutta eccitata per il gran spettacolo che stava per iniziare.  

Sentivo quella bestia che spingeva inesorabile sul mio buco. Willy non aveva avuto nemmeno accortezza di lubrificare il suo pene, né il mio buco e ora spingeva ed io avevo l’impressione che mi avrebbe stracciato la carne. Marika era eccitatissima, sembrava volesse il sangue. Una spinta più forte e Willy entrò. Un dolore lancinante mi trafisse e sfuggì un urlo acuto dal mio petto. Marika si fece prendere dall’entusiasmo si sbilanciò in avanti e abbracciò il collo di Willy. Così facendo portò la sua passerina vicinissima al mio viso. Ne potevo sentir il profumo. Potevo costatare che cominciava a inumidirsi.

Intanto, Willy, con pochi riguardi per il mio culo, si liberò dell’abbraccio di Marika e cominciò a pompare furiosamente. Marika era su di giri e sembrava una tifosa di calcio che incitava i suoi. 

Il dolore mi era passato e finalmente era cominciato il piacere, un piacere intenso, un piacere profondo. Marika si avvicinò a me e portò la passerina vicino alla mia bocca, ma io ero troppo intento a gustare quella fantastica cavalcata. Sentivo il cazzo di Willy che si faceva strada nelle mie viscere, che si apriva la strada noncurante degli ostacoli che doveva rimuovere. Avevo la netta sensazione di essere suo, di essere posseduto e che la mia vita, da quel momento, avrebbe obbedito solo al suo volere. Stavo di nuovo godendo come un maiale. Willy mi stava facendo godere come una ninfomane.  

Il respiro di Willy cresceva e il mio di pari passo con il suo. Gemevo di piacere e ansimavo e anelavo i suoi colpi furiosi. Sentivo il suo fiato caldo e umido sul mio collo, come quello di un cavallo dopo una folle corsa nella prateria. Marika era eccitatissima dallo spettacolo che tanto aveva desiderato, ma si sentiva un po’ emarginata. “Ora tocca a me – disse – non posso mica starmene qui a guardare voi. Lo voglio anch’io, lo voglio gagliardo e duro, lo voglio nel culo”.

Willy, a quella richiesta, non poté sottrarsi. Mi afferrò per i fianchi e poi, insieme e senza far uscire il cazzo dal culo, ci sollevammo fino a che lui non fu in ginocchio sul letto ed io alla pecorina. Poi ci lasciammo cadere lateralmente, in modo che il suo grosso cazzo rimanesse nel piccolo buco, Poi Willy chiese a Marika di stendersi sul letto su un fianco e parallela a me, in modo che il suo culo fosse allineato con il mio pene. Marika eseguì rapidamente e portò la mano alla bocca e la riempì di saliva che spalmò, infilando la mano tra le sue gambe, sul suo piccolo orifizio anale. Poi con la stessa mano afferrò il mio pene, in erezione spettacolare, lo scappellò e portò la punta a premere sul suo culo, in modo che potessi entrarle dentro. Fu un’operazione complessa, Willy, per aiutarci afferrò i fianchi di Marika tirandola a se e schiacciandomi in mezzo e dopo un po’ di lavoro io potei entrare nel culo di Marika. Allungai le braccia e con le mani afferrai i seni di Marika a mano piena, badando a prendere i suoi eretti capezzoli fra le dita, per poterli stringere mentre schiacciavo i seni. 

Piano, piano cominciammo a muoverci in sincronia. Era uno spettacolo. L’eccitazione dell’uno eccitava l’altro. I gemiti dell’uno aumentavano il piacere dell’altro. Eravamo un tutt uno e come un tutt’uno stavamo andando rapidamente verso un orgasmo simultaneo e gigantesco. Ogni più piccolo movimento provocava un gigantesco piacere e ogni aumento di piacere arrestava il respiro, aumentava il battito cardiaco e le spinte pelviche. Willy spingeva sul mio culo ed io per reazione spingevo più forte nel culo di Marika, che a sua volta gridava il suo massimo piacere.

Non so quanto sia durato. Non so quanto si sia alzata la temperatura in quella stanzetta, Non so quanto sudore si sia riversato sulle lenzuola di quel letto che eroicamente aveva resistito a spinte sovraumane. Ma so per certo che Willy mi spinse dentro almeno un litro di sperma caldissimo ed io, immediatamente, feci altrettanto nel culo di Marika. 

Quando Marika recuperò un po’ di forze, con la sua mano raccolse dalla sua passerina i suoi caldi umori, frutto dei nostri sforzi e ce ne fece dono.

Sentii il pene di Willy che piano piano tornava alla dimensione naturale mentre, grazie al suo seme abbondante, scivolava fuori dal culo.  Mi prese un po’ di tristezza. Willy, non appena recuperate le forze, si alzò e andò in bagno a fare una doccia. Io rimasi con Marika a scambiarci un po’ di tenerezze.

“Era la prima volta che qualcuno entrava nel mio culo. L’ho preso solo perché era tuo!” Mi disse Marika. Le sorrisi e la baciai. Nella sua bocca sentii il sapore dei suoi umori. Evidentemente ne aveva portato un po’ alla sua bocca. Fu un bacio appassionato. Le accarezzai le tette e mi sorrise, le strinsi i capezzoli fece una smorfia di dolore e tornò a sorridere.  “Mi sono innamorata di te, come una ragazzina – mi disse – sei così bello …… dolce e la tua gentilezza mi affascina”

Tornò Willy e andammo noi a far la doccia. Ed insieme facemmo la doccia. Io ero un po’ imbarazzato. Era pur sempre la ragazza del mio amico.  Ma ero felice di approfittare dei suoi sguardi, delle sue attenzioni, dei suoi baci. Mi prese le palle nel palmo della mano. Cercava di farmelo diventare di nuovo duro. Senza successo.

Finita la doccia andammo fuori sull’aia dove Willy aveva preparato il brunch per tutti e tre: latte, brioches e fragole al limone. Faceva molto caldo e noi eravamo gli unici esseri umani nel raggio di kilometri. Ci denudammo e ci mettemmo sull’erba a prender il sole. Eravamo felici, spensierati ed anche soddisfatti.

Ridevamo e giocavamo. Marika distribuiva equamente i suoi sorrisi e le sue attenzioni. Fino a quando vedemmo, in lontananza, un’auto che veniva verso di noi. Marika scappò dentro a rivestirsi, Willy ed io afferrammo i pantaloncini corti di maglina della Adidas e li indossammo rimanendo a petto nudo. Erano Paolo e Gloria che erano venuti a trovarci e a passare una giornata in campagna.

Appena scesa dall’auto, Gloria entrò in casa da Marika e noi rimanemmo fuori a chiacchierare. Gloria e Marika erano di sicuro le più belle ragazze della scuola. Sembrava che avessero almeno ventitre anni, invece che diciannove. Erano spigliate ed alla mano e, in quanto ad attributi fisici erano le più dotate.

“Dal momento che hai l’auto, Paolo, accompagnami in paese devo fare rifornimento di roba per la pulizia” chiese Willy

“A quest’ora è tutto chiuso o sta per chiudere”

“Ma no, non preoccuparti, c’è un centro commerciale nel paese vicino che è sempre aperto.”

Andarono via e rimasi solo fino a quando non uscirono le ragazze. Vennero a sdraiarsi vicine a me.

“Dove sono gli altri ? “ chiese Marika

“Sono andati in auto a far compere” risposi

Le ragazze si sistemarono sull’erba a prendere il sole. Erano in costume ed erano bellissime. Ridevano e scherzavano serene e felici. Ero steso anche io al sole, tra loro due e mi era proprio difficile non partecipare alla loro allegria. Marika mi teneva la mano.

“Mi hanno detto che tu sei il puffo pompiere “ disse Gloria scoppiando a ridere.

“Bè, il lavoro sporco lo deve pur fare qualcuno “ risposi stando al gioco.

“Cosa credi – continuò Gloria – anche noi potremmo fare il lavoro sporco, Abbiamo un getto che non ha nulla da invidiare al tuo. Vuoi vedere? “

“No grazie – risposi – ci credo!”

“Vediamo a chi, tra noi due, ha il getto più potente – disse Marika a Gloria – ti sfido! Scommetto che sei una mezza cartuccia  in quanto a spegnere un incendio “

“Sei pazza! – rispose Gloria – Mi chiamavano la pompiera del Bar Manzoni”

Si alzarono entrambe, si posizionarono di fronte  me che dovevo fare l’arbitro, si accucciarono sui talloni e spostando un po’ le mutandine, liberarono la passerina per poter pisciare senza intralci.

“Da qui si vede un vero spettacolo. Complimenti! Ora capisco perché dicono che siete le più belle fighe della scuola “ dissi ridendo.

Vinse Marika che gettò lo schizzo a quasi un metro da se.

Ridevano come due gallinelle, ma il loro riso era contagioso e ridevo anche io. Ricomposero le mutande e tornarono a sdraiarsi di fianco a me.

Marika si girò su un fianco verso di me e mi baciò sulle labbra. Con la mano mi accarezzava il petto, mi accarezzava il viso. E mi baciava.

Gloria si accorse della attività di Marika e, senza farsi accorgere, infilò una mano dall’apertura della gamba dei pantaloncini e afferrò il mio uccello. Feci finta di nulla e continuai a baciare Marika. Gloria mi accarezzava i coglioni e l’uccello. Cercava di farlo diventare duro. Fino a che Marika non si accorse della manovra.

“Ehy! Maleducata! È mio e non si tocca!” disse scherzando Marika

“Eh no! Il tuo è andato con il mio chissà dove! Questo uccello è di chi lo prende!”

Marika rise. Un po’ seccata, ma doveva lasciarla fare. Ormai il mio uccello aveva assunto la dimensione massima e Gloria lo smandrucava con passione, mentre Marika continuava a baciarmi e ad accarezzarmi. Gloria lo estrasse dai pantaloni e lo prese in bocca. Lo insalivava e poi lo succhiava rumorosamente. Mordicchiava i coglioni. Poi di nuovo in bocca. Marika faceva finta di niente ed ostentava indifferenza, dava le spalle a Gloria continuando a baciarmi con passione.  

Gloria si alzò in piedi e a gambe larghe su di me. Mi dava le spalle e scese lentamente piegandosi sulle ginocchia. Giunta quasi a sfiorare il mio uccello, spostò le mutandine così come aveva fatto per partecipare alla gara di schizzo di pipi, e lo infilò nella sua figa piena di umori bollenti.

Restò  accoccolata sul mio uccello, senza appoggiarsi su di me, ma appoggiando le cose sui polpacci, stabilmente piantata sulle piante dei suoi piedi. In questo modo riusciva a muoversi con maggiore libertà, perché non aveva nessun vincolo ai suoi movimenti. Riusciva ad alzarsi e poi a ricadere sui talloni. In questo modo era in grado di far combaciare la mia cappella con il suo punto G. Si muoveva avanti ed indietro, a destra e a sinistra, in alto e in basso. Era un diavolo. Mi piaceva da morire e, a giudicare dai suoi gemiti, piaceva da morire anche a lei. Poiché mi dava le spalle, non potevo guardarla in faccia, non potevo  scrutare i segni del piacere e dell’orgasmo, ma ascoltavo quella specie di canto che le donne intonano quando sono all’apice del piacere. In poco tempo, improvvisamente, i suoi movimenti divennero più rapidi, con un ritmo crescente.

Sentivo il suo respiro sempre più  voluttuoso, in poco tempo, improvviso come un temporale di agosto, si abbattè il suo orgasmo tra spasmi di piacere e tra sbuffi e grida stridule. Marika smise di baciarmi e si voltò verso Gloria e quando si accasciò su di me, le si avvicinò per accarezzare i capelli.

Poi, con mia grande sorpresa le prese la testa fra le mani e portò le sue labbra su quelle di gloria e si baciarono con passione. Il mio uccello, ancora rigido, era ancora dentro di lei e sentivo Gloria che continuava a muoversi fino a che Marika non la prese per le braccia e la fece alzare e voltare di faccia verso di me, Poi la fece sedere in modo che l`uccello tornasse dentro e cominciò una nuova cavalcata. Questa volta, però, era Marika che guidava le danze. Marika teneva i capezzoli di Gloria tra le dita e, in questo modo, guidava i movimenti del bacino di Gloria. Di tanto in tanto la baciava e quel bacio era come una specie di carica. Gloria aveva l’aria di una cavallerizza che andava al galoppo attraverso la prateria. Marika la incitava e lei aumentava il ritmo. Poi le schiacciava i capezzoli e Gloria ululava di dolore e di piacere, ma aumentava il ritmo. Sembrava una corsa senza fine ed invece, di nuovo, come un temporale estivo tra tuoni e lampi. Gloria mi inondò dei suoi umori ed io la riempii di seme caldo.

Gloria cadde esausta di fianco a me, con un sorriso paradisiaco stampato in faccia. Marika avvicinò la bocca al mio uccello distrutto e lo ripulì prima di cadere anche lei di fianco a me.

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