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Racconti Cuckold

Quando la voglia prende il sopravvento

By 10 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Non era la prima volta che passavo una nottata insonne dopo aver letto pagine di un libro erotico. Quelle parole diventavano immagini nella mia mente, le immagini diventavano sensazioni, e poi voglie. Sentivo la pelle diventare più liscia sotto le mie mani, il corpo vibrare. Sotto le lenzuola le gambe non trovavano pace: lente strusciavano tra loro alla ricerca di un contatto… invano.
In quel dormiveglia si materializzavano nella mia mente i sogni erotici più diversi; ma uno, più ricorrente prendeva sempre il sopravvento: farmi prendere da un voglioso e arrapato sconosciuto mentre il mio amante mi spiava o, ancora meglio, mi fotografava.
Era quasi l’alba e mi alzai silenziosamente dal letto per non svegliare mio marito che, come sempre, era immerso in un profondo e ignaro sonno, e comunque sempre così poco interessato all’argomento. Decisa a soddisfare da sola le mie voglie in quell’ora che ancora mi rimaneva, mi diressi in bagno. Tirai fuori dal suo nascondiglio il piccolo vibratore che spesso uso per masturbarmi e iniziai a farmi largo tra le labbra della mia carnosa passerina. Era bollente e talmente fradicia di umori che già il vibratore era bello lucido e colato. Mentre scivolava su e giù lo guardavo e desideravo che fosse più grande, molto più grande. Pensavo al grande cazzo del mio bravissimo e sensuale amante ma che purtroppo ultimamente vedevo troppo poco. Mi fermai all’improvviso. Ora basta! Non potevo godere così. Proprio io che ho la fortuna di essere multiorgasmica da sempre, che potrei soddisfare più uomini per ore senza mai dovermi fermare con una figa sempre bagnata e una voglia sempre crescente, che quando scopo immagino sempre di avere a disposizione più cazzi, di essere guardata, protagonista di un orgia… Quella notte decisi che il mio amante non mi bastava più, che le mie fantasie dovevano diventare realtà.
La mattina dopo avevo addosso quella sensazione di quando, felici e carichi di aspettative, si parte per un viaggio, una meta tanto desiderata.
Ma in effetti non sapevo bene da dove cominciare!
Come prima cosa telefonai come sempre ad Andrea, il mio amante, per raccontargli la mia insonne notte. Con lui ho un bellissimo rapporto di totale complicità e intesa, giochiamo molto, ma nonostante ciò non sapevo se renderlo partecipe della mia decisione. Mi sarebbe certamente stato d’aiuto nell’organizzare qualcosa, ma volevo fargli una sorpresa. Una graditissima e stimolante sorpresa!
La telefonata sortì un effetto inusuale. Mi conosceva bene e capì che stavo covando qualcosa. Ne ebbe la conferma quando mi propose di incontrarci e io gli dissi che avevo da fare. Mi rispose ridendo: “ma quando mai ti perdi una scopata, lazzara!”. E aggiunse: “fammi uno squillo se vuoi che ti raggiungo”. Adv Aveva capito. Ma non mi chiese più nulla. Andai a prepararmi per la caccia. Sotto la doccia, mentre l’acqua tiepida mi scivolava addosso, sui seni, sulle mie invoglianti e morbide curve fino ad insinuarsi negli anfratti accoglienti del mio corpo, pensavo a quanto doveva essere curioso fremente e arrapato Andrea in quel momento. Questi pensieri mi davano una tale carica, mi sentivo una mina vagante, pronta e esplodere al minimo contatto. Trasudavo sesso da tutti i pori e si vedeva. Ero sicura che la mia caccia sarebbe durata poco!
Mi vestii con calma, con movimenti lenti, concentrata sulle sensazioni di piacere che già mi dava la mia mente. Prima di uscire diedi un’ultima occhiata allo specchio. Ero vestita come sempre. Un tailleur, un trench, stivali alti, capelli sciolti lunghi e nulla sotto.
Entrai in auto. Lo spacco della gonna si aprì lasciando intravedere la fine di un autoreggente nero e un lembo di candida pelle molto chiara. Gli occhi di due passanti erano su di me, la loro conversazione si interruppe all’improvviso. Un brivido mi salì lungo la schiena, un fuoco tra le gambe, la fica pulsava; non avevo scampo, ero in preda ad un’eccitazione mai provata.
Ero a caccia.
Vagai un pò in auto, senza meta, portata dal caso. Ero sicura che di lì a poco si sarebbe materializzato qualcosa di interessante, il momento giusto. Mi ritrovai su una strada provinciale che portava in periferia, verso la zona industriale. La conoscevo, ero già stata lì con Andrea alla ricerca di un po di tranquillità lontani da occhi indiscreti. Mi ricordai che lì vicino c’era un bar con dietro una grande area di sosta, e che una volta mentre eravamo in auto ci facemmo volutamente spiare da un uomo solitario parcheggiato a poca distanza. Era quello il posto giusto.
In pochi minuti ero lì. Parcheggiai sul retro, scesi dall’auto e andai al bar. Entrai, ero l’unica donna oltre la cassiera. Al bancone del bar c’erano quattro o cinque uomini, tra i trenta e i cinquant’anni. Avrebbero potuto fare tutti al caso mio, ma uno in particolare mi colpì. Era alto e aveva uno sguardo intenso quasi imbarazzante, non smetteva di squadrarmi. Era arrapato al punto giusto, un bel tipo. Era esattamente quello che volevo.
Vicino alla cassa lasciai cadere a terra una moneta e mi accovacciai per prenderla, sapevo esattamente cosa sarebbe successo: lo spacco della gonna si aprì mostrando come prima l’autoreggente. Non so se videro anche gli altri, i miei occhi erano fissi su di lui. Mi rialzai lentamente, lo guardavo negli occhi ma nella mia instancabile mente pensavo al suo cazzo che si ingrossava nei pantaloni. Lo dovevo sapere, lo dovevo scoprire. Bevvi il mio caffè senza smettere un attimo di guardarlo. Poi mi girai e uscii dal locale; ero sicura che mi stesse seguendo, era quello che volevo. Camminando sentivo l’aria che che mi sfiorava la fica nuda sotto la gonna, pensavo all’attimo in cui la sua mano l’avrebbe violata. Il suono del cellulare mi riportò alla realtà. Ebbi per un attimo paura: che sto facendo! Rallentai. Sentivo i suoi passi dietro me. Presi in mano il cellulare, era un messaggio di Andrea:
“Sfacciata! Sei una troia” diceva.
Mi guardai intorno, era lì, in auto, in fondo al parcheggio, mi aveva seguita. Sorrideva. Lo sapevo, voleva guardare. Era la nostra fantasia che diventava realtà. Mi girai verso lo sconosciuto, era a mezzo metro da me. Mi disse qualcosa, non capii, era tedesco credo. Mi indicò un Tir. Al di là di ogni immaginazione, due fantasie in una!! Sconosciuto. Camionista. Il mio amante che mi guarda. Perfetto.
La voglia era incontenibile. Cercavo di immaginare la faccia di Andrea mentre mi dirigevo verso il Tir. Mi sarei strappata i vestiti di dosso. Avrei voluto attraversare nuda quel parcheggio vuoto. Avrei voluto fosse pieno di occhi. Mentre salivo nella spaziosa cabina anteriore del mezzo, arrampicandomi, la mano del mio sconosciuto era già tra le mie coscie, e per niente delicatamente mi palpava. Dalla sua bocca uscivano apprezzamenti incomprensibili. Prima ancora che fossi dentro al Tir la mia gonna era già tutta alzata sui miei fianchi. L’ultimo spettacolo che Andrea potè vedere fu il mio morbido culo, mentre inginocchio salivo sul sedile. Poi il tedesco chiuse lo sportello dietro di lui.
Semisdraiata su di un grande sedile di pelle, avrei voluto guardarmi intorno ma i miei istinti, le mie voglie, mi comandavano. Mentre le grandi e vigorose mani dello sconosciuto mi esploravano, io mi spogliavo. Aveva due lunghe dite dentro di me, le muoveva bene. Mi penetrava sempre più velocemente. Ero già un lago di umori. Volevo un cazzo, volevo vedere il suo cazzo. Gli misi una mano sui pantaloni, lì. Sembrava tanto ed era duro. Se lo tirò fuori. Era duro, teso, grosso, più che altro molto largo. Ma era la cappella veramente fuori misura! Odorava di cazzo, intensamente. Una gocciolina di liquido trasparente usciva da un buco aperto più grande del normale, proporzionato alla cappella.
Era un cazzo irresistibile, perchè era del mio sconosciuto. Era il cazzo delle mie fantasie ed ora lo avevo in mano, lo volevo in bocca.
Lo presi nel calore della mia bocca, succhiavo quella cappella a fatica con la voglia di una ninfomane. Stava godendo rumorosamente. Lo pompavo e la lingua lentamente lo stimolava alla base di quella rossa cappella. Lo assaporavo godendo nella bocca come se lo avessi dentro. Senza riuscire a resistere mi schizzo in bocca un mare di sborra. per istinto continuai, con la bocca inondata, pompavo più lentamente ma più profondamente, fino quasi a non respirare. Mi staccò lui, in preda agli spasmi. Alzai la testa. Le labbra erano impastricciate di liquido bianco e denso. Mi sentivo soddisfatta. Mi ricordai di Andrea. Avevo ancora in bocca la sborra di uno sconosciuto. Volevo dargliela, fargliela vedere. Mi misi solo il trench, aprii lo sportello per scendere ma davanti a me, fermo, c’era un uomo che salutò il tedesco ridendo con una faccia da ebete. Non ci avevo pensato! Viaggiano in due…
Come avevo fatto a non pensarci! Che stupida. In effetti era un Tir straniero, dovevano per forza essere in due, per darsi il cambio.
L’uomo che si parava dinnanzi a me era tutt’altro che piacente. Il suo viso era paonazzo e butterato. Era pittosto anziano, tarchiato e grosso e non aveva nessuna intenzione di lasciarsi scappare quella procace e seminuda signora che era a pochi centimetri da lui.
Un nodo mi prese allo stomaco. La sborra che avevo in bocca, destinata ad Andrea, mi scese lentamente lungo l’esofago.
Con lo sportello ancora aperto guardai in lontananza verso l’auto del mio amante, in cerca di aiuto. Ma lui era lì,seduto in auto, immobile. Ci aveva preso gusto, quel maiale ed io sapevo cosa volesse dire. Determinato com’era sarebbe diventata un’ossessione!
L’uomo, molto più rozzo nei modi del suo amico, mi spinse dentro la grande cabina di guida e si fece spazio per entrare.
Ero seduta in mezzo a loro, due arrapati sconosciuti. Del resto cosa mi sarebbe potuto succedere? Bastava dargli quello che volevano me.
Questo pensiero mi rilassò e contemporaneamente l’eccitazione si impossessò nuovamente di me. Stavo vivendo un film porno. Mi guardavo riflessa nel lunotto anteriore così, con l’impermiabile a coprirmi praticamente solo le braccia, sotto completamente nuda, i capelli lunghi chiari scompigliati. Notai che un ciuffetto all’altezza della bocca era impiastricciato degli umori bianchi che avevo ingoiato. Chiusi gli occhi, ancora quel sapore di sperma era nella mia bocca. Mi rendevo conto di quanto fossi troia, più di quanto lo fossi nelle mie fantasie.
Intanto i due sconosciuti camionisti si scambiavano incomprensibili considerazioni ed esplicite risatine. Mi sfilai l’impermiabile e rimasi con gli occhi chiusi, in attesa. La passerina gonfia e bagnata. Sentivo nettamente il contatto tra le mie grandi labbra e il sedile. Volevo impregnare quel sedile di umori, volevo essere penetrata, aperta in due, volevo venire.
All’improvviso la forte mano dell’uomo più vecchio mi afferrò i capelli all’altezza della nuca e trascinò giù la mia testa. Non opposi la minima resistenza, anzi, mi lasciavo guidare. In pochi secondi mi ritrovai la faccia schiacciata su di un membro moscio e maleodorante, l’esatto opposto di quello del suo amico. Ma era un cazzo: il secondo in meno di mezz’ora. Aprii la bocca col desiderio di sentirmelo crescere dentro. Quel cazzetto pieno di pelle mi arrapava, non mi soddisfacieva ma mi arrapava. Mi maravigliavo di me stessa. Muovevo la mia bocca su di lui con lentezza, su e giù. Avevo pollice e indice alla base del cazzo per aiutare il movimento. Quando il glande era tutto fuori stringevo la bocca più forte e lo succhiavo. L’interno della bocca diventava come una ventosa. Lo succhiavo nella speranza di tirarlo su. Vogliosa, avevo un senso di vuoto in mezzo alle coscie. Nel cercare la posizione per spompinarlo meglio mi tirai su a mi misi a quattro zampe sul sedile. L’amico, che fino a quel momento aveva solo guardato masturbandosi, si ritrovò in faccia il mio culo tondo, carnoso, ben fatto. In mezzo alle coscie leggermente divaricate spuntava una fica gonfia liscia e vogliosa. Dovevo essere irresistibile per lui. Infatti in pochi attimi sentii il suo membro appoggiato al mio culo, si era messo in ginocchio dietro di me e cercava di fottermi. Anche se ero in preda alla più grande eccitazione che avessi mai provato, non avevo perso i lumi della ragione. Non potevo farmi scopare così, senza precauzioni; ma prima che potessi fermarlo il suo cazzo era già dentro di me, largo, lo sentivo enorme. La mia fica era un lago di umori, era entrato dentro di me velocemente e senza la minima resistenza. Godevo da morire. Il piacere era immenso. Mi sentivo piena. Ansimavo su quel cazzo ancora moscio che avevo in bocca. Ma non era importante. Era la scena che mi faceva impazzire. Era il pensiero di me: così troia. I colpi del mio dotato sconosciuto erano profondi. Lui emetteva bassi suoni gutturali di godimento. Sentivo dentro di me quella enorme cappella che andando su e giù mi allargava. Il mio lago di umori ad ogni movimento faceva un rumore di acqua. Era tutto così eccitante, io ero come stregata. Sentivo l’orgasmo crescere dentro di me. Volevo urlare ma allo stesso tempo continuare a succhiare. Pensavo “si sfondami. Aprimi”. Stavo venendo, come una cagna, tra le mani di due sconosciuti, con un cazzo in bocca ed uno in fica. L’orgasmo mi esplose dentro con violenza, la mia fica si avvinghiò su quel cazzo. Stava arrivando anche lui e gli spasmi della mia fica evidentemente accellerarono il tutto. Lo tirò fuori giusto in tempo per schizzarmi sulla schiena. La sua sborra era bollente, anche se poca. Nell’attimo in cui lo aveva tirato fuori, ancora in preda ai miei spasmi, avevo avuto ancora un sussulto di intenso piacere: quella sua cappella fuori misura era fantastica. Staccai la bocca dal cazzo dell’amico, che protestò. Ma prima di girarmi mi misi una mano dietro la schiena per sporcarmi le dita in quel pò di sborra per poi leccarle con cura.
Ero appagata, sodisfatta e un pò stranita. Cominciai a rivestirmi lentamente. L’uomo più giovane si presentò, si chiamava Karl. Era gentile e zittì il suo rozzo amico che ancora protestava. Si rivolgeva a me con complimenti. Good good ripeteva. Poi capii che voleva offrirmi qualcosa al bar. Gentilmente rifiutai. Non vedevo l’ora di uscire di lì. Volevo solo andare da Andrea. Mi resi conto che mentre scopavo, mentre godevo, mentre vivevo il mio film, lui non era nella mia mente. Ero concentrata solo su me stessa, sul mio piacere. Non pensavo che quello che era partito come un gioco erotico con lui, potesse diventare dentro di me un egoistico strumento di piacere. Volevo andare da lui. Scesi da quell’automezzo aiutata da Karl che mi salutò con un sorriso e mi avviai verso la sua auto. Mi avvicinavo e lo vedevo compunto, diritto sul sedile. Mi guardava attraversare il parcheggio. Mi stava studiando. Avevo un’andatura un pò meno sicura del mio solito passo deciso. Avevo la passera in fiamme e la testa che mi girava un pochino. Mi aspettavo che mi venisse incontro, ma nulla. Era impassibile. Ero stata sempre così sicura delle sue eventuali reazioni, ne avevamo parlato tanto. Ma ora era diverso. Era realtà. Arrivai davanti allo sportello, titubante. Lo aprii. ‘Sei la mia meravigliosa troia’ disse sorridendo con una luce negli occhi. Si stava ancora pulendo il cazzo con i fazzolettini, il maiale. Era cornuto e contento.

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