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Erotici Racconti

Come nelle favole

By 5 Novembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Io lavoro da sola, al massimo sono a contatto con pochi colleghi, poiché ho raramente a che fare con persone che provengono dall’esterno, sennonché per puro caso in un giorno d’estate mi trovavo come al solito laboriosa e svelta nell’ordinare sistemando le varie carte e cartelle alla scrivania vuota d’una collega in ferie, che s’occupa tra l’altro dei professori a contratto e dei lettori. In quell’istante difatti bussano leggermente alla porta, io mi permetto di dire amichevolmente ‘avanti’ anche se non è il mio ufficio, bensì per cortesia e per garbo. In quel momento entra timorosamente uno splendido giovanotto intorno ai quarant’anni e la prima cosa che rapidamente intercetto sono i suoi occhi neri simili al colore della brace che ardono, incorniciati a meraviglia con delle splendide e folte ciglia, mentre io mi perdo immediatamente con i miei come una gatta maliziosa che attende il suo abbinato preferito. 

‘E questo qui da dove sbuca?’ – penso io immediatamente, velocemente scendo sulla sua bocca morbidissima disegnata a pennello e lo squadro, lui sorride, in quanto mi sta diligentemente puntando:

‘La mia collega è in ferie, forse però posso aiutarti io’.

Altri dettagli, perché lo sto già scopando con la vista: le mani sono scure, scolpite e solcate dai rilievi delle vene che salgono fino ai polsi, situazione questa che mi fa perdere omogeneità, in quanto mi sento già che avvampo.

‘Lo spero tanto’ – esclama lui, porgendomi la sua pratica. Io ho un sussulto, apro subito la cartella e inizio a inserire i suoi dati:

‘Ho bisogno di modificare l’indirizzo e la domiciliazione bancaria’ – mi spiega in modo disteso.

‘Molto bene. Qual è il nome?’.

‘Angelo’. 

‘Però, che bel nome’ – e sbatto bene le ciglia.

‘Tu invece, come ti chiami?’ – sorride lui senz’abbassare lo sguardo, mentre io lo punto dritto negli occhi ed esclamo:

‘Ilde’.

In breve intavoliamo una discussione sulle nostre origini, in seguito iniziamo a conversare e decidiamo di vederci la sera per un aperitivo in un locale etnico molto suggestivo. Una serie di bevute d’assenzio bastano per decidere il proseguo della serata mangiando squisitezze nel piccolo ristorante d’un suo parente, dove ci servono una cena profumata con delle splendide portate. Angelo sorride spesso, malgrado ciò è anche estremamente serio ed enormemente seducente, perché durante la cena ci sfioriamo la mano, giacché soltanto al contatto mi sembra di fare l’amore, però credo che con quest’individuo sarà una cosa completamente diversa e inedita, dal momento che a bruciapelo tralasciando i discorsi letterari Angelo con tutta naturalezza mi fa una domanda specifica:

‘Ilde, dimmi una cosa, tu quanto sai osare in amore?’. Io resto assai disorientata, completamente spiazzata per quella stravagante domanda, tuttavia sto al gioco:

‘Molto, tantissimo, nessun limite quando c’è l’accordo e il sentimento’.

Io sento il fuoco nelle sue mani inondarmi lentamente, poiché mi eccita la sua peluria nera e folta sulle braccia, sul petto, con la camicia in lino aperta e una particolare catena d’oro battuta a mano e intrecciata, impigliata in quel vello dal colore del carbone, la mia palma cedevole, morbida e pelosissima là di sotto umida inizia ad allargarsi promettendo ben altro.

‘A me piace un po’ giocare, però non riesco a trovare la donna che m’ispira Tu invece adesso m’hai aperto un mondo, non lo so’.

L’appartamento di Angelo è in centro, considerato che è situato in un bel palazzo antico tra l’altro molto signorile, beviamo ancora e accendiamo degli incensi dal profumo così penetrante, da stordire ulteriormente i nostri sensi già alterati. Angelo apre un armadio in legno antico e trae un fagotto nero profumato legato da un nastro, nel frattempo socchiude gli occhi e mi domanda:

‘Allora, vogliamo osare Ilde? Dimmi di sì’. Il desiderio vagamente perfido traspare da tutta la sua persona:

‘Indossa soltanto questo e torna da me’.

Io mi metto in disparte esaltata da quel gioco mi spoglio completamente scoprendomi già pronta ed eccitata, con i seni eretti e i capezzoli già sensibili anche alla stoffa, la fica ammorbidita da considerevoli fluidi ancora trattenuti nella conchiglia, infine sciolgo il nastro e allargo il tessuto pesante un po’ ruvido. Con mia sorpresa, scopro però che Angelo m’ha dato una specie di benda, dal momento che la mia sorpresa è massima quanto la mia eccitazione, allorché infilo la cuffia sulla testa e lascio ricadere ampio il mantello sul corpo, la stanza già oscura sembra ancora più buia vista dall’inquietante e fitta griglia di stoffa di quell’abito. Lentamente avanzo davanti ad Angelo e noto nell’oscurità del lume della candela, che intanto lui si completamente spogliato distendendosi su d’un divano, mostrando tutto il suo corpo asciutto e muscoloso, perché con le cosce larghe si sta accarezzando al momento il cazzo, già sodo e teso fra le mani unte da un olio profumatissimo:

‘Vieni qui Ilde’ – mi sussurra lui.

Angelo s’avvicina, io porto le mani in avanti, lui le agguanta senza scoprirle, se le porta al volto aspirando il profumo della stoffa color indaco, poi con un movimento deciso mi gira e mi tiene stretta. Un gemito soffocato mi esce in quel frangente alquanto spontaneo da sotto la cuffia, dato che sento le sue mani legare le mie strettamente con il nastro che chiudeva l’involucro della calza. Lui m’ha coperto, legato, adesso mi sento rovesciare sull’ampio letto, le sue mani affondano sotto le ampie falde dell’abito, solcano le mie gambe e cercano d’arrivare più in alto, però è soltanto un anticipo, poiché con parole morbide però ferme Angelo m’invita a girarmi. 

Tremante di piacere e di paura io mi trovo riversa faccia in su, mentre la luce fioca della stanza sembra un merletto vista dalla griglia traforata della calza, perché pure il suo viso è visibilmente perso in espressioni di piacere, sicché mi fissa senza vedermi sussurrandomi parole che m’arrivano indistinte. Lui è in ginocchio davanti a me con le cosce spalancate e il cazzo gonfio e pulsante, io vorrei raggiungerlo per stringerlo fra le mie piegate, le sue mani passano sul mio corpo sopra la stoffa, cercano i miei seni, li stringono fortemente, sento il bruciore del pesante cotone sempre più insistente, apro la bocca gemendo, però la cuffia della calza s’incolla alle labbra, mi soffoca, poiché i miei gemiti risuonano attutiti, cosicché aspiro l’aria filtrata più che posso. Divincolandomi incontrollatamente io protendo il petto verso Angelo, i capezzoli induriti come chiodi sollevano la stoffa, lui li trova, li strofina, li stringe fra le dita impietosamente, li tira fuori dall’abito facendomi sempre più male. Il godimento che sperimento è doloroso, allargo le cosce in attesa di qualcosa, sento un rumore strano, Angelo al momento si è girato, io spalanco gli occhi per capire che cosa succede e vedo il luccichio d’una lama lucente: ha preso un pugnale. La lama affilata è corta, il manico è lungo borchiato con degli anelli dorati, in quell’istante lo passa di mano in mano, sorride con aria di sfida, mentre i suoi occhi brillano nel buio della mia ristretta visione.

Attualmente manifestamente ho paura, perché non sono abituata a tali atteggiamenti, però il corpo legato e pulsante chiede volutamente piacere. Io sussulto spingendo il seno in fuori cercando di sciogliere il nodo che mi lega i polsi, il bagliore della lama mi passa vicino percorrendomi il petto di piatto, poi di punta. Da fuori la stoffa stuzzica la pelle dei seni e del ventre, affonda appena nell’ombelico senza strappare la stoffa, freneticamente io cerco d’urlare, eppure il suono è sempre felpato. Il mio petto ondeggia in preda a un respiro di piacere e nel contempo di paura, la lama adesso è vicina agli occhi, sfila con la punta aguzza sulle labbra, graffia il mento e affonda nella stoffa sotto il collo dove s’è creato un vuoto. Il rumore del pesante cotone bucato è sordo, un po’ d’aria entra a farmi respirare, i polmoni bruciano. 

Il piacere si fa più intenso, dato che la mano di Angelo scorre lenta a fendere la stoffa e a liberare il mio corpo implorante piacere dalla cappa soffocante, perché centimetro dopo centimetro la lama affilata s’apre un varco sul mio corpo lasciandomi sulla pelle sottili graffi leggeri, ma brucianti. La punta del pugnale incontra la collina di un seno, lascia la sua scia sapiente di doloroso godimento, mentre i miei sensi sono all’erta, io percepisco in modo spiccato il suo respiro ansante scaldare i capezzoli freddi e duri, poi il pugnale s’appoggia sul ventre. La fredda la lama sfiora il pube e resta lì, mentre con le labbra e la lingua Angelo ripercorre i sottili graffi, succhia i seni, li morde, facendo bruciare ancora di più i graffi fatti poc’anzi. Io per l’occasione mi divincolo, lo imploro di penetrarmi, la testa mi gira, sento le sue dita solleticare i capezzoli nei punti graffiati e poi le labbra umide scorrerci sopra la lingua e i denti impietosi mordere ancora, nel tempo in cui io infervorata più che mai gli annuncio: 

‘Sì, così, fottimi adesso, ti prego’ – gli urlo nelle orecchie, circondandogli i fianchi con le gambe.

‘Non ancora, mia schiava, aspetta, perché deciderò io quando dovremo godere’ – e appoggia il cazzo sulla mia pelosissima e nera fica pulsante, scivolando su e giù con la cappella per stimolare con scrupolo il clitoride, poi il calore del suo cazzo fremente viene sostituito da una fredda e inedita carezza.

Io urlo di godimento nel captare quegli anelli d’ottone del manico del pugnale scorrere lentamente sulle labbra della fica dilatata, cercando il clitoride e insistendo con la punta lavorata e rotonda, per poi sprofondare in basso e affondare nella fica. Al momento ambedue le mie fessure pulsano di piacere, spalanco le cosce, Angelo capisce che può andare oltre, sfodera lentamente il manico dalla fica, lo passa ancora sul clitoride devastato dal piacere e poi affonda nel sedere adagio, una volta, in seguito un’altra ancora. Io ho il viso inzuppato di sudore, i capelli incollati alle guance ancora coperte dalla griglia della calza, le fiamme m’avvampano i polsi legati e il sedere stretto intorno al pugnale. Improvvisamente resto vuota, perché Angelo strappa con un gesto violento il pugnale da dentro, nel momento in cui un rumore sordo lacera i quadretti della cuffia, l’indaco della stoffa si strappa in mille pezzi insieme al nastro che mi lega i polsi. L’aria profumata schiaffeggia il viso e m’invade sull’orlo dell’orgasmo, la calza ormai a brandelli e il pugnale volano a terra, i miei capelli s’allargano spandendosi sulle lenzuola, con le braccia io cingo violentemente i fianchi di Angelo affondando le unghie nelle sue natiche e graffiandolo vistosamente.

Io lo sento urlare mentre entra prepotente dentro di me, si porta le gambe sulle spalle ed esplode in un orgasmo poderoso fin troppo a lungo trattenuto, svuotandosi in mille vigorose spinte che mi sfiancano di piacere. Io urlo a lungo, liberandomi in un estremo godimento mai provato prima, percorsa dai brividi sul corpo sudato adesso peraltro esposto all’aria. Angelo ricade su di me esausto, io sussulto ancora per il residuo dell’orgasmo multiplo, al presente la testa mi gira, mentre lui mi ricopre il volto di baci appassionati.

‘T’informo, che giovedì terrò insieme ad alcuni colleghi una conferenza per sostenere le associazioni in difesa della donna, contro ogni costrizione e contro l’uso delle bende. Non devi mancare Ilde, ci conto’ – sospira con il battito del cuore ancora impazzito.

‘Ehi, però credevo che tu fossi favorevole’ – sorrido io da finta tonta.

Angelo mi guarda negli occhi e sta al gioco, osserva attentamente le strisce di stoffa per terra in un fagotto e scoppia infine a ridere:

‘Infatti, io lo sono’. 

{Idraulico anno 1999} 

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