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Erotici Racconti

Cuore in lacrime

By 6 Luglio 2018Febbraio 10th, 2023No Comments

Era giunto già il crepuscolo, in quella diffusa e usuale circostanza io la riaccompagnavo abitualmente verso la sua palazzina non distante dal centro storico. La signorina in questione si chiama Greta, la mia eccellente, fidata e preziosa amica, in verità il mio corposo, intrinseco e sostanziale amore verso di lei giammai dichiarato né esposto né mostrato, lei la manifesta per me totale eccitazione in persona, perché esaminandola per bene era realmente incantevole e seducente con le sue labbra polpose che reclamavano d’essere addentate e sbaciucchiate, ma io ero troppo amico per compierlo. 

Quella sera però appariva eccezionalmente difforme, direi stimolante, in quanto essendo un evento inusuale la luna piena in quell’occasione invadeva il viale rischiarandolo accuratamente con una radiazione luminosa fasciante e pieghevole, imprimendo a quel singolare momento un ambiente incoraggiante, magico e suggestivo, perché pareva che dovesse esplodere un nubifragio di sentimenti irrefrenabili e irruenti. Io non ero del tutto consapevole, eppure lo speravo, giacché per l’intera serata avevamo ragionato su vari argomenti scambiandoci opinioni e intessendo sguardi differenti e maliziosi dall’ordinario, sennonché essendo sfortunatamente già giunti di fronte all’ingresso principale del suo stabile io ero diventato all’istante inquieto, quasi d’umore nero, poiché lei subito comprese la situazione domandandomi: 

‘Riccardo, che cosa ti è successo?’.

Il suo accento soave mi fece quasi sussultare e per un istante arginai le lacrime, lei garbatamente s’impuntava chiedendomi placidamente le ragioni del mio malessere, perché sembrava quasi catturata dalla mia inusuale afflizione, perché in quel frangente non resistendo oltremodo enfatizzai:

‘Ti amo Greta’ – ribattei io di botto, come farebbe una fronda bistrattata e sciupata da una raffica furiosa di vento, sennonché m’accasciai faticosamente sullo scalino e attesi la sua confidenziale reazione.

Lei non disse nulla, mi squadrò nel profondo, studiandomi con i suoi favolosi occhi di colore verde acquamarina infliggendomi numerosissime sofferenze, dopo in maniera aggraziata e ondulata come una divinità s’accomodò vicino mormorandomi:

‘Riccardo, amore, perché me lo riveli soltanto adesso?’ – delineato dal suo rincuorante ottimismo.

‘Vedi Greta, di preciso non so spiegarmelo’ – in tal modo sbarrando le pupille sfiorai quelle polpose labbra, come per acchiappare in un unico istante la sua anima, acciuffandola e imprigionandola tutta per me. In quell’attimo ci studiammo, in lei io individuavo un indizio, in seguito un chiarore sfavillante quasi confondente, perché forse pure io irradiavo la medesima luce enunciandole:

‘Sai una cosa Greta? Sono logorato d’affliggermi di continuo’ – perché approssimandomi alla sua faccia io la baciai appassionatamente liberando i miei affanni e le mie angosce, sfoderando tutto l’entusiasmo e il trasporto che avevo incarcerato nella mia roccaforte privata d’uomo, tenendola nascosta, confinandola e segregandola stabilmente nell’intimo. 

Quel bacio in verità non s’esaurì mai, percepivo tutto la sua gradevole sapidità, apprendevo e incappavo la sua lingua in deliziosi aggrappi amorosi, perché nel mentre i nostri palmi intrapresero a identificare ignoti percorsi sui nostri corpi. Le mie mani, dapprima nelle sue, si liberarono e andarono a esplorare quel corpo sfiorato soltanto dalle mie lussuriose occhiate setacciandolo a dovere. Iniziai dai suoi fianchi e come un sottile invito procedetti a tastare le sue tette. Il suo corpo ardeva, captavo di netto il suo bollore di femmina, l’essenza del suo sudore dentro le mie narici, in quella circostanza ero realmente ammaliato ed estasiato. Percepivo le sue tette urtare verso il mio torace e percepivo distintamente e insolitamente un gradevole formicolio procedere nei vasi sanguigni e dentro il mio cazzo, conoscendo e sperimentando un’eccitazione e uno stimolo mai avvenuto prima d’allora. Le sue mani volteggiavano sul mio fisico. Greta mi rigava a rilento la schiena con le unghie salendo fino al collo così come piaceva a me. Io sragionavo per quell’incitamento e deliravo per quello stimolo, lei questo lo sapeva, ma io la lasciavo proseguire. Le nostre labbra non si erano mai staccate fino a quel momento, Dopo Greta si staccò fulmineamente proponendomi:

‘Riccardo vieni, andiamo da me, i miei genitori rientreranno solamente domani sera, così staremo più comodi’ – immediatamente la seguii.

Spalancammo il portone, andammo su celermente per le scale, giungemmo di fronte alla soglia del suo alloggio e accedemmo là dentro come se fossimo stati braccati da qualcuno. Io serrai all’istante dietro di me la porta ammirandoci senza dire nulla. Il silenzio era il maestro, l’abile docente del momento, quell’inconsueto mutismo dialogava in modo esemplare, dopo Greta s’avvicinò, m’afferrò le mani avviluppandole in conclusione ai fianchi. Io ero frastornato, manifestamente rintronato, poi ci denudammo sollecitamente, quasi volendo rapidamente recuperare tutto il tempo perso fino ad allora. Io approdai fra le sue cosce dirigendomi all’istante verso la sua odorosa e pelosissima fica iniziando a leccargliela. Era davvero gustosa, aveva un sapore stravagante, ma pur sempre delizioso. La mia lingua furoreggiava sul suo clitoride martoriandolo soavemente, mentre la sentivo focosamente gemere. Dopo decretai di mordicchiarla e di sbaciucchiare quelle labbra: era stupendo, perché ne coglievo la goduria d’ogni istante, poi subito dopo udii:

‘Riccardo, aspetta, adesso spetta a me, desidero farti mio’ – Greta errava qualcosa, in verità io ero già suo. Rapidamente barattammo celermente le mansioni, durante il tempo in cui Greta curvata sul mio cazzo e io stando in piedi, sguazzando senza un punto preciso d’arrivo, squadrando sennonché quell’impudica e lasciva opera che per alcuni poteva risultare un’empietà.

Io ero decisamente sbigottito ed energicamente sorpreso, perché le sue labbra mi succhiavano premurosamente il cazzo, quasi volendone trarre il culmine del sapore a ogni movenza. Le sue mani, affusolate e ben curate, masturbavano il mio cazzo sostituendo a volte la bocca e in altre ancora adoperandosi insieme. Ogni gesto sembrava un dedica d’amore, un’offerta d’attaccamento, io ero sconsideratamente affascinato di lei. Mi tirai indietro, lei mi guardò meravigliata, mentre io le donai un sorriso e abbassandomi feci passare le mie braccia intorno, posandole in ultimo su di me sdraiato per terra. I nostri sguardi s’imbatterono nuovamente, però come se fosse stata la prima volta, giacché vidi una lacrima rigare quel viso angelico, in seguito con tutta la dolcezza che avevo in corpo le asciugai la guancia. Continuammo a guardarci, auspicavamo comunicarci infinite definizioni, esprimere moltissime consapevolezze, ciò nonostante una nozione solamente giungemmo a proferire: ti amo, ripetendocelo in modo unanime. Un sorriso comparve sul volto di Greta mentre accostandosi mi dichiarò: 

‘Da parte mia in misura maggiore’ – adocchiandoci nuovamente ci baciammo in modo appassionato e scoppiamo a ridere.

Entrambi, in verità, non eravamo più Greta e Riccardo, in quanto non trasparivamo più come dei semplici amici, attualmente ci presentavamo come due menti e due vitalità che si erano finalmente perfezionate fondendosi e unendosi. Il nostro non era soltanto un lineare e uniforme sesso, viceversa, era la radicale espressione, la definitiva manifestazione del nostro amore d’ambedue i nostri corpi, per dimostrare rivelando ciò che avevamo in noi, giacché le parole non sarebbero state adeguate né bastanti per esprimerlo. Ogni gesto comunicava qualcosa, descriveva gli atti, dal semplice sfiorarci delle nostre mani alla penetrazione, poiché era un susseguirsi totale di trepidazioni e di suggestioni redatte sul manuale del cuore. Arrivammo insieme, quasi nel voler sottolineare la nostra complicità e la complessiva fusione. Al presente una luna imponente scaraventava i suoi biancastri raggi rischiarando e vivacizzando la faccia della mia adorata femmina, perché addossata sul mio torace iniziò a singhiozzare, in quella circostanza mi curvai e baciandola lei mi palesò:

‘Riccardo, ho paura, non voglio lasciarti. Ti amo, ho il terrore’ – durante il tempo in cui quell’espressione venne troncata da tanta disperazione.

Il mio globo oculare non piangeva, però singhiozzava il mio cuore. Ero realmente impressionato, stravolto e traumatizzato. I suoi splendidi occhi pieni di lucciconi mi tormentavano angariandomi e crucciandomi. In quel frangente la presi fra le braccia con tutta la bramosia, la cupidigia e la partecipazione di cui potevo privarmi per offrirgliela proclamandole:

‘Greta mia bella, ascoltami bene, noi due non ci smarriremo mai, perché le nostre anime e le nostre menti si sono fuse’.

‘Dici sul serio Riccardo. Per davvero?’.

‘Veramente non ci abbandoneremo in nessun caso?’. In questa frase talmente bambinesca e ingenua, con quell’intonazione schietta e sempliciotta non riuscii a contenermi e soffrendo piansi:

‘Sì, non ci lasceremo mai, graziosa cucciola di Riccardo’.

Sostammo là scarni e svestiti, scrutando la volta celeste del firmamento, Greta era fra le mie braccia, esaminandoci e ammirandoci come quella prima volta che ci eravamo conosciuti. In realtà conversammo per tutta la notte e poi spontaneamente infagottati dalla spossatezza ci assopimmo solamente alle prime luci dell’alba. Era mezzogiorno allorquando ci risvegliammo, celermente ci agghindammo al meglio consumando una fugace colazione, dopo Greta mi condusse verso la porta dell’ingresso per salutarmi:

‘Riccardo io t’adoro tanto, ti venero come non mai’.

‘Pure io ti amo graziosa e speciale cucciola, sapessi quanto’ – scambiandoci nel mentre un fugace bacio, ma deciso, energico e vitale che confessava argomentando da solo. Scendendo giù per la rampa delle scale la sentii ripetere addio amore.

Quello stesso pomeriggio partì, malgrado ciò di lei non seppi più niente.

{Idraulico anno 1999} 

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