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Erotici Racconti

Il Colloquio

By 20 Luglio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Il Colloquio.

L’ho uccisa.
Sì, l’ho uccisa con le mani.
Quelle che la facevano bagnare così in fretta.
Ma ho poco da dire, sa avvocato, poco davvero.
Non c’era una ragione, forse ce n’eran troppe.
E forse non ha senso dirle a lei, adesso.
Lei non mi conosce, è qui per obbligo d’ufficio, vero?
Non posso e non ha senso.
E in fondo non mi frega anche del suo.. patteggiamento.
Non ho patti da fare con nessuno, con lei o con altri, men che meno.
Ho chiuso con le mie dita una storia .. anche se vuoi vi ostinate a dire che era una vita.
Lei è cortese e non posso essere villano, adesso,.. ma non ho scuse da inventare.. soltanto’è successo.
Insiste per dovere?
La pagano lo stesso anche se taccio, vero?
Piuttosto sarebbe bene che mettessero dell’acqua e un bicchiere in questa stanza, su questo tavolo da ufficio. Sa, se parlo, riempio tutto lo spazio del colloquio e la gola mi secca solo a pensarci, indietro, ancora.
Se vuole.. allora.. ma non conta niente.

L’ho uccisa.
Motivo?
L’ho uccisa perché l’amo.
E non perché l’amavo.
Ma le racconto tutto, proprio tutto’?
Senza guardarla in viso, però’ se no io non ci riesco.
La prima volta che l’ho vista’la prima volta era d’estate. Aveva storia piu’ breve della mia alle spalle. E una gonna nera e corta e quella camicetta bianca. Appena sbottonato sul seno acerbo da ragazza.
La camicetta, sì quella che poi ha indossato spesso, nei nostri due anni, a me piaceva, tanto, quella che ha visto credo nelle foto, ma lì era strappata.
Sopra la camicetta gli occhi.
Il resto quel mattino non l’avevo neanche notato. Gli occhi sì. Verdi smeraldo, coi riflessi del sole a disegnare tracce, come pagliuzze d’oro, un po’ cangianti.
Vivevo allora, solo.
Poi, dettagli che non dico adesso, di un corpo che gridava. Un corpo ed un invito.
Sapeva che scrivevo, a volte, quasi per gioco.
Se guarda in rete, avvocato, e cerca bene, forse mi trova ancora, nascosto in qualche luogo.
E gli amici comuni su quello ci han giocato. Eccome.
‘.non raccontargli storie’dopo ci ricama’mette in piazza segreti tuoi’ disegna la puttana’
Lei era incuriosita. E’ strano come sentir parlare e raccontare di parole scritte agiti spesso più che ascoltare quelle dette direttamente.
‘non confessargli voglie.. curiosità,pensieri, azioni e desideri’
‘non raccontare amori e tradimenti.. li scriverebbe poi anche sono tuoi e sono veri’
E’ grazie alle parole dette quasi per gioco da amici comuni sotto un ombrellone che il giorno dopo lei viene a casa, propone una gita in barca’sai, con quegli amici..quelli di ieri..ti va l’idea..vieni?
In mare, al largo, l’ho toccata.
La prima volta, l’ho toccata.
Non c’erano intenzioni né premeditazione.
Voglia senz’altro, quella sì. E così è successo..
Urtata nuotando, lei mi spinge e gioca, la mano mia sul seno però l’ho subito lasciata.E l’ho toccata.
Il seno giovane e forte, un bozzo tondo e duro, ragggrinzito per l’acqua ancora fredda, sotto il palmo della mano.
Sembrava un chiodo teso ad inchiodare la mia mano.
Sono finito a bere, con lei avvinghiata ai fianchi, duro dentro il costume che poco ormai copriva: ho bevuto..col naso,..sì non rida, ‘la bocca era incollata all’altra e il fiato era finito’
Capisce perché l’amo?
Almeno un poco lo capisce, adesso?
In questo parlatorio,..si puo’ fumare? Mi offra una sigaretta allora, per favore.

L’ho uccisa perché l’amo. Questo è sicuro.
Quel bagno inaugurale so, adesso, era una sfida. Curiosità la sua soprattutto, poi l’ho capito. Se ti innamori capisci poche cose. E spesso, anche tardi
Allora mi piaceva pensare fosse altro, attrazione, fascino, l’eta’ mia così strana per lei, irresistibile delirio di potenza di maschio puttaniere, strano innamoramento.
Mi passa il portacenere?
Ha voluto leggere, quella sera a casa mia. Tutto. Non ho scritto poi così tanto, in poche ore, veloce, vorace, con ansia mal celata, anzi direi affatto celata, era finito. Anche quelle cose solo abbozzate e magari accantonate.
Nuda sul letta, solo con quella camicia, gli occhi sui fogli e una mano sul mio grembo.
Si è sdraiata sui fogli sparpagliati, e si è allargata.
Mi ha trascinato dentro lei, mi ha preso tra le dita e usato come un mestolo, là dentro. Sì come un mestolo, mi ha mosso estratto reinfilato scosso. La carta stropicciata sotto che cantava.
La camicetta bianca e gli occhi, gialli adesso nel sesso piu’ che verdi.
Ha lasciato la presa e il controllo solo alla fine. Mi ha permesso di scomparirle dentro e di svuotarmi.Violentemente e come urlando.
Io l’ho guardata. Aveva gli occhi semiserrati allora e la camicetta che ansimava.

Un’altra sigaretta’posso?
Si puo’ chiedere dell’acqua?

E inizia il gioco. Allora.
..dai giochiamo.
Di cosa vuoi scrivere? Proviamo?
Io faccio la lavagna’tu disegni e scrivi’
Anzi, facciam così..tu sei il Maestro e io sono Margherita.No, non va bene, è storia triste quella tu sarei il Maestro e io l’Allieva’
Giochiamo?
I giochi? In mezz’ora di colloquio? Non basta a ricordarli. A raccontarli poi..
La cosa che però ho chiara in mente è che di quei giochi io mi sono innamorato.
Ho una donna, moglie, nel passato e altre donne. Ho capito, con lei, che non avevo mai giocato.
Strano per la sua età e strano per la mia, vero?
Vedo che non risponde’non era una domanda. Vero.
Il culo. Mi scusi, sì il culo era perfetto. Staccato netto sulle cosce se era in piedi, pesca spaccata in ginocchio sul letto, matura e tesa.
La prendevo così, spesso, le ginocchia nostre sprofondate in un materasso troppo molle oppure sulla terra o l’erba o sabbia o sopra un pavimento. Le piaceva giocassi col suo culo mentre la scopavo.
Le piacevano i baci ed ogni esperimento.
‘prova’fallo”poi.. scrivi?
Paradiso del cazzo un po’ più in basso. E, sopra, chiuso tra i due spicchi, lui, piccolo sorriso.
Il culo suo l’ho colto per regalo. Una mattina che altro non si poteva.
..provaci, ho voglia, ma non farmi male..non spingere così, così non entri, aspetta..sì, adesso fermati pero’, brucia davvero, non fermarti,..ti dico quel che provo, ti racconto mano mano.. poi tu scrivi..vero?
A me faceva male ma spingevo. Poi si è aperta come d’incanto. Passata la mia testa, era di burro anche lì. Ma burro ancora piu’ viscoso e caldo.
Avvocato, mi scusi, non devo continuare? Me l’ha chiesto lei di spiegare.. se l’imbarazzo..smetto..
Non pensi che per me fosse comunque cosa così normale. Donne che apprezzano.. questo trattamento e ne gioiscono credo siano poche’ lei ne ha fatto dopo un rito, un premio condiviso, da consumare come si gusta un dolce a fine pasto, la domenica, a casa, a mezzogiorno.
Dicevo che per me allora non era gioco abituale.. forse solo sfortuna nelle mie cose precedenti.
Giocavamo e poi, quando tornava a casa dai suoi genitori, l’ho detto vero ancor molto piu’ giovane di adesso, vero?
Quando tornava a casa, o mentre lei dormiva o anche studiava, io scrivevo. Se trova le mie cose nella rete’ saprà altro di lei, che ora non racconto. Il nome della donna cambia spesso, quando scrivo, ma so che non farà così fatica, adesso a ritrovarlo.
I giorni della sfida e del ‘belgioco’, come lo chiamavamo in codice tra noi, erano marcati nella sua disponibilità a giocare, da quella camicetta. bianca. Quando voleva provare un gioco nuovo e spingermi alla scrittura, la indossava. E io sapevo che era ora di inventar qualcosa.
Nel frattempo io mi ero anche licenziato da un lavoro che mi andava stretto. Coi soldi risparmiati ci vivevo, senza lussi, ma bastavano e scrivevo.Finalmente, dopo quei giochi, trovavo nuove parole e ne scrivevo.
La prima volta in mezzo ad altri?
E’ un ricordo sconvolgente.
‘proviamo anche quello, ci giochiamo? Sceglilo tu il locale, andiamo, magari solo guardiamo.. comunque, dopo, ..scrivi?
L’alllieva stimola e scuote il Maestro’Inventi tu il gioco, adesso?
Sì, giochiamo
Il locale era una delusione veramente. Nome pomposo, promessa di esotismo ed erotismo. Uno stanzone di cattivo gusto con divani e un po’ di gente. Direi anche qualche puttana a fare ambiente e aumentar la sensazione di.. cosa un poco strana.
Aperitivo, compreso nell’ingresso, musica che non amo, lei con la camicetta bianca e una gonna corta a coprire sotto le mutande appena. Calze che non riescono a restare sotto quella gonna, corta volutamente anche un po’ troppo. Gioca con quelle gambe, si siede su un divano, mi guarda mentre si lascia guardare. Accavalla e scavalla, mostra la coscia sopra l’orlo della calza’fa balenare piu’ volte e poi lascia in mostra la sua mutandina. Molta gente fa finta altri guardano apertamente, uno su una poltrona si strofina ostentamente e ci guarda.
Gli occhi suoi virano sempre piu’ all’oro e sono un po’ piu’ stretti del normale’è il suo sguardo di gatta che conosco. Quando lancia una sfida o vuole un nuovo gioco.
Balliamo.
Mi dice’proviamo ad andar di là’ a curiosare?
Andiamo.
Nella stanza tre letti, accostati ma non adiacenti. Siamo appoggiati all’uscio, a quella tenda e all’occhio che si abitua al buio, la tenda ora si è chiusa dietro di noi, vediamo.
Due letti occupati,..il terzo vuoto.
Sui due letti due coppie, scopano parallele. Si guardano a vicenda, a sprazzi, dagli sguardi capisci, o è solo fantasia per quel racconto scritto dopo, che non solo gli sguardi erano incrociati. C’e’ odore tangibile, lo puoi fiutare a naso, di sesso in quella stanza. Di sudore e di sesso. La prima coppia è bella, molto bella. Scopano come statue di un museo. Lei è come rovesciata su quel letto, la testa buttata oltre l’orlo del materasso. Lui ha le gambe di lei. Sulle sue spalle.
E in ginocchio , la tiene per i fianchi e pompa, batte con rumore, come a far burro il latte che la bagna sotto.
Mi guarda con quegli occhi stretti e un poco gialli’io capisco gli occhi. La bocca sua è socchiusa per piacevole emozione. Gli occhi sono giallo d’oro e dicono, loro, prima e dopo ribadiscono le parole’giochiamo, ho voglia di giocare’proviamo,..tu dopo scrivi?
Si toglie gonna, mutande slaccia la camicetta bianca, sipario aperto sul seno e su capezzoli già duri.
Poi spoglia me e mi accompagna al terzo letto.
Strano, ricordo solo adesso, mi ci porta per mano.
Però la stretta della mano non era stretta solita, di affetto, era molto più forte, più serrata, mi guidava, come se comandasse e non chiedesse come soleva fare, e non mi accompagnava.
Mi fa sdraiare, nudo, sotto quegli sguardi. Si china su di me. Mi sfiorano i capelli, le ante aperte della camicetta. I capelli sul petto, mi sfiorano i capezzoli appena, ora i miei son come i suoi, grinza dura e rugosa, nervi scoperti e all’erta sotto quella cascata. La camicia sfiora prima in petto, il ventre ora le cosce.
Mi prende in mano e poi, appena acquisto consistenza, in bocca.
Sento la lingua: E i denti intorno all’orlo fatto a casco, e sotto, dove il triangolo si avvolge e poi si punta e taglio, sfregano appena, come un cancello socchiuso e poi lasciano correre la lingua a avvolgere e cullare.
Non guardo gli altri, dal rumore so che si sono fermati. Mi guardano scopato dalla bocca come io li avevo guardati. Non guardo. E’ una sensazione strana. Chiudo gli occhi e mi ci lascio andare.
Con gli occhi chiusi sento solamente il rumore della bocca e il respiro di altri intorno. Poi non piu’ la bocca, resto teso nell’aria, bagnato di saliva e teso, lei si muove, poi mi cala attorno.
E sale e scende. Ritma con sussulti. Esco rientro, mi fermo perché lei si ferma, affondata sopra di me e spinge.
Cerco di sgroppare, di cambiar ritmo, di imporre movimenti, non vuol mollare, accelera di colpo e poi mi svuota.
Forse gli altri guardano ancora o hanno riallacciato i loro giochi.
Non so,.. i miei li apro adesso. Lei ha altre mani sul corpo. Due sono forti e tozze, una con dita lunghe e affusolate. Sono a serrare i seni. I suoi. La baciano sul collo mentre mi ha ancora dentro.

Ho bisogno di un’altra sigaretta, mi perdoni. Qui non mi hanno ancora permesso di comprarle.
Capisce adesso, un poco almeno, perché dico che l’amo? Quella donna occhiverdiecamicetta?
Quella donna che mi ha superato?
Salto mesi adesso, se no la lascio con troppe domande.

L’altro giorno.
Erano giorni che era un po’ distaccata.
.. i genitori rompono, ..oggi non posso’forse domani..dai cosa sarà mai.. tu intanto scrivi..
A casa degli amici. Due di loro sono dei residui vecchi di quell’estate’so che sanno della mia firma in rete e che hanno letto.
E tutto in quella casa, forse per quello, ha sapore un poco strano.
Il discorso, dovevo immaginarlo cade lì. Sono poche persone per fortuna son presenti, ma quello che me l’aveva presentata, tira fuori qualche foglio da una giacca’.
Forse vuole soltanto una piccola ripicca, le stava dietro, io non lo sapevo allora, da due estati.Corte serrata, baci e poi nulla, meta non conseguita..e poi rubata Arriva uno, che scrive di giochi e di donne forse strane e via’fine delle sue estati. All’epoca però non lo sapevo, me l’ha raccontato lei un giorno, fumando a letto, sdraiati al pomeriggio.Di un uomo che le stava dietro, lei ci sarebbe stata se quel giorno,..se..
Apre i fogli e legge dei miei giochi ..i nostri giochi.
E tutti sanno chi sono i giocatori.
Reggo la sfida e ostento sicurezza.. sono racconti, sono giochi, scrivo e basta, lei è un’ispirazione, i giochi sono..giochi della testa scritti per divertire e magari un po’ eccitare..
Ma leggere fa male e vengono le idee. Ed una sfida, un gioco, alcool e fumo aiutano alle volte.
E se’?
E se’tu..provassi a scrivere altre emozioni? Hai il coraggio di alzare la posta e anche la sfida?
Hai mai pensato a lei insieme a un altro? Come ne scriveresti, con quali parole?Devi scoprire, esplorare per trovarle, ma non oserai mai, noi lo sappiamo..lei giocherebbe, vedi, tu non puoi. Giocate sempre ma rischiate poco. Lei ha più coraggio, vero?
Perché non provi,.. non provate?
E lei su quel divano, occhi giallo oro e camicetta spalancata.
Io e altri quattro seduti a terra, anfiteatro umano.
Le mani del bastardo sui sui seni, sotto la camicetta spalancata. La bocca a soffocar la sua.
Poi la gonna per terra e le sue mutandine.
E a lui è lei a togliere anche quelle.
E le gambe allargate in un invito, una posata sopra la spalliera. Il labbro morso suo a soffocare un grido e un cazzo, non il mio che si fa strada dentro, senza tenerezza o gioco di preavviso.
Spinge come un dannato, si esibisce. Lui.
Lei rantola e ha il respiro come un treno. Spinge, lei morde ancora il labbro..non cerca di dare tenerezze, spinge.
Spinge.
Tutti guardano loro, nessuno osa guardarmi. E penso..è un nuovo gioco..dopo ne scrivo sopra.. qualche cosa..Penso e non credo.
E spinge sempre più deciso. Lei ha occhi gialli di fessura, la camicetta è strappata da lui che ci si è impuntato con le mani mentre le sale dentro, teso fin mei muscoli del collo, a scioglierne i pensieri.
Lei ha un piccolo urlo, poi lui chiude a taglio stretto gli occhi, erano stati sempre aperti, ora lo noto, e viene.
Un poco di imbarazzo, dopo.
Degli amici e mio soltanto. Loro bevono qualcosa, lei lamenta lo strappo alla camicetta, lui le stuzzica il collo con le dita.
Lei è chiusa in quell’abbraccio. Non mi guarda.
Muove il collo un poco rabbridito sotto quelle carezze in passo di formica.
La riaccompagno a casa, dopo.
Dopo non so. Provo a ricordare.
Sarà perché lei non aveva detto..è un gioco?
Perché non mi chiesto, nemmeno in auto di scriverci su un poco.
Perché il suo orgasmo non era da racconto o esperimento?
Per la camicetta che si era lasciata rovinare, forse per quello.
Perché sono bambino e se si rompe un gioco piango.
Le ho stretto al collo le mani nel parcheggio.
Le mani.
Quelle che la facevano bagnare così in fretta.
E’ un gioco pensavo.. dopo ci scrivo su e pubblico, magari..
Stringevo forte.
Non so quanto a lungo io abbia stretto. So che è bastato poco per non sentirla più divincolare. Mai io stringevo ancora. Credo di avere pianto, non ricordo.
All’alba all’auto si è accostato un metronotte di ritorno a casa dal lavoro.
Dormivamo sul sedile.
La polizia mi ha svegliato dopo, mi hanno portato qui. Lei è andata via dopo, sotto un lenzuolo, Bianco.

L’ultima sigaretta.. grazie.. Vede..? .. l’avevo detto che era storia lunga, quella della donna che amo e di occhi verdi e camicette bianche.
Se torna per la visita prima del processo le racconto altro, forse ricordo meglio qualche cosa.
Ho cambiato idea tra l’altro, accetto la difesa.. lei sa ascoltare ..racconti lei per me, però non chieda scusa.
Racconti di un amore che ho forte dentro e di occhi verdi e pagliuzze d’oro e di una camicetta bianca. Racconti non per chiedere uno sconto ma per fare capire a loro, se lei ha capito.
Torni allora.
Mi farebbe due favori,.. posso?
Mi porti quando torna un po’ da bere e una stecca di Camel senza filtro, la rimborseranno, le ho fumato mezzo pacchetto oggi e me ne scuso.
Poi, per favore, ancor più personale … oso?’ ?
Mi porti tanta carta bianca, quella che vuole, quaderni, fogli ..e qualche penna morbida e buona.
E’
Se non le dispiace,’metta, quando verrà a trovarmi ancora, la stessa gonna nera e la stessa camicetta. L’ho osservata tutto il tempo senza fermarmi mentre parlavo..questa sua camicia bianca. Le sta davvero bene’la rimette per me? Dona davvero coi suoi occhi verdi. Ha schegge d’oro in quegli occhi ..gliene hanno mai parlato?
Scusi la confidenza ma ha proprio occhi belli.
Adesso poi che sembrano fessure.. sono ancor più gialli. D’oro quasi direi’

Ricordi i fogli, glielo raccomando’mi sa che’dopo’scriverò qualcosa’

Le dediche.

Rito personale a cui non sfuggo, almeno in un diario da tastiera.

Dedico a due avvocati che conosco.
Uno di loro spero non metta mai gonna o camicetta,’mi sconcerterebbe! E non starebbe proprio bene in quella mise. L’altro ha occhi verdi con pagliuzze d’oro’non potrebbe difendermi nemmeno.. se impazzissi!

Dedico a chi mi ha spronato a scrivere ancora, con complimenti e critiche che ho letto ingordo, e invitato a rileggermi ad alta voce per trovare tempi e ritmi alle parole’l’ho fatto, giuro, ma forse non è solo questione di voce alta o bassa, temo.
Chiedo a te un nuovo regalo (il 4′ o il 5”?..ho perso il conto..), un piccolo imprimatur in forma di bocca a cuore. Un bacio scritto qui, al piede delle mie parole.

Dedico a chi ha l’età della protagonista che mi ha chiesto una sera.. fammi sognare un poco,.. voglio provare, immaginare e io ho negato il gioco. Là, perché qui, almeno un poco spero di averti accontentata.
Ci ho provato, almeno.

Dedico a chi si è letto i miei pensieri, accatastati nel mio blog. Altrove.
E’ diario di idee e percorso di persona, insieme ad altri. Pubblicherò L’Udienza e altre cose’penso.. anche dove sarà accettato tra i racconti. Ma il blog che è diario avrà sempre una versione un po’.. integrata(?)’a Voi dedicata e per Voi voluta. Le dediche (forse qualcuna sì, tutte senz’altro no) là, tra i racconti, non ci saranno.
Perché le dediche si scrivono su un libro, un disco, una foto che regali a chi vuoi tu. I racconti invece si leggono e poi.. basta. Le dediche fatte ad altri per chi legge e non sa delle persone sono come le cartoline usate comprate su un banchetto, al mercatino.. chi sarà stato che ha scritto.. a chi e che faccia avrà il destinatario.. perché scrive di guerre ..o di’ricordi di viaggio.. o cose strane?

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