Skip to main content
Erotici RaccontiRacconti Erotici

Le nuove vicine (capitolo 1)

By 23 Novembre 2016Aprile 2nd, 2020No Comments

Capitolo primo, L’arrivo delle vicine

&egrave Febbraio, fa freddo e mi sono buscato una fastidiosa tosse. Ormai &egrave una settimana che andava avanti, un colpo di tosse lì, una schiarita di gola là’ ma ora sono bloccato a letto, debole come un pulcino, a bere infusi e andare in bagno quando ne ho bisogno (e ne ho le forze). Il termometro dice che la mia temperatura &egrave di 39 gradi e mezzo, ma sento lo stesso sempre freddo. Del resto il mio fiato fa un poco di condensa nell’aria, deve fare parecchio freddo in casa. Il meteo sul telefono dice che ci sono pochi gradi sopra lo zero nella provincia di Cuneo, oggi, ma &egrave da ieri che non accendo la stufa e la temperatura in casa deve essere scesa parecchio. Purtroppo il termometro per ambienti &egrave in soggiorno, insieme alla stufa, e per lo stesso motivo per cui non ho acceso non ho guardato la temperatura: sono troppo stanco. Mi trascino dal letto al bagno, per bere e mangiare attingo alla scorta di cibi pronti, acqua e tisane che ho preparato appositamente sul mobile accanto al letto. A portata di mano, per terra, c’&egrave il microonde, che so che mi farà inciampare con quel suo dannato filo, prima o poi. Ho dovuto farlo passare per tutta la stanza con una prolunga per farlo arrivare ad una presa libera, in soggiorno. Per distrarmi leggo, uso il cellulare, guardo la TV, ‘ le parole crociate ed il Sudoku li ho finiti ieri. Ma molto tempo lo passo a dormire.

Eppure, nonostante il mio stato miserabile, non riesco a fare a meno di pensare che ho davvero voglia di un porno. Ovviamente questo non ha molto senso (mi sento letteralmente uno straccio, che molla liquidi in bagno e ne riassorbe in camera), eppure il mio corpo parla chiaro. Non ho erezioni (magari non ne ho neanche la forza, e comunque non ci sono state occasioni di provocarne una), ma ho voglia di farmi una di quelle seghe memorabili, che solo quando si &egrave molto eccitati si possono fare. Naturalmente la sola idea di muovermi, o togliermi di dosso il piumone mi fa desistere (&egrave difficile, ma non lo tolgo neanche per andare in bagno).

Scusate, ho parlato tanto, ma non ho detto nulla di me’ Mi chiamo Paolo F. e sono un venticinquenne, fotografo di professione (principalmente). Dico principalmente perché &egrave solo l’occupazione che mi frutta di più. In realtà la maggior parte del tempo la passo al computer, ritoccando le mie immagini o immagini di persone disposte a pagarmi per farlo, soldi grazie ai quali riesco a mandare avanti la baracca (non sono un grande fotografo, né famoso, né ben pagato). Il tempo d’oro della mia fotografia era al liceo, dove il mio talento era molto apprezzato, ma una volta che mi sono buttato nel lavoro (mi piange il cuore a dirlo) i miei scatti sono diventati piatti e dozzinali. Forse non riesco ad accettare di non poter fotografare solo quello che mi piace, come richiede il lavoro, ma la mia caparbia mi impedisce di migliorare o ritrovare l’ispirazione.
In ogni caso, tra macchina fotografica e Photoshop, riesco a tirare avanti. In fondo &egrave un lavoro comodo, che posso fare quasi sempre da casa (faccio pochi scatti in studio, sono principalmente per oggetti e mobilio che mi vengono recapitati e per i quali ho un piccolo studiolo ammobiliato). La casa, su di una scogliera affacciata a picco sul mare, l’ho ereditata da un cugino di cui so poco, per mancanza di eredi. La piccola somma che avevo da parte dopo il liceo l’ho usata per ristrutturarla e preparare lo studio, e da allora campo così. Amo il paesaggio e la solitudine (l’abitazione più vicina &egrave a dieci minuti di macchina), e sono piuttosto soddisfatto della mia vita’

Senonché, un paio di settimane fa una famiglia si &egrave trasferita nella casa qui accanto! La cosa potrebbe non sembrare strana, visto che questa casa &egrave grande, divisa in tre appartamenti (il mio &egrave il più piccolo, al piano terra, ma dà sul mare), circondanti un giardino comune. Ma il resto della casa &egrave proprietà di qualche signorotto locale con cui ho scambiato un paio di email di cortesia che cerca di affittarla ad una cifra spropositata, sbattendosene dello stato in cui versa. Infatti il mio &egrave l’unico appartamento ristrutturato! Gli altri due, ben più grandi e belli, sono un disastro: muri scrostati, infiltrazioni d’acqua, calcinacci sui pavimenti, niente mobili, diverse finestre rotte’ qualche ragazzo &egrave perfino arrivato fino a qui per fare un paio di murales! Io ne ho dovuto coprire uno durante le ristrutturazioni, infatti. Ormai mi ero felicemente convinto che avrei passato gli anni in tranquillità in quello che consideravo il mio’ modesto angolo di paradiso. Certo, si può arrivare al mare con una breve passeggiata (la spiaggia &egrave piccola, di sabbia e di proprietà del solito signorotto’ non mi ricordo neanche il suo nome, ma delle multe in passato avevano fatto desistere gli occasionali bagnanti abusivi), il paesaggio &egrave fantastico, la zona &egrave circondata da un bosco pressoché incontaminato (non per nulla adoro il posto), ma non &egrave una delle poche aree in zona senza fibra ottica, il prezzo &egrave altissimo e la casa versa in uno stato pietoso. Sapere all’improvviso che avrei dovuto condividere tutto questo con una’ anzi DELLE persone, mi aveva preso in contropiede.
Di sicuro era gente con i soldi. La mail del padrone di casa diceva che avrebbero cominciato le ristrutturazioni (di sicuro a loro carico) in un paio di giorni, e dopo una settimana e mezzo avevano già finito. C’era stato un gran giro di operai e macchinari (penso che alcune parti del tetto dovessero essere riparate, ma nulla di grave), ma era finita in fretta. E dopo appena dieci giorni da che sapevo che avrei avuto dei vicini, venne a presentarsi la nuova vicina.

Era un Mercoledì; me lo ricordo bene, perché lo considero il giorno in cui &egrave finita la mia vita ritirata. Non che avere dei vicini mi disturbi particolarmente, solo’ avendo la certezza che non ci sia nessuno nel raggio di almeno un kilometro in ogni direzione, ho preso col tempo certe abitudini, che mi sono reso conto in quel momento di dover abbandonare. Niente più abbronzature perfette, nudo su di una sdraio in cortile (in spiaggia preferisco di no, ogni tanto passano delle barche o delle moto d’acqua dalla città, anche se non troppo vicino); niente più musica a tutto volume (figurarci poi i porno!), figurarsi poi le scopate incurante del rumore’ scusate, mi sto dilungando di nuovo. In breve, quando ho aperto alla nuova vicina, mi sentivo arrabbiato con lei, oltre che scocciato ed irritato dalla velocità con cui aveva preso possesso della casa e, di conseguenza, delle mie piccole libertà. Perciò rimasi sorpreso quando mi trovai davanti una donna che avrei definito una ‘signorina’ (ho scoperto in seguito che aveva passato da un po’ i trenta) di bell’aspetto, molto cortese e ben educata. Magrolina, con poche curve, i capelli biondo chiaro e gli occhi verdi, emanava una notevole presenza per il suo metro e sessanta. Dopo essersi presentata (si chiama Valentina P.) ed aver sopportato pazientemente il mio sguardo sospettoso, mi ha chiesto cortesemente se poteva entrare, e dopo i cinque minuti necessari a farle fare il giro del mio piccolo appartamento e offrirle da bere (ha preso un succo di frutta, dicendo che non beve spesso alcolici), si &egrave dimostrata incredibilmente cordiale e amichevole. Ha fatto i complimenti per il mio arredamento, piuttosto scarno, ma scelto accuratamente, apprezzando in particolar modo il mio impianto audio (in salotto, la stanza più grande, ho un impianto surround di discreta qualità, tutti pezzi scelti per design e qualità, ma se lo mettessi al massimo volume mi sentirebbero dall’altra parte della casa). Ho così scoperto che ad entrambi piace la musica ad alta qualità e lo sport. Lei &egrave infatti un’appassionata nuotatrice e usa spesso il kayak. Le ho spiegato come arrivare al mare da qui, e che avrebbe potuto mettere il kayak nel garage comune, se ne aveva uno’ &egrave saltato fuori che ne aveva tre!
Insomma, alla fine i miei timori di un qualche vecchio grasso riccone acido sembravano essere infondati. Poi ha detto che nel fine settimana, l’avrebbe raggiunta la figlia di diciassette anni, che era rimasta a stare da una sua amica per qualche giorno (il padre non l’ha menzionato. Non sembra sposata, almeno non porta la fede, ma penso che ci sia una storia dolorosa, dietro). Per cortesia le ho detto che non vedevo l’ora d’ incontrarla, ma in realtà speravo che sarebbe stata sempre in paese, e non in casa, magari a fare a gara di urli con la madre (come mi aspettavo facesse una ‘teenager’ moderna).
-&egrave una ragazza con pochi amici ed amiche, spero possiate legare, vista la sua giovane età.
Nonostante la mia ‘giovane età’, mi dava del lei, e non me la sentivo di chiederle di smettere. Era sì cordiale, ma sembrava una donna molto sulle sue, che non dà confidenza in fretta.
‘-Col cazzo’ avrei voluto rispondere. Ma la buona educazione richiedeva un altro tipo di risposta, ed in fondo sapevo che una felice convivenza sarebbe stato il modo migliore per avere pochi problemi con i vicini. Magari era simpatica come la mamma’

Sabato pomeriggio suonò il campanello. Stavo ritoccando un dettaglio delicato di un immagine, quindi ci ho messo un po’ a finire e dirigermi alla porta. Per allora il campanello stava già suonando ininterrottamente. Chiunque fosse fuori, di certo non era Valentina, quindi ho dedotto che fosse la figlia. ‘Cominciamo bene’ ho pensato.
-Arrivo, arrivo!- Ho detto, ed ho aperto la porta.
Mi si &egrave presentata davanti una ragazza molto più alta della madre, un metro e settanta almeno, quasi quanto me, con dei fiammanti capelli rossi, tagliati corti e acconciati con studiato disordine. Ho riconosciuto Marta (così si chiama) solo dagli occhi, verdi e uguali a quelli della madre. Per il resto doveva aver preso tutto dal padre: zigomi alti, mascella sottile ma pronunciata, occhi grandi, contro i tratti fini ed eterei (quasi nobili, direi) della madre, sovrastati da due occhi penetranti ma non particolarmente grandi o belli. Era però snella come lei, anche se con un poco più seno (o imbottitura; difficile a dirsi con la giacca addosso). Vestiva punk, del tipo con tante borchie, tanto cuoio e tanto nero, che contrastava contro la sua pelle pallida (come la madre) e i capelli rossi (probabilmente tinti). Si vedeva solo un piercing, una pallina sotto l’angolo sinistro del labbro inferiore. Aveva le gambe fasciate da un paio di pantaloni aderenti, mettendo chiaramente in mostra un fondoschiena niente male, e degli stivali neri ai piedi. Visto l’odore di soldi che si portava la madre, il braccialetto elaborato al polso destro era probabilmente di vero argento, così come la spilla a forma di pugno con il medio alzato appuntata sul seno sinistro. Aveva i pugni sulle anche e l’aria corrucciata da bambina viziata a cui non &egrave stato dato il regalo che voleva.
Mi &egrave stata fin da subito terribilmente sul cazzo.
-Certo che ce ne hai messo ad aprire. Guarda che fa freddo qua fuori! Comunque sono Marta, la tua nuova vicina, tanto piacere- ha detto tutto d’un fiato, squadrandomi da capo a piedi. Non aveva per nulla l’aria di avere freddo.
-Certo, tua mamma Valentina mi ha parlato di te. Io sono, Paolo, piacere. Vuoi entrare a riscaldarti o bere qualcosa?- ho offerto con un sorriso che speravo non si vedesse troppo che era finto.
-No, sono passata solo a salutare. Ah, mia mamma mi ha detto di darti questo. Ciao.
Ed ha girato i tacchi, dirigendosi verso il suo appartamento, dall’altra parte del cortile, dimenando il sedere, probabilmente un’abitudine presa al liceo. Senza neanche un grazie.
Sono rientrato ed ho letto il foglietto che mi ha dato. Era scritto da Valentina, mi avvisava che lei non ci sarebbe stata per le seguenti due settimane, aggiungendo il numero della figlia (ci eravamo già scambiati i numeri io e lei, per le emergenze).

Ed &egrave così che arriviamo a come sono ora, nel letto, in una piovosa domenica di Febbraio, con la tosse e la febbre. Non avevo avuto altri contatti con le nuove vicine, che del resto erano ancora occupate col trasloco. Valentina aveva fermamente rifiutato ogni mia richiesta di aiuto, almeno per i lavori più pesanti. Mi da l’idea di una che vuole sempre fare tutto da sola, e ci riesce anche meglio che in due. Sono comunque felice di non aver dovuto aver nuovamente a che fare con quella bisbetica di sua figlia. Il primo incontro mi aveva lasciato una pessima impressione, e non ero ansioso di averne un altro tanto presto.
Nel frattempo continuo a guardare la TV, dando un colpo di tosse ogni tanto. La noia &egrave terribile, ma non ho voglia di fare nulla. Dovrei accendere la stufa, fa davvero freddo, ma sono a corto di legna, ed andarne a prendere ora, fuori, &egrave fuori discussione. Il riscaldamento a gas &egrave troppo caro per prenderlo in considerazione, e dovrei comunque trascinarmi fino in soggiorno per accenderlo. Quindi mi limito, dopo aver raccolto le forze, ad allungare un braccio fuori dal mio caldo giaciglio per prendere un’altra coperta da aggiungere al piumone.
Guardo l’ora: sono le cinque di sera. Visto che &egrave da un po’ che non mangio, allungo una mano per prendere qualcosa da mettere sotto i denti, ma la mia mano affonda in un mucchio di cartacce di plastica. Vuote. Con stupore, mi rendo conto di aver finito le scorte. ‘E ora?’ mi chiedo. ‘Non ho altro, in casa’
Purtroppo le soluzioni erano due: andare in paese così e prendere da mangiare, peggiorando il mio stato, o chiedere aiuto ai vicini. Il che voleva dire’ Marta.
L’idea di chiedere aiuto a quella ragazzina mi nauseava, ma uscire ora sarebbe stato davvero peggio. Fattostà che ho preso il telefono, dopo una mezzoretta passata a farmi coraggio, e cercare di essere calmo per trattare con la piccola peste. Il cellulare squilla. Al quinto squillo risponde: -Pronto? Chi &egrave?
-Ciao, Marta, sono il tuo vicino, Paolo. Ci siamo incontrati sabato scorso, ricordi?- Dico. Riesco a tenere una voce abbastanza forte, ma mi scappa un colpo di tosse alla fine.
-Ah, sei tu’ cosa c’&egrave?- la simpatia e l’amichevolezza erano sicuramente rimaste alla madre’

Leave a Reply