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LETTERE DA COPENAGHEN – XXXII RISSA NEL QUARTIERE A LUCI ROSSE

By 29 Novembre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

Africa Coloniale Tedesca, 31 dicembre 1917.

Dovete sapere che il bordello in cui vivevo le mie avventure amorose era tutto decorato e pieno di mobili d’epoca assai pregiati. Oltre alle tante stanze, c’era un salone, dove avevano collocato due tavoli rotondi di legno scuro, attorniati da numerose sedie Thonet, di quelle che si vedevano nei caff&egrave di Parigi. Le pareti erano tappezzate di seta di Persia e ad esse avevano appeso molti quadri, dalle cornici dorate ed intarsiate. Si trattava di capolavori di maestri sconosciuti, per lo più norvegesi o neerlandesi, che raffiguravano volti di giovani donne senza veli, corpi nudi, ritratti fra i cespugli, durante l’accoppiamento. Insolitamente, si ammiravano anche paesaggi tipici delle Fiandre, boschi di faggi dalle foglie caduche, chiesette gotiche, figure di fantasmi, immortalati mentre inseguivano sui tetti delle vecchie canute, vestite di nero, che la leggenda condannava a passare nel mondo dei morti entro la fine dell’anno.
Lungo una parete avevano costruito un camino strano, che sembrava barocco: era fatto con una specie di cornicione di marmo rosa e sulla parte superiore spuntava vistosamente il muso di una bestia; non saprei dire se si trattava d’un capro o un d’un Minotauro, ma aveva tre corna, la bocca spalancata e la lingua biforcuta, che pendeva all’infuori, mentre gli occhiacci grigi pareva lanciassero fiamme. V’erano altresì due grandi credenze di rovere, che contenevano vassoi d’argento, calici di cristallo e liquori d’ogni sorta, per inebriare i clienti. C’era persino un biliardo, con delle stecche, ricoperto da un tappetino verde.
Nei mattini sonnolenti, le mie compagne solevano affollarsi intorno a me, come farfalle. Allora, chiacchieravano e vociferavano, tutte allegre per i dolci guadagni della notte. Mi chiamavano per nome, mi facevano dei complimenti, mi tiravano scherzosamente per i capelli. Era come se fossimo state amiche.
– Mirabelle! Mirabelle! Che carina che sei! Hai dormito bene? Chissà che bei sogni hai fatto! Ce li racconti? Oh, sogni d’amore e di passione! Sei una cara ragazza! Sei una delle nostre sorelle, ormai! Sì, ormai sei una di noi, sei una nostra sorella! Complimenti, tesoro caro! Sei tanto bella!
Così dicevano, facendo a girotondo intorno a me.
Pensate che ero mezza nuda, con indosso soltanto una specie di vestitino rosso, ornato di pizzo, con delle frange nere che assomigliavano a dei coriandoli; stavo seduta su uno sgabello e tenevo le belle gambe accavallate.
– Mirabelle! Mirabelle! ‘ mi chiamavano. ‘ Mirabelle!
Una delle ragazze si spruzzava sul corpo del profumo ed era come se da quell’ampolla viola si sprigionasse una nuvola leggera, vaporosa, che avvolgeva ogni cosa.
Volli fare ingelosire Friedrich ancor di più e l’occasione giusta capitò davanti alla Locanda delle Ancore, dove ci incontrammo. Io cercai di salutarlo e gli tirai uno dei miei baci, ma lui non voleva parlarmi’
– Amico mio, che ti ho fatto? ‘ gli chiesi appassionatamente.
Ma egli non mi rispose e scoppiò a ridere, come per prendermi in giro.
Poco dopo, in quei paraggi capitò uno dei marinai che aveva fatto l’amore con me una delle notti precedenti. Vedendomi su quella soglia, mi riconobbe senza neppure bisogno di chiedere il mio nome.
– Signorina Mirabelle ‘ disse il lupo di mare ‘ voglio che siate mia, mia e soltanto mia, anche per questa notte!
– Allora, toccatemi, prendetemi, baciatemi, avanti ‘ gli risposi.
Sorrisi a me stessa perché sapevo che l’avrebbe fatto davanti a Friedrich, il quale sarebbe montato su tutte le furie.
– Fatelo, su! ‘ ripresi, prendendo la mano del mio cliente e posandola sul mio seno carnoso. ‘ Fatemi vedere che siete un uomo! Scopatemi qui, davanti a questo sconosciuto, che non ha neanche mai visto una donna!
– Ma siete matta, Mirabelle! ‘ fece il marinaio.
Friedrich mi vide, mentre cominciavo ad amoreggiare con quel tizio’ Strinse i pugni e aprì la bocca come per dire qualcosa, ma io glielo impedii, dicendogli:
– Vedi? Fa quello di cui tu non sei capace! Guarda quanto &egrave bravo! Guardalo! Ci sa proprio fare!
Mentre mi trovavo tra le braccia di un altro uomo, sembrava che dal mio amato si levassero dei vapori bollenti, fatti soltanto di rabbia e tormento. Fu allora che l’uscio sbilenco della Locanda delle Ancore fu spalancato e cigolò forte sui suoi cardini, per lasciar passare tre marinai vestiti a righe bianche e blu, mezzi ubriachi e che fumavano la pipa.
– Uh, guarda quant’&egrave bella questa ragazza! Guardatela! Come amoreggia! Che tesoro! Quanto vuoi per svolazzare con noi, bella farfalla notturna? Quanto vuoi?
Quello che aveva parlato mi mise le mani addosso. Fu allora che lanciai un grido, non so se per la passione o per lo spavento. Ero impressionata, perché la luce rossastra del lampione mi aveva mostrato la profonda cicatrice che solcava la guancia di quel brutto ceffo.
Friedrich strinse ancor più i pugni; poi, vinto dalla gelosia, prese per il collo colui che mi aveva toccata per ultimo e gridò:
– La signorina sta con me! La signorina &egrave mia e soltanto mia!
– Uh, sentite! Sentitelo! Ma l’avete sentito? ‘ disse uno dei marinai ubriachi. ‘ Che ragazzaccio ridicolo! Non sa neanche quello che dice! Scostiamolo con una pedata, che &egrave meglio!
– State bene attenti a quello che fate, signori!
– Abbiamo toccato il suo fiorellino, la sua Mirabelle! Abbiamo toccato la sua Mirabelle! Il ragazzaccio si &egrave arrabbiato! Uh, com’&egrave furioso! Vediamo, cosa vuoi farci? Vuoi romperci il naso? Vuoi spaccarci la faccia? Che paura mi fai! Adesso ce la farai vedere, vero? Ci darai una lezione? O la daremo noi a te?
Friedrich non ci vedeva più dalla rabbia, tanto che si avventò sugli uomini che mi stavano intorno. Dapprima rimasero a bisticciare sulla soglia, poi entrarono nella Locanda delle Ancore e là dentro scoppiò il putiferio, la rissa. Parte dei bevitori parteggiarono per il mio amato, gli altri si schierarono con i marinai che volevano pagarmi per la notte. S’udì un gran fracasso di mobili e tavoli rovesciati, di bottiglie infrante, di bicchieri rotti, quante urla, quanti strepiti! Tutto questo accadeva per una donna, solo per una donna e per le sue belle labbra, per i suoi baci ardenti ed il suo corpo di fata. La gelosia accendeva gli animi e scatenava follie, nella luce dei lampioni scarlatti.
Allorché rientrai nel bordello, la mia padrona, la signora, come la chiamavano, mi posò una mano sulla spalla e mi disse:
– Fatti bella, che c’&egrave da lavorare sodo, stanotte.

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