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Può una pelliccia influenzare la vita sessuale di una coppia o almeno segnare il tempo che scorre lungo gli anni? La mia risposta è sì, vi voglio raccontare la storia della pelliccia di ocelot della mia famiglia.
Per cominciare un po’ di presentazioni, mia mamma Paola è sempre stata una bella donna. Nata nel 1930, alta un metro e settanta una terza di seno pieno e sodo come il marmo da ragazza poi mantenuto tale anche con qualche ritocco da parte del chirurgo. Mio padre Ugo di due anni più vecchio e perdutamente innamorato di lei; in casa apparentemente comandava lui ma mia sorella maggiore Carla ed io Luciano sapevamo benissimo che ogni decisione importante veniva presa seguendo i dettami di mamma.
In questa storia sono importanti anche mio zio Francesco e mia zia Lucia, sorella di mia mamma.
Mia mamma e sua sorella non ancora trentenni, avevano ereditato dal padre una fiorente attività commerciale a metà degli anni ’50. Un po’ perché erano brave ed un po’ perché erano gli anni del boom, l’attività era cresciuta ed in casa si stava bene economicamente. Ricordo benissimo il giorno di Natale del 1965, io ero bambino ed ebbi in regalo un trenino elettrico e mia mamma sotto l’albero trovò una pelliccia di ocelot. Dalle nostre parti, giocando un po’ sugli accenti traducendo il termine dal dialetto potrebbe significare “uccellotto”. Cosa c’entra? Lo capirete nel seguito della storia.
Le scuole ai nostri tempi iniziavano ad ottobre ed a settembre, dopo essere stati al mare con nonna e la sua governante (una donna entrata in casa dai miei giovanissima e li rimasta fino a che poi mia nonna non morì, di fatto una seconda nonna), i miei portavano noi bambini insieme ai cugini in una vecchia casa in collina nel paese di origine dei nonni. La casa, una cascina, era grande con terreni intorno coltivati da dei mezzadri, per noi era una gioia, liberi di giocare in giro senza pericoli ed alla scoperta del territorio circostante. Il periodo trascorso li era occasione per i miei e per gli zii di fare viaggi, la prima metà del mese andavano via i miei, la seconda gli zii in modo da tenere aperta e controllata l’attività di famiglia. L’anno dopo si invertivano i periodi.
Alla fine degli anni ’60 un pomeriggio, curiosando in casa, trovai che uno degli armadi aveva il primo cassetto con una serratura e chiuso a chiave. Notai che la chiave era attaccata al mazzo di mio padre, mazzo che lui aveva sempre con sé. La curiosità mi portò una sera che mio padre aveva lasciato le chiavi nell’ingresso a prenderle e ad aprire il cassetto. Fu con enorme sorpresa che nel cassetto trovai, oltre ad un fallo finto di buone dimensioni, un mazzo di carte francesi con le donnine nude, un paio di copie di playboy, una rivista tedesca con immagini porno e, cosa per me all’epoca sconvolgente, una busta contenente fotografie polaroid di mia madre che, indossando la pelliccia di ocelot, sotto portava solo calze e reggicalze, le belle tette in piena vista così come la sua passera. In altre era di schiena piegata a 90° sempre con la pelliccia sollevata in modo da mostrare in quel modo il sedere. Le fotografie non erano molto luminose, tutte realizzate in interni, non riconobbi l’ambiente circostante segno che non erano state realizzate in casa. In una si teneva il buco del culo ben aperto ed il primo piano lo mostrava pronto per essere infilato. La fotografia successiva infatti vedeva quello che mi parve il cazzo di gomma che avevo visto poco prima nel cassetto infilato per metà nel suo culo. La cosa in un primo momento mi sconvolse, erano passati 5 minuti e la paura di essere scoperto mi fece rimettere tutto a posto velocemente e rimettere il mazzo di chiavi al suo posto. La serata trascorse guardando la televisione con i miei e mia sorella ma le immagini che scorrevano sullo schermo non erano per me quelle trasmesse ma quelle che avevo visto poco prima. Mi giravo e guardavo mia mamma per la prima volta come una donna. Avevo 13 anni e quella notte ebbi la mia prima polluzione notturna. Non ricordo cosa sognai ma il risveglio fu molto umido. Erano le due di notte andai in bagno e mentre mi lavavo poco dopo mia madre entrò, vide i pantaloni del pigiama sporchi, mi fece un gran sorriso e mi disse “non preoccuparti, li lavo io e non devi dire niente, torna tranquillo a dormire”. La mia prima sborrata mi lasciò senza forze, il fatto che mia madre mi avesse visto nudo a 13 anni era normale, non eravamo più bambini ma sia mia sorella che io non eravamo imbarazzati dall’essere visti nudi da nostra madre.
Il pensiero mi tormentò per le giornate successivo tanto che pure a scuola ero distratto. Mi avevano spiegato come nascevano i bambini ma la scoperta della mia sessualità insieme all’aver visto mia madre nuda e penetrata mi lasciava un po’ sconvolto. Imparai a masturbarmi per evitare disastri notturni ed a cercare i giornaletti porno come tutti i miei coetanei. Le immagini di mia mamma in pelliccia e col cazzo di gomma nel culo però erano spesso alla base delle mie fantasie erotiche. Era la sola donna che avevo visto nuda e conoscevo e la cosa rendeva la masturbazione più interessante. La scoperta aveva fatto scattare in me qualcosa, mia mamma, pur restando tale, era anche una donna ed anche una delle più belle in quel mondo a cui mi stavo affacciando.
Cominciai a guardare le donne di famiglia con altri occhi. Mia sorella era ancora troppo giovane, mia nonna e la sua governante oltre i 50 e con modi di fare e vestiti che allontanavano qualsiasi considerazione della sfera sessuale. Restava mia zia, minore di due anni di mia mamma, senza averne il fisico da attrice la ricordava comunque. Era mora con due occhi azzurri molto belli, leggermente più bassa di mia mamma e col seno più piccolo ed un bel sedere a mandolino che spesso faceva risaltare con pantaloni abbastanza attillati. Quando tornavo a casa da scuola passavo nel negozio dei miei e gironzolavo. C’erano una mezza dozzina fra commessi e commesse e la mia attenzione si rivolgeva su Monica una ragazza di circa 10 anni più vecchia di me. Indossava spesso delle minigonne e così passai a lei e ad immaginarmela davanti durante le mie sessioni onaniste. Come tutti gli adolescenti le energie dovevano essere sfogate e così la norma era che mi segassi almeno due tre volte al giorno. Mi ero procurato dei giornaletti che tenevo ben nascosti e recuperavo alla bisogna quando non c’erano occhi indiscreti in giro.
Il mio pensiero ogni tanto tornava alla busta ed alle immagini che avevo visto lì. Proseguii le mie esplorazioni pomeridiane ed un giorno trovai in un cassetto di un comodino di mia mamma una chiave che mi sembrava identica a quella che aveva aperto il cassetto dell’armadio. Quel pomeriggio non potei accedere all’armadio ma nei giorni successivi sì. Erano passati alcuni mesi e quando potei nuovamente aprire al cassetto, questa volta con maggior tranquillità visto che ero in casa da solo con mia sorella, trovai un paio di nuove buste, ognuno contenente un cospicuo numero di polaroid. Nel primo la protagonista era mia mamma. Nelle prime foto, sempre con la pelliccia di ocelot, sotto era vestita anche se in modo piuttosto succinto. Indossava una minigonna degli stivaloni di pelle sopra il ginocchio e delle autoreggenti. Non le avevo mai visto indossare nessuno dei capi. Era una mini di pelle nappata con cerniera che si apriva dal basso e che era tirata su quasi completamente. Le varie fotografie, grazie alla posizione della zip, mostravano spesso la sua passera. Nella parte superiore indossava una canotta a rete di medie dimensioni, il seno si vedeva benissimo. In una foto in primo piano il bottoncino dei capezzoli usciva dalle maglie. Le fotografie questa volta erano all’aperto e riconobbi la fattoria dei miei. Questa volta non c’erano foto in cui veniva penetrata ma le pose lascive mi avevano fatto venire il cazzo durissimo. Presi una foto in cui era seduta a gambe larghe su un tronco di legno e non indossava la canotta. Andai in bagno e mi masturbai due volte di fila sostituendo nella mia fantasia il volto di mia mamma con quello di Monica la commessa del negozio. Rimisi a posto la fotografia e pensai che la chiave avrebbero potuto spostarla così un pomeriggio la recuperai, andai in ferramenta e me ne feci fare una copia che misi in una tasca interna della mia cartella. In questo modo mi ero garantito l’accesso a quello che mi pareva un angolo di paradiso. La settimana successiva ero di nuovo in casa da solo con mia sorella e mentre lei era in camera sua a fare i compiti andai di nuovo nella stanza con l’armadio col cassetto. Provai la mia chiave e funzionava. Aprii il cassetto e dedicai la mia attenzione alla busta che non avevo guardato la volta prima. Con mia grande sorpresa trovai fotografie di mia mamma e di sua sorella Lucia. Entrambe indossavano una pelliccia di ocelot (in effetti mi venne in mente che qualche settimana prima eravamo andati al ristornate con gli zii ed i cugini in un posto vicino alla cascina di famiglia. Le foto questa volta non erano particolarmente sexy. Le due sorelle entrambe in minigonna e stivali col tacco alto, indossavano un dolcevita ed erano nei dintorni del ristornate. Solo nelle ultime due fotografie, sempre con indosso le pellicce, le maglie erano tirate sul volto ed i seni di tutte e due bene in vista. Non si potevano riconoscere guardando la singola foto ma col pacchetto delle precedenti e conoscendole sapevo benissimo chi era mia madre e chi mia zia.
Passarono i mesi ed ogni tanto, quando ero tranquillo, andavo a controllare ma la collezione non cresceva. Tornò l’estate ed al mare avevo avuto la prima ragazzetta, ci eravamo baciati e stati insieme tutta l’estate. Mi concedeva di pastrugnarle le tette sotto la maglietta e le prendevo la mano mettendola sul mio cazzo durissimo ma non ero riuscito ad andare oltre. L’ultima sera che ero al mare Alessandra mi mise la mano dentro nei pantaloni e mi disse che voleva lasciarmi un bel ricordo. Eravamo in riva al mare mi slacciai i pantaloni da seduto per consentirle di agire. Era inesperta ma mi fece quella che fu la mia (e la sua) prima sega non fatta da me. Si pulì le mani in mare e ci baciammo a lungo ed alla fine, col cazzo ancora duro, riuscii ad infilarle, senza peraltro trovare resistenza particolare, la mano sotto la gonna. Scostai le mutandine e cominciai ad accarezzarla trovandola molto bagnata. Mi guidò come fare nei movimenti sussurrandomi all’orecchio come avevo fatto io prima ed in breve anche lei ebbe un orgasmo. Passammo la fine di quella serata abbracciati facendoci promesse di fedeltà e di cercare di rivederci al più presto.
Non mi ero dimenticato del cassetto ma i miei pensieri erano ormai rivolti a qualcosa di più concreto. L’avere avuto il mio primo rapporto sessuale anche se solo di masturbazione, mi rese molto più sicuro e nel breve volgere di un mese Alessandra era dimenticata. Mi ero messo con una ragazza di un’atra sezione del liceo che frequentavo, si chiamava Ginevra, Ginny per gli amici e mi accorsi che praticamente era, fisicamente, molto assomigliante a mia mamma. Stessa struttura e stesse tette sode come il marmo. Era un piacere enorme infilare la mano sotto le sue magliette attillate perforate da due capezzoli quasi sempre dritti. La chiave del cassetto era sempre nella tasca della cartella. Nel frattempo avevo comprato uno zaino e la cartella era finita sul fondo dell’armadio. Un giorno, mi ricordai che la chiave era lì e la andai a recuperare ed alla prima occasione aprii di nuovo il cassetto. Le buste erano sempre due ma erano parecchio rigonfie. Nella prima trovai le fotografie già viste, ogni serie legata con degli elastici. Aprii allora la seconda busta e la sorpresa mi fece sobbalzare. Trovai tre blocchi di polaroid. Il primo mazzo vedeva mia zia e mia madre, con una mascherina per non farsi riconoscere (ma solo da chi non le conosceva bene) mentre succhiavano i cazzi dei rispettivi mariti. Andando verso il fondo del mazzetto ce ne erano alcune in cui si scambiavano gli uccelli e nelle ultime due i loro volti impiastricciati dalla sborra dei due cazzi che avevano succhiato fino a poco prima. Inutile dire che il cazzo mi era diventato di pietra, sottrassi l’ultima fotografia, chiusi il cassetto ed andai in bagno dove mi masturbai durando pochi secondi ed eiaculando un quantitativo di sborra notevole. Rimisi a posto la fotografia e l’indomani cominciai a sondare Ginny che in teoria non era contraria a succhiarmi il cazzo. Il nostro problema era che non avevamo un posto dove andare o meglio potevamo trovarci a casa mia ma c’era sempre qualcuno che girava per casa e lei non si sentiva di rischiare di essere pizzicata. La lavorai ai fianchi e finalmente un pomeriggio in cui in casa c’era mia sorella con il suo ragazzo, Ginny decise di succhiarmelo dopo che dalla stanza di mia sorella sentì uscire gemiti inequivocabili. Era fatta, la sera parlai con mia sorella. Anche lei cercava intimità col suo moroso, aveva i miei stessi problemi e ci accordammo per usare il giovedì, giorno di riposo della domestica, come giornata da dedicare al nostro divertimento. Ci dicemmo anche che se uno dei due fosse rimasto single avrebbe comunque coperto l’altro. Arrivò l’inverno e per le vacanze di Natale andammo a sciare in un bel posto delle Dolomiti in albergo. Io già sciavo da diversi anni ma mi proposero un corso di agonistica d accettai. Eravamo in 6 fra cui 2 ragazze una delle quali mi piacque subito, si chiamava Marcella ed alloggiava nel mio stesso hotel per cui facevamo la strada insieme. Mi accorsi che anche io non le ero indifferente e così le stetti sotto e la sera di capodanno, nella taverna dell’hotel avevano organizzato una festa a cui partecipammo entrambi. Prima di mezzanotte ci eravamo già baciati e le avevo infilato, senza peraltro trovare resistenza alcuna, la mano sotto la camicetta che portava senza reggiseno. Aveva una quinta misura, meno sode delle altre che avevo già conosciuto ma riempivano la mano e ne avanzava pure. Lei aveva un anno più di me ed era evidentemente anche più scafata così quando mi propose dopo il brindisi di mezzanotte di salire nella stanza che divideva con la sorella, non me lo feci ripetere. La sorella più giovane era alla festa impegnata a pomiciare con un ragazzo della sua età e non ci avrebbe disturbato. Entrati nella stanza ci spogliammo nudi in un attimo. Marcella mi fece sedere sul bordo del letto, si inginocchiò davanti a me e cominciò a farm un pompino che mi fece sborrare nel giro di pochi minuti quindi mi disse “adesso tocca a te”. Si mise a gambe larghe sul letto con un cuscino sotto la schiena e mi prese per i capelli guidandomi sulla sua passera. Si fece leccare per oltre 10 minuti guidandomi con le mani e con la voce in modo da darle il maggior piacere possibile. Quando venne la sentii gemere come non avevo mai udito dalle mie precedenti conoscenze carnali. Nel frattempo mi era tornato duro, Marcella prese la borsetta e ne estrasse un preservativo che mi mise con una naturalezza che tradiva il fatto che la manovra la aveva fatta molte volte. Quindi mi fece sdraiare e mi montò sopra dando lei il ritmo. Mi guidò le mani sui seni facendosi pizzicare i capezzoli. Ogni tanto si chinava e mi baciava profondamente il tutto sotto il suo controllo e la sua guida. Venne un’altra volta contraendo le pareti della vagina e questo movimento di strizzamento del mio cazzo mi portò all’orgasmo che si sovrappose parzialmente col suo. “Lavati e rivestiamoci che dobbiamo tornare di sotto, forse la stanza serve anche a mia sorella.
Scendemmo ed il giorno dopo tornammo ad essere semplicemente compagni di corso, lei aveva il suo ragazzo che non aveva potuto venire ed io tornai da Ginny con una maggior sicurezza ed esperienza.
L’aver scopato ed il piacere maggiore rispetto al petting provato fino a quel momento mi portarono a cercare di forzare Ginny a fare all’amore completamente ma lei non ne volle sapere così ci lasciammo.
Solo e segaiolo tornai all’armadio e trovai nuove fotografie. Mia mamma con i moon boot e la pelliccia di ocelot aperta con sotto delle autoreggenti e null’altro in giro in vari posti della località dove eravamo stati per le vacanze di Natale. In alcune fotografie anche in albergo in zone che non erano la camera da letto, scoprii così la vena esibizionistica dei miei. Un paio di foto di un pompino ripreso dall’alto da mio padre completavano il mazzetto di una dozzina di istantanee.
Passarono gli anni, terminai il liceo ed andai all’università in un’altra città. Studente fuori sede, benestante con appartamento a disposizione studiavo ma dedicavo anche abbastanza tempo alle ragazze. Avevo anche una auto mia mi ero ormai dimenticato del cassetto e del suo contenuto. Scopavo regolarmente, le ragazze con cui facevo all’amore mi piacevano ma non provavo più le pulsioni che avevo avuto con le prime conoscenze. Il tutto fino a che non conobbi Martina. Era cominciato quello che doveva essere l’ultimo anno prima della laurea. Martina aveva cambiato città con i suoi e così aveva deciso anche di cambiare università non potendosi permettere un appartamento dove stava prima. La vidi il primo giorno di lezioni, bionda occhi grigi jeans ed una maglietta bianca a mancia lunga. Mi si illuminò il cuore, lei in prima fila stava parlando con un’altra ragazza io dall’alto non riuscivo a smettere di toglierle gli occhi di dosso. I nostri sguardi si incrociarono per un attimo e lei mi sorrise. Terminata la lezione mi fiondai giù chiedendo alla ragazza con cui aveva fatto amicizia e che conoscevo essendo compagni di corso ormai da 4 anni se volevano andare a mangiare insieme. Accettarono entrambe, Carlotta (la ragazza con cui avevo avuto anche una breve relazione e con cui eravamo rimasti amici) mi guardò e mi strizzò l’occhio. Finito di mangiare Carlotta si allontanò con una scusa ed io mi offrii di fare da Virgilio a Martina in quella che per lei era una città completamente nuova. Mi guardò negli occhi ed io mi persi nei suoi, grigio azzurri, tanto da non sentire quello che m stava dicendo “perché non andiamo da te?”. Passammo il pomeriggio scopando come ricci e poi abbracciati teneramente. “Non so cosa mi è successo, non mi era mai capitato ma sono le 8 ed a casa i miei si preoccuperanno non vedendomi rientrare, devo telefonare”. Si diresse al telefono in cucina camminando completamente nuda. La seguii e mentre era al telefono restai imbambolato a guardarla. Avevo preso una bella tranvata.
Quel weekend tornai a casa e subito mia mamma si accorse che qualcosa era cambiato. Mi chiese se avevo conosciuto qualcuno e le risposi che forse sì ma che era presto per dire se era quella che avrebbe potuto cambiarmi la vita. La sera i miei uscirono dicendomi che andavano a cena con gli zii, e mia mamma dopo diversi anni indossò l’ocelot, sotto un tubino nero e calze velate con un paio di decolté dal tacco insolitamente alto ed a spillo per i suoi standard. D’altra parte orma io tornavo solo una volta al mese per i weekend e delle abitudini sue e di mio padre non ero più molto informato. Pensai all’ocelot ed al fatto che stavano uscendo con gli zii così mi tornò in mente il cassetto. Ero solo in casa, mia sorella si era sposata e viveva altrove, avevo tutto il tempo. Non sapevo più dove era la mia copia della chiave così andai al cassetto in camera dei miei e trovai lì la seconda copia. Aprii il cassetto. I pacchi di fotografie erano aumentati. Dopo il periodo delle polaroid avevano preso piede le macchine digitali e le stampanti fotografiche così le immagini degli ultimi anni avevano questo formato. Trovai anche una chiavetta usb da 16gb colma di immagini e video che copiai sul mio pc. Mi misi a guardare le polaroid successive alle ultime che avevo guardato ormai diversi anni prima. L’evoluzione dei miei ed in particolare di mia mamma era stata notevole. Nelle fotografie lei era quasi sempre la protagonista, spesso in luoghi pubblici mezza nuda sotto la pelliccia di ocelot. C’erano anche fotografie non invernali in cui la pelliccia non compariva ma guardando le foto le novità erano sempre in corrispondenza ad una nuova stagione invernale e sempre con l’ocelot ad accompagnare il livello di troiaggine maggiore. Dall’esibizionismo si era passati allo scambismo e non solo con gli zii. C’era una fotografia di un capodanno di alcuni anni prima in quella che si poteva definire senza dubbio un’orgia con una dozzina di coppie in un salone e con mia mamma che nelle varie foto prendeva almeno tre cazzi diversi. In alcuni casi anche due alla volta. In una era presa in mezzo con un cazzo in figa ed uno in culo. In altra istantanea 4 donne fra cui lei e zia Lucia inginocchiate e con i volti coperti di sborrate multiple. Dalla foto mostrava circa 45 anni ed una fame di cazzo notevole.
Chiusi il cassetto ed aprii le immagini ed i video che avevo copiato sulla chiavetta usb. Mia mamma ormai over 50 aveva fatto un viaggio in Giamaica con mio padre l’anno precedente e si erano portati come souvenir una serie di filmati. Nella prima cartella mia madre sulla scaletta dell’aereo che indossava la pelliccia di ocelot alla partenza. La seconda cartella invece la vedeva scendere dalla scaletta all’arrivo indossando un top senza reggiseno, un paio di shorts bianchi ed un paio di sabot con tacco. Evidentemente si era cambiata in aereo.
Nelle 4 cartelle successive mia mamma prendeva cazzi neri tutti enormi a coppie. Nell’ultima invece di due c’era una specie di jam session e mia madre aveva riunito in una sola volta i 6 cazzi delle tre cartelle precedenti. C’erano anche alcuni filmati in cui i sei nativi divisi in due gruppi le riempivano ogni buco ed il finale era una doccia di sborra in cui tutti e sei uno alla volta si svuotavano i coglioni dentro o sopra di lei. Al termine colava sperma da tutti i buchi ed era piena in volto e sul seno. Insomma cose da pornostar lontane anni luce dall’immagine pubblica di mia mamma a casa.
Questa era l’ultima serie sulla chiavetta.
Due anni dopo mia mamma durante una cena di Natale a cui avevamo invitato Martina, le disse: “se non ti offendi ho una pelliccia di ocelot che ormai non è più adatta alla mia età, è una pelliccia da donna giovane come sei tu, se ti fa piacere te la voglio regalare, se ti piace così bene altrimenti la puoi portare dal pellicciaio per una rimessa in forma e poi mi mandi il conto”.
Martina accettò e mia mamma al suo si mi guardò in sottecchi e mi strizzò l’occhio. Immagino che sapesse che avevo scoperto le sue fotografie ed anche la natura latente della mia sessualità e volesse, con il regalo, dare una spinta per farla emergere. Ebbe ragione, da quando Martina cominciò ad indossare la pelliccia la sua sessualità esplose ancora di più così come il livello delle mie corna e dei cazzi che cominciò, da quel momento, a prendere.
Con Martina sto ancora adesso dopo 30 anni da quella giornata, siamo sposati ed abbiamo due figli e l’ocelot lo ha portato fieramente restando all’altezza delle serate trasgressive di mia mammai ma questa è una storia che vi racconterò nella seconda parte.

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