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Erotici Racconti

Mai più amici

By 2 Maggio 2016Novembre 5th, 2022No Comments

Si fa aspettare. Come sempre. Adoro questa sua particolarità; per quanto io possa essere in ritardo ( e spesso lo sono ), lei riesce sempre ad esserlo di qualche minuto in più. Con la stessa noncuranza con cui le ho detto mezz’ora fa che “un quarto d’ora sono li”, ora sta comprando le ultime cose al supermercato di fronte, senza sapere che la aspetto davanti alla vetrina a pochi metri dal suo portone.

Una battuta tagliente, qualcuno si scandalizza, altri sorridono nervosi, lei ride senza vergogna. La sua risposta, affilata come un rasoio, tutti la guardano, io rido. C’&egrave forse modo migliore per iniziare un’amicizia? Si può conoscere una persona per anni, incontrarla tutti i giorni al lavoro, ogni tanto la sera quando ancora stava con il tuo amico, eppure scoprirla veramente solo per una battuta? Siamo diventati amici prima, confidenti poi. Sappiamo quando serve essere seri e quando stupidi. Possiamo stare una settimana senza sentirci e poi scriverci per un’intero pomeriggio, spettegolando come due comari. L’ho ascoltata rabbiosa vomitare rabbia sul suo ex, incattivita, stanca. Mi ha osservato in silenzio, fingendo di ascoltare le mie parole finte e osservando invece i miei occhi lucidi di verità su chi mi aveva appena lasciato. Perch&egrave l’amicizia tra uomo e donna esiste, magari non a 18 anni, ma a 30 si

La osservo uscire dal negozio. E’ bellissima. Anche adesso, coi capelli biondi raccolti, senza trucco, &egrave veramente bellissima. Anzi le dico sempre che così da il meglio di se, perch&egrave quando cerca di truccarsi i risultati sono pessimi… se madre natura ti fornisce degli occhi così azzurri poi deve avere il buon gusto di renderti incapace di rovinare una tale meraviglia.
E poi c’&egrave il sedere. Da quando ha ripreso qualche chilo &egrave semplicemente magnifico e coi jeans stretti &egrave uno spettacolo pagano. Ma questo non glielo dico. Perch&egrave l’amicizia tra uomo e donna esiste, ma ha qualche regola che non bisogna superare. Mai.

Saliamo i due piani di scale carichi di borse. Cibo ho portato io, cibo ha comprato lei. L’alcool &egrave già in casa e in abbondanza. I nostri aperitivi sono così… ognuno cucina qualcosa ( rigorosamente sul momento, rigorosamente non sano ) e mentre chiaccheriamo, cerchiamo di capire quanto gli anni abbiano infierito sul nostro fegato.
Anche questa sera non fa eccezzione. Mozzarelle in carrozza, crepes con marmellata di fragole e tanto cioccolato. Il tutto innaffiato da un aperitivo di sua invenzione.
“Sei sicura che le dosi siano giuste? Mi sembra un po’ forte” dice che &egrave sicura. La mia testa lo &egrave molto meno dopo il secondo bicchiere.
Lentamente ci allunghiamo sul divano, i discorsi diventano sempre più intimi e scivoliamo sul sesso. Massaggi e sesso. Cio&egrave, ci facciamo massaggi e parliamo di sesso. Non fosse che io sono maschio si potrebbe prendere per un pigiama party. Proprio perch&egrave sono maschio, ogni tanto vorrei maledire chi ha inventato queste regole sull’amicizia tra uomo e donna.

Guardo l’ora ed &egrave veramente tardi. Faccio per alzarmi dal divano, ma le gambe sono improvvisamente molli.
“Non vorrai andare a casa in quello stato?” dice ritirando le gambe.
Ha ragione, cazzo se ha ragione, quel cocktail era davvero buono.
“Fermati qua a dormire, no?” si alza ed incespica in un piatto cadendomi addosso. La prendo al volo, ma ricadiamo entrambi sul divano “E poi anche io non sono sicura di arrivare in camera”
Scoppiamo a ridere. Forse dovrei toglierle la mano destra dalle tette, credo che adesso si regga da sola.
Mentre lei scompare in camera guardo il divano. Largo, vecchiotto, marroncino. Ho dormito in posti peggiori e dai colori più inquetanti “Hai mica una coperta? Per il cuscino me la cavo”
Riappare dalla porta della camera. Noto che si &egrave tolta la felpa “Ma non vorrai mica dormire sul divano? Vieni nel letto che &egrave più comodo!”
Improvvisamente un campanello inizia a suonare da qualche parte “Ma dai… russo, mi giro… ti disturberei tutta la notte”
“Forse voglio essere disturbata tutta la notte” Sorride, ma evidentemente il campanello lo sente anche lei perch&egrave aggiunge “Dai siamo adulti, saremo ben in grado di dormire in due in un letto senza disturbarci troppo, no?”
Riscompare in camera, mentre io raccolgo i piatti da per terra e li metto nel lavello “Siamo adulti, perch&egrave non dovremmo dormire nello stesso letto senza disturbarci?” mi ripeto.
La raggiungo. La camera da letto deve essere stata ricavata da una vecchia mansarda, perch&egrave il tetto spiove sopra un grande letto a due piazze. Tutto intorno gli oggetti più disparati, vestiti e libri , sulla cassettiera, sui comodini, per terra, ovunque. Un paio di mutandine nere sul mio cuscino. “Ops” dice lanciandole per terra dal suo lato
Si &egrave cambiata per dormire e adesso ha una magliettina azzurra con pantaloncini beige. A gambe incrociate sul letto sta preparando una sigaretta su un piccolo vassoio. Via maglia e calzini. Ci penso un attimo poi sgancio la cintura e tolgo anche quella “Tu di solito dormi in jeans?” Ha di nuovo ragione. Li mando a far compagnia al resto sul pavimento ed entro sotto il lenzuolo.

SI guarda intorno cercando l’accendino, poi si sporge sopra di me per prenderlo. Sento il suo calore addosso, il suo seno schiacciato sul mio petto. Vorrei farle una battuta sul fatto che &egrave tutta la sera che fuma sul balcone e proprio l’ultima la fuma in camera, ma non mi escono le parole. Fortunatamente &egrave lei a rompere il silenzio “L’interruttore nero alla tua sinistra” “Mh?” “Vuoi dormire come i bambini con la luce accesa?”
Spengo la luce e faccio caso che non si sente più il campanello, ma deve essere mezzanotte perch&egrave c’&egrave una campana che non la smette più di suonare.
Dal lucernario spuntano le luci della città che venano di grigio le coperte rosse sul letto. Minute striscie che tagliano il buio, giungendo quasi ai nostri volti che rimangono in penombra, illuminati solo dalla brace della sigaretta.
Mi allunga un braccio e lo usa come cuscino mentre continuamo a parlare, lenti come il fumo che le esce dal naso. Vorrei dire che la conversazione &egrave ancora brillante, ma la verità &egrave che sto passando il tempo a ripetermi di non fare cazzate, allusioni o quant’altro. Amicizia tra uomo e donne e stronzate simili
“Vuoi l’ultimo tiro?” mi guarda e mi allunga la sigaretta. Mi accorgo adesso che il suo volto &egrave a 10 cm dal mio. Aspiro le ultime boccate di fumo e poi gliela restituisco, sghembo, e lei, senza smettere di fissarmi, la spegne . I nostri volti tornano in ombra, ma il suo respiro &egrave sempre li, davanti a me. “Scusa” dice e si sporge di nuovo su di me per lasciare il posacenere. Adesso ce l’ho tutta addosso e lentamente si struscia per tornare a posto. Non la vedo, ma la sento. Il suo respiro, caldo, profumato di fragole e fumo, mi accarezza il naso. Dovrei girare la testa, dire buonanotte e pensare a domattina, ma non riesco a spostarmi. Cerco i suoi occhi. Al buio non li vedo, ma &egrave come se fossero piantati dentro di me.
Poi non sento più il suo respiro, trattenuto. Ma non ho tempo di accorgermene perch&egrave i nasi si sfiorano e tutto svanisce mentre le sue labbra si appoggiano alle mie. Le campane si zittiscono mentre mi perdo nella sua bocca. I buoni propositi spariscono mentre le mani, animate di vita propria, le accarezzano il volto accompagnando il bacio. Le nostre lingue non hanno più bisogno di parlare per comunicare tra loro, la saliva si sostituisce alle parole.

Pochi secondi, minuti, una vita intera… quel bacio si dilata nella serata, la espande come se non ci fosse stato un prima o non vi potesse essere un dopo.
Mi stacco per riprendere fiato, ma lei mi attira ancora a se, fronte contro fronte. “Quando l’hai deciso?” chiedo. “Sul divano… prima… dopo … che importa?” . Non &egrave la risposta che volevo. Mi basta.
Mi rituffo ancora più affamato sulle sue labbra, ma adesso sono io che comando… la spingo verso la testiera del letto, sovrasto i suoi occhi chiusi, serrati come stesse sognando, senza smettere di baciarla. Le nostre mani si cercano e si incrociano, mentre le lingue, ferocemente aggrappate, saettanti ad esplorare ogni angolo della bocca, non smettono di danzare.
La allontano un attimo, pochi centimetri dalla felicità, e la guardo mentre apre gli occhi e sorride. Dio quanto &egrave bella. Le labbra scendono verso il suo collo, lento traccio un ponte tra volto e spalle, tra orecchio e petto. Lei geme, non so se di piacere o desiderio. Indugia la mia lingua sul suo orecchio sinistro, poi discende accarezzandole la pelle del collo. Piccoli soffi, baci veloci. Geme ancora.
Non resisto più. La bocca scende mentre le mani sollevano la maglietta. Lei capisce e alza le braccia per sfilarla ma io sono già oltre. Stringo per la prima volta i suoi seni, piccoli, leggermente allungati. Li accarezzo, scorrendo fino ai capezzoli già turgidi e frementi. Mi avvento sul sinistro, succhiandolo, puro istinto mentre giocherello col destro. Poi il contrario mentre la lingua si alterna su entrambi. Li lecco, li succhio, poi riprendo a scendere.
Quando arrivo ai pantaloncini una mano mi scompiglia i capelli, poi mi stringe e spinge la testa verso il suo pube, ancora coperto di stoffa. Allargo la bocca e quasi mordo l’incavo, la carne calda, la sua voglia sotto i vestiti. Poi la pressione diminuisce e sollevo leggermente la testa guardandola. Anche lei mi sta fissando. Per un attimo mi perdo di nuovo e vorrei risalire a baciarla, ma quel rimpianto lo lascio a dopo. Adesso voglio altro.
Riabbasso la testa e mordo l’elastico dei pantaloncini. Aiutandomi con le mani lentamente li sfilo insieme alle mutandine, mentre la bocca esplora ogni centimetro di pelle che si scopre. Piccoli baci coprono il monte di Venere depilato. La lingua si insinua tra le pieghe delle cosce, scoprendo le grandi labbra che si dischiudono, liberate davanti a me. Vorrei immergermi in quella carne rossa, umida, pronta da gustare. La lingua sfiore il clitoride, piccola e violaceo, poi discende, lenta, sfiorando le labbra fino alla fine del fiore, per poi risalire. Geme, ancora una volta la mano raggiunge i capelli, ma questa volta mi libero. Troppo presto. Il gioco &egrave mio.
Le mutandine tornando a scendere, mentre mordicchio l’interno coscia “Stronzo” sento dall’alto. Un succhiotto &egrave la risposta che riceve. Poi la lingua traccia una lenta spirale, tra le gambe, prima a destra, poi a sinistra. Raggiungo il piede e, mentre la denudo, do un morso all’alluce tenendolo in bocca come un ciuccio.
Ridiamo. Entrambi. Di gusto. Mentre le massaggio le dita, passo la lingua sul dorso del piede e questa volte ride lei “Mi fai il solletico, scemo” E’ bella quando ride.

La lingua non si ferma e fa la strada inversa; piede, tibia, ginocchio e di nuovo le cosce, precipitando verso il cuore del mio desiderio. Non ride più e torna a gemere mentre, questa volta più deciso, le accarezzo nuovamente le grandi labbra insinuando la lingua all’interno di quel fiore bagnato. E’ già umida, &egrave già vogliosa. Il gusto del suo sesso, dolce con una punta di asprigno, mi riempie la bocca. La lingua risale, mentre lei freme, e raggiunge il clitoride. Lo spinge, trascina in un vortice, incapace di staccarsi come da un dente instabile.
Lei inarca la schiena, geme ancora, mentre ritiro la lingua e inizio a succhiare il suo bottoncino. Lo prendo in bocca, appena sfiorandolo con la punta, mentre una mano si allunga. L’indice, lentamente, percorre le labbra in un senso e nell’altro, la lingua che riprende a tormentare il clito. Quando si fa strada dentro di lei i gemiti tornano a salire. Umida, gocciolante di voglia, il suo antro meraviglioso accoglie prima un dito poi due. Sfioro le pareti della vagina, roteo le dita dentro di lei ora liscia, ora rugosa. Entro ed esco, lento, poi veloce, poi riprendo a roteare.
Geme sempre più forte, poi, quando spingo le dita fino in fondo, solleva il bacino, quasi strappandomelo dalla bocca. Ma non la mollo e continuo a leccare e stuzzicare, penetrare e succhiare mentre le cosce si stringono attorno a me.
Senza spostare le dita faccio scendere la lingua in basso. Un unico filo di saliva dalle labbra si mischia ai suoi umori che scivolano lungo la mano e raccolgo con la bocca. Mentre il pollice si sostituisce alla lingua nella stimolare l’apice del suo sesso, la lingua scende lungo il perineo, sollevato ed indifeso a me. Raggiungo la rosellina del suo ano circondandola. Lo esploro, attento alle sue reazioni, poi non sentendo fastidio, penetro leggermente con la lingua. Lo lubrifico, torno a leccare lento, penetro di nuovo.
Freme, si scuote, geme sempre più forte. Non voglio che venga così. Risalgo veloce al clitoride, riimmergendo la lingua nel suo bollore, mentre le dita non le danno tregua. L’altra mano si avvicina all’ano, un dito fa lenti giri intorno, stimolandone il bordo.
Respiro affannato insieme a lei, quasi godendo del suo piacere che mi riempie la bocca, ma la sento che &egrave ancora li, sull’orlo, pronta ad esplodere. Il dito penetra nell’ano, attraverso una sottile parete quasi si tocca con quelli in vagina.
Sono immerso, come cercassi di toccarla in ogni suo punto. Dita e lingua, labbra e polpastrelli, ognuno stimola, ognuno gode insieme a lei, del suo piacere. Lo sento salire, superare la soglia, abbattere le barriere, riverberare lungo le terminazioni nervose dal fondo del suo suo sesso al mio cervello. Poi la sento esplodere.
Un urlo, soffocato dal cuscino, si solleva, insieme al bacino che quasi si inarca. un fiume di umori si rilascia sulle mie dita che si fermano, mentre la bocca corre a succhiare quel nettare. Tremando, scossa, affannata, lentamente scende, mentre le mie dita escono e solo più le mie labbra non riescono a staccarsi da lei. Piccoli gemiti, singulti, mentre cerca di riprendere fiato. Con un ultimo bacio, a labbra chiuse, come si darebbe ad un’innamorata, mi stacco dal suo fiore.

Torno da lei, dai suoi occhi ora appannati, dalla bocca che cerca aria. La bacio sulla guancia circondandole le spalle con una mano, dolcemente. Lei si appoggia sul mio petto. Riposa, ad occhi chiusi mentre mi chiedo se i suoi capelli siano sempre stati così belli. Secondi, minuti, ore dopo, non saprei, alza la testa e mi bacia. Piccolo, dolce, le lingue si sfiorano appena. “Sorridi ancora” le dico finalmente. Mi da un altro bacio. Poi mi sorride ed è bellissima

CONTINUA

Mi sorride. Cerco di inarcare la schiena, ma allungando dolcemente la mano mi rispinge sul letto . Screziata dalla luce che filtra dal lucernario si abbassa verso il mio volto, fiato caldo sulla fronte.

Sorride ancora una volta, sorniona, sotto i lunghi capelli biondi che cadono sudati in avanti, la mano che scorre veloce ad allontanarli, ma questa volta sono io che la fermo ‘Sei bellissima’. Poi le mie labbra corrono verso le sue, la bocca, ancora piena dei suoi umori, esplora quell’antro caldo, mischiandosi al gusto di cioccolata.

La sua lingua si muove vogliosa verso la mia. Si aggrovigliano, umide, giocano e si fondono. Affamati ci rubiamo saliva, fiato, desiderio. La stringo e sento il seno strusciare sul mio petto, i capezzoli che grattano la pelle, turgidi come due meringhe alla nocciola. Si stacca dalla bocca e scende lungo il collo. Piccoli baci veloci, un morso, altri piccoli baci. Arriva alla clavicola ed &egrave un flash di piacere. Lei lo capisce e insiste mandandomi in estasi, mentre con una mano si avventura lungo l’addome.
Quando raggiunge il pene lo trova ancora molle. La mano massaggia i testicoli e poi sale lungo l’asta fino al glande, scoprendolo e iniziando un lento su e giu.

“Mi dispiace…” mormoro “Non so… ma lascia stare se non…” . Si stacca dal mio collo e mi fissa “Stai zitto “. Provo a dire qualcosa, ma le sue labbra sulle mie me lo impediscono.
Il contatto dura un attimo, poi la bocca scende nuovamente sul collo e da li il petto. La lingua struscia tra i capezzoli, scende sugli addominali lasciando un piccolo filo di saliva. Ogni punto che tocca acuisce il desiderio, ogni centimetro di pelle mi fa desiderare di più. Resisto all’impulso di spingerle la testa verso il basso, ma &egrave lei a porre fine alla dolce tortura. Sinuosa come una ballerina scivola indietro accompagnando il movimento con un’unica pennellata di lingua a scendere

Il primo bacio sulla punta del glande &egrave puro piacere. Sento le labbra allargarsi a circondare la cima, avvolgendola in un caldo abbraccio. Mentre la lingua disegna piccoli cerchi nervosi, leggera inizia a succhiare, a tempo coi movimenti della mano che sta continuando il lento massaggio. Su e giu, sento la pelle scorrere mentre tutte le fibre nervose del mio corpo sembrano concentrarsi sul quei centimetri di carne violacea su cui poggia la sua bocca. Su e giu, su e giu. Poi, con uno schiocco si stacca, e riprende a lavorare di lingua lungo l’asta, mentre la mano scivola nuovamente a massaggiare lo scroto.
Gemo di piacere e di desiderio, ma il pene non reagisce. Disperato cerco di accarezzarle la guancia “Lascia stare… ho bevuto troppo, forse… dai torna su..” Mi guarda… guarda il mio viso rosso di voglia e vergogna. Mi guarda coi suoi occhi azzurri. Non li vedo, nella penombra, ma quasi sento il loro colore trasparire da ogni angolo del suo volto. Mi sorride, questa volta beffarda. L’ho vista tante volte sorridere così. E’ una sfida, verso se stessa e verso di me. Quella notte, che non sarebbe mai potuta essere neanche nella penna di uno scrittore, lei troppo perfetta, io troppo… io… beh quella notte non sarebbe finita così.

Sento la mano che, dai testicoli, sale. Continui a fissarmi in silenzio mentre le dita circondano la base del pene. I suoi occhi, piantati nei miei, non si spostano mentre impugna saldamente l’asta, immobile. Poi la lingua esce ad accarezzare le labbra… &egrave un attimo e la testa si piega e la bocca si apre intorno al mio cazzo. Lo imbocca, lentamente, centimetro dopo centimetro. Sento caldo, bagnato… sento la saliva che cola lungo l’asta, il respiro che dal naso solletica i miei peli. Sento il pene sciogliersi nell’abbraccio della sua gola, inarco il bacino, dimenticando ogni gentilezza, vorrei solo spingere sempre di più dentro di lei, farle ingoiare ancora qualche millimetro di carne, raggiungere il suo esofago, il suo stomaco e poi giu sempre oltre.
Come si rompesse una diga il sangue si riversa nei miei corpi cavernosi. Sento il pene finalmente ingrossarsi, ergersi lentamente. Se ne accorge anche lei e ritira la bocca, riprendendo il massaggio con la mano. Adesso la sento pienamente. La pelle scorre tesa sulla carne turgida. Percepisco il suo tocco, ogni movimento mi fa godere. Tira la pelle, tende il filetto, ma sto provando troppo piacere per sentire dolore.
Le labbra, oramai, non riescono più ad imboccare il pene, cosi lasciano il posto alla lingua che, incessante, corre su e giu, lubrificando la dove passa la mano.

Potrei stare ore a fissare quella testa bionda agitarsi sul mio pene, guardare quella lingua lucidarne i fianchi e la punta, ma adesso voglio lei. E lei vuole me
La mano rallenta, la testa si alza. Sorride. Sorride ancora. Sorride sempre. E’ bellissima. Sale sopra di me ed improvvisamente siamo una cosa sola

 

CONTINUA

Mi cavalca. Lenta. Sinuosa. Il bacino struscia, avanti e indietro, stirando e massaggiando il mio pene. Le gambe, strette attorno ai fianchi, si contraggono all’unisono con la sua vagina che, vogliosa, sembra non volersi far scappare neanche un millimetro di carne, occupando ogni spazio libero, unendo ogni fibra dei nostri sessi.
Si muove come se danzasse, come se tutto il suo corpo fosse concentrato ad amplificare la nostra unione, gli occhi chiusi sulla realtà e aperti ad un mondo di sensazioni fisiche infinite nella loro unicità.
Io non riesco a smettere di guardarla. Il suo seno si solleva davanti a me, spinto dal respiro affannato, interrotto dai gemiti di piacere. Mi sporgo per prenderlo con le mani, affondarci faccia e lingua. La tiro a me, verso il basso. La bacio, ancora, ma lei &egrave in un altro mondo, le labbra rispondono alle mie, ma il resto del corpo &egrave come se fosse staccato. Se non fosse il mio pene sarei quasi geloso.
Un piccolo morso sul labbro, poi riprendo a baciarla e, finalmente, apre gli occhi e sembra accorgersi di me. Mi prende la testa tra le mani e mi scompiglia i capelli. Le dita si perdono tra le ciocche, le unghie graffiano dolcemente il collo.
Le lascio la testa e, lentamente, scendo lungo il corpo. Accarezzo le spalle, sfioro braccio e avambraccio e le prendo le mani. Lei apre gli occhi e mi guarda, ma non smette di cavalcarmi. Non smette mai. Neanche quando le sfioro i fianchi o scivolo verso i glutei. Neppure quando li stringo e li sollevo, obbligandola a modificare il suo ritmo.

Ho resistito tanto. Molto di più di quanto abbia mai concesso a quasi tutte quelle con cui sono stato. L’eccitazione &egrave la mia droga. Il dominio il mio sfogo. Io non mi lascio guidare nella strada del piacere. Io guido, conduco, dirigo. Io domino.

Io monto.

Contraggo gli addominali e spingo velocemente il pene dentro di lei. Adesso i suoi occhi sono aperti, piantati nei miei, la bocca affannata cerca aria. Punta le ginocchia al materasso per darsi equilibrio, imbrigliare quella furia scatenata.
Non funziona così. Non qui e non ora.
Senza uscire dal suo antro mi metto seduto e poi la piego verso il basso. Tutto il peso su di lei, il mio corpo che aderisce al suo, mentre non le do tregua.
Una missionaria. Classica, semplice. La mia asta scorre profonda, aprendosi sempre più la strada in quello scrigno bagnato e caldo. Ogni colpo vado più a fondo, ogni uscita la curvatura del mio pube guida il pene a strusciare lungo l’orlo esterno delle piccole labbra.
Minuti segni di dolore sul suo volto mi permettono di tracciare una mappa mentale di dove spingermi e dove no, mentre le mordicchio il collo e la spalla.
Sento la foga crescere, l’eccitazione della monta salire, trasformandomi nel maschio alfa del branco. Cacciatore. In cerca di preda.
Eppure lei non molla i miei occhi neppure per un secondo, un’eterna sfida al mio dominio, il rifiuto a chinare la testa. Mi piace, mi sta facendo impazzire. Ma non voglio una leonessa. L’ho già detto. Voglio una preda.
Esco del tutto e mi metto di lato a lei. Sollevo le gambe e, avvolgendola a cucchiaio, torno a scoparla profondamente. Sempre più veloce, sempre più a fondo. Le raccolgo le cosce verso l’addome, costringendola in una posizione fetale che le fa sentire ogni affondo centuplicato. Stringo il seno davanti a me, gioco coi capezzoli, li strizzo, li rilascio. Duri, amianto eccitato, pietra di lussuria.
Le tiro indietro il collo, leccandole l’orecchio per poi rovesciarle in bocca la mia lingua. Non un bacio, un puro atto di peccato, saliva che si mischia,labbra succhiate come peni accessori.
FInalmente cede. Quella meravigliosa gatta bionda inizia a gemere senza ritegno, accompagna i miei affondi, cerca la penetrazione, vuole essere scopata fino in fondo. E’ quello che voglio. Godo del mio pene dentro di lei, godo della sua voce e di ogni goccia che esce dalla sua vagina.
Godo di quello che sto per fare.
Mi fermo. All’improvviso, il pene piantato in profondità. Spingo più che posso, sento il mio pube appoggiato direttamente al suo, l’asta, durissima, come un palo a trapassare la vagina. La tengo ancora ferma al mio fianco. Le gambe strette tra le mie, le braccia bloccate. Cerca divincolarsi, ma non la mollo. Vuole godere, vuole riprendere la monta, ma io sto fermo, immobile, sordo alle sue richieste. Poi lentamente sento le pareti vaginali riprendere a contrarsi. Tanti piccoli muscoli alla spasmodica ricerca di un contatto, di una stimolazione. Il mio pene come un albero a cui strusciarsi per cercare conforto. Un albero di carne ben fermo dentro di lei.
Smania e contrae, tentando di riprendere l’onda, un’indemoniata legata a me, troppo eccitata per non godere della mia carne calda, troppo oltre per farsela bastare. Io spingo sempre più dentro. Non ho più spazio, ma &egrave come se il pene si ingradisse, continuasse a crescere occupando ogni centimetro libero, stimolandola in un’eterna ed inconcludente goduria.
Più l’asta scava, più sento di starla riempiendo, completamente, come se fosse una guaina fatto apposta per il mio uccello.
Tocco il fondo. Oltre sembra non potersi più dilatare, non ha più nulla da accogliere.
RImango fermo. Un secondo, due, un minuto, un’eternità. Un ponte tra di noi, il suo più grande piacere, la sua più grande dannazione.
Ora &egrave mia. Sa che solo io posso farla godere. E io sono suo. Perch&egrave ora solo lei io vorrei, tra mille donne, veder urlare di piacere.
Il mio bacino si contrae e l’asta scorre fuori. Sento che deve finire e farlo ora. Lei si sente improvvisamente vuota, poi il pene torna a riempirla, brutale, potente, rapido. Dentro, fuori, dentro, fuori. Sta gocciolando di goduria, urlando di liberazione. Dentro, fuori, dentro, fuori. Non sono più io a tenerla, &egrave lei che si stringe a me mentre la scopo. Non c’&egrave più amore, non c’&egrave più possesso, solo puro sesso.
La scopo, senza freni, senza pause, senza curarmi di cosa dice. E lei viene, finalmente, libera, caccia fuori tutto il piacere accumulato in un’infinita scarica di contrazioni al profumo di miele.
Sento il pene stritolato, massaggiato, vittorioso. Godo del suo piacere, godo del senso di onnipotenza che far venire una donna regala. Godo nella vittoria e in quel momento anche io vengo vinto da lei.
Estraggo l’asta appena in tempo, quando il primo schizzo si allarga sulla sua pancia. Il secondo raggiunge i seni che sussultano cercando aria. Il terzo non &egrave più affare mio, mentre mi accascio su di lei, stremato e vuoto.

Il mattino ci ritroverà ancora stretti l’uno all’altro, avvolti in coperte arrotolate. Il sole ci scoprirà mentre facciamo un amore più lento e delicato, come due fidanzati in un romanzetto per educande. Un leggero venticello dalla finestra aperta ci raffredderà mentre scopiamo come animali sul bancone della cucina, tra le tazze di latte e la marmellata.
La consapevolezza mi avvolge mentre la bacio uscendo di casa. Non mi voglio staccare e lei fa di tutto perch&egrave non lo faccia. Forse i nostri spiriti già sanno che quella notte &egrave iniziata e finita in se. Che non rappresenta nulla, nessuna promessa, nessun futuro, solo un’assoluta perfezione, inizio e fine, un unico diamante, irripetibile. Forse lo sanno, forse no. Ma non importa. Il presente, quello importa, importano i suoi occhi che seguono i miei mentre scendo le scale, la mia corsa affannosa in su per darle ancora un bacio. I nostri messaggi quel giorno, i nostri progetti di rivederci il prima possibile.
Il futuro &egrave lontano e imperscrutabile, il presente sa di fragole e fumo. Esco fuori dal portone, il sole mi avvolge e inizio a fischiettare. Felice. Finalmente felice. Semplicemente felice.

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