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Maya e Alex 2 – pt.1/2

By 8 Gennaio 2022No Comments

“Leggere la prima parte (Maya e Alex) per ricollegare i due episodi.”

A: «Maya! Ci sei?»

La porta dell’appartamento si apre dopo averla spinta in avanti e girato la chiave, entro ma non ho sentito alcuna risposta.
Appoggio il borsone della palestra vicino all’entrata e mi tolgo la giacca e le scarpe.
Cerco la mia ragazza, con la quale convivo ormai da qualche anno; ormai sono poco più di cinque anni che stiamo insieme e la convivenza è arrivata dopo tre anni, fortunatamente entrambi siamo andati a lavorare praticamente subito dopo l’ultimo anno di liceo e perciò abbiamo messo da parte qualche soldo per permetterci di pagare un affitto onesto.
Faccio qualche passo dentro l’appartamento e orecchio cattura il rumore dell’acqua della doccia che scorre, un sorrisetto malizioso si dipinge sul mio volto mentre mi lecco le labbra. Prendo il borsone e lo appoggio in camera da letto, dove mi spoglio completamente, per poi andare in bagno.
Apro la porta di scatto.

A: «Buona sera, signorina!»

Il volume della voce è abbastanza forte da sovrastare lo scroscio della doccia e Maya si spaventa visibilmente e d’istinto si copre il seno e le parti basse.

M: «Vaffanculo, Alex!! Mi hai fatto prendere un infarto…»

Non riesco a trattenere una risata mentre mi accingo ad entrare con lei nella doccia, abbastanza grande da poter contenere almeno altre due persone.
Il mio sguardo cade sul fisico di Maya, i capelli scuri scalati bagnati che cadono lungo la schiena fino ad arrivare a metà, il sedere tondo e sodo di chi fa molti squat e un fisico perfetto, non troppo magro ma nemmeno troppo sovrappeso. Il tatuaggio in mezzo al petto mostra un mandala a forma di fiore di loto dai cui lati sono disegnate, in linea con il seno, delle tendine dalle quali scendono delle perline verso il basso. La abbraccio da dietro, appoggiando la mia zona inguinale sul suo sedere; le bacio il collo passando le mani sui suoi fianchi fino ad arrivare alle natiche per stringerla di più a me.

A: «Mi sei mancata.»

Le mani ora salgono fino ad arrivare al seno, una terza abbondante, quasi una quarta, per massaggiarle delicatamente. Non ci vuole molto che il mio pene inizi a sollevarsi e farsi sentire da Maya.

M: «Dai Alex, rischiamo di fare tardi.»

A: «Hai i vestiti già pronti sul letto, no? Perché non ci coccoliamo un po’?»

Una mano, la destra, finisce più in basso passando la pancia per ritrovarsi sulla zona inguinale di lei, iniziando a massaggiarle il clitoride. Dalle sue labbra esce un gemito, che fa alzare ancora di più il mio pene, gonfiandosi sempre di più.
Continuo a massaggiare facendola godere, mentre con la sinistra stuzzico il capezzolo di lei, stringendolo appena più forte.
Mi allontano con il bacino appoggiando alle grandi labbra la punta del mio cazzo, ormai completamente in erezione.

M: «Mettilo dentro…»

Ansima nel dirlo e non me lo faccio ripetere due volte, nonostante l’acqua della doccia la sua figa è bagnata e pronta, facendolo scivolare tutto dentro, 19 centimetri.
Tengo dapprima un ritmo lento, facendola ansimare e sentire tutta la lunghezza del pene. Aumento sempre di più accompagnando il tutto con qualche sculacciata, il cui suono rimbomba per tutto il bagno.
Mi fermo quasi di colpo e lo sfilo, lasciandola interdetta, tanto che si gira e aggrotta le sopracciglia. Mi mordo il labbro inferiore e le allargo il culo, sfiorando con i pollici il suo buco.

M: «Sei proprio…»

Sorrido, perché so già che ha capito. Non mi ferma, anzi con una mano mi aiuta e inizia ad infilarlo nel culo. Ansimo di piacere mentre lei sopporta leggermente e non appena è dentro, la sua espressione cambia.

M: «E io che volevo dart…»

Non la lascio finire, aumento subito il ritmo facendola andare in estasi.
Continuo a sculacciarla finché non sento una scossa lungo tutta la schiena.

A: «Maya… Sto per venire…»

Mi lascia dare altri due o tre colpi di bacino per poi sfilarlo e mettersi in ginocchio, lo prendo in mano e inizio a masturbarmi con foga per non perdere il ritmo, ma lei mi prende entrambe le mani e me le mette dietro e inizia a succhiarlo velocemente, dapprima fino a metà asta, per poi diminuire la velocità, ma aumentare la profondità. Riesco a sentire la punta del mio cazzo nella sua gola. Mentre continua mi lascia le mani e le appoggia sulle natiche, stringendole con forza e avvicinando le dita sempre di più al mio buco.

A: «Cosa… cosa vuoi fare?»

Il suo sguardo punta il mio mentre la sua testa continua a fare avanti e indietro, si ferma per una frazione di secondo e mi fa un occhiolino. Riprende a succhiarmelo velocemente mentre il suo dito medio si infila dentro al mio culo e si muove, dentro e fuori.
Un piccolo gemito e lo sperma esce incontrollato direttamente nella gola di Maya, tre brevi schizzi ma decisamente potenti. Sento la sua lingua pulire la cappella e poi vederla mentre lo tira fuori e mi mostra che non ha più nulla. L’ha bevuto tutto.

A: «Per stasera sei a posto con l’antipasto, eh?»

M: «Sai che sono… insaziabile vero? Vedi di muoverti, adesso.»

Mi dà un bacio e una forte strizzata al culo, probabilmente le piace più quello che altro, non mi voglio vantare ma in molti mi hanno detto che ho un bel culo, da far invidia a molte donne.
Mi faccio una doccia lampo mentre Maya inizia a vestirsi e truccarsi. Siamo stati invitati da dei nostri amici, miei compagni delle superiori con cui non ho mai perso i contatti e spesso ci ritroviamo tutti quanti a mangiare per poi fare serata in qualche locale. Fortunatamente avevo già in mente cosa mettermi: una camicia scura sul blu notte tendente al nero, un paio di pantaloni di jeans grigi e delle scarpe sportive eleganti nere con i lati della suola bianchi.
Siamo in sette quella sera, a parte io e Maya c’è solo un’altra coppia. Mangiamo senza fretta, ridiamo e scherziamo come si fa con gli amici per poi andare in un locale ad un centinaio di metri dal ristorante, menomale che io e Maya abitiamo a 5 minuti a piedi da lì.
Quel locale è un must dopo i nostri ritrovi, una sorta di pub con musica, con luci e strobo che si attivano dopo una certa ora trasformandolo in una sorta di discoteca con una piccola pista; insomma un modo come un altro per bere e divertirsi.
Durante il primo giro di cocktail alcuni di noi si alzano, io e Maya compresi, per raggiungere la pista e ballare sulle note della canzone “Club Can’t Handle Me” di Flo Rida e David Guetta.
Finita la canzone mi offro di andare al bancone e prendere da bere per tutti, accompagnato dalla mia ragazza e proprio vicino a me si avvicina un ragazzo, poco più basso di me, forse sul metro e ottanta, spalle larghe e un viso dai lineamenti delicati, senza barba e dai capelli neri. Mi guarda e continua a sorridermi, io distolgo lo sguardo per un attimo per cercare il barista e ordinare, ma appena volgo nuovamente gli occhi in direzione del ragazzo lui è quasi attaccato a me. Di primo acchito mi sembra di conoscerlo, ma nella mia testa vedo solo uno sconosciuto. Ammetto che è proprio un bel ragazzo, un sorriso smagliante che viene nascosto quando fa rientrare le labbra, come a voler trattenere una risata.

A: «Scusa… posso aiutarti?»

?: «Non mi riconosci, eh?»

Il mio sguardo si assottiglia come a voler associare quel volto ad un nome e dei ricordi. Scuoto appena la testa, perché non riesco a ricordarmi.

?: «Certo come potresti? Sono passati anni dal terzo liceo e a quel tempo ero più basso e… lo ammetto più chiatto.»

Come un fulmine che ti colpisce in pieno mi si accende la lampadina. Sgrano gli occhi e spalanco la bocca.

A: «Samuele??!!»

S: «Oh allora ti ricordi»

Samuele, da quanto tempo non lo vedevo. Uno dei miei migliori amici del liceo, ne combinavamo di ogni quando eravamo più ragazzini, ma poi si è dovuto trasferire perché i genitori avevano cambiato lavoro e quindi avevano dovuto cambiare città.

A: «Cazzo, Samuele è da una vita che non ti vedo.»

Forse ci misi un po’ troppo entusiasmo nel salutarlo, ma era una felicità che non immaginavo nemmeno di poter provare, la sensazione fu come quella di riabbracciare un amico partito per la guerra, senza mezzi termini.

A: «Porca vacca! Quanto è passato? Ti trovo… Splendidamente!»

Se non fosse stato per tutte quelle luci proiettate all’interno del locale probabilmente avrei potuto vedere il viso di Samuele arrossarsi, ma mi accontentai di quella mezza smorfia che fa chiunque non appena riceve un complimento. Il mio vecchio amico indossa una camicia bianca con i primi tre bottoni slacciati, dal quale si intravede un tatuaggio alla base del collo che sembra una collana, uno di quei tatuaggi polinesiani, o tailandesi, non ricordo. Le maniche della camicia sono tirate su fino a metà avambraccio mostrando, anche lì, dei tatuaggi tribali. I pantaloni di jeans leggermente attillati e tenuti su da una cintura semplice e ai piedi dei mocassini neri, non di certo adatti per ballare, ma di certo molto elegante.

S: «In effetti sì. Dal terzo anno di liceo, quindi… saranno almeno otto anni.»

Era veramente passato così tanto tempo? Erano passato veramente otto anni? Nemmeno il tempo di realizzare che subito sento una mano appoggiarsi alla mia schiena, vedo Maya dietro di me e sul volto ha un’espressione tanto felice quanto curiosa. Scuoto la testa e le metto un braccio attorno alle spalle.

A: «Hai ragione. Samu questa è Maya, la mia ragazza. L’ho conosciuta dopo la scuola.»

Noto come lo sguardo di Samuele squadra Maya, uno sguardo che in molti hanno quando sono attorno a lei, che sarebbe potuto essere descritto come: voglioso o lussurioso. Osservo anche io la mia ragazza, come la vede Samu in quel momento, lasciando scivolare lo sguardo dai suoi occhi grigio azzurri, contornati dall’eyeliner nero che le dona profondità, alle labbra carnose dipinte di rosso per l’occasione. Ancora più giù, le spalline dell’abito nero che contrastano con la pelle abbronzata e, qui mi manca il fiato, quella scollatura così profonda da far intravedere l’inizio del tatuaggio che porta sotto il seno. Le aderisce addosso come una seconda pelle, finendo appena sotto il culo sodo, le gambe avvolte dalle calze velate e ai piedi dei meravigliosi tacchi a spillo rossi. Il mio sorriso scema un poco alla volta quando Maya, sembra ricambiare quello stesso sguardo. La mano di Maya si allunga verso Samuele e lui la prende, con delicatezza e grazia, rivolta la sua mano e ne avvicina il dorso alla bocca.

S: «Incantato…»

Sembra uno di quei gesti triti e ritriti in quelle americanate romantiche, film a volte troppo esagerati e inverosimili, ma che a volte conquistano. Maya si morde il labbro inferiore sorridendo divertita.

M: «Che galantuomo. Apprezzo molto la galanteria negli uomini d’oggi.»

Disse quella che durante le nostre serate di sesso selvaggio mi chiede di sfondarla come se non provasse dolore.
Torno a sorridere come se nulla fosse successo, anche per evitare di sembrare scorbutico, dopotutto non potevo mica fare una scenata di gelosia così su due piedi. Invito Samuele a prendere da bere e andare dagli altri.
Non appena tornati dagli altri, il gruppo intero si dimostra altrettanto felice di rivederlo, dopotutto eravamo tutti compagni di scuola e rivedere un vecchio amico fa sempre molto piacere. Tra shottini e cocktail sorseggiati come fossero acqua la serata continua all’insegna dei ricordi dei vecchi tempi del liceo, finché uno ad uno, tutti non iniziano a tornare a casa. Chi più barcollante e chi meno, ma la serata è finita ormai, ma non per noi.
Ormai manchiamo solo noi e per tutta la serata non posso fare a meno di notare gli sguardi lussuriosi che la mia fidanzata si scambia con Samuele. In alcuni momenti la vedo schiudere leggermente la bocca e inumidirsi le labbra, per poi deglutire a fatica; ormai erano anni che stavamo assieme e avevo imparato a conoscerla: voleva scoparselo.
In quel momento mi tornò alla mente il discorso che facemmo qualche sera prima, dopo aver giocato al “ragazzo delle consegne” e aver fatto sesso. Le sue parole mi rimbombano nella testa e quei pensieri, il volerlo fare con un ragazzo, mi tornano alla mente violenti come un pugno al cuore.
Tornato a quel momento, estraniandomi completamente dal mondo.
Ho iniziato a focalizzare l’immagine di Maya, in ginocchio davanti ad uno sconosciuto mentre glielo succhia, si volta verso di me e mi fa cenno con la mano di avvicinarsi. Io lo faccio, quasi mosso da un impulso non mio, come se fosse qualcuno a muovermi… E mi metto in ginocchio vicino a lei e davanti agli occhi l’immagine di un pene lungo forse quanto il mio. Lei lo afferra con una mano e con l’altra mi avvicina il viso a quel grosso cazzo. La mia bocca si apre da sola e me lo faccio mettere tutto in bocca e inizio a succhiare.

M: «Alex…!? Oh, ma ci sei? Andiamo via?»

La voce di Maya mi scuote dai pensieri e torno nel mondo reale, il cuore che ancora batte veloce nel petto e… un’erezione, ad occhio altrui, ben nascosta.

S: «Tutto ok? Sembrava ti fossi addormentato con gli occhi aperti.»

A: «Sì… N-no, mi è venuta in mente una cosa di… lavoro e ho iniziato a fantasticare.»

Riesco a stento a far sembrare la mia voce normale e non come fossi in preda all’euforia.
Usciamo dal locale, ma non prima di essermi fatto passare l’erezione. Decidiamo quindi di tornare a casa e, visto che abitiamo vicini, di farcela a piedi. Samuele ci accompagna per un pezzo per poi confessare di aver lasciato la macchina lì vicino e quindi decide di salutarci. Probabilmente io e Maya abbiamo avuto la stessa idea perché nel momento in cui lui si volta per andare alla macchina entrambi diciamo: «Aspetta…!» Lui ci guarda e pure noi ci guardiamo avendo quasi un sussulto, come se fossimo stati sorpresi a rubare qualcosa. Torno a guardare Samuele come se nulla fosse e indico un palazzo a non più di cento metri da lì in linea d’aria.

A: «Guarda, noi abitiamo lì. Ti va di venire da noi? Ci beviamo l’ultimo bicchiere. Il bicchiere della staffa.»

Lui ci guarda entrambi, non risponde. Ci squadra, curioso e incredulo, tanto che entrambe le sue sopracciglia si alzano. Guarda l’orologio.

S: «Non saprei ragazzi. Domani dovrei svegliarmi presto ed inizia ad essere tardi.»

A: «Dai. Vieni. Ti facciamo assaggiare un po’ di liquori che facciamo in casa.»

Insisto io con un tono di voce sul volto che mostra sincerità e un sorriso amichevole. Lui non sembra cedere, ma è Maya a farlo crollare.

M: «E su… Non farti pregare.»

La voce è la sua, ma il tono che usa sembra quello di una bambina che vuole convincere la mamma a dargli una caramella.
Guarda in direzione del palazzo e poi di nuovo verso di noi.

S: «E va bene.»

Un sorriso si dipinge sulla bocca di entrambi prima di guardarsi in faccia e fare tutti e due lo stesso sguardo di intesa.

CONTINUA…

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