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Erotici Racconti

Operazione SeeLion

By 16 Settembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

..-Questa è una Ucronia-..

Unternehmen Seel’we

Inghilterra meridionale

A partire dalla notte e proseguendo per tutto il giorno del 14 e del 15 settembre: la Luftwaffe attacca gli aeroporti e i ponti radio (senza saperlo annienta la metà delle antenne radar).
I piloti e gli equipaggi come il personale a terra viene invitato dal Generale Goring e spremuto per dare il massimo. Alcune squadriglie effettuano anche 3 voli oltre la manica.
Il risultato è che alcuni aeroporti sono terribilmente conciati che piste e strutture sono abbandonate temporaneamente. Il personale inglese a terra, è particolarmente provato e non si avventurano più a riparare le piste per paura dei mitragliamenti a volo radente degli aerei nazisti.
Nei due giorni sono persi 103 piloti e 128 ne sono gravemente feriti mentre i 260 inesperti che erano stati immessi in linea sono stati i primi ad averne fatto le spese. 466 aerei fra Spitfire e Hurricane sono distrutti o gravemente danneggiati.

16 settembre: il sole sorge e accompagna nugoli di ‘109’ preceduti dai Bf 110 che attirano anticipatamente i cacciatori inglesi per poi lasciare ai piccoli e agili 109 il compito di abbatterli in volo. Anche i novellini si sono battuti come leoni e oramai senza più munizioni e senza carburante si avviano verso le proprie basi inseguiti a loro insaputa dai bombardieri Heinkel e Dornier. Come i caccia toccano terra, nugoli di bombe aprono crateri sulle piste in terra battuta mentre miriadi di spezzoni esplosivi innaffiano gli alloggiamenti e gli aerei sparsi nelle campagne circostanti. Anche se camuffati, gli incendi che scoppiano fra gli alberi, indicano la direzione di attacco da seguire agli altri cacciatori che si avventano famelici a mitragliare e a bombardare. Come l’aeroporto di Benson dove risulteranno distrutti al suolo e in volo oltre 56 Spitfire e la metà degli effettivi morti o feriti.
In tutto questo, gli Stuka se ne avvantaggiano interrompendo le linee ferroviarie e i ponti che da Londra si dirigono ai porti della Manica. Mitragliano e bombardano qualsiasi veicolo che vedono circolare sulle strade mentre tornano impuniti verso i cieli della Francia.

Tirate le somme dei tre giorni appena trascorsi, l’Air Scheff Command della RAF è seriamente preoccupato per il nuovo corso che ha adottato la Luftwaffe. I suoi piloti stanno pagando un pesante tributo in vite umane per contrastare le incursioni naziste. Di questi, di piloti ancora in grado di alzarsi in volo ve ne sono meno di 600 se avessero gli aerei, ma ne sono rimasti operativi meno di 500 caccia.

Nella notte, alle prime ore del 17 settembre il Comando Bombardieri britannico attacca in forze il naviglio concentrato nei porti da Boulogne ad Anversa. Gravi perdite sono inflitte particolarmente ad Ostenda dove è quasi annientata per intero la forza corazzata della 4′ Divisione.

Quella mattina, i piloti dalla RAF erano già seduti dentro gli abitacoli dei loro caccia in attesa di intercettare i piloti avversari, ma questi non si facevano vedere. Erano tutti in trepidante attesa al punto che molti stavano consumando la colazione seduti dietro ai pannelli di comando anche nei vecchi caccia Gladiator o dei quasi inutili Defiant. Tutta l’Inghilterra era mobilitata per contrastare il dominio del cielo.

Al Quartier Generale dell’Aviazione da caccia di Stanmore, i rapporti che stavano pervenendo erano frammentari e confusi. Si parlava di massicci attacchi di bombardieri effettuati durante la notte contro Scapa Flow e l’estuario del Tamigi. Erano tutti felici che almeno per una volta gli aeroporti fossero stati lasciati tranquilli. Quella mattina l’Air Sheff Command osservava i rapporti e le bandierine sul tavolo. Sembrava che tutti i centri di avvistamento segnalavano lanci di paracadutisti, ma come era avvenuto il giorno prima, nell’area della foce dell’Humber, non voleva dare un’allarme prematuro che si sarebbe tramutato in una collettiva caccia alle streghe mentre la popolazione scappava in preda al panico bloccando tutte le strade. Troppi morti era costata quella isteria nelle campagne e lungo le vie in cui gli aerei mitragliavano a volo radente. Non avrebbe dato nessun allarme. Avrebbe lasciato che i vari presidi anti paracadutisti dei villaggi costituiti dagli uomini della Home Guard facessero tranquilli il loro lavoro.

Osserva la cartina e nota le bandierine ferme. ‘Che Goring abbia deciso di concedere un giorno di riposo? Oppure il centro meteorologico avesse sbagliato e sul nord della Francia era brutto tempo.’ Pensava osservando cupo l’enorme cartina sdraiata sul tavolo in cui il personale era fermo a chiacchierare silenziosamente fra loro. ‘Ancora due giorni e i radar saranno riparati.’ Osservando le torri nere poste a ricordare le antenne non funzionanti.

Il telefono squilla e posando la tazza di tè sul tavolo osserva l’orologio. Le 8:30.

Posato il ricevitore, il suo sguardo è cupo. Esce dalla stanza e osserva l’enorme cartina sotto di se con il personale in attesa di muovere e segnalare le varie attività nemiche e amiche. Era tutto tragicamente immobile.

‘Signori! Signore! Comunicate a tutte le squadriglie di alzarsi in volo e dirigersi verso la manica fra Sauthampton e Dover. Ditegli di mitragliare qualsiasi natante che troveranno. Sea Lion è iniziata questa mattina alle 6:00 e siamo terribilmente in ritardo.

Poco prima dell’alba centinaia di bombardieri avevano sconvolto le difese poste sulla costa e quando i soldati avevano guardato oltre la coltre della polvere, avevano visto centinaia di natanti dirigersi verso di loro. I pochi telefoni funzionanti avevano comunicato l’allarme, ma i caccia che sorvolavano la zona avevano impedito che le forze si potessero schierare efficacemente lungo la costa. Gli Stuka, individuati i centri di fuoco e guidati dagli operatori sul naviglio in avvicinamento, avevano avuto facile gioco dei pochi cannoni che erano in grado di sparare.

Per quegli abili piloti, addestratesi sui campi di battaglia della Polonia e della Francia, erano padroni di una tattica che atterriva il nemico. Non solo erano in grado di colpire efficacemente centrando gli obiettivi prefissati, ma con le loro sirene che avevano posto sotto le ali, incutevano una paura tale che ai pochi fortunati scampati all’attacco, non gli restava altro che scappare per non sottostare e ripetere un’esperienza del genere.

Il caporale Kelly Eden, veterano della Grande Guerra, attuale impiegato presso una azienda della lavorazione e distribuzione di prodotti importati dall’estero quali alcolici, tabacchi e profumi, si stava avviando a piedi verso il mare. Con lui, il suo plotone era costituito da compaesani tutti arruolati fra gli abitanti del suo quartiere di Rodmell frazione di Lewes.

Era bastato il passaparola e tutti in meno di un’ora erano schierati e pronti a partire. Si attendevano solo gli ordini e finalmente giunti, si erano incamminati. Quella mattina sapevano che non era la solita chiamata per cercare equipaggi dei aerei nazisti dispersi nelle campagne. Avevano visto passare un battaglione di truppe regolari su autocarri, correre e filare veloci verso il mare e si erano allarmati più del solito. In fondo alla strada vedevano alzarsi alte colonne di fumo nero e questo non presagiva nulla di buono.

Quella mattina il caporale ha passato in rassegna i suoi uomini, anziani che non avevano combattuto nella guerra precedente, giovani che avevano perso l’opportunità di dimostrare di essere uomini durante quella sporca guerra. Ha ricordato ad alcuni come si doveva caricare il fucile e purtroppo era rammaricato di non averne uno anche lui. Gli era stato dato un vecchio revolver Webley e fra gli uomini del suo plotone, vi erano 3 tipi di armi. Il fucile americano modello 1917 che spara la sua unica cartuccia, il fedele Lee Enfield con cui ricordava il freddo e l’umido delle trincee della Francia e un fucile ancora più vecchio in cui fra loro si scherzava dicendo che era un residuato della guerra Boera e non avevano tutti i torti.

In mare la Home Fleet viaggia compatta bruciando la nafta per accorre velocemente dove c’è più bisogno di loro. Hanno un compito essenziale da assolvere. Devono interrompere a tutti i costi la catena dei rifornimenti che alimenta le truppe attaccanti. Bombardare le spiagge e la costa dove si accumulavano truppe ed equipaggiamenti.
Un’impresa impossibile ai più e senza la copertura del cielo, non è pensabile neppure sognarla, ma loro vanno all’attacco consapevoli che devono andare.
L’ammiraglio Forbes, esce sulla controplancia e si lascia rinfrescare dalla brezza del mare. Osserva gli sbuffi delle onde che si infrangono contro al cacciatorpediniere a poca distanza. è impensierito che se continua a quella andatura i caccia di scorta dovranno presto staccarsi da lui per andare a rifornirsi di nafta. Dietro alla nave ammiraglia, guarda l’Incrociatore da Battaglia Repulse che lo sta seguendo. La sua vecchia nave, pensa con un pizzico di nostalgia.

Preoccupato torna a pensare alla nave tedesca. L’Hipper. Non ha idea di dove possa essere e in più, l’Ufficio Informazioni ha telegrafato che dovrebbe essere pronta anche una seconda nave da battaglia. Riflette e pensa per raggiungere ad una conclusione.
‘Si fermerà a rifornire la flotta anche se questo costerà un ritardo di 12 ore.’

L’intera compagnia è in marcia da meno di un’ora e il sole già alto ha fatto allungare a dismisura i 200 uomini. Due caccia nazisti si abbassano mitragliando e molte troppe urla si alzano dai feriti.
Il soldato vicino a lui e amico di bevute Scorpy è stato ferito da una scheggia ad un polpaccio. Impreca non tanto per il sangue che sta macchiando la gamba del pantalone, quanto per via dello squarcio che si è fatto sulla coscia della gamba sana quando si è gettato a terra.
Insieme con il vecchio capitano e il sergente dell’unico soldato dell’esercito regolare che li ha addestrati, accorrono a curare i feriti e a far smettere ai soldati di sprecare le munizioni a sparare contro gli aerei troppo lontani. Appresa la lezione, i soldati si dividono in piccole squadre. I feriti vengono accompagnati indietro e loro si avventurano lungo la strada guardinghi e con un occhio vigile al cielo.

Poche centinaia di metri più avanti, vedono che oltre la gola fra le due colline verso il mare, a Peacehaven distante da loro non più di 4 chilometri si alzano alte colonne di fumo nero e gli scoppi delle bombe si fanno sentire distintamente. Per il caporale Kelly Eden sa bene che ciò che sente non sono bombe di aerei, ma scoppi delle bombe ricavate dai termos e dalle vecchie teiere. Non per paura, ma per precauzione, estrae la pistola dalla fondina e alcuni soldati dietro a lui, per imitazione imbracciano il fucile guardinghi e tolgono la sicura.

Dalle verdi colline, vede scendere e venire verso di loro molti piccoli gruppi di persone. All’inizio si erano preoccupati che potessero essere tedeschi, ma osservando bene, erano donne e bambini. Avrebbe voluto fermarsi a parlare con loro, ma le squadre davanti a lui continuano a marciare andando avanti.

Raggiungono pochi minuti dopo il piccolo paese di Piddinghoe. Rimane atterrito nel vedere come le poche case lungo la strada fossero state tutte bombardate e sbrecciate dagli scoppi. Nel mezzo, ci sono gli autocarri che aveva visto passare qualche ora prima e dei soldati che trasportavano, ora giacciono sdraiati immobili a terra riversati in posizioni impossibili e innaturali.
La colonna si ferma e dai profughi che vede passare fra loro, chiede informazioni.

Sono spaventati, ma tutti sono concordi nel dire che i nazisti sono sbarcati sul suolo britannico. Per lui e la sua compagnia gli ordini erano chiari.
-Arrivare alla costa e mettersi a disposizione delle X’ divisione da Difesa Costiera. Dovevano raggiungere il forte di Newhaven.-

Sapeva che avevano evacuato la costa e ora non capiva come e perché ci fossero tutti quei civili che gli impedivano di camminare. Più ne vedeva e più si atterriva. Sentiva gli spari poco lontani e guardare quelle donne in vestaglia e in pantofole si preoccupava. Pensava a sua moglie e ai suoi bambini a casa lasciati soli.
Oltrepassato il piccolo borgo, gli spari di fucileria si fanno più intensi e capisce che i tedeschi erano vicini. Avanzare ancora sarebbe pericoloso, ma sa bene che con il capitano in testa ogni discussione sarebbe stata inutile.

La folla che prima intasava la strada, ora si è diradata e questo lo mette in guardia. Ferma la sua squadra e gli uomini che lo seguono appresso si fermano con loro. Si incammina guardingo oltre il recinto della casa e dietro al pollaio, scorge poco lontani un gruppo di tedeschi che hanno circondato e catturato alcuni soldati, regolari e non con la fascia al braccio come lui. Questi stanno con le braccia alzate e alcuni hanno l’uniforme impeccabile addosso.

Il vecchio caporale si rammarica di non aver anche lui una divisa regolare e non solo una semplice striscia di stoffa sul braccio. Torna indietro e ragguaglia i suoi compagni su ciò che ha visto. Li dispone lungo la strada e come si avvia per avanzare, un portaordini inviato dal capitano lo raggiunge. Gli intima di andare avanti che ha preso contatto con i soldati regolari. Lui per tutta risposta lo rimanda dal capitano con la frase.
‘Abbiamo i tedeschi oltre il muro della strada. Cerco di tenere la via di casa aperta.’

Il giovane ragazzo strabuzza gli occhi e corre a perdifiato da dove era arrivato.

Alcuni profughi, vedono la scena e iniziano a correre in preda al panico anche loro. Ad un gesto, tutta la catena di soldati improvvisati si muove oltre il parapetto della strada, ma alcuni colpi di fucile colpiscono alcuni uomini che stramazzano a terra morti. Subito parte un intenso scambio di fucileria mentre i più restano accovacciati dietro al muro, al riparo. Non tutti hanno l’elmetto e i più hanno un semplice cappellino.

Il caporale torna ad accovacciarsi dietro al pollaio e dei soldati non vede più traccia. Sente sparare, ma non vede da dove provengono. Dietro di lui, da una delle finestre del tetto sente sparare e capisce che quella è l’unica postazione dove può rendersi conto della situazione che ha attorno.

Entra in casa e scorge una donna che sta curando due dei suoi uomini feriti e nota alcuni sfollati seduti a terra in un angolo. Sale le scale e vede la luce filtrare dai moltissimi fori di proiettile che si sono aperti nel legno. Nessuno più sta sparando dalle finestre che vede spezzate. Le piume dei letti svolazzano per la stanza e sente attorno alle orecchie il sibilo dei proiettili.

Scende le scale di corsa e ricorda la scala poggiata a terra vicino all’entrata. L’appoggia contro alla grondaia del tetto e vi sale. Si guarda attorno e ovunque vede le scure uniformi naziste con il grigio elmetto caratteristico. Osserva verso la direzione del capitano e vede una colonna di tedeschi marciare verso di lui.
Con un balzo salta a terra e urla. ‘Indietro! Indietro!’

Si ferma solo dopo aver percorso di corsa alcune centinaia di metri. Osserva dietro di se la lunga colonna di uomini che arrancano con difficoltà sbuffando come sfiatati treni a vapore.
La strada e il muretto è la loro salvezza. Oltre vi è la collina che brulica di nazisti mentre dall’altra parte della strada vi è il profondo canale Ouse.

Il vecchio caporale era presente quando i tedeschi avevano marciato in quell’inverno di 25 anni prima e sa bene che l’unica possibilità di salvezza è la velocità. Corre inseguito dai suoi compagni e si ferma dopo alcune centinaia di metri. Il vecchio borgo sbrecciato è davanti a loro e non vede segno di tedeschi. Ha l’impressione che sia tutto rimasto come l’avevano lasciato e troppa gente stava affollando la strada. Sente attorno a se il fiato dei suoi amici e corre ancora addossandosi dietro al muro di una vecchia casa dal tetto pericolante. Sorride pensando che si è salvato dalle pallottole di due generazioni di Unni e ora potrebbe morire a causa di una tegola britannica. Si muove con circospezione lungo la strada osservando di tanto in tanto verso la collina. Fuori dal paese, vede poco lontano in mezzo alla strada alcuni soldati. L’uniforme è inconfondibile. Sono tedeschi.

Ferma la colonna dei profughi e li manda a nascondersi nelle case. Con i 26 uomini a sua disposizione organizza una linea di difesa nel piccolo borgo di Piddinghoe. Fra gli autocarri distrutti recupera un fucile funzionante e fra i cadaveri rinviene molte utili munizioni. Nella piccola infermeria di fortuna che era stata allestita dal convoglio di soldati colpiti, rinviene molti soldati che possono imbracciare ancora un fucile. I loro sguardi sono come i suoi la prima volta che era andato in trincea. Esattamente giovani come lui nella guerra e nella vita precedente.

A sera, furtivamente i pochi sopravvissuti si calano nel canale per risalire sulla sponda opposta pochi minuti dopo. Hanno freddo, sono intirizziti e sono stanchi. Hanno sparato per tutto il pomeriggio e ora hanno pochissime munizioni. Si muovono alla cieca seguendo il caporale che fino in quel momento ha dato prova di essere l’unico a sapere cosa fare.

Un lampo e il suono caratteristico di uno sparo davanti a loro. Si gettano a terra, sparano e urlano. Poi tutto tace in modo irreale nel silenzio più totale.

Alcuni soldati, fratelli nella lotta si erano sparati a vicenda. Fortunatamente non vi erano stati feriti. Scambiandosi le poche informazioni che hanno, capiscono che tornare a casa nella loro città di Rodmell era impossibile. Quel gruppo di uomini provenivano da Uckfield e si erano posizionati in modo da formare una linea e fermare i tedeschi. Loro, gli Unni, avevano occupato tutta l’area al di la del canale. Si incamminano verso la collina e al riparo di un fienile, addossati gli uni contro gli altri per scaldarsi, si addormentano sfiniti.

In quella mattina grigia, fredda e spettrale, in cima alla collina osserva verso casa. Forse solo due chilometri lo separano e dei fuochi che aveva visto alzarsi durante la notte, ora poteva scorgere solo alte colonne di fumo. Ovunque guardava vedeva solo fumo. Era come se tutte le case stessero bruciando.

Il sibilo cupo e lo scoppio dei mortai interrompono i pensieri del vecchio caporale e davanti a lui vede una lunga fila di tedeschi. Lungo la linea di difesa si sente nudo. Era abituato a combattere dietro ad una trincea e aspettare i nazisti sdraiato a terra come se fosse al poligono di tiro ha paura. Le pallottole fischiano pericolosamente vicino alle orecchie, ma presa bene la mira, spara accuratamente soppesando le poche pallottole che gli erano rimaste.

Sdraiato a terra cerca nelle tasche dei pantaloni una pallottola, ma si muove a fatica. Sfiduciato e impossibilitato a restare oltre si osserva attorno e nota che sono rimasti in pochi a continuare a sparare. Vede lanciare le bottiglie incendiarie e non producono nessun effetto pratico perché i tedeschi sono troppo lontani. Si guarda dietro le spalle e vede solo il bosco. Striscia e come è sicuro che è lontano dagli sguardi dei nazisti si alza in piedi e inizia a correre. Raggiunge e supera alcuni suoi compagni del paese e si ferma solo quando sente i polmoni bruciare.

Aspetta e a voce si fa raggiungere da altri. Insieme decidono di incamminarsi restando uniti.

Trovata una pattuglia di regolari, questi li indirizzano verso dove credono che sia il comando di zona. Raggiungono una fattoria e l’unica cosa che vedono sono solo carte e rifiuti. Seguono le spalle di altri sbandati e quando raggiungono la strada, vengono indirizzati da un poliziotto a dirigersi per i campi e raggiungere la ferrovia posta poco più a nord dove si sta cercando di allestire una linea di difesa.

Sui cieli la battaglia logora vite e macchine. Non più padroni del mare e della terra, spesso i piloti inglesi non si lanciano più dall’aereo in fiamme sapendo che difficilmente sarebbero salvati e che molto più probabilmente verrebbero fatti prigionieri.

Lungo la massicciata della ferrovia, il vecchio caporale e l’ho sparuto gruppo dei suoi uomini chiede munizioni. Ha l’impressione quasi che stia chiedendo l’elemosina. Raggiunto un filare di alberi di melo, si sdraia a terra e come chiude gli occhi si addormenta.

Non molto lontano, un altro caporale si sta muovendosi come un automa. Gli stivali che gli hanno dato gli fanno male. Da quando il giorno prima si erano riempiti d’acqua di mare, gli si erano induriti e asciugati addosso. Aveva i piedi doloranti ed era certo che se li avesse liberati, poi non avrebbe più potuto reindossarli nuovamente.
Pensava che essendo parte di una compagnia del genio non avrebbe dovuto correre rischi e invece, era stato costretto a combattere in Polonia contro la veloce cavalleria polacca e in Francia contro un reparto di cacciatori in bicicletta.
Per ironia della sorte, aveva il compito di stendere il cavo del telefono. Stava trainando quel carretto dal giorno prima e ora non vedeva l’ora di potersi sdraiare, mangiare e dormire.

Sulla superficie del mare del nord, il motorista Hans stava controllando il manometro della carica delle batterie. Era alla sua terza missione di guerra su quel magnifico battello. Pensava alla sua casa e alla moglie. Pensava che se un aereo inglese li avesse avvistati in quel momento che stavano caricando le batterie, non avrebbero potuto continuare a lungo la missione. Confidavano nella prossimità del tramonto per cambiare l’aria all’interno del sommergibile e che l’oscurità li avrebbe protetti da pericolosi incontri.

Il rombo sveglia il vecchio caporale, si sente la schiena a pezzi e preso lo zaino, ne estrae una fetta di pane e del formaggio. è ancora buio e si chiede cosa sia tutto quel trambusto.

Poco distante da loro, un battaglione di cavalleria che ha sostituito i cavalli con i carri armati si sta schierando.

Il tenente al comando del suo squadrone è fiducioso che ricaccerà i tedeschi fino al mare. Protetti dal buio sanno che non potranno temere nulla dagli aerei nazisti. Come da tradizione, anche se ci sono molti ufficiali che non fanno parte del loro squadrone, tutti gli ufficiali devono un goccio di Brandy. Il Maggiore spiega a tutti loro:
‘Quando gli aerei della RAF bombarderanno le posizioni tedesche, quello sarà il segnale di attacco. Il loro compito e dare la caccia ad ogni crucco che vedono e distruggere ogni veicolo nemico che incontreranno fino alla spiaggia.’
Come sono abituati a fare, il saluto tradizionale li accompagna urlando.
‘Buona cavalcata!’ Rispondono e ripetono in coro.

Nel sottomarino, il motorista Hans è calmo e fermo alla sua postazione. Lui come tutti sono in silenzio e fermi come se avessero paura che il nemico li potesse ascoltare. Solo il ciclico rumore del motore elettrico indica che sono ancora vivi e si stanno ancora muovendo.

L’ultimo rilevamento fatto indica che sono ancora troppo lontani e se attende oltre perderà la possibilità di lanciare. Il segnale di allarme e scoperta è stato inviato al comando. Il Capitano fa mille pensieri e ragionamenti. Calcola rapidamente e con il cronometro in mano ordina di lanciare tutti i siluri.

4 silenziosi ordigni subacquei sfrecciano al di sotto della superficie del mare. Successivamente dopo aver fatto girare il sommergibile di 180 gradi, lancia anche il siluro di poppa.

L’ammiraglio constatati i danni, sa che oramai l’effetto sorpresa è caduto. Gli attacchi degli aerei della sera prima e quelli che ancora non erano iniziati quella mattina, avrebbero comunicato la loro esatta posizione e sa che da li a poco sarebbero giunti in forze. Ordina ad un cacciatorpediniere di assistere l’incrociatore Penelope colpito da due siluri. Anche il Renown è stato colpito da un siluro e pur avendo ridotto la velocità a 16 nodi, pur zoppicando prosegue con la sua scorta.

L’orologio supera le 5:30, ora prevista dell’attacco e degli aerei nessuna traccia. I carristi aspettano fiduciosi con i motori spenti per risparmiare prezioso carburante. Gli ordini del vice Comandante Generale erano chiari. Raggruppamento di tutti i veicoli blindati per attaccare in forze sostenuti dall’aviazione. Sono le 5:55 quando sentono gli aerei. Forse troppo tardi per un totale effetto sorpresa pensa il tenente dentro al suo carro armato.

Lampi e scoppi davanti a loro indicano che sono stati mirati dalla contraerea. L’altezza è identica alla loro e i piloti non si aspettavano di trovarsi in mezzo ad un inferno. Non possono che essere i loro stessi artiglieri che gli sparano contro e persa la corretta lucidità, sganciano il loro carico di morte per poi allontanarsi velocemente.

Le prime bombe scoppiano troppo vicine alla linea della massicciata della ferrovia e quello è l’ordine per mettere in moto i carri. Si muovo nel frastuono dei motori, dello sferragliare dei cingoli e dello scoppio delle bombe. Sono quasi a ridosso della ferrovia quando il perfetto allineamento è sconvolto dalle esplosioni. Grosse colonne di fumo e polvere cadono sui mezzi corazzati e questi si sbandano perdendo la linea anche se continuano ad avanzare.

Il tenente pensa che gli effetti del bombardamento aereo abbia avuto ragione dei tedeschi. Davanti a lui vede solo polvere e fumo.

A causa dei crateri che si sono formati, il movimento dei carri è eccessivamente lento. Avrebbero dovuto attaccare andando alla carica e ora non fanno altro che zigzagare attorno ai crateri delle bombe. Non sa il tenente che dei 15 bombardieri che avrebbero dovuto sostenere l’attacco ne sono giunti solo 9 e quasi la metà dei veicoli si incastrano nelle voragini aperte delle bombe.

Ed eccolo il nemico. Brandelli di vestiti scomposti sparsi a terra ad oltre un chilometro dalla linea del treno. Alcuni rumori che sovrastano tutti gli altri, fanno capire all’equipaggio inglese che sono stati presi sotto mira da qualche tedesco.

Il capo carro chiude la botola e lascia che il pilota si gestisca da solo. Ha l’impressione che stessero andando ancor più piano rispetto a prima, ma lascia che sia lui a decidere quale sia l’andatura e il percorso da seguire più consono.

Uno scoppio vicino attira la sua attenzione e la torretta continua a muoversi in cerca di qualche obiettivo da colpire. Una breve raffica di mitragliatrice, ma non capisce a cosa si spari visto che non vede nulla.

Gli scoppi sono rapidi e intensi. Diversi da quelli precedenti. Non sono bombe d’aereo che piovono, ma granate di artiglieria. Un intero gruppo da 105 tedesco li ha presi di mira e stretti come sono fra il canale e la collina, è facile per il direttore di tiro indirizzare i colpi e i successivi aggiustamenti anticipando le mosse dei mezzi corazzati.

L’esperto caporale del genio, sa quando è ora di combattere e si trova un riparo dentro ad un canale di scolo nei campi. Imbraccia il fucile e mira contro alla feritoia del pilota del carro che si sta avvicinando. Vicino a lui un altro soldato lancia una granata che scoppia a pochi metri davanti al carro.

Manca qualche minuto alle 10.00 ora del tè pensa il vecchio caporale. Del battaglione di regolari all’attacco, ora non resta che qualche spaventato reduce che si dichiara fortunato di essere ancora vivo. Dei 50 mezzi blindati che sono andati all’assalto, non resta che fiamme e neri scheletri ad indicare fino a dove sono giunti.

Il vecchio caporale vede attorno a se sempre più gente. Questi sono sbarbati di fresco e i vestiti sono puliti anche se sono in marcia dal giorno prima, mentre lui osserva i superstiti di ciò che era il suo paese di volontari. Assomigliano a vecchi straccioni, logori e stanchi.

Osserva il tozzo carbonizzato. Qualche minuto prima era un essere umano come lui e ora si rende conto che in questa guerra non c’è umanità. Alcune squadre armate di lanciafiamme hanno fermato definitivamente i pochi carri armati che erano giunti fino a loro. Si guarda attorno e trovato il suo fedele compagno d’armi, tornano al carrello con il cavo del telefono. Poco distante un carro scoppietta e brucia. Pochi metri e avrebbe potuto distruggere con i cingoli il piccolo carretto di legno e lui avrebbe avuto un poco di riposo per i muscoli stanchi.

Le artiglierie contraeree sparano incessantemente. Le continue evoluzioni che devono fare per evirare le bombe e i siluri li stanno facendo perdere tempo e coesione. L’Ammiraglio Forbes ha alzato il segnale della bandierina di riformare la linea quando un nugolo di Stuka si avventa su di loro.
Come è abituato a fare non impreca e cerca di dimostrare di essere fiducioso e calmo, ma se l’aviazione non li protegge non riusciranno ad andare avanti ancora per molto. La loro fortuna li sta abbandonando e lo scoppio delle bombe sono sempre più vicine.

Abbassa lo sguardo e legge il dispaccio. La Forza H è nel canale della Manica ed è impegnata furiosamente da attacchi aereo navali. Nulla di utile pensa. Non hanno indicato se hanno incontrato le navi da battaglia germaniche.
Un altro dispaccio indica che le portaerei al seguito sono sotto attacco. 88 bombardieri fra Ju 88 ed He 111 stanno impegnando duramente i suoi abili ed esperti marinai.
Il telegramma di Winston Churchill era chiaro. Interrompere ad ogni costo l’afflusso dei rifornimenti nazisti nel Canale della Manica. Non poteva andare avanti senza copertura aerea. Gli servivano le portaerei per continuare a procedere contro il nemico e scoprire dove fossero le unità navali nemiche.
Ordina al gruppo di coda che sta proteggendo l’azzoppata Repulse di unirsi al Gruppo delle portaerei Glorious e Furious. Sicuramente i caccia aerei di scorta imbarcati, avrebbero dato maggior protezione alla sua vecchia nave che non quattro vecchi cacciatorpediniere. Lui era sempre più intenzionato ad andare avanti.

L’ufficiale informa l’ammiraglio che sono sulla verticale della Cittadina di Broadstairs, ma quello che tiene arricciato stretto nel suo pugno, è il comunicato che l’Ammiraglio Comandante della forza delle portaerei ha invertito la rotta e si sta dirigendo verso nord. Ha abbandonato la lotta a causa che tutti gli aerei da caccia, i Fulmar e gli Skua sono stai abbattuti. Ora erano soli. All’ufficiale per le comunicazione gli da un messaggio da trasmettere al comando a Londra e al resto della flotta.

-Entriamo nel Canale della Manica. Confido che ogni uomo in cielo, mare e terra faccia il suo dovere perché domani non ci sarà un domani se non completamente liberi. Che Dio abbia pietà per le nostre anime mortali. Viva la Regina. Viva l’Inghilterra.-

Il vice ammiraglio Walter Tunjen, comandava la piccola flotta di cacciatorpediniere. I rapporti erano precisi. Davanti a lui ci stavano ben 3 navi da Battaglia e 6 incrociatori mentre in testa vi era un altro gruppo composto da 2 incrociatori e 4 caccia di scorta.
‘Cosa poteva fare con soli 6 cacciatorpediniere contro tutta la flotta britannica?’
Nella sala radio, comunica e discute la situazione con l’ammiraglio Lutjens. Giungono ad una conclusione, attaccare con il siluro la squadra di testa mentre le navi nemiche sono impegnate da un attacco aereo. 10 Siluranti e 6 cacciatorpediniere attaccheranno fino a poter lanciare tutti i siluri e poi si dirigeranno verso Anversa e Ostenda per rifornirsi e attirare al contempo le forze nemiche sui banchi di mine, predisposti per proteggere See Lowe.

Fra le 12:40 e le 13:00 sulle navi inglesi si abbattono 60 Stuka e oltre 200 bombardieri. Contro la formazione di testa, alcune bombe colpiscono i due incrociatori e pochi attimi dopo, il Norfolk comandato dal contrammiraglio Wake Walker e contro al Suffolk i siluri dei Zerstorer tedeschi si abbattono implacabili. Anche il capitano del S-boot 26, avvicinatosi per lanciare contro un cacciatorpediniere i suoi siluri si meraviglia quando vede un siluro colpire l’incrociatore Norfolk.

La nave inglese ora immobile, è facile preda delle bombe degli aerei tedeschi e 30 minuti dopo si capovolge e scompare nell’abisso del mare trascinandosi dietro quasi tutto l’equipaggio.

L’ammiraglio Forbes ha assistito impotente all’accaduto. Invia all’inseguimento dei cacciatori tedeschi la Forza P composta da due incrociatori e 4 caccia con il preciso compito di tenerli lontani dal teatro della battaglia mentre i cacciatorpediniere che componevano l’avanguardia si appresteranno a soccorrere i naufraghi.
Per lui e il resto della flotta è giunto il momento di eseguire il compito assegnatogli, interrompere il traffico navale nazista. L’unico modo per farlo è bombardare il sacro suolo dell’Inghilterra. Distruggere i porti e le infrastrutture usate dal nemico.

Sul mare non vede battelli nemici. Solo in cielo finalmente vede la protezione che aveva sperato. Confusi duelli si svolgono e lunghe scie bianche segnano la vittoria di una o l’altra parte.

Ecco le bianche scogliere di Dover e nel mezzo, il porto della città. I due caccia davanti a lui, avevano un compito preciso e pericoloso, dovevano non solo presidiare dalle insidie delle piccole e agili siluranti naziste, ma scoprire se vedevano nuovi campi minati o mine che vagano alla deriva.

Come ad una esercitazione, i calibri maggiori iniziano a sparare contro il porto e la città. L’andatura è sostenuta e per recare il maggior danno contro la costa avversaria, le navi si devono avvicinare in modo da poter utilizzare anche le batterie secondarie. Il direttore di tiro continua a correggere dando nuovi dati in modo che i proiettili cadono il più vicino possibile contro il porto e contro i depositi sui moli. Gli scoppi devastano ogni dove e i pochi soldati cercano improbabili rifugi contro proiettili dal peso di 800 chili.

A 18’000 mila metri, quando oramai avevano oltrepassato la verticale del porto e si stavano preparando per bombardare una nuova cittadina e la spiaggia, il cacciatorpediniere davanti alla nave ammiraglia viene sollevato da una alta colonna d’acqua. La nave da battaglia evita lo scontro passandogli dalla parte del mare aperto per soli 100 metri, ma alla andatura di 23 nodi solleva un’onda che sommerge quasi il piccolo caccia. Anche le altre navi seguono la medesima procedura e ognuna di loro, con lo spostamento d’acqua che creano, spinge l’immobile caccia verso le coste in mano ai nazisti.

L’ammiraglio sa che non può concedersi il lusso di fermare una nave e portare soccorso ai suoi uomini. Troppi bombardieri nemici e peggio, le scorte per le armi contraeree sono giunte alla soglia di sicurezza. 40% ne restano nei magazzini e devono affrontare ancora due forse 4 giorni di navigazione, sotto lo sguardo vigile dei piloti di Goring.

L’ammiraglio osserva bene i danni sofferti al caccia. Manca completamente la prua. Deve per forza di cose trattarsi si un siluro, non può essere l’effetto di una mina. Mentre soppesa le possibili possibilità di sopravvivenza della nave, pochi secondi dopo, una colonna d’acqua si solleva dalla fiancata della Hood. Con trepidazione, l’ammiraglio aspetta il rapporto dei danni. La velocità della formazione era nel frattempo scesa pericolosamente a 15 nodi, questo perché non voleva lasciare altre navi indietro. In tutto questo i cannoni continuavano a sparare contro la costa come Folkestone e altri piccoli centri, ma del naviglio tedesco non ne vedeva l’ombra. Aveva paura di incontrare qualche brutta sorpresa, ma oramai era certo che delle navi da battaglia germaniche poteva benissimo disinteressarsi.

Il rapporto della Hood anticipò quello ancor più catastrofico della Forza P.

I danni erano stati causati probabilmente da una mina magnetica. Ampie via d’acqua si erano aperte lungo l’asse da prua a poppa. Tutti i locali si stavano progressivamente allagando e i pezzi di grosso calibro risultavano inservibili. La concussione aveva fatto uscire dai perni tutti i cannoni di prua. Tutti i locali nafta, olio e acqua anteriori alle sale macchina erano considerati allagati.

Riletto il rapporto una seconda volta, ha poi letto quello proveniente dalla Forza P. bianco in volto, si appoggia alla spalla di un marinaio.
‘Comunicate al comandante della nave di girare di 180 gradi in un solo tempo e di trasmettere l’ordine a tutto il resto della flotta.’ Barcollando si avvia verso i suoi alloggi mentre consegna il foglio al commodoro.

Questi lo legge.
-Dal comandante del Ct. Penguin al comandante della Home Fleet. Si comunica che l’intera Forza P è incappata in un campo minato et tutte le sue navi sono state danneggiate ad esclusione dello scrivente. Chiediamo istruzioni.-

Entro la sera ciò che resta della flotta della Home Fleet si rifugia nella baia di Harwich per essere riforniti durante la notte di munizioni per le armi contraeree. Molte delle navi presentano numerose infiltrazioni di vie d’acqua e alcuni depositi di carburante devono essere svuotati e riparati.

Della flotta di Somerville, era stata danneggiata o affondata la metà delle navi. La portaerei Ark Royal risultava incendiata al largo di Portsmouth e la corazzata Valiant adagiata su un basso fondale all’interno del porto. Anche gli incrociatori Arethusa ed Enterprise risultavano affondati insieme a 6 cacciatorpediniere.

In una sola giornata metà, dell’intera forza da battaglia della flotta di sua maestà britannica era stata affondata o resa inservibile. Da tutto l’impero ci si stava mobilitando per andare nella madre patria a portare aiuto. La Mediterranean Fleet era attesa entro 4 giorni. Dal Sud Africa era attesa una divisione di fanteria e un’altra dal Canada che sarebbero arrivati entro 15 giorni. Dall’India sarebbero arrivati soldati dell’impero e non meno di 2 divisioni e forze navali sarebbero giunti dall’Australia e dai possedimenti del mare australe. Per circumnavigare l’Africa o i tempestosi mari del sud avrebbero impiegato quelle forze non meno di 45 giorni. Per quella data ci sarebbe ancora un impero?

In quella giornata nefasta, il vecchio caporale Kelly Eden era contento di poter prendere una tazza di te caldo. Era doppiamente contento di non essere stato attaccato dagli aerei nemici e vedeva attorno a se sempre più gente. Erano tutti contenti di essersi radunati e fiduciosi che l’enorme forza cui stavano raggiungendo, avrebbe sicuramente ricacciato indietro i nazisti o quanto meno li avrebbe fermati.

Alle 12:30 precise, una pioggia di bombe si abbatte sugli uomini della Home Guard. I proiettili che cadono sulla massicciata della ferrovia creano pericolosi varchi fra le forze di difesa e quando non sono gli scoppi ad uccidere i difensori, sono le stesse pietre che colpiscono gli uomini come se queste si fossero trasformate in micidiali proiettili.

Tutta l’artiglieria è concentrata in 2 chilometri di settore e quando le truppe tedesche avanzano, trovano solo pochi nuclei di confusi e smarriti superstiti in grado di opporre resistenza. Ripetono la tattica di sempre provata e riprovata ancora. Truppe vanno all’attacco appoggiati dai carri armati. Solo una decina di Panzer I e Panzer II che hanno una scarsa potenza di fuoco e di protezione, ma sufficienti a far scappare chi poteva ancora combattere. Incuneatisi nel sistema di difesa avversario, penetrano in profondità e pochi minuti dopo le forze corazzate effettuano un’ampia curva per tornare indietro. Alcuni Panzer controllano le campagne circostanti in attesa di essere raggiunti dalla fanteria mentre la seconda parte torna indietro e colpisce i difensori britannici alle spalle.

Il vecchio caporale aveva visto sfilare la massa dei tedeschi a qualche centinaio di metri e oltrepassare quasi indisturbati la massicciata. Dalla collina li stavano mitragliando e questo li stava obbligando a restare sdraiati a terra. Gli ci sono voluti 20 minuti per decidere cosa fare e dopo che un uomo gli era caduto addosso colpito alla testa, ha girato la schiena ai tedeschi e alla massicciata della ferrovia e ha iniziato a correre.

Si getta in un canale dell’acqua e lo segue finché non giunge al ruscello. Davanti a lui si innalzava un boschetto e un alto muro. Conosceva le terre nascoste lì dietro. Erano la tenuta di Sir Glande e aveva cacciato di frodo sovente nei tempi bui dopo la fine della guerra. Sapeva dove passare e trovato il vecchio pertugio nascosto dai rovi vi striscia in mezzo. Continuava a vedere gente sbucare dal buco e ognuno imprecava a modo suo ogni volta che la camicia o la giacca veniva strappata dalle spine. Si solleva sul muro e scorge il campo di battaglia. Mezzi corazzati correvano impuniti nella campagna verso nord e verso est. Alcuni gruppi di tedeschi erano in circolo attorno ai prigionieri di quanti non erano riusciti a scappare. Osserva in basso e scorge che erano in troppi quelli che stavano cercando rifugio nella via di scampo offerta dal buco del muro.
‘Presto i tedeschi se ne sarebbero accorti e i guai sarebbero venuti.’ Pensa mentre si lascia cadere a terra.

Riprende a correre inseguito da quanti riescono a stargli dietro. Sa dove vuole andare. Nella piccola località di Ringmer dove vive la sorella della moglie, forse lì avrà notizie della sua famiglia. Incrociano un nutrito gruppo di uomini della Home Guard che gli chiedono informazioni e questi si schierano ai piedi della collina in attesa di combattere contro i tedeschi. Lui aveva solo una meta, andare e sapere.

La casa la trova abbandonata. Un biglietto sul tavolo lo avvisa che gli occupanti sono andati da mamma Rose. Con un sospiro di sollievo, la suocera abita sufficientemente lontano da loro e dalla guerra. Sa che sono andati a Horsham in un caldo paesino in cui la gente è calda e ospitale. Ha quasi la sensazione di sentire il profumo delle rose.

Controlla le stanze e fuori, del calesse e del cavallo non vi è traccia. Rientrato in casa, qualcuno aveva acceso il fuoco e stavano preparando da mangiare. Voleva cambiarsi. Voleva togliersi le scarpe bagnate e sapeva dove teneva le sue cose quando veniva ad aiutare in quella casa. Dentro una vecchia scatola nel sottoscala trova la sua roba. Vecchia, sdrucita, ma per lo meno comoda e asciutta oltre che pulita.

Si lava nella tinozza all’esterno imitato a turno da tutti e verso sera, con la pancia piena, organizza dei turni volontari di guardia per la notte. Del nucleo originario erano rimasti in sei. Non erano più solo amici, ma fratelli d’armi e di sangue. Fra tutti si sono più o meno divisi le cartucce rimaste e poi si apprestano a dormire, i pochi fortunati sui letti, tutti gli altri a terra addossati gli uni sugli altri.

Poco dopo vengono chiamati dalla sentinella e uno a uno escono dal caldo della casa. Osservano in silenzio e contemplano la lunga fila di soldati che camminano lungo la strada. Facevano parte del battaglione che avevano visto nel pomeriggio e ora non erano più tanto boriosi di voler combattere.

Vedendoli camminare in quel modo il vecchio caporale prende una decisione. Raduna la sua roba e si incammina. Non segue la colonna che si dirige verso nord, lui vuole andare verso ovest.

Quella sera, mentre il porto è sconvolto dalle bombe, i mezzi in grado di prendere il largo autonomamente si avviano. Somerville al comando di un vecchio incrociatore leggero e quattro cacciatorpediniere si avvia a percorrere il Canale della Manica. Sa che dalla parte opposta ci saranno 6 caccia che proveranno ad effettuare lo stesso percorso ed è preoccupato che nella notte più totale questo possa tramutarsi in un disastro.

In piena notte inizia il bombardamento della costa. Dei mezzi germanici il radar non li segnala e alla radio, informano costantemente l’alto comando di dove sono in modo da non incrociare le squadra amica.

All’altezza di Eastbourne 6 S-boot li attaccano e le vedette accecate dai lampi dei cannoni non si accorgono del pericolo. I siluri penetrano nelle deboli fiancate delle navi e la formazione smette di cannoneggiare la costa per fermarsi definitivamente pochi minuti dopo.

Le siluranti ricaricano i tubi lancia siluri e tornate all’attacco, lanciano contro le navi inermi le micidiali armi che solo pochi colpi riescono a sparare verso la direzione degli attaccanti nel vano tentativo di cercare di disturbarli.

Il mattino sorge portando con se la veridicità e la drammaticità di quanto avvenuto durante la notte. A causa della risacca del mare e del vento un caccia semi affondato è adagiato sulla spiaggia. Una miriade di cadaveri e sopravvissuti galleggiano ancora sul mare mentre i più fortunati sono soccorsi e radunati lungo la spiaggia e catturati dai tedeschi.

Di tutto questo, l’alto comando aveva avuto un ultima informazione inviata da parte del cacciatorpediniere Vidette. Questi chiedeva soccorso perché era stato colpito di poppa e aveva un incendio a bordo.

Il sorgere del sole, con la morte dell’ammiraglio Somerville la Forza H era stata cancellata senza aver prodotto risultati tangibili.

Dei 6 caccia inviati all’ingresso del canale orientale della Manica, avevano fatto rotta di rientro appena un siluro aveva colpito una nave della formazione.

Quella mattina del 19 settembre si preannunciava una bella giornata. Il sole era caldo e il caffè era stato eccezionale. Gli piaceva venire a fare colazione al comando, anche se non gli piacevano tutti quei papaveri.

Attorno al tavolo c’erano tutti, mancava solo lui. Il Fuhrer entra scortato dal nuovo pupillo ed eroe nazionale; Goring. Come viene presentato tutti gli applaudono le mani, ma sanno che è costata notevoli perdite.
‘Ora la parola al nostro amato Goring.’

‘Come ben sapete, questa mattina gli Stuka hanno colpito pesantemente e gravemente le navi scampate agli attacchi di ieri. Ciò ha reso libero buona parte dei bombardieri per attaccare gli obiettivi che c’eravamo designati per la giornata odierna e in questo modo la Wehrmach non potrà dire di essere stati lasciati soli. A partire da questa notte colpiremo sistematicamente le fabbriche di costruzione degli aerei. Rochester, Weybridge e in assoluto gli stabilimenti aeronautici Supermarine di Southampton. Mi rendo conto che nei prossimi giorni quelle cittadine saranno occupate, ma non possiamo lasciarci scappare l’opportunità di danneggiare non solo le strutture e i macchinari, ma eliminare il personale esperto significherebbe ridurre i tempi di ripresa della produzione. Sono tutti obiettivi alla portata dei nostri bombardieri e con l’apertura dei nuovi campi d’aviazione nell’Inghilterra meridionale, i nostri caccia possono scortare efficacemente i bombardieri e non solo. Gli equipaggi che hanno noie ai motori possono, riparare su un aeroporto amico e da qui ripartire in tutta sicurezza come gli aerei sono riparati.
Posso affermare senza ombra di dubbio che gli stormi nemici sono ridotti alla metà e spesso combattono in inferiorità numerica.
Abbiamo scoperto grazie al nostro servizio informazioni, dove è il Quartier Generale dell’Aviazione da caccia. è a Stanmore. Insieme con il Generale Kesserling stiamo organizzando una squadriglia speciale e i movimenti di tutti i gruppi in copertura per colpire in modo massiccio e preciso…
Appena il tempo sarà propizio, elimineremo questo problema.’

‘Generale Rundstedt a lei la parola.’

‘Questa notte ci sono stati sporadici scontri lungo la linea mentre nella città di Brighton posso affermare che sono cessate di esistere le sacche di resistenza. è prossima la caduta di Canterbury e la città di Ramsgate contiamo di investirla nelle prossime 24 ore. Aspettiamo che il materiale da ponte che abbiamo chiesto raggiunga gli uomini in linea e poi possiamo muovere all’attacco.
Come ci auguravamo ieri, le sacche di resistenza dei Fallschirmjager sono riuscite a superare la notte e contiamo di poterle raggiungere tutte entro questa sera. Anche se il terreno non è favorevole, ho predisposto che la 7’ Divisione Corazzata si muova alle prime luci dell’alba. I primi rapporti indicano che abbiamo avuto alte perdite, ma che il fronte è rotto in più punti.
Abbiamo traghettato durante la notte 12’000 prigionieri e altri 60’000 restano confinati nelle aree di Folkestone.
Per i nostri feriti, ci siamo accordati che saranno gli aerei ad evacuarli. Entro domani saranno pronti i nuovi aeroporti che ha chiesto il signor Generale.
– Si ferma. Vorrebbe tirare fuori il rospo, ma si accontenta di stringe i pugni.-
Entro questa sera saranno 24 le divisioni che avranno raggiunto l’Inghilterra, ma il problema che non avevamo preso in considerazione è che ci sono troppi canali da superare. Ogni ponte è minato e se non sono loro a farlo saltare, sono i nostri genieri che non possono accedere alle cariche e disinnescarle in sicurezza.
Per i prossimi giorni, ho intenzione di far traghettare non meno di 2 divisioni di rimpiazzo al giorno. Per la fine della settimana presumo di avere nelle nostre mani Reigate e ho potuto constatare che il terreno è favorevole alla manovra dei nostri carri. Da qui puntare successivamente verso Chatam o se la situazione lo permetterà Guildford e Winchester.

‘Bene. Ammiraglio Raeder a lei la parola.’

‘Questa notte sono state respinte le due forze britanniche di attacco che volevano bombardare la costa appena occupata o come crediamo, affondare il naviglio intento a traghettare i nostri uomini oltre la manica. I danni subiti nei due giorni precedenti non sono preoccupanti e possiamo far fronte alle richieste di aumento dei rifornimenti che abbiamo preso in esame io e il Generale se la Luftwaffe non sarà in grado mantenere aperto il ponte aereo.
-Si sofferma in modo che il Fuhrer abbia la possibilità di assimilare la pericolosità della situazione e quanto il suo pupillo sta facendo.-
Fino a fine mese abbiamo le maree che ci sono propizie e possiamo scaricare notevoli quantità anche sulle spiagge. Per all’ora avremmo riparato buona parte dei moli e li potremmo utilizzare con sicurezza.
Ciò che mi premeva era di risparmiare le navi combattenti e ora possiamo affermare che tutti gli obiettivi sono stati raggiunti.
I porti non sono molto danneggiati e il personale è già all’opera per rimuovere gli sbarramenti e riparare i moli di attracco.
La flotta H proveniente da Gibilterra è stata completamente annientata, la Home Fleet ha perso la metà delle sue unità maggiori. La Mediterranean Fleet sta accorrendo e non sarà presente non prima di 3-4 giorni. Per tale data la metà dei nostri sommergibili dovrà rientrare per rifornirsi e poi dovremmo decidere dove indirizzarli.
Suggerirei per prima cosa di richiamarli subito e inviarli contro alla squadra che sta sopraggiungendo. Devono passare obbligatoriamente al largo della Spagna e del Portogallo, quindi possiamo sapere dove e quando colpirli, ma dobbiamo richiamarli subito.
I lavori sulla Hipper proseguiranno fino a fine mese. Dobbiamo sostituire tutti i giunti di sostegno dei motori. Quelli montati sono difettosi.’

Un grugnito di disappunto accompagna la fine della relazione. Fino in quel momento, la marina gli aveva dato solo problemi e cocenti delusioni.
‘Ammiraglio Canaris a lei.’

‘I nostri agenti comunicano che nei vari dominions oltre mare si stanno preparando battaglioni di fanteria da inviare in Inghilterra. Ha fatto scalpore la nostra invasione e c’è stata una grande mobilitazione popolare per inviare aiuti alla madre patria. A Singapore hanno requisito una nave passeggeri e in questo momento la stanno riempiendo di soldati e la stessa cosa accade ovunque. Il primo contingente che sbarcherà sarà quello canadese. Riteniamo fra 15-19 giorni. Gli italiani hanno rinnovato la richiesta di inviare una loro divisione in sostegno alle nostre operazioni oltre manica. In Libia l’offensiva per occupare il canale di Suez sarà ritentata per la fine del mese. Il generale Franco sta soppesando la nostra richiesta di far passare un nostro contingente per occupare Gibilterra. Gli irredentisti irlandesi hanno fatto sapere che accetteranno il nostro aiuto e passeranno sotto il nostro controllo in caso di una invasione del loro territorio. A riguardo stiamo predisponendo il Piano Verde.
Il nostro agente a Baghdad ha fatto sapere che gli uomini chiave al potere sono pronti per essere sostituiti. Dobbiamo sapere come comportarci con il Governo di Vichy. I primi contatti lasciano trasparire un loro totale aiuto e che non si opporranno ad un ingresso delle nostre forze militari sul loro terreno, in Siria, purché non siano gli italiani a farlo. Per quanto è dato sapere, le forze in Africa e nel Corno d’Africa sono sbilanciate nettamente a favore degli italiani e non si capisce perché non stiano avanzando o perché non abbiamo già preso e occupato Malta. Mah!
Gli aiuti militari alla Turchia stanno finalmente arrivando. Il nostro console ha chiesto un’ingente somma di denaro che stiamo valutando se è il caso o meno di spedirla. Per il momento stiamo continuando, tramite i nostri agenti in Spagna, le spedizioni di armi.
Vi devo comunicare ufficialmente che quello che noi credevamo sulla disfatta dell’esercito Inglese a Dunkerque è sbagliato. Il personale che le imbarcazioni hanno portato in salvo sono oltre 300mila. Stimiamo che ci siano oltre 100mila francesi e ora tutte queste truppe stanno combattendo unite contro la Wehrmack. A questi si sono uniti i volontari che stimiamo fra i 120 e i 150mila che hanno come segno distintivo solo un semplice fazzoletto al braccio con la sigla LDV. A nostro vantaggio posso dire francamente che non hanno ne cannoni, ne mezzi corazzati. Gli unici carri armati che hanno sono leggeri o da esplorazione. Conosciamo già i loro carri armati e quelli che abbiamo incontrato in questi due giorni non sono differenti di quelli distrutti in Francia fino a due mesi or sono. Producono detti Carri Incrociatori Mk 4, veloci, ma poco blindati. Direi che sono equivalenti ai nostri Panzer 2 e ne producono poche decine al giorno. Il problema sono i loro cannoni. Riescono a bucare le corazze dei nostri carri. I carri che danno maggior problemi sono i carri detti Fanteria; sia i Valentine che i Matilda sono lenti, ma impossibili da immobilizzare con i normali cannoni anticarro. Solo i Panzer 4 con i loro cannoni o gli 88 riescono ad avere la meglio.’

Nelle prime ore del mattino del 20 settembre, una fitta nebbia oscurava le campagne intirizzendo i poveri soldati che avevano dovuto passare la notte all’addiaccio. Per i soldati scarsamente equipaggiati della Home Guard era duro restare vigili e potersi riposare in quel frangente.

Per 12 minuti in quella fredda mattina l’artiglieria martella le posizioni che i poveri inglesi stavano mantenendo dal giorno prima. Alla ricognizione tedesca è stato facile individuare i centri e le linee di resistenza e quando i cannoni hanno sparato, i proiettili sono caduti in modo preciso e mortale. Le divisioni del XXXXI Corpo guidate dal General Georg-Hans Reinhardt composte dalla 8′ Divisione corazzata, dalla 10′ Divisione corazzata e sostenute dalle migliori truppe che ci fossero in quel momento come il Reggimento di fanteria “Grossdeutschland” e il Reggimento Leibstandarte SS Adolf Hitler sfondano facilmente le linee dei difensori e dilagano in aperta campagna velocemente.

Nella città di Uckfield si ripete ciò che era stato già visto in precedenza. Ogni casa viene trasformato in un fortino e appresa la lezione di quanto era accaduto nei giorni passati, i carristi lasciano che sia la fanteria a circondare il paese mentre loro si concedo piacevoli scorazzate nella campagna eliminando tutte le forze che incontrano. Più di una volta i carri assaltano le colonne in marcia e queste vengono disperse con il solo uso delle mitragliatrici. I carristi restano a distanza di sicurezza perché sanno che quegli uomini che hanno davanti, sono armati di micidiali bottiglie incendiarie e di bombe altamente pesanti e potenti.

In sole 2 ore tutte le principali cittadine sono circondate o raggiunte e alle spalle dei carri armati, decine di battaglie vengono combattute con la forza della disperazione. Entro le 10 della mattina, la RAF cerca di spazzare i cieli in modo da permettere alle colonne di soldati di raggiungere le cittadine circondate e di ristabilire la linea persa al mattino. Entro mezzogiorno la 7′ Divisione di fanteria tedesca raggiunge i sobborghi di Burgess Hill e Haywards Heath ed entro la sera, la 15′ Divisione di fanteria tedesca raggiunge i sobborghi di Crawley.

Seduti attorno alla scrivania come fanno ogni giorno e ogni ora, in seno al Gabinetto di guerra non si accende la solita accanita discussione e il comitato dei capi di stato maggiore, alla presenza del primo ministro Churchill leggono lo stillicidio delle perdite di quella giornata. Tre brigate della Home Guard cancellate completamente, ma ciò che li impensierisce, è la completa dissoluzione della 1′ Divisione Corazzata composta da truppe sperimentate nelle battaglie della Francia. L’intero comando risulta disperso e con esso le migliori forze corazzate che l’Inghilterra poteva mettere insieme. 52 carri esploratori, un reggimento di 52 carri leggeri ed un battaglione di 50 carri per fanteria, unitamente a 48 pezzi controcarro, 20 cannoni contraerei leggeri Bofors, 48 pezzi da campagna da 88 mm (25 libbre), 500 fucili mitragliatori Bren e 250 fucili controcarro e oltre 7’000 soldati combattenti. Sulla cartina le forze tedesche avevano formato un enorme stivale con tanto di punta e tacco. In quella stanza, più di una mano stava iniziando a tremare. Più di un pensiero corre alla gente chiusa in casa nella grande metropoli. Ora che gli aereoporti attorno alla capitale erano inservibili. Chi mai potrebbe assicurare la difesa. Quanti erano già i profughi dell’area meridionale e quanti erano quelli bloccati in città senza l’opportunità di poter trovare alloggio presso un amico o un parente al di fuori di Londra.
I numeri erano imprecisi, ma dava l’onere del lavoro fatto. Oltre un milione di bambini sfollati verso nord nelle strutture già individuate, ma ciò che impensierisce, sono le stime dei profughi. 13 milioni e mezzo di persone in cerca di riparo e rifugio che scappano bloccando strade e ponti.
‘Come faremo a sfamarli tutti?- Chiede Lord Halifax lanciando sul tavolo la cartella con i fogli.- Tanto vale spararci un colpo in testa ora, finché ne avremmo ancora le forze.’

‘Lei è un disfattista!- Tuona iracondo il comandante Lord Willoughby de Broke.- Sappiamo tutti che lei è propenso a chiedere la pace! Guardi qui! Legga! Ci sono non meno di due milioni di cittadini disposti a morire per difendere la patria!’

‘Certo ammirevole.- Ribatte.- Quante altre battaglie come la Somme o di Arras volete combattere? Abbiamo solo 700 mila fucili in tutta la Gran Bretagna e mancano pallottole, cannoni e munizioni! Ho visto volontari andare al fronte con le lance e le spade prese dai musei e dai castelli! Quanti morti volete sulla coscienza?’

Quella sera, seduto nel suo nuovo Quartier Generale a Dover, il Generale Rundstedt legge i rapporti. Ciò che attira la sua attenzione, è che vi sono stati molti atti di sabotaggio da parte di forze che erano rimaste nascoste o presunti tali. Un sergente delle comunicazioni accusato di aver trucidato senza motivo un’intera famiglia e questi si difende di aver sparato per legittima difesa solo dopo che il suo ufficiale era stato ucciso. Un caporale autista accusato di aver assassinato un vecchio con il suo bambino e questi che si difende adducendo che si era difeso solo dopo che il soldato al suo fianco era stato ucciso. Come questi casi, altre decine di rapporti e lui diligentemente li legge tutti. Solo 10’000 inglesi prigionieri erano stati portati via mentre erano quasi il doppio quelli che solo in quella giornata erano stati catturati.

Il cervello analitico stava iniziando a calcolare la mole di lavoro logistico che sarebbe servito per presidiare ogni casa in cui viveva un inglese. Pensava a quanti pasti consumavano tutti quei soldati catturati. Doveva accelerare l’invio dei prigionieri.

Legge i rapporti delle perdite e dei combattimenti. Era chiaro che vi era stato un cambiamento e un nuovo modo di operare da parte dei comandanti inglesi. In aperta campagna i carri armati non trovavano quasi bersagli degni di nota e gli inglesi li lasciavano passare indisturbati. Si concentravano contro la fanteria mentre i carri venivano inseguiti da squadre che lanciavano bottiglie incendiarie e bombe esplosive.

Il Capitano Carl Hap Sheim stava guidando con gli occhi seguendo la bussola. Teneva costantemente gli occhi fissi sull’anemometro in modo che non superasse 300 nodi, controllava di tanto in tanto l’altimetro che restasse fisso sui 4300 metri, controllava sempre il beccheggio dell’aereo sulla bolla in modo che andasse sempre dritto. In tutti questi controlli c’era in suo aiuto il suo amico e secondo pilota Berny. Insieme a lui erano su un volo civile quando la Danimarca venne invasa e si trovavano in Inghilterra con il loro aereo. Da all’ora avevano fatto di tutto per aiutare lo sforzo bellico contro i nazisti. Il loro aereo era stato distrutto da uno dei primi attacchi contro gli aeroporti e quando avevano fatto domanda per essere arruolati, si erano offesi nel sentirsi dire che per loro c’era solo l’esercito.

Pur di combattere avevano accettato e quando 15 giorni dopo gli avevano proposto di essere arruolati nell’aviazione, non avevano pensato un secondo e la sera stessa erano a Glasgow all’aeroporto del Costal Command per imparare le procedure per combattere gli U-boot nazisti.

Lui era uno dei pochi piloti esperti nel volo notturno. Spesso erano decollati nel buio o erano atterrati nel crepuscolo della sera, ma era tutta un’altra cosa volare di notte. Non si avevano punti di riferimento all’orizzonte se non quello artificiale dell’aereo, non sapevi se avevi venti contrari o laterali che ti facevano sbandare o rallentare. Tutto era affidato al navigatore e alle sue capacità di interpretare le stelle.

Quella sera era tutto irreale. Nuvole basse oscuravano il terreno mentre attorno a loro decine di aerei li accompagnavano. Il freddo era intenso. Intorpidiva le braccia e ti impediva di parlare. Odiava il freddo e se non fosse stato per il suo secondo, avrebbe ora le braccia bloccate per la stanchezza. Nel luccichio della notte, poteva intravedere gli aerei vicini e aveva paura che qualcuno li potesse urtare.

‘Cinque minuti sull’obiettivo comandante!’

‘Greg! Vedi qualcuno sulla nostra testa?’

‘No. Comandante.’ Risponde il mitragliere semi assiderato nella sua postazione in cui il vento e gli spifferi fanno da padrone.

Ora si doveva concentrare più di prima. Tutto era in mano al puntatore. Era l’uomo nella cabina vetrata sotto al muso che gli indicava dove andare ed effettuare i piccoli aggiustamenti. Era lui che decideva quando sganciare le 4 bombe da 80 chilogrammi e si augurava che sotto di loro non ci fosse un altro aereo.

Improvvisamente si parano davanti decine di lampi. Questi indicano che la contraerea li ha individuati. Centinaia di granate esplodono davanti e in mezzo a loro. Non si aspettava una reazione del genere e le indicazioni erano di proseguire dritti. Una fiammata davanti e una lunga scia di fiamme nel cielo indica che un aereo sta precipitando. Chi poteva essere si chiede. L’aereo sobbalza, vibra. Gli strumenti non indicano nulla. Il motorista osserva il suo pannello e resta in silenzio.

L’aereo ha una vibrazione strana. Sembra quasi che balli. Sono gli sportelli del vano bombe che si sono aperti.

Gli scoppi sono terribilmente vicini. L’aereo sussulta ogni volta. Decine di frammenti e schegge lo colpiscono e lo feriscono.
Dal principio pensava che fosse pioggia, poi hanno capito che erano gli schrapnel.

Nelle cuffie la voce del motorista lo avvisa. ‘Capitano. Perdiamo olio dal motore sinistro.’

Gli occhi sono fissi sugli strumenti, non sembra che stanno perdendo velocità e quota.

Davanti a loro ci devono essere i Pathfinder che con le loro bombe illuminanti, indicano la zona del bombardamento. Osserva davanti a lui e non le vede. Scorge solo nuvole nere e lampi degli scoppi della flak tedesca.

’15 secondi al lancio!’ Avvisa il puntatore.

Che ironia della sorte. Si era arruolato per combattere i nazisti e ora stava bombardando il suolo inglese.
L’aereo ha un sussulto. Capisce per esperienza che ora è più leggero e potranno andare più veloci. Potranno tornare a casa o meglio, verso la nuova casa che li sta accogliendo. La sua famiglia è rimasta in Danimarca, sotto il giogo nazista.

‘Bombe sganciate! Portelli chiusi!’ Avvisa il puntatore.

Questo lui lo sapeva bene. Ora dovevano tornare indietro. Un’ora e mezza di volo fino all’aeroporto di Swansea. Con i nervi tesi, nel freddo più totale, soli e con un motore che stava per rimanere senza olio. Tutto questo sempre che il navigatore gli avesse dato la direzione giusta, che i venti non lo facessero sbandare troppo e sempre se avrebbe trovato la pista e le luci di atterraggio accese.

Il Generale Richard Ruoff aspettava fiducioso lo sbarco e l’arrivo del materiale da ponte che aveva richiesto. Stava viaggiando verso Dover quando un poliziotto lo ferma.
‘Che succede?’

‘Mi spiace generale, ma non potete proseguire. Questa notte hanno bombardato e una bomba inesplosa è lungo la strada.’

Il generale è esperto. Osserva il viso stanco ed emaciato del poliziotto, segno che non ha dormito molto negli ultimi tempi.
‘Ma chi dorme in questi tempi…’
‘Dove posso trovare il comando?’

Si vergogna quasi a rispondere. ‘In città, no di certo. Provi ad andare verso Whitfield o come diavolo si pronunci. Ops… Scusi generale. Tornate indietro e seguite le indicazioni per la ferrovia.’

‘Grazie soldato!’

Dopo due ore di girovagare inutilmente, il Generale riesce a trovare una indicazione precisa. Giunto ad una chiesa, sperduta nella campagne, trova il comando. Osserva e sotto ad un enorme platano scorge una figura che riconosce. Il Generale Rundstedt.

‘Generale Ruoff. Qual buon vento la porta da queste parti?’

‘Generale. Benvenuto in Inghilterra.’

‘Il benvenuto me l’hanno dato gli inglesi. Questa notte mi hanno tirato giù dal letto. Alcune bombe sono scoppiate nel cortile della casa dove alloggiavo per dormire.’

‘Mi spiace generale.’ I pensieri tornano al giorno e alla notte precedente, quando alcune granate di artiglieria sono cadute vicino al suo comando.

‘Posso offrirle una tazza di genuino té inglese? Cosa posso fare per lei’

‘Grazie Generale. Cercavo il comando del porto per sapere dove sono finiti il materiale del genio che mi avevano promesso.- Beve un sorso di té caldo e ne rimane schifato come ogni volta. Non gli piace il gusto amaro.- Ha quanto ho capito non posso sperare di avere nulla a breve.’

‘Non è proprio così. Sono molti i danni che hanno fatto alla città e come può vedere quelle nubi nere, sono ancora gli incendi che devastano parte delle aree orientali. Se si è salvato qualcosa lo riceverà, nel frattempo si deve arrangiare come può. Mi dica. Com’è la situazione a Canterbury.’

‘Generale. Se devo essere franco, i soldati hanno bisogno di essere avvicendati. Prima di entrare in una casa la devono bombardare e poi combattere stanza per stanza. Abbiamo bisogno dei Panzer 4. I loro cannoni ci sono di molto aiuto. Gli inglesi combattono come leoni. Possiamo occupare un piano e loro combattono ancora dal piano di sopra. Possiamo aver occupato la casa il giorno prima e loro spuntano e ci sparano alle spalle. Abbiamo bisogno di più uomini. Se continuiamo di questo passo perderò la metà dei miei effettivi entro la fine di questa settimana a causa dell’eccessivo stress e per la stanchezza.’

‘Richard, torni al suo comando e faccia come può. Cerchi di prendere le colline ad est della città e la circondi. Poi inizierà a bombardarla casa per casa. Non abbiamo il lusso del tempo, ne di subire ancora forti perdite. L’aereoporto di Eastchurch questa notte verrà definitivamente eliminato e avrà un problema in meno a cui pensare, ma deve assolutamente prendere le colline nere. Ogni ora che passa, permettiamo agli inglesi di trincerarsi efficacemente in quei boschi.’

‘Grazie per il té Generale. Prendo la macchina e torno dai miei uomini.’

Il generale resta solo con i suoi pensieri.
‘I rapporti indicavano solo truppe della riserva e anziani e invece ci si imbatteva in truppe altamente addestrate e motivate. I Servizi di Informazione indicavano 66 brigate di fanteria e ne avevano già distrutte 50 mentre davanti a loro c’erano non meno di 60 brigate e in più, molti, troppi francesi. Doveva chiedere cosa fare con i prigionieri francesi.’

Maxtaxi

Aiutatemi a migliorare. Aspetto le vostre critiche.
Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire per la continuazione o per correggere gli eventuali errori’
taximassimo@yahoo.it ‘ mail e msg nelle poche volte che sono collegato.

Questo romanzo non deve essere riprodotto elettronicamente o a mezzo stampa senza la mia autorizzazione scritta.
This novel should not be reproduced electronically or in print with out my written permission.

Ultima correzione 28-09-2009
Unternehmen Seel’we
Cap.2

Inghilterra, a nord di Londra.

Si erano soprannominati ‘I falchi Imperiali’ per via del loro stemma che rappresentava un rapace, appunto il Falco Pescatore con fra gli artigli una bomba. Erano tutti piloti esperti di marina ed erano decollati in perfetto ordine dalla lontana e sicura base, per portarsi al campo trampolino in prossimità dei combattimenti.

‘Atterrare su una portaerei in mezzo all’oceano era pericoloso!- Gli aveva detto Sir Thomas Maffey il comandante del gruppo.- Non certo un prato nella campagna inglese.’

Chissà per quale motivo gli erano tornate in mente quelle parole. Posate le ruote, ha iniziato a preoccuparsi. Era saldamente allacciato con le cinture e seduto sul paracadute eppure, aveva paura di picchiare con la testa contro al tettuccio e sfondarlo. L’aereo ha ballato parecchio prima che togliesse il gas e iniziasse a posare la coda. L’urto con il prato ha fatto gemere l’aereo in modo sinistro e ha iniziato a preoccuparsi seriamente. Non voleva che si guastasse prima di una missione tanto importante.

L’aereo sobbalzava a tal punto che le ali rollavano pericolosamente. Più di una volta ha creduto che si potesse ribaltare prima di arrestarsi definitivamente contro il filare degli alberi. Doveva togliersi di mezzo in modo che altri dopo di lui potessero atterrare su quella spianata da incubo. Spento il motore, tutta la tensione accumulata in quei pochi minuti in cui l’aereo ha posato le ruote a terra ha superato quella del volo.

Si sentiva stanco, con le gambe e la braccia dolenti e puzzava terribilmente di sudore. Aperto il tettuccio, guarda il suo mitragliare che gli sorride bianco in volto.
‘Tutto bene sergente?’

‘No! Ho preso una testata che a momenti rompo la radio. Questa sarebbe una pista di atterraggio avanzata?’

In quel momento altri aerei della formazione stavano atterrando e vedeva con i suoi occhi l’orrore di come si comportavano a terra nella fase di rullaggio gli aerei. In tanti hanno falciato l’erba alta, altri hanno toccato con un’ala viaggiando per qualche metro con un solo carrello e tutti hanno lasciato inconfondibili solchi nel terreno.

Tutto poteva sembrare quel posto, tranne che una pista di riserva. Alberi sui 3 lati, un recinto che delimita il terreno tutt’attorno e una casa poco distante in cui il fattore stava accorrendo verso di loro con il caratteristico elmetto in testa della difesa territoriale.

Ha osservato preoccupato l’atterraggio dei suoi aerei. Sapeva che qualcuno era tornato indietro per noie al motore e vedendo che ora tutti avevano spento il motore, si augurava che non avessero avuto danni. Erano tutti abili piloti e si rammaricava se qualcuno l’indomani non avrebbe potuto decollare per i danni riportati durante la fase di atterraggio.

Scendere a terra è sempre una bella sensazione. Avrebbe preferito essere su una nave in quel momento, ma la situazione richiedeva scelte difficili e ci si doveva accontentare. Si avvia verso il civile e più si avvicinava, più iniziava a temere il peggio. Il vecchio teneva puntata la doppietta da caccia verso di loro.
‘Siete Tedeschi?’

‘Per la Regina e per l’Inghilterra. Giammai!’ I piloti osservano preoccupati la scena e se ne restano a debita distanza tanto più che il signore anziano non ha abbassato ancora il fucile.

‘Perché indossate quelle strane uniformi?’

‘Suvvia buon uomo! Non riconosce lo stemma sui nostri aerei? Queste sono uniformi di marina. Siamo piloti di sua maestà la Regina.’

‘Elisabeth! Chiama la base aerea. Chiedi se si aspettavano i marinai.’

Poco lontano, dalla casa si vede una tenda che si muove dietro la finestra e tutti restano in attesa fermi che la situazione si chiarisca. Qualcuno inizia a fumare, qualcun’altro inizia a sgranchirsi le gambe e i muscoli. Il signore, resta fermo e immobile con il fucile puntato contro di loro. è cosciente che sono troppi per la sua due canne, ma era certo che se fossero stati tedeschi, la soddisfazione di sparare prima di morire se la sarebbe tolta.

‘Caro! John! Dicono che sono i piloti che stavano aspettando!’ Urla la signora poco distante affacciatasi alla finestra.

La tensione cala con un largo sorriso e un lungo sospiro di tutti.
‘Venite. Venite in casa. è un poco piccina per accogliere tutti voi, ma qualcosa di caldo potremmo offrirvelo.’

‘Grazie. Non vogliamo disturbare. Ho bisogno di telefonare alla base aerea.- Il comandante del gruppo si volta verso quanti gli si era fatto attorno.- Signori prego! Controllate i vostri aerei. Non ho idea come, ma dovremmo decollare per lasciare questo pascolo.’

Il capitano pilota della Fleet Air Arm Berny Accleston raggiunge il mitragliere che era rimasto vicino all’aereo e osserva preoccupato ogni angolo e ogni superficie. Non gli era piaciuto l’atterraggio. Troppe buche in quell’infame terreno.

Entrato in casa, si toglie le soprascarpe e si guarda attorno in cerca del telefono mentre inizia a slacciarsi la tenuta di volo. Viene accolto da una sorridente anziana signora che gli porge una tazza di té e con galanteria di altri tempi, risponde alla riverenza della signora con un inchino.

‘Su, su donna!- Si intromette il marito.- Non siamo qui per le smancerie.’ Dal taschino del panciotto estrae le pallottole del fucile e le posa sul vassoio. Il Maggiore le guarda meravigliato e non pensava mai che una doppietta potesse sparare dei grossi proiettile come quelli che stava vedendo.

‘Su Comandante, non si meravigli. Da giovane sono andato spesso a caccia di Caribù e con una di queste ho ucciso una volta anche un orso. Bisogna saperle domare queste bestie!’ Osserva e rimira la pallottola lucida di ottone e la passa compiaciuto al giovane -per lui- pilota.

‘Grazie. Non ne avevo mai visti di così grossi per la caccia.’

‘Voi nobili siete abituati alla caccia alla lepre. Senza offesa signore si intende, ma io la considero una cosa da femmine. Pensi che avrei voluto andare in Africa a caccia di leoni e di rinoceronti.’ Riprende la pallottola e la posa insieme alle altre.

‘Grazie per il tè signora. Veramente squisito. Oh! Scusatemi. Non mi sono presentato. Sir Thomas Maffey Maggiore dell’aviazione dell’Arma Aerea e comandante dell’801 Gruppo Squadrone.’

La signora in soggezione, abbassa lo sguardo in segno di saluto e prima che potesse rispondere presentandosi il marito interviene.
‘E dov’è la vostra nave Maggiore.’

‘Ci sono molte squadriglie per una stessa nave. In questo modo si può avere sempre piloti freschi e addestrati. Se mi è permesso, avrei bisogno di telefonare alla base aerea.’

‘Certamente venga. è nell’altro studio.’

Oltrepassano la soglia d’ingresso il Maggiore si ritrova in una stanza riccamente decorata di animali impagliati e trofei.

‘Le piace? Sono i miei ricordi di gioventù. Questi sono tutti i miei diari dei viaggi che ho fatto.’ Indicando uno scaffale colmo di libri e quaderni finemente rilegati e poi indica il telefono contro la parete di fianco alla porta d’ingresso.

All’esterno un gran frastuono attira l’attenzione di quanti erano in casa e si avvicinano alla finestra.
Nota una lunga fila di autocarri e soldati che saltano a terra, hanno l’uniforme inconfondibile dell’aviazione.

Intuito il motivo della loro presenza, esce non prima di aver salutato per la gentile ospitalità e come si avvicina alla colonna degli autocarri, viene quasi aggredito da un burbero Sergente Maggiore.
‘Lei! Marinaruccolo d’acqua dolce! Se voleva una sottana poteva prenderla prima di partire e non qui! Dovevate scendere a Ringshall! Dieci chilometri in quella direzione! Ora come faremo a farvi ripartire?’

Arrabbiato per il tono. ‘Iniziamo per prima cosa con il mettersi sull’attenti in presenza di un suo superiore. Poi, se avete abbastanza autocarri, una soluzione la possiamo trovare. Questi sono aerei della marina, le ali si possono piegare all’interno verso la cappottatura. ‘

Meccanici e piloti lavorano alacremente. Aiutati da quanti si erano radunati per osservare l’accaduto. Piegate le ali, spingono e tirano con estrema difficoltà verso la strada. Gli aerei sono carichi di carburante e con le loro cinque bombe, devono essere portati al vero campo di volo di riserva.

Giunti finalmente a destinazione, la notte è già calata su tutti loro e ora il compito, spetta ai meccanici e agli specialisti per controllare gli aerei e armare le bombe.

I minuti e le ore passano e gli ordini non arrivano. Gli equipaggi sono sempre più nervosi e impazienti.

Quando ogni operazione di controllo è terminata, l’attesa e la stanchezza la fanno da padrone. Molti piloti si adagiano vicini ai loro apparecchi per chiudere momentaneamente gli occhi e riposarsi, incuranti che sono all’addiaccio.

L’auto con i fari oscurati giunge al campo. Il segno posto sul cofano anteriore indica che è il comandante dell’aeroporto.

‘Comandante Thomas Maffey?’ Chiede mentre gli stringe la mano.

‘Sir Thomas per servirla. Avete ordini per noi?’

‘Sì. Hanno cambiato la vostra missione. Domani mattina decollerete prima dell’alba. Andrete a caccia dei ponti e del materiale da ponte che stanno ammassando nei ‘down.’ Nella zona compresa attorno a Dover. Non vi avvicinate alla città. La Flak, l’artiglieria antiaerea tedesca è formidabile e micidiale. Volerete bassi lungo la costa. Protetti ancora dal buio in modo da arrivare alle prime luci dell’alba. Attaccherete ogni ponte, colonna in movimento e il materiale sopra detto che stanno ammassando. In quota avrete un gruppo di caccia a protezione e nella via di ritorno un gruppo di Hurricane. Mi raccomando. Cercate di fare buona caccia.’

Il comandante del gruppo, osserva con lo sguardo spento nel vuoto lo stemma della sua squadriglia e la mente vola verso casa. Pensa alla sua famiglia, ai suoi figli. Alla sua adorata moglie che sa scaldargli l’anima ogni volta che la sogna. Pensa ai quattordici anni trascorsi nell’aviazione e quanto ha sofferto e faticato per essere lì in quel preciso istante.

Cammina fra gli aerei e scorge i suoi piloti e i mitraglieri intenti a chiacchierare. A dormire chi può in posizioni e posti che non avrebbero mai potuto pensare che l’avrebbero potuto solo pensare di farlo. Fino al giorno prima chiedeva e pretendeva il saluto, ora vigeva solo il rispetto e la constatata capacità di dover essere il primo a dare l’esempio. Ha scorto alcuni piloti che stanno scrivendo e riflette che anche lui deve farlo.
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‘Amore. Ti scrivo queste poche righe su un campo di volo improvvisato in mezzo alla campagna. Voglio che sappi che ti ho amato e mi auguro che mi perdonerai se negli ultimi tempi ho sottratto tempo prezioso al nostro amore per la mia grande passione. I nostri figli. Sono fiero di loro e il ricordo indelebile di ogni sorriso mi accompagna tutto il giorno. Fra poche ore ci alzeremo in volo.

Nessuno di noi, nessuno dei piloti amici che mi accompagneranno faranno meno di quanto hanno dato e fatto fino ad ora.
Non mi sottrarrò alla sorte e al destino.

Colpisce l’assurda ironia che ci sentivamo troppo al sicuro nella nostra amata isola. Eravamo troppo miopi, accecati com’eravamo della nostra alterigia. La mia coscienza mi impone di combattere fino al supremo sacrificio per dare l’esempio. Nessuno deve tremare. Nessuno deve indietreggiare.

Affronto la realtà, che è molto probabile morire in condizioni d’assurda inferiorità.
L’assurdità di questi tempi mi ha fatto capire quanto poco tempo ti abbia dedicato e quanto, troppo amore mi hai dato.

Ti amo amore mio. Dai un bacio alle bambine da parte mia.

Fedelmente tuo.
Thomas.’

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‘Signori prego in circolo! Tutti! Fatevi un poco da parte in modo che possiate vedermi tutti!
Mi sentite?’

Non li vede in faccia. Lontano, l’alba si preannuncia con un chiarore azzurrino che spezza il completo cupe e nero cielo stellato.

‘Bene! Signori! Qui non siamo più al campo di addestramento. Non farò retorica ne leggerò testi di manuali. Ciò che sapete, mettetelo in pratica esattamente come vi è stato insegnato. Non inventatevi qualcosa di nuovo. Siamo le migliori squadriglie da bombardamento della Fleet Air Arm. Fra di voi ci sono già piloti che sono tornati dalla missione in Norvegia. Sono stati messi ha capo delle squadriglie. Seguite fedelmente le loro indicazioni!’

Vorrebbe guardarli, vorrebbe dare loro la forza e la fiducia. Sa bene che i loro aerei sono troppo lenti rispetto ai ME 109 tedeschi.

‘La missione è cambiata! Non andremo più a caccia del naviglio nazista. Per questo ci andranno i Beaufighter dell’aereoporto che hanno bombardato ieri e per cui ci troviamo qui ora… Signori! Non faremo una noiosa missione di scorta convoglio. Farete parte di una importante missione di attacco. Noi saremo i primi ad arrivare sui nazisti. Gli obiettivi principali saranno i ponti costruiti dal genio e quelli ancora intatti nell’Inghilterra meridionale. Come obiettivi secondari, le artiglierie e i mezzi in movimento. Non risparmiate munizioni. Mitragliate ogni cosa che vi capita a tiro. Avete visto? Sono riuscito a fare un discorso senza leggerlo!’

Alcune sommesse risate gli giungono lontane.

‘Signori! Ricordatevi le procedure di decollo! Mentre siete in volo ripassate le procedure e le modalità dell’assalto contro le postazioni fisse e la differenza con quelle mobili. Decolleremo a gruppi di tre! In volo ci riuniremo in squadre di 6! Se perdete il vostro gregario, accodatevi ad un’altra squadriglia. Una volta in volo, dirigetevi per Sud 165 gradi fino alla foce del Tamigi. Qui saremo a 4000 metri e seguiremo la linea di costa fino al capo di North Foreland. A questo punto virerete in modo deciso verso est e attaccherete ogni obiettivo che incontrerete nell’area compresa fra Canterbury, Deal e Ramsgate. Non vi avvicinate… Ripeto, non vi avvicinate a Dover. La flak tedesca è micidiale. Non ho altro da aggiungere.’

Beve un sorso di tè ancora caldo.

‘Per la regina! Per l’Inghilterra! Buona fortuna!’

In coro tutti rispondo. ‘Per la Regina! Per l’Inghilterra!’

Si volta e nota il sergente maggiore meccanico. Gli passa la tazza in mano.
‘Grazie per il tè. Ci voleva proprio.’

‘Dovere comandante!’ Si posiziona impettito sull’attenti e lo saluta militarmente portandosi la mano alla fronte.

Seduto al suo posto di pilotaggio, dopo aver eseguito i controlli di rito, si osserva le mani. Queste tremano vistosamente. Messo in modo, controlla a destra e a sinistra che sia tutto libero e spinta la leva all’indietro, apre tutta la manetta del carburante e si getta in decollo seguito immediatamente dai suoi gregari. Non era abituato ai sobbalzi delle piste in erba e deve tenere la cloche, la barra di comando, con entrambe le mani e tirarla con decisione quando finalmente ha sentito la coda sollevarsi leggera.

La salita è lenta e constante. Hanno i serbatoi quasi pieni e insieme con le bombe, l’aereo è molto appesantito. Si osserva spesso attorno per vedere se vede cacciatori nemici, ma non vede neppure in alto quelli amici.

Scorge la tipica nebbia che si forma alla foce del Tamigi e volando verso il sorgere del sole, scorge chiaramente la linea della costa e le lunghe onde che si infrangono contro.

Fosse più in basso sentirebbe l’odore del mare, ma lì, a quella altezza non vede altro che cielo e la livida palla rossa del sole che sorge.

In quella fredda mattina di settembre 1941 trentasei aeroplani Blackburn Skua sono in volo di guerra; lo stormo d’assalto della Fleet Air Arm è composto dai migliori elementi di tutte le squadriglie della Gran Bretagna. In origine erano partiti in 46 e con rammarico per chi non aveva potuto proseguire la missione, aveva dovuto rinunciare per noie ai motori o ai carrelli dovuto ad una errata lettura della mappa che si erano danneggiati a terra. Il gruppo di testa, guidato dal comandante del neo costituito gruppo, era composto da 6 aerei perfettamente allineati.

Era la loro prima missione e si auguravano che presto ne sarebbero giunte molte altre. Il loro obiettivo era un’azione d’assalto in piena regola, come prescriveva il manuale: bombardamento in picchiata con la bomba centrale e poi nuovamente con le 4 bombe alari e mitragliamento a volo radente su postazioni, concentramenti, mezzi meccanizzati e corazzati e quanto altro si possa attaccare e colpire con precisione.

Il Maggiore era assorto nei suoi pensieri. Considerava sprecato utilizzare piloti altamente addestrati come lo erano loro, per colpire inutili fermi obiettivi a terra. Meglio era se li avessero utilizzati contro il naviglio leggero che riforniva la forza d’invasione. Aveva saputo che anche altri bombardieri della marina stavano venendo utilizzati per contrastare l’invasione. Stava pensando che i tedeschi avevano inventato gli Stuka e sentendo il parere di molti piloti, non era poi una macchina tanto speciale. Era più l’effetto che incuteva e poi c’erano i giornali. Continuavano a parlare di apparecchi d’assalto, reparti d’assalto, piloti d’assalto. Qualcuno aveva dato una veloce lettura a qualche libro o rivista aeronautica e stavano enfatizzando una tecnica che i tedeschi si erano appropriati. Non era ne più ne meno che una tecnica di volo e tattica di guerra.

I piloti d’assalto tedeschi, con i loro Stuka, avevano portato la tecnica del bombardamento ad eccellere con la superiorità aggressiva; lanciavano le bombe in picchiata puntando il bersaglio con l’aeroplano in candela, proseguivano la picchiata sino a pochi metri da terra mitragliando e continuando a mitragliare in volo radente tutto ciò che volevano colpire e danneggiare.
Le loro bombe non erano poi tanto differenti da quelle che aveva sotto l’aereo in quel momento.

Il Capitano continuava a scrutare il cielo. Non vedeva segno della caccia nemica, ne di quella amica. Avevano bisogno di assistenza per portarsi concentrati verso l’obiettivo. Nell’azione che si preparano ad eseguire, la protezione dei caccia è indispensabile poiché si presentano sugli obiettivi lenti e pesanti a causa delle bombe. La caccia nemica sa che deve attende gli assaltatori all’uscita del loro tuffo, quando raso terra si apprestano a mitragliare e sono impossibilitati a muovere e cercare scampo contro i velocità e agili cacciatori nemici.

Al comando della squadriglia, in testa alla formazione vi è il Maggiore del gruppo che per tanto tempo ha diretto diligentemente la scuola di addestramento avanzato al combattimento. Poco più indietro, il Capitano Berny Accleston segue il suo comandante standogli allineato all’ala destra. Controlla il quadro strumenti. Osserva la testa del suo comandante e poi un rapido sguardo in alto nel cielo. Ad oriente l’incandescente sole è ancora basso, mentre il cielo si sta tingendo del meraviglioso azzurro. Ad un accenno prestabilito, gli aerei virano verso Est e il terreno compare sotto di loro nelle sue forme squadrate e geometriche. A quella altezza vedere oggetti significativi era difficile e se avessero osato scendere più in basso, la flak non avrebbe tardato a farsi sentire.

Ora che il sole sta sorgendo alle loro spalle, osserva la lunga ombra nera che si dipana a terra a causa dell’altezza delle colline che divide i soprannominati ‘down’.

Sono sul campo nemico. I piloti se ne accorgono dalla reazione inaspettata per loro, della contraerea che li inquadra con efficacia. Il comandante della formazione è sempre più preoccupato. Da quando ha virato, l’aereo vibra terribilmente e non più solo la barra di comando. Si sente le braccia stanche per lo sforzo e cerca obiettivi a terra degni di nota.

Il Capitano Berny Accleston si avvicina al comandante del gruppo, ha intuito che c’è qualcosa che non va nel suo aereo per come guarda insistentemente gli strumenti del quadro comandi. Gli indica il bersaglio a terra con gesti studiati e precisi della mano. Non possono usare i collegamenti radio fintanto che non incontreranno i cacciatori nemici.

I piloti sono intenti a comunicare a gesti e a guardarsi gli uni con gli altri che come sentono l’urlo nelle cuffie, quasi sobbalzano.
‘110! 110 in picchiata a ore 2!’ Urla il mitragliere.

La mitragliatrice inizia a sparare, forse l’ha fatto troppo prematuramente o forse non ha calcolato sufficientemente la deriva dei colpi, fatto sta, che ora si ritrova con l’arma scarica e il caricatore da cambiare.

Il Me 110, un caccia pesante, era in volo quella notte per cercare segni degli aeroporti inglesi e per allarme e sorveglianza, quando li ha visti decollare nella tetra campagna inglese. Prontamente li ha inseguiti, informando al contempo la propria base.

Aveva iniziato la sua discesa contro i lenti bombardieri inglesi da un paio di migliaia di metri sopra di loro e prima che i colpi delle Vickers arrivassero a segno, aveva sparato alcune brevi raffiche con i cannoni FF da 20 millimetri. Prima di oltrepassare in mezzo a loro, il pilota tedesco aveva azionato le 4 mitragliatrici investendo con una gragnuola di proiettili il resto della formazione inglese.

Si era sorpreso il pilota tedesco che gli inglesi non avessero rotto la formazione per sottrarsi all’attacco e fossero rimasti al loro posto. Aveva creato dei buchi nella formazione stretta e sotto di loro, nei primi raggi di sole, fra lo sciamare dei traccianti, fumate nere e aeroplani che come pere o foglie morte cadono verso il suolo abbattuti.

Il Maggiore, comandante della formazione, era conscio di sapere che volavano e combattevano rimanendo ogni giorno sempre di meno, male armati, meno veloci e con un apparecchio superato che solo qualche mese prima in Norvegia, era diventata la bara di un suo caro amico.

Accende la radio e apre la comunicazione.
‘Falco azzurro a tutti quelli che sono in ascolto. Voliamo, combattiamo e crepiamo perché dobbiamo farlo… Perché portiamo una divisa, perché abbiamo prestato un giuramento e perché siamo tutti uomini con la U maiuscola… Fra i sentimenti degli uomini con la U maiuscola esiste l’onore, il dovere e la dignità che divengono più validi nei momenti impegnativi. Non abbiate timore. Attaccate!’

Il capitano Berny Accleston aveva sentito alla radio il discorso del comandante e ora lo vede far segno di si con il capo. Lui a sua volta ripete il gesto al gregario; ciò vuol dire allontanati. Lui esegue e poi tutti gli altri: la formazione si allunga, si snoda quasi in fila indiana. Il primo apparecchio effettua un lento rovesciamento e picchia in giù; il capitano e il resto della squadriglia lo seguono temerari, il bersaglio è molto sotto di loro. Il comandante del gruppo vuol centrare con le sue bombe e lo stesso esempio è seguito anche dagli altri aerei.

Il bersaglio è piccolo, alcune barche allineate che formano quasi una figura geometrica irregolare. Cominciano a centrare da 4’000 metri mettendosi quasi in candela e non è facile tenere l’aeroplano in perfetta mira. Un piccolo errore è commesso dal comandante che li precede; sono andati troppo sopra l’obiettivo mentre dovevamo rimanere un poco più sulla destra e arretrati per poter fare un buon rovesciamento ed una buona puntata.

Nell’aereo sta accadendo qualcosa di strano. Non riesce a tenerlo. Vibra tutto. Ha entrambe le mani sulla cloche e i muscoli gli fanno male per la forza che deve esercitare.

L’obiettivo che avevano individuato, era un ponte di barche in prossimità della linea del fronte. Al principio pensava che era solo un concentramento di mezzi, ma ora che la visuale era più vicina, più netta, poteva vedere gli elementi del ponte montati e le barche. Osserva il comandante che lo precede, per centrare l’obiettivo, va sempre più in candela, addirittura entra in vite. Non avevano mai sperimentato un modo di attaccare come quello. Lui per stargli appresso, deve fare lo stesso; pensa che anche i gregari debbano adattarsi a questa strana ed inconsueta manovra d’attacco.

Intorno a loro c’è l’inferno; sopra proseguono accaniti i combattimenti dei caccia.

Il capitano Berny Accleston cerca di osservarsi attorno per vedere cosa accade e scorge l’aereo che lo segue. Con i suoi anni di esperienza, fa molta fatica a tenere l’aereo in assetto in modo da farlo andare dritto a piombo. In una frazione di secondo, gli è sembrato di vedere una fiammata alle sue spalle. Forse era un aereo che esplodeva, ma nella situazione in cui è in quel momento, deve mantenersi vigile e attento alle manovre che deve effettuare. è troppo veloce e pesante. Deve in qualche modo rallentare la caduta.

Aveva visto la squadriglia nemica virare e scendere minacciosi contro il suolo. Ha aspettato un secondo per preparare l’aereo e andare all’inseguimento. Ha abbassato i giri del motore e come questi erano scesi, ha picchiato al loro inseguimento.

Poco dopo, se li trova tutti davanti, come se fossero immobili nel cielo a poca distanza da lui. Come ha visto nel collimatore la sagoma del primo aereo ha premuto il pulsante brevemente. I proiettili sono andati veloci e precisi. Ha visto l’aereo nemico emettere fumo e poi incendiarsi mentre si spostava precipitando verso destra.

Davanti a lui c’erano ancora gli altri aerei che procedevano in picchiata seguendo una rotta a spirale. L’aereo nemico è apparso davanti al collimatore quasi inaspettato e ha sparato con tutte le armi per meno di un secondo. Pensava di non averlo preso, ma non ha potuto terminare il pensiero che l’aereo nemico esplode in una enorme fiammata davanti ai suoi occhi. Non vede nulla. Sente l’aereo colpito dai rottami mentre viene avvolto dalle fiamme e dal fumo.

Cerca di virare e togliersi, ma l’alta velocità raggiunta ha reso i comandi della barra duri ed è impossibilitato a spostarsi. Gli torna in mente cosa aveva detto l’istruttore pilota durante il corso ed effettua una manovra che non aveva mai esperimentato prima. Abbassa i flaps e percepisce quasi istantaneamente l’aereo alzare il muso. Prosegue la manovra tirando a se la cloche e in breve si ritrova livellato.

Dopo un tempo che gli pare infinito, osserva il quadro strumenti rapidamente e respira con affanno. Ha il cuore che gli batte nelle tempie fortemente. La vista gli ritorna anche se vede davanti a se tanti pallini colorati. Fuori oltre il parabrezza non vede nulla. è completamente annerito. Riflette che aveva annichilito 4 aerei nemici in una sola volta. Ora si poteva insignire della croce di ferro. Doveva tornare a casa però se voleva farsi additare ad Asso e il parabrezza davanti era completamente nero.

Il capitano Berny Accleston pensa che se uscirà vivo da questa missione, dovrà scrivere e spiegare agli altri cosa avevano fatto. Non era contemplato in nessuno dei manuali didattici. Il comandante si era portato all’esterno dell’obiettivo da colpire e ora, uscito dalla vite, si ritrovava perfettamente allineato e pronto per sganciare le bombe. Non era più in verticale anche se ora scendevano velocissimi. Vedeva la fila dei traccianti sparati dalle mitragliatrici a terra passargli vicino, troppo vicino.

La mano si posa sulla leva di sgancio delle bombe; sette, sei, cinque, duecento, chi lo sa quanti metri e chi lo potrebbe mai sapere. Le figure a terra si fanno sempre più distinte, più enormi. Vede chiaramente le fiammate che partono indirizzate a lui. Percepisce chiaramente le vibrazioni dell’aereo colpito che continua disperata la sua corsa, sottoposto ad una velocità e ad una sollecitazione che i suoi costruttori non hanno mai immaginato.

Vibra come una bestia, forse una bestia impaurita, ma continua la sua folle corsa. Preme il pulsante delle mitragliatrici che cominciano a vomitare micidiali proiettili e sgancia le bombe, tutte, per poi richiamare la cloche tirandola a se e continuare a mitragliare. Per qualche attimo non vede più niente. Davanti a se il terreno è completamente scomparso e la totale nera oscurità innaturale prende il suo posto. Ha l’impressione che il viso gli venga strappata via dalla forza centrifuga.

La barra di comando è dura a tirare. Ha l’impressione di essere tornato a casa, di non essere in quell’inferno. è nel giardino dove è nato e cerca di dissodare il terreno durissimo con la vanga.
La vista gli torna. Prima in un grigio chiaro in cui le figure sono confuse, poi vede chiaramente. è ha poche decine di metri e sorvola una confusione di uomini, cannoni, mitragliere, camion, carri armati; fino a quel momento non aveva mai smesso di sparare con il rischio di surriscaldare le armi ed incepparle. Esaurite le munizioni zigzaga raso terra scendendo a pochi metri dal suolo. Evita alcune punte degli alberi, alcuni tetti delle case.

L’aereo e il suo equipaggio passano attraverso un mare di traccianti. è così basso che potrebbero essere colpiti anche con le fionde, con i sassi lanciati a mano. Il pilota sa che la sua unica difesa è scappare dal luogo dell’attacco il più velocemente possibile. Continua a virare e a cabrare sparendo dalla vista dei difensori che ora da cacciatore è diventato preda. Il motore è a pieno regime e ruggisce tutta la sua potenza. Con la velocità della picchiata l’aereo sorvola e scivola davanti agli occhi attoniti dei tedeschi come se fosse un fulmine.

‘ME 109 ORE 6! ME 109 ORE 6!!!’ Urla il mitragliere alle sue spalle nel medesimo istante in cui l’aria si riempie del rumore della sua mitragliatrice.

Era quello che ogni pilota temeva di più. All’uscita dell’attacco, i cacciatori nemici che li aspettavano.
‘In questa fase la velocità e la mobilità sono le mie armi di scampo.’ Urla fiducioso la frase riportata sui libri di testo. Davanti a lui si alzava un’enorme collina alberata. Decide di passare lateralmente e non sopra. Vira e davanti agli occhi gli compare una lunga scia di traccianti.

Con il sangue gelatosi nelle vene, vira nuovamente e sente che alcuni colpi hanno raggiunto l’aereo. Non ha tempo di pensare. Osserva gli strumenti e gli pare che tutti siano normali. è costretto a cabrare per superare la collina e vede che da terra decine di traccianti si alzano indirizzati al cacciatore che lo insegue. Si pensa in salvo, quasi fuori pericolo e oltrepassata la collina vira per tornare a volo radente e riprendere velocità.

Un enorme sobbalzo dell’aereo e la cloche vibra e diviene dura. Tutto l’aereo poco dopo vibra e sobbalza come se venisse frustato violentemente. L’abitacolo si riempie di fumo e di un odore acre. è l’olio che fuoriesce dal motore.
Riflette che sono stati colpiti pesantemente. Con gli occhi che gli bruciano osserva l’ala tutta sforacchiata e a cui manca un pannello.

Non ha idea cosa fare. Deve far uscire il fumo dall’abitacolo. Apre il tettuccio e lo lascia scorrere all’indietro. Immediatamente riempie i polmoni d’aria. Iniziavano a bruciargli. è basso, terribilmente basso. Prova a prendere quota, sorride nel constatare che i comandi reagiscono. Riduce i giri del motore e il fumo lo sta sempre più impensierendo. Ora che può, si guarda attorno. Del nemico non ne vede più l’ombra. Si volta all’indietro e constata che il mitragliere deve essere stato colpito. Osserva i pannelli davanti a lui. Il girosbandometro segnala che stanno viaggiando livellati e l’altimetro è fermo sui 100 metri. Troppo pochi per potersi lanciare e poi c’è il suo mitragliere. Si volta per guardarlo meglio. Il sergente dai nervi d’acciaio, il compagno che anche nei momenti difficili gli è stato sempre vicino; la sua faccia tonda è appoggiata in avanti sulla mitragliatrice e non capisce se può essere stato ferito gravemente o è morto. Decide che qualunque cosa accada non si lancerà. Atterrerà in qualche modo.

Sono sul mare. ‘Da quanto?’ Si chiede preoccupato fra se e se. Vira e si dirige verso nord-ovest. Osserva preoccupato l’ago del carburante. Deve essere stato colpito il serbatoio. L’ago scende velocemente. Decide di prendere ancora quota e nota davanti a lui a poca distanza la terra.
‘Perfetto!’ Si dice per farsi coraggio.
Prova ad abbassare il carrello e nota la spia che indica che è disceso e bloccato, non si è accesa.
‘Non importa. Atterrerò in qualche modo ugualmente.’ Pensa fiducioso.

Continua ad alzarsi lentamente. Oltrepassa la costa sabbiosa e vede un abitato sotto di lui.
‘PERFETTO!- Urla.- RESISTI! SARAI IN OSPEDALE FRA POCO!’

Si volta all’indietro e ha l’impressione di essere una cometa per via del fumo e peggio, ora è diventato nero.

Si guarda attorno e non vede altri aerei. Ho perso di vista il comandante del gruppo e non ha idea di dove sia andato a finire. Un rumore strano al motore lo riporta alla realtà dei fatti.
‘Devo assolutamente atterrare.’
Abbassa i flaps, mette il motore al minimo e…

‘Devo atterrare veloce. I flaps non scendono. Bene. La mia solita fortuna.’

Vede in lontananza una radura, la punta. Cerca di arrivarci planando, ma l’assetto è troppo basso. ‘Devo atterrare di pancia con la coda bassa. Se ci arrivo…’

Oltrepassa gli alberi che delimitano il campo sorvolandoli a pochi metri. Scollega l’elica e alza leggermente il muso. Si rende conto che è velocissimo e si chiede quanto è lungo il campo.
Sente l’aereo sobbalzare. Il ruotino di coda ha toccato terra.

Con una spanciata fragorosa, l’aereo tocca completamente terra. Corre lungo il terreno in cui il raccolto era stato appena tagliato e non si ferma neppure quando oltrepassa i canali di irrigazione e irrompe attraverso uno steccato. Prima di fermarsi definitivamente, corre una decina di metri in diagonale riempiendo l’abitacolo di terra e sassi.

Il capitano pilota, Berny Accleston, pur avendo battuto la testa è restato vigile. Come si rende conto di essersi fermato, si slaccia le cinture e camminando sull’ala, si dirige dal mitragliere.
Constata che per lui non c’era più nulla da fare. Una raffica di mitragliatrice gli aveva aperto la pancia e tutte le budella erano cadute sulle ginocchia.

Una vampata di calore lo colpisce al viso. Non capisce cosa stia accadendo. Guarda al suo fianco e vede il muso dell’aereo in fiamme. Si getta a terra e inizia a correre per poi cadere stremato in un fosso.

‘Sono vivo!- Urla mentre ride e piange.- Questo conta!- Battendo i pugni a terra.- Sono un gran pilota!’

Il Generale Richard Ruoff, stava assaporando la sua tazza di caffè caldo quando ha assistito a tutte le fasi dell’attacco. Meravigliato per il coraggio e la tecnica di volo, resta con il naso all’insù e osserva quanto stava accadendo sopra la sua testa. Nota l’aereo perdere un pezzo della coda e come questo volando a pochi metri da lui, nota lo stemma dell’Aquila sulla fusoliera.

Senza l’alettone posteriore, colpito mortalmente, l’aero vola dritto e basso sulla campagna inglese. I giri del motore rallentano sempre più e docilmente scende verso terra. Per la fortuna dell’equipaggio si trovano davanti una lunga spianata e atterrano senza carrello. Purtroppo erano troppo veloci, e l’aereo si spezza in due come questi va a sbattere contro un albero per poi capottare alcune volte rovesciandosi di lato.

Sporco, zuppo di benzina, con tutti muscoli pesti a causa delle botte che ha dato nell’abitacolo, riesce ad uscire dall’oblò spezzato. Non riesce a camminare. Anche muovere le braccia gli è difficile.

Poco tempo dopo, sdraiato a terra mentre osserva il cielo, viene raggiunto da una pattuglia di tedeschi. Vede attorno a se solo canne di fucili e urla in tedesco che non capisce. Poi una figura il cui cappello lo distingue per essere un alto ufficiale.

‘Il mio inglese è un poco arrugginito. Spero che mi capisca. Sono il Generale Ruoff, con chi ho piacere di poter parlare?’

Dolorante, cerca di mettersi seduto, ma riesce solo ad alzarsi su un gomito. Vede a pochi metri la carcassa dell’aereo attorniato da soldati tedeschi incuriositi.
‘Sir Thomas Maffey comandante…’ Si interrompe. Ora non era più nulla. Era diventato un prigioniero.

‘Vorrei complimentarmi con lei. Per la vostra audacia. Non si disperi. Verrà portato in un ospedale e vedrà, la guerra terminerà presto.’

Maxtaxi

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