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Erotici Racconti

Scambio d’amore

By 20 Febbraio 2018Febbraio 6th, 2023No Comments

La signora Giovanna la conoscete e la distinguete indubbiamente tutti, o meglio, la signora Giovanna è un’immagine, un’ipotesi, un ritratto, in conclusione un simbolo di lancio sia di mercato quanto di promozione. La signora Giovanna è la donna normale, quella che sa approfondire, chiarire, illustrare, trattare e vagliare, quel tipo di donna che ha consumi accorti, coerenti e giudiziosi, sia per le disponibilità economiche, ma anche perché è coscienziosa, responsabile e scrupolosa. Se guardate attentamente nel vostro condominio, al mercato o nel negozio che frequentate abitualmente senz’altro direte: io la conosco, l’incontro sempre, è lei. No, mi sbaglio, è  anche quell’altra donna là in fondo e così via discorrendo, perché le signore con il nome di ‘Giovanna’ sono numerose, per il fatto che consumano, decidono, scelgono e stabiliscono le fortune e i successi dei prodotti e della loro vita quotidiana, dato che nella teoria e nell’intesa finiscono per avere tutte lo stesso volto che adesso so anche voi riconoscete di certo. E’ il sostenitore anonimo, il fautore incognito del mercato, d’ogni mercato e d’ogni merce. 

So addirittura che provate a darle un volto, probabilmente però non ci riuscite, in quanto è il paladino, il sostenitore anonimo e sconosciuto non per niente. La cosa curiosa che sto per raccontare è la storia della signora Giovanna, una delle tante, quella che viveva in una portineria. Questa portineria è collocata in un palazzo, il fabbricato è vecchio con le ringhiere e ha conosciuto non anni soltanto, ma forse addirittura un secolo migliore poiché è situato in un bizzarro e sorprendente quartiere. Il quartiere in questione ha una storia antica e tutta sua all’interno della città, come se fosse storia di paese, disunito e staccato quasi dalla vita intorno delle vie che lo circondano da sempre, ed è posto stranamente proprio in centro. Ebbene sì, quel centro chiuso tra vie ricche di cliniche e d’ospedali che affiancano i nuovi ricchi all’epoca dei fatti e della vita di Giovanna, agli scoraggiati e agli sfiduciati, per il fatto che si trova proprio nel cuore di Napoli. La signora Giovanna allora, questa in particolare.

Giovanna anche dalla nascita in quel piccolo paese è una donna d’una bellezza mai sfiorita, perché Giovanna da giovane sin quasi da bambina ha collezionato molti amanti, all’epoca tra l’altro non si definivano così, in quanto i termini erano sfuocati e più prudenti per tratteggiare i corpi quasi occasionali d’una donna che amava sempre troppo e parecchi individui. Comunque se nessuno quelli li definiva amanti, già all’epoca aveva la parola più vecchia sussurrata alle spalle quando passava, quella che non cambia mai di moda per definire quelle donne un po’ più animose e audaci o forse solamente meno legate, ovverossia la piccola puttana. Nella parola ‘rappresentativa’, scambiata o sussurrata nella via alle sue spalle, prima nel paese natale poi nella città dove Giovanna si è trasferita, se pronunciata dagli uomini spesso c’era la fama di curiosità e di desiderio, o forse di nostalgia. Se erano le donne a parlarle dietro, invidia e anche rimprovero molte volte. Giovanna ha un corpo di gazzella, da ragazza, alta non poi così tanto da definirla torreggiante, però con i fianchi curvi a farle quasi scoppiare la gonna, la vita serrata sempre quasi a soffocarla ingrandita nella sua gracilità da fasce strette o da cinture assai ridotte per farle da contorno e per stringerle la figura. Un seno da donna di campagna avvedutamente cresciuta con cibi sani, una donna allattata a lungo da bambina e pronta già a regalare il latte sino dalla pubertà con il seno più maturo dei suoi stessi anni.

Il seno di Giovanna è la parte del suo corpo che ricordano tutti, assieme agli occhi castani e scuri che all’ombra sembrano quasi neri, Giovanna ha gli occhi impertinenti e sfrontati anche quando piange, per il fatto che Giovanna ha pianto spesso nella vita senza mai sbiadire nel pianto fino in fondo il nero dei suoi occhi, anzi, la vita li ha resi ancora più scuri con quella pupilla di carbone sempre un po’ troppo ampia e persino inquietante. Alcuni, invero, di lei ricordano anche il pelo forte, riccio e scuro come i capelli, quella foresta da tagliare con la falce per addentrarsi e per penetrare in quel taglio ben nascosto, poiché questo tutti lo possono conoscere, ricordare o sapere. Giovanna rimane inaspettatamente incinta a diciassette anni, proprio nell’anno che giungerà in città. L’uomo, chi fosse stato, Giovanna credo già lo sapesse, la figlia che ne nacque invece no. Giovanna bambina alleva la bambina ospite di parenti. A diciannove anni trova lavoro in una portineria, in quanto è anche casa per la famiglia poco numerosa, lei e Filomena nei locali annessi. La casa è quella che trovate su all’inizio, quella con le ringhiere al centro di Napoli in un quartiere che è quasi chiuso ai lati, dato che sembra abbia una vita di paese, d’altronde c’è l’ha ancora adesso, perché se sali in alto sopra i tetti vedi chiaramente la Piazza del Plebiscito alquanto vicina, mentre Giovanna nella portineria continua la sua vita.

Le case del palazzo sono molte, alcune anche molto piccole, quasi tutte senza servizi, dal momento che ci vivono famiglie giunte alla stazione con un carico di valige, dal momento che è tutto quello che possiedono e chiamano casa quei bagagli scarsi e vecchi personaggi della storia del quartiere nella stanza accanto. Poi degli operai con pochi mezzi, persino un immigrato arrivato con tantissimo anticipo sul flusso che arriverà abbondante anche in quel quartiere. Un uomo nero in un paese di bianchi, con la pelle però di tanti toni e di diverse sfumature. Giovanna è adulata, corteggiata e guardata, Giovanna si sceglie amanti per una sera, per una settimana, o per un mese, Giovanna si concede, si vende per di più. Nel frattempo accetta e agguanta piccoli regali dai suoi fidanzati e quando la paga della custodia e della pulizia del palazzo non è sufficiente, magari ha bisogno d’un vestito, la cartella nuova o d’oggetti per la scuola, ecco che Giovanna chiede un regalo, a volte dei soldi, perché a Giovanna quello scambio per regali o moneta non dispiace, non le pesa. Amerebbe lo stesso, allora semplicemente pensa che cosa c’è di male? Giovanna è scalognata e sfortunata nell’amore, lei che non si concede, che si lega ad altri facilmente, tutti s’annoiano e si stufano presto, alcuni in realtà sono persino gelosi, risentiti e violenti, Giovanna prova antipatia, malanimo e ostilità per quelle mani che la colpiscono a volte per le parole che l’insultano e l’irridono. I lividi, i pugni, gli schiaffi e gli spintoni sul corpo, comunica un possesso e un reclamo di diritti, sì, norme e prerogative che Giovanna non concede facilmente, perché avrebbe concesso quei diritti a lui che poi è scappato senza dire dove, lasciandole l’intralcio e l’ostacolo di crescere più in fretta. Giovanna effettivamente lo amava e avrebbe forse probabilmente amato soltanto lui, almeno per un poco. Giovanna non si lascia mettere in bottiglia, non si fa possedere veramente da nessuno, perché diciamo che se qualcuno a letto con Giovanna possiede, quella è proprio e unicamente Giovanna. Lei che colleziona amanti scelti per la bellezza a volte, altre volte soltanto perché sono caritatevoli e generosi. Giovanna la scopi facilmente, a volte rovesciata nella portineria con la guardiola chiusa, a volte nel solaio con la scusa d’una perdita del tetto o un topo che forse davvero almeno mi sembrava che prima ci fosse.

Con un poco di pazienza te la porti a casa nelle notti se vivi da solo, quando i vicini dormono e non vedono il movimento, puoi portarla al cinema in periferia, toccare e farti toccare, magari finire al ritorno l’opera contro un portone chiuso se trovi la via giusta e buia così poco trafficata, da permettere una scopata furiosa e veloce in piedi nella notte. Con gli anni, in verità il rito di Giovanna diventa più prudente e regolare, direi quasi normale. Niente più cinema e portoni al buio o cose strane, perché Giovanna allaccia anche relazioni, quasi come dei fidanzamenti. Ogni volta però l’operaio scappa quando è già notte dalla casa dopo qualche settimana d’amore rubato, lasciando mesi e mesi d’affitti non pagati, si trasferisce chissà dove e nessuno poi sa più niente, oppure dopo si sposa con un’altra o invece è capitato anche fosse anziano più di lei e che morisse. Filomena ha diciannove anni ed è bella come la mamma, Filomena accetta a quell’età le cose che intravede, Giovanna che lo ama e ha l’età più da sorella che da madre, si porta in casa nell’appartamento collegato alla portineria l’amante suo d’allora. Uno dei suoi migliori amanti nella vita, perché Pino prende Giovanna con furia e non è mai stanco. A volte prenderebbe anche Filomena, poiché la guarda spesso con gli occhi assai espressivi, però non osa, per il fatto che Giovanna lo ucciderebbe se lui osasse. Filomena poi per Pino prova tra l’altro solamente avversione e disgusto, per quelle mani sempre sui seni di Giovanna, in ogni istante con quelle parole mediocri e plebee dette di notte troppo ad alta voce dentro il letto: 

‘Succhiamelo dai, voglio sborrarti in bocca, dimmi che vuoi essere scopata, sì, urla’.

Giovanna spesso strepita, a volte di piacere, quando per esempio Pino l’apre con violenza, Giovanna è ancora secca tra le cosce, ma al treno che le sale dentro lacrima subito e lo bagna. Giovanna spesso strilla di dolore e di paura, per il fatto che Pino beve sempre di più, ha perso perfino il lavoro ed è un peso. Giovanna ricomincia i suoi mestieri antichi e i piccoli scambi d’amore, un po’ per delusione e per sconforto, però anche e in special modo per appianare la necessità del mese. Pino lo sa, perché gli fa comodo così, nemmeno parla con lei degli altri. Giovanna arrotonda, Pino la picchia quando beve e l’insulta, quand’è ubriaco la denigra offendendola, le rovescia addosso un’infinità di parole illogiche e insensate come la gelosia. Pino picchia la puttana che lo mantiene e vorrebbe scoparla, eppure non ci riesce quasi mai in quella condizione, in quella circostanza non la scopa ma la malmena. Filomena l’anno stesso lascia Giovanna, Pino, la casa e la portineria, storie e vicende d’un paese incastonato nel cuore della città. Quelli sono gli anni dell’eroina anche qui a Napoli, Filomena vive in periferia con un uomo anche un po’ originale, dato che preferisce comprare un quartino di pace da spartire con lui, che vivere nel mattatoio della portineria. Non torna da Giovanna nemmeno quando Pino una notte qualsiasi parte senza salutare. Giovanna il giorno dopo ha un livido nuovo sullo zigomo e Pino non farà più ritorno, dal momento che di Pino in quel formicaio nessuno in fondo sente né l’assenza né la mancanza. In quella casa è già successo che per affitti non pagati, convivenze finite male, trasferimenti immotivati e improvvisi, forse anche per storie di piccola malavita, anzi, senz’altro di gente scappata nella notte senza essere salutata o salutare e pensare che nessuno dopo due alcuni giorni non né sentisse distacco. A volte non né ricordavano il nome né il volto. Giovanna riprende poco dopo la sua collezione, giacché non ha più gli anni della ragazza che ingolosiva e tentava tutti con uno sguardo nero e il seno affannato troppo compresso sotto una camicia, tuttavia Giovanna rimane affascinante ed enormemente graziosa. Questo lo dico, perché tra gli scambi di Giovanna, in quei giorni ci sono stato anch’io, affermo che era davvero avvenente, particolarmente seducente. La prima volta, l’unica volta con Giovanna, fu al mio arrivo da ragazzo cresciuto in fretta in quella casa con pochi soldi in tasca senza nemmeno un bagno tutto mio, nel locale ereditato per il basso affitto nell’uso da uno di quelli che andavano via senza salutare e che forse aveva più debiti sulle spalle, che capelli sulla testa. Non ci fu calcolo quella volta con Giovanna, perché non sapevo nemmeno dei suoi usi, dei suoi costumi e di quei suoi scambi.

Giovanna m’accompagna sulle scale, tre piani in salita senza un ascensore, apre la porta, mi dà le chiavi e mi mostra la stanza, mentre io osservo il seno che ansima, si solleva e si gonfia per l’affanno delle scale fatte troppo in fretta. Io non guardo la stanza in quanto è piccola con dei brutti oggetti sparpagliati lasciati indietro da qualcuno, vedo un letto di ferro con un vecchio materasso, non guardo la stanza, bensì guardo il seno di Giovanna. Lei sorride alla mia bocca socchiusa per quello stupore. Giovanna carezza quel ragazzo dai capelli troppo lunghi e dagli occhi puliti e scuri, poiché quella è stata la carezza più inedita, più nuova e più sorprendente della mia vita. La carezza della mamma, della sorella e dell’amante al tempo stesso. Giovanna mi colleziona, indietreggia verso il letto sporco e si siede, mi conduce verso il letto, mentre guardandomi in viso con un sorriso quieto indietreggia tenendomi per mano come se fosse una mamma, sorridendo come una sorella un po’ più grande allo stupore mio di ragazzo. Seduta sull’orlo del letto mi sbottona direttamente i jeans come un’amante abile e consumata, dopo me lo afferra in bocca e pompa lenta il calore e il sangue. Poi coltiva con le labbra la crescita dell’uomo, lo innaffia di saliva, lo riscalda, dà sostegno stringendolo come si fa con la pianta nuova appena interrata, con quel palo per permetterne l’impianto e il vigore, dopo lo stringe nelle labbra, fa da custode con il palato e lo tira a sé, come per gonfiare un palloncino all’interno della bocca. Successivamente lo rovescia indietro e solleva la gonna fino al seno, allarga le gambe all’orlo del letto, poiché i piedi sono per terra. Giovanna non ha le mutande, soltanto un cespuglio foltissimo, impenetrabile e nero. Il ragazzo è in ginocchio e si fa gatto, scosta il cespuglio che nasconde, inclina il pelo come l’erba alta del campo al passaggio del cacciatore, infine scopre il taglio e nascosto nella piega il bottone ambrato e si fa gatto. Allontana il pelo con le dita, spacca il bosco nero con la mano e lecca come lecca il gatto, dal momento che il gatto non ha labbra per leccare né per bere, perché muove la lingua frettolosa, accarezza il latte della ciotola piatto e ruvido, giacché il gatto beve in tal modo. 

Il ragazzo carezza con la sua lingua di gatto il piatto caldo e ruvido, infine carezza, preme e schiaccia quel piccolo cazzo tra le cosce di Giovanna, lecca e succhia quel bottone salato, preme di lingua e frena, appoggia il piatto duro del dente, attento che non sia il taglio ma la corona per schiacciare e che non graffi, per soffocare la piccola erezione di Giovanna. Poi il ragazzo s’alza, abbandona l’altare estraneo e quell’inchino di golosa commozione e soffoca Giovanna con il suo peso. Così Giovanna mi colleziona da ragazzo, perché lo scambio in quell’occasione fu credo la mia giovinezza, il mio silenzio e il mio stupore nell’amore, forse solamente la lingua del gatto. Io di soldi non ne avevo per pagare, anzi, quella là fu l’unica mi volta con Giovanna, dato che un piccolo scambio ci fu, perché adesso ricordo bene:

‘Lasciami quel piccolo anello d’argento che porti al dito, fammi un regalo’ – mi manifestò lei in maniera franca e sincera.

Io sfilai l’anello, visto che era di poco valore monetario, ancor meno affettivo e glielo regalai. Lei se lo mise in tasca, si ricompose i capelli, si lisciò la gonna sulle gambe stirandola con il palmo, riabbottonò la camicetta e se ne tornò in portineria con il mio anello come un ricordo del ragazzo aggiunto ai suoi amanti, alla sua collezione di persone e al suo consumo d’occasioni. Questo accadeva suppergiù ventisette anni fa, io sono rimasto là in quella casa situata in quella via di quel quartiere in questa città per altri due anni almeno. Attualmente non vivo più vicino a quei luoghi, però vivo senz’altro meglio. E’ da tanto tempo che non sono più tornato in quei posti, però da informazioni che ho ricevuto in tutti quegli anni di mia assenza, Giovanna ha continuato la sua vita fatti d’uomini scelti per voglia e a volte sempre più spesso, con il passare del tempo, per bisogno o per capriccio di regalo o di moneta. La sua seconda attività, oltre quella della portineria, un po’ più redditizia credo, è la sua collezione di storie e di persone, di soldi e di regali per poco prezzo. In verità persone che ancora in quegli anni hanno fatto sesso con lei, alcune anche l’amore, alcune l’hanno picchiata come la picchiava Pino, altre ancora l’hanno senz’altro guardata come la guardò un pomeriggio di ventisette anni prima un ragazzo che adesso scrive. Tre coabitazioni un po’ meno brevi del consueto, nella sua età più matura, persone poi scappate magari di notte e senza un saluto rivolto a nessuno, da quel porto di mare per disperati che era quella casa e che lo è ancora, anche se adesso l’hanno un po’ ristrutturata e verniciata dandogli un aspetto più nuovo che non sfigura nella via.

E’ cambiata finanche la custode assieme al colore dell’intonaco e delle finestre. Sono venuto a sapere che Giovanna è morta l’anno scorso, dopo pochi mesi di malattia, ha lasciato la portineria, in quanto era ancora bella davvero, con il seno ancora più superbo, la vita stretta e un sedere che rapiva gli sguardi nella strada. L’occhio sempre più fondo e scuro nello sguardo, anche se circondato da qualche ruga piccola di troppo, assieme ai capelli neri freschi dalla tintura. Filomena che non aveva mai spostato la residenza da quella portineria negli anni è tornata nella via. Filomena che adesso ha quasi quarantasette anni, i fianchi larghi e il sedere pieno, stretto e sagomato ad arte dentro i jeans di velluto o di tessuto sbiadito, una vita strozzata dalla cintura alta come un falco ad ali spalancate, che serra la vita e il fiato. Le camicie chiare, sempre un po’ troppo sbottonate sul seno grande e sempre un po’ ansimante nel lavoro quotidiano, Filomena che continua il lavoro della mamma con la stessa ostinazione, con le scale da pulire ogni settimana, la posta nelle caselle, i sacchi neri da chiudere alla sera e il sesso scambiato o regalato nelle stanze nel gabbiotto all’ingresso, magari nel solaio:

‘Perché? Venga a vedere Filomena, per favore. Credo che ci sia un’infiltrazione dal tetto. Dio, mi sembrava d’aver visto un topo là dietro quel baule’.

Filomena che continua con i costumi, con le tradizioni e con gli usi in mezzo a quei luoghi dove è cresciuta, Filomena che continua, che governa e che rinnova nel retro della portineria su d’uno scaffale nella nicchia del muro, in fondo e dietro una tendina, Filomena ha trovato anche la collezione di Giovanna, in realtà tre barattoli con il tappo verde pieni d’anelli, di bracciali e di gemelli anche da polsini, colmi i barattoli e chiusi tutta roba di poco valore, in ogni caso adatta a quella casa e alle sue generazioni, perché si tratta solamente di scambi. Un quarto barattolo poi, stretto il coperchio da non poterlo aprire, visto che nel barattolo c’è dell’alcool, al suo interno si può osservare la catena d’oro di Pino e anche quello d’altri individui che sono partiti furtivamente nella notte senza salutare, forse perché avevano troppi arretrati d’affitto da pagare o troppi debiti con i negozianti della via. Forse, perché erano coinvolti e implicati nella storia della malavita del quartiere, probabilmente perché picchiavano troppo o non sapevano mantenere illusioni, patti e promesse, dal momento che Giovanna per troppo rancore o per troppa ruggine, non sapeva neanche castigarli. 

La conclusione è breve, ed è solamente un’ipotesi: che Filomena abbia continuato anche lei la collezione? Di certo, i barattoli di vetro ci sono ancora e mai la polizia o i giornali hanno parlato di Giovanna e della sua collezione, dei ricordi, degli amori di breve durata e dei ricordi sottratti ai traditori. Veri o supposti tali, dove siano adesso i traditori lo ignoro. Forse, quando la casa sarà davvero restaurata veramente, magari anche rifatta e lo scavo sarà fondo sotto le cantine chiuse ormai da anni, qualcuno si stupirà nel trovare quello che resta di quei vecchi amanti. Questa è solamente una mia supposizione, quella più facile da pensare, perché di tutta questa storia so davvero poco.

Qualcosa dalle chiacchiere di paese, qualcosa da Giovanna, qualcosa da Filomena con cui ho diviso anni prima passioni. Qualcosa che m’immagino anche soltanto oltre a quello, il poco che so. Io so che la fortuna mia quel pomeriggio, sono stati gli occhi puliti e scuri, il viso da studente carico di desideri e di sogni. L’amore fatto con gioia vera, con entusiasmo e con trasporto e senza nessun’intenzionalità né piccola mediocrità, per altro per quella mia età dell’epoca. La lingua del gatto che culla e che carezza un po’ ruvida, dato che la fortuna mia è stata quell’anello di poco valore, in quanto era il ricordo di un’altra storia e di un altro piccolo mio amore finito male da ragazzo. Mi è costato poco scambiarlo in cambio di un’ora di passione, un piccolo prezzo a posteriori barattato con tutto quel sapore.

La rievocazione adesso è verso quella casa situata ancora in quella via e alla via ubicata in quel quartiere, che sorge ancora nel centro di Napoli. Agli anni miei d’allora e al rito dei racconti, delle maldicenze, delle piccole invidie e per lo stupore che accompagna la vita del paese, anche quando il paese è solamente un quartiere nel centro vecchio d’una città moderna e sempre in corsa. 

Memoria e rievocazione la mia in special modo a tutte le signore Giovanna, perché le signore di nome Giovanna sono tutte le donne in generale, però quelle che appaiono così come il commercio che dimentica e che trascura spesso d’educare, di formare e d’insegnare oltre che a comprare e a consumare.

Tutte loro, nessuna esclusa, conducono e trascorrono vite ognuna diverse e opposte dalle altre. Di quelle vite però, sono ancora goloso e insaziabile, come quand’ero soltanto un ragazzo.

{Idraulico anno 1999}  

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