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Erotici Racconti

Sono satura di te

By 16 Novembre 2017Febbraio 5th, 2023No Comments

Quanto tempo è passato da allora, azzarderei proclamare una vita, eppure ho ancora tutto distinto e in modo nitido stampato nella mia mente. Avevo diciannove anni appena compiuti, era una fredda giornata d’aprile e dopo aver trascorso la mattinata al club con gli amici, decido di concedermi amabilmente un caffè al bar dalla mia amica prima di rientrare a pranzo dai miei genitori. Dunque entro e ordino il caffè, m’avvicino all’impianto stereo accanto al bancone e premo il tasto del brano n. 2 del lettore CD: ‘Love To Love You Baby’ di Donna Summer.

Io adoro tantissimo questa canzone e le mie gambe non possono fare a meno di seguirne il ritmo, perdendomi adorabilmente nelle sue note che trascinano in maniera coinvolgente almeno nel mio caso. Frattanto nel locale entra della gente, avverto un tuffo al cuore, riconosco la tua voce e i tuoi passi, capto distintamente che t’avvicini e che sei dietro di me. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che sei tu, perché la tua bocca è sul mio collo, giacché m’offre un lieve bacio come modo di saluto, io mi volto, ti sorrido e vado a sedermi per bere il caffè. Ti siedi accanto a me, avvicini ancora di più la sedia, le nostre gambe si sfiorano e i nostri sguardi s’incrociano studiandosi. La tua mano adesso è collocata sul mio ginocchio, il mio respiro si blocca però non dico nulla, adesso sale leggermente sulla mia coscia e afferra il tessuto dei collant con le dita, tu lo rilasci e lo riprendi per poi ricominciare ad accarezzarmi la gamba. Io faccio fatica a tenere ben salda la tazzina, perché ho un leggero tremore alle mani mentre tu mi sussurri:

‘Andiamo?’.

Non serve chiederti dove, io replico soltanto debolmente che devo rientrare a casa, tu mi chiedi intenzionalmente d’inventare una valida scusa. Non l’ho mai fatto prima, eppure dal telefono chiamo mia madre per avvisarla che resto per pranzo da un’amica quindi usciamo. Non servono le parole tra di noi, confabulano soltanto i nostri profondi sguardi che ogni tanto ci scambiamo di sfuggita. Camminiamo affiancati e in silenzio, dato che conosco perfettamente la strada, perché ci sono venuta tante altre volte, sia con te sia con gli amici che per far baccano in maniera indisturbata. Non siamo neppure in periferia, eppure basta salire il viottolo per ritrovarsi dopo neppure due minuti di strada in aperta campagna. Il cielo è d’un colore grigio cupo, fa freddo, malgrado ciò non ce ne curiamo, tu m’afferri per mano e ci avviamo verso il solito posto, uno spiazzo con una grandissima quercia secolare. Le tue mani sono sui miei capelli, ci giochi, li soffi, poi risalgono sul viso e si fermano sulle labbra, io m’accingo a leccarti le dita, ci leviamo il giubbotto e lo poggiamo su d’un ramo, le tue mani s’introducono sotto il maglioncino e trovano la mia pelle nuda, però non ti stupisci perché sai che uso il reggiseno molto raramente. In quell’occasione mi sfiori i capezzoli delicatamente, quasi come se avessi paura di farmi del male, poi ti slacci i pantaloni ed estrai il cazzo parzialmente eretto:

‘Sai Tonino, non te l’ho mai detto, però hai proprio un bel cazzo. Non è enorme, malgrado ciò è ben fatto. Forse dipende anche dal fatto che ti radi completamente, in quanto sembra finto talmente è bello, tutto è ben proporzionato, perché resterei delle ore a osservarlo’.

All’oscuro dei miei pensieri sul tuo cazzo, con le mani tu mi spingi la testa verso il basso, in tal modo mi ritrovo in ginocchio tra le tue gambe. Bene, adesso saprò come farti perdere la testa e in tal modo inizio con calma ad accarezzarti i testicoli proseguendo lungo l’asta, lì gioco con le dita sulla punta, la mia bocca è sull’interno delle tue cosce, tiro fuori la lingua e la passo sulla tua pelle per seguitare verso i testicoli lasciando una scia di saliva lungo il cammino. Nel contempo là di fuori inizia a piovere in modo intenso, ma io continuo a leccarti, la mia lingua adesso è sul tuo glande, io insisto lì sulla punta del frenulo facendoti sragionare, lecco con avidità insistendo, dopo mi fermo, finché la prima goccia del tuo liquido lubrificante che fuoriesce risulta però diluita dalla pioggia, quindi apro le labbra e afferro il cazzo tutto in bocca spingendomelo giù fino alle tonsille. Un gemito nel mentre ti sfugge, io sollevo gli occhi per guardarti e vedo che i tuoi ricci scuri ormai grondanti si sono incollati al volto, al presente hai un’espressione libidinosamente estasiata e si capisce che ti piace molto, perché stai godendo e questo mi eccita enormemente.

Io resto meravigliosamente invaghita e mirabilmente accalorata nell’udire i tuoi rantoli grandiosi di piacere causati dalle mie labbra che scorrono sul tuo cazzo ingrossato, mi piace farti letteralmente farneticare con la lingua ed è inutile negarlo ho la mia villosa fica in fiamme e tu lo sai benissimo. Forse pensi che io sia in tuo potere, però ti sbagli, perché è il tuo cazzo che brama le mie labbra e vibra sotto il tocco assennato, sapiente e valido della mia lingua. Capisco che il tuo piacere sta per rivelarsi da un istante all’altro pronto per esplodere, istintivamente arretro la testa e un fiotto denso di sperma m’investe le labbra colando sulle tette e scivolando via con la pioggia. Unicamente adesso ci rendiamo conto d’essere completamente bagnati e comprendo dal tuo sguardo che la vista del maglioncino zuppo incollato al mio corpo ti piace. Mi sollevi e mi baci, il mio corpo aderisce al tuo, non ti è passata la voglia, il tuo cazzo è nuovamente svettante e con la voce roca di desiderio mi comunichi:

‘Tutta nuda, sì, ti voglio tutta nuda, sei una meraviglia della natura’.

Io non sento freddo e lascio che le tue mani mi spoglino lentamente, per primo svolazza via il maglione, i capezzoli sono erti, tu li succhi stringendoli con i denti fino a farmi un po’ male, però quest’aspetto mi delizia. Ti diverti a osservare le gocce che scorrono sui miei seni, io comincio a tremare di piacere. Adesso è la volta della gonna a portafoglio, poi t’inginocchi ai miei piedi e mi sfili il collant e gli slip facendomi indossare nuovamente gli stivaletti alti in stile cowboy. Hai premura e in un batter d’occhio ti spogli completamente anche tu, le tue mani sono dappertutto sul mio corpo, il tutto sembra un’immagine surreale, un paesaggio campestre e noi due nudi in piedi con l’acqua che ci scroscia sopra come fossimo sotto una doccia gelata. Sputi frattanto sul palmo della mano e te la passi sul cazzo come per volerti masturbare, ma io capisco all’istante le tue intenzioni, infatti mi dici di voltarmi, abbraccio il tronco dell’albero, divarico le gambe e resto in attesa, sì, in attesa di te.

Ti piazzi tra le mie gambe aperte, agguanti il tuo cazzo con le mani e lo posizioni nel mio buchino, io non posso fare altro che trattenere il respiro cercando di rilassarmi. Tu spingi tenendomi ferma per i fianchi, lo sento, mi mordo il labbro inferiore per non urlare e istintivamente mi muovo in avanti, ma il contatto della corteccia sul mio corpo nudo non è piacevole, quindi sempre spontaneamente arretro adesso verso di te. Al momento sei tutto dentro e inizi a muoverti lentamente, ci sai abilmente fare e ingegnosamente il piacere inizia a sostituire il dolore, poiché non lotto più né m’abbandono ai tuoi movimenti. Adesso le tue dita sono nella mia fica grondante di fluidi, me la spalanchi, mi possiedi con le dita alternando la mano sinistra con la destra, io non capisco più nulla, percepisco il tuo alito sul collo, resti fermo dentro il mio sfintere, mentre le tue dita entrano ed escono freneticamente dalla mia pelosissima e profumata fica.

Non resisto oltre e ti chiedo di muoverti, sì, lo voglio sentire entrare e uscire dentro di me, intanto che mi scopi con le dita, giacché mi piace questo tuo modo di brandirmi animalesco, perché mi fa sentire la tua puttana, mi sento impudica e in balia totale delle sensazioni, non so se muovermi verso le tue dita o verso il tuo cazzo.

Ecco, al presente sento il piacere esplodere, inizio a tremare, m’inarco verso di te e vengo in maniera abbondante sulle tue mani strepitando con foga il mio individuale e vigoroso orgasmo, ancora tre spinte e pure tu raggiungi l’eiaculazione riempiendomi le viscere con il tuo denso e candido seme, intanto che restiamo per alcuni minuti abbracciati, immobili e sfiniti.

Ha smesso di piovere, non so quanto tempo sia trascorso, so soltanto che pur non avendo pranzato non ho fame, perché il tempo si è fermato e sono totalmente appagata e sazia di te.

{Idraulico anno 1999}  

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