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Erotici RaccontiTradimentoTrio

Week end erotico

By 20 Novembre 2021No Comments

Desideravo trascorrere un week-end nella casa in collina che la mia famiglia possedeva da svariati anni, da sola. Ero un po’ in crisi con il mio uomo e inoltre avevo necessità di sistemare per il mio lavoro, una presentazione importante e non volevo nessuna distrazione. Quel week end di metà maggio giungeva proprio a fagiolo con mio marito impegnato fuori per lavoro. Sarebbe stata anche l’occasione per liberarmi di quel sonno accumulato negli ultimi tempi. Purtroppo ero senza la mia auto, in riparazione, e così decisi di servirmi dei mezzi pubblici per coprire gli ottanta chilometri che mi separavano dalla mia desiderata meta.
– Stefania, sei sicura di non annoiarti? Potrai stare tranquilla anche qui a casa. – Disse mio marito lasciandomi alla fermata del bus.
– No, no ho bisogno si staccare e poi son solo tre giorni. – Poi pensai solo che non avevo voglia mi gironzolasse intorno.
Fra lo sparuto gruppetto di persone in attesa, qualcuno mi osservava con insistenza: una donna di circa la mia età. Aveva capelli corti a caschetto, fulvi, occhi chiari, efelidi sparse sul volto. Alta, asciutta e muscolosa. Al contrario io sono piccolina, alta poco più di 160 cm, dalle forme burrose, bruna di capelli e occhi. Quella persona mi risultò familiare ed ecco, la riconobbi. Andammo l’una verso l’altra sorridendoci.
– Sei tu, Stefania?
– Si, e tu sei Giusy.
Eravamo state compagne di giochi nelle lunghe estati trascorse nella casa in collina. Giusy abitava tutt’ora in una frazione prossima alla mia destinazione.
Prendemmo posto sui sedili e ci immergemmo nelle rievocazioni e nei ricordi, mentre l’automezzo si inerpicava sulla strada. Le colline ammantate del fresco verde primaverile sfavillavano nella loro bellezza, nell’aria sempre più tersa, man mano che la strada saliva, ed io mi rilassavo, a tratti astraendomi dalle chiacchiere ininterrotte di Giusy. Sulle pendici boscose occhieggiavano rari edifici rurali. Fin da bambina quando viaggiavo in macchina, specie di notte, sfrecciando accanto a dimore illuminate sparse nella campagna, ero solita fantasticare sulle vite degli altri e lasciarmi trascinare dalle mie immaginazioni. Persa nei miei pensieri, avvertii sui miei piedi, sulle caviglie e sulle mie gambe il contatto caldo della pianta di un piede. Guardai Giusy, che mi scoccò uno sguardo malizioso. Rimasi sorpresa. Non avevo mai pensato a un rapporto saffico e abbozzai:
– Ma cosa…
Giusy mi sussurrò all’orecchio:
– Ti sei dimenticata, quando, quella volta, noi due ragazze, al fiume ci spogliammo alla scoperta dei nostri corpi ed iniziammo a toccarci. la cosa ci appariva molto interessante e premessa di piaceri. Purtroppo l’approssimarsi delle amiche ci fece rapidamente interrompere quel gioco così promettente nel suo inizio. Non rammenti?
Arrossii al riemergere di quel ricordo sopito, cancellato, che ora si riaffacciava vivido, presente.
Le labbra di Giusy sfiorarono il mio collo e mi sentii percorrere da una scossa. Capii ben presto che non potevo, ma soprattutto non volevo oppormi a quel gioco interrotto tanti anni fa che rientrava prepotente nella mia vita e che in qualche modo aspettava di essere portato a termine. Il mio cuore aveva iniziato a battere all’impazzata. L’autobus era ormai quasi deserto in seguito alla discesa dei passeggeri alle fermate intermedie, e nessuno poteva osservarci. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al volere delle mani di Giusy che sempre più decise iniziarono a risalire dalle mie ginocchia alla radice delle cosce, abili nei loro toccamenti e carezze che mi facevano fremere.
– Hai mai tradito tuo marito? Ero soggiogata e con un filo di voce risposi
– Beh, si. Qualche volta è successo.
– Mi sembra giusto che tu ti sia fatta qualche esperienza. Col mio compagno abbiamo vedute molo larghe su questo argomento. L’hai mai fatto con una donna?
– No mai, ma… ti prego …
– Ti sei persa molto. Ora lasciati andare.
La voce sussurrata e il suo fiato caldo e le sue labbra sul mio collo mi rendevano sempre più arrendevole. Le mutandine furono scostate di lato e dita sapienti mi frugavano, mi esploravano. L’indice e il pollice uniti fra loro, mi scivolavano dentro umettandosi degli umori della mia figa ormai fradicia. L’iniziale riluttanza e vergogna si scioglievano rapidamente. I miei occhi erano chiusi per concentrarmi tutta su quell’emozione travolgente., mi mordevo le labbra per rimanere silenziosa, ed era una tortura non poter urlare il mio piacere. Arrivammo alla fermata, meta di Giusy.
– Fermati anche tu con me e vieni a casa mia. Ti riaccompagnerò in auto io, più tardi.”
Non ebbi alcuna esitazione, ammaliata com’ero, e la seguii fino a casa sua, situata a pochi passi dalla fermata.
Entrate, ci richiudemmo la porta alle spalle impazienti di continuare quel gioco, in cui io ero la preda catturata. Sapevo di addentrarmi in un terreno eccitante e misterioso.
Entrate in casa, Giusy, fu su di me, mi baciò, la sua lingua ardente dentro la mia bocca . Quel primo bacio saffico mi colpì per la sua dolcezza e passione e cedetti, lasciando definitivamente alle mie spalle dubbi e regole. In camera da letto ci spogliammo freneticamente senza toglierci gli occhi di dosso; era evidente il contrasto fra i nostri corpi: morbide e armoniose le mie forme, androgine, muscolose e asciutte le sue; la mia figa ornata di un folto vello bruno, glabra la sua eccetto per un ciuffetto fulvo sul monte di Venere.
Mi afferrò e stese sul letto leccandomi e baciandomi tutta, giocando in particolare con miei seni formosi su cui si divertiva anche ad affondare le mani, impastarli e morderli avidamente.
– Cosa stai facendo…
– Ti voglio mangiare puttana. Adesso taci, comando io il gioco e tu devi lasciarmi fare.
Non avevo la minima intenzione di non ubbidire.
Le sue dita mi penetravano la figa, ormai fradicia e, intrise del mio piacere, vennero portate alle nostre bocche in attesa.
Ero percorsa da brividi e il mio piacere crebbe a dismisura quando, lei allargandomi le gambe, spinse il suo volto sul mio sesso producendosi in una leccata di figa che nessun uomo era stato in grado di fare in maniera così appagante. Martirizzata dalla sua lingua, la mia figa colava del mio piacere fin sulle lenzuola. Le dita instancabili di Giusy, inumidite di saliva, dilatarono il mio buchetto e ne forzarono l’apertura, insinuandosi dentro, ritirandosi per lasciare posto il posto alla sua lingua saettante e amplificando ulteriormente il mio piacere. Dal basso ventre un calore ardente si diffondeva fino alla testa, al volto. Ora, libera, potevo urlare la mia soddisfazione, inarcando il corpo e il collo all’indietro travolta da un intenso orgasmo. Giusy a quel punto mi abbracciò strettamente sfregandosi contro di me e sulla mia pelle avvertii la dura consistenza dei suoi capezzoli che si erigevano dalle sue piccole tette. I nostri pubi premevano e si strofinavano in un crescendo di emozione. Giusy mi sovrastava con la sua aggressività e il suo vigore fisico, mi stava dominando sessualmente ed io mi ritrovavo ad apprezzare di essere un docile e arrendevole strumento fra le sue mani. Ormai ero talmente eccitata che avrei fatto tutto ciò che lei mi avesse chiesto. Sentivo forte il desiderio che qualcosa di consistente mi penetrasse per completare il mio piacere. Stavo per chiederle se possedesse un dildo, quando d’improvviso udii la porta della camera da letto aprirsi e una voce virile, dal tono divertito, esclamare:
“Che bello spettacolo! Che splendide maialine infoiate! Entrando avevo udito dei gemiti di piacere che mi avevano arrapato ma ciò che vedo supera le mie aspettative!”
In effetti mi eri parso di udire il rumore della porta d’ingresso aprirsi, ma presa dal gioco travolgente non vi avevo dato importanza. Un uomo alto e robusto ci guardava con espressione oscena
– Vi prego però continuate pure come se non ci fossi.
Mi sentii avvampare. Piena di vergogna, abbozzai:
– Scusate….me ne vado subito…non vorrei…
– Ehi, Giorgio, ti presento Stefania. Hai visto che belle forme ha questa porcellina procace con cui mi sto divertendo? Sarai di certo ammirato dello spettacolo del suo bel corpo.
Capivo che Giusy si procacciava prede sessuali per il divertimento di lei e del suo uomo.
– È proprio un bocconcino prelibato, non come quella sciacquetta che mi hai fatto trovare qui la settimana scorsa! Questa è proprio una gran figa, calda, morbida, formosa. Ho l’acquolina in bocca.
– Bene Stefania, son sicuro che mi consentirai di unirmi al vostro gioco, vero?
Si spogliò: un folto vello bruno gli ricopriva il torace e l’addome. Il suo cazzo era di generose dimensione, suscitò la mia ammirazione e a Giusy non sfuggendole la mia espressione ammirata scoppiò a ridere.
Lui era allegro e soddisfatto mentre mi valutava e palpeggiava. – Guarda che meraviglia! – esclamava soddisfatto.
Fissavo piena di voglia quella grossa verga di carne al cui paragone quella di mio marita ne usciva con le ossa rotte.
– Giorgio ho notato che Stefania è molto colpita dal tuo grosso cazzo e lo vuol di certo sentire dentro. Son ansiosa di osservarvi mentre la scopi senza pietà; falle comprendere che razza di toro da monta è il mio maschio.”

Giorgio mi afferrò le caviglie, divaricandomi le cosce e portando il mio bacino sul bordo del letto, introdusse uno, due, tre dita nella mia figa fradicia facendomi sussultare, tuffò il suo faccione fra le mie cosce mugolando di soddisfazione. Ero nelle mani di due pervertiti, senza dubbio, abituati a queste situazioni, ma era troppo intrigante e mi interessava trarne tutto il piacere possibile.
Così l’uomo, – finalmente perché la mia voglia non poteva più attendere -, cominciò a chiavarmi con un vigore non comune, mantenendosi in posizione eretta. Ero sopraffatta dall’intenso godimento, sotto quei forti colpi sordi la mia vagina bagnata produceva un rumore di sciacquettio. Ero abbandonata sul letto con le braccia spalancate, appagata di quel grosso cazzo.
– Sei un vero stallone Giorgio, dacci dentro, spingi, più veloce che sto godendo. – Ormai, disinibita esprimevo manifestamente ciò che provavo.
Giusy, intanto, si pose a cavalcioni del mio volto appoggiando la sua figa alla mia bocca e sfregandosi oscenamente.
– Ora ricompensami per quel bell’uccello che ti sto facendo gustare. Piccola troia, forza leccamela, succhiamela, fai godere anche me.”
Avvertii l’odore acre della passera bagnata di Giusy e superato l’iniziale impaccio, assaporai il profumato nettare.
– Brava Stefania, vai avanti così, leccami, continua che vengo”
La quantità degli umori che mi colavano in bocca erano l’evidenza di tutto il piacere che stava provando; io in parte li bevevo, in parte mi colavano sul volto. Il durissimo cazzo di Giorgio intanto continuava a lavorarmi stantuffando potentemente, facendomi raggiungere per la seconda volta, quella sera, l’orgasmo e avrei voluto urlare sfogando la mia estasi, ma la figa di Giusy aderiva alla mia bocca come una ventosa, impedendomelo.
Giorgio estratto il suo pene ancora eretto ci ordinò:
– Adesso voi due fatemi un bel pompino per concludere in bellezza.
Ci gettammo su quel grosso cazzo ed iniziammo a leccarlo dalla sua base fino al glande e viceversa, su e giù, senza trascurare le grosse palle. Giorgio si godeva lo spettacolo.
Leccavamo e succhiavamo, disputandoci il pene come fossimo due cagne su un osso. Quando le nostre labbra venivano a contatto, ci scambiavamo un caldissimo, profondo bacio.
– Brave. Non so chi sia fra voi la più troia, ma è una bella lotta.
Come l’uomo eiaculò, mugolando di piacere, Giusy ed io, ci deliziammo di quel seme del piacere che condividemmo, scambiandocelo attraverso osceni baci.
Da parte mia dopo averla trattenuto in bocca per assaporarlo meglio, volli ingoiare quel liquido vischioso e caldo.
– Continua Stefania…così….brava, ingoia tutto.
Una volta ricomposta e nell’accomiatarci Giorgio mi disse:
– È stata una magnifica serata e ci piacerebbe domani sera averti a cena. In fondo ci sono ancora tante cose da esplorare, penetrare….il tuo culetto, per esempio.
Se la stanchezza non avesse ormai prevalso sulla mia eccitazione avrei proposto di non attendere l’indomani, ma in fondo era meglio così.
– A domani.

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