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Racconti Erotici Etero

125 – Mamma Nadia, grande maiala con suo figlio

By 5 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Claudio ed ho ventinove anni, fin da giovanissimo sono sempre stato un tipo che piace alle donne. Ho un bel fisico, alto un metro e novanta, un viso alla Raoul Bova con un velo di barba lasciata appositamente incolta. Quando nacqui, l’ostetrica che aveva assistito mia mamma durante il parto, si complimentò con la puerpera per la grossa dotazione che mi aveva donato e così da sempre, quando ad esempio, negli spogliatoi, dopo una partita di calcio, mi spoglio nudo per farmi la doccia, c’è sempre qualcuno che fa battute sulle misure esagerate del mio membro. Lasciamo perdere le varie digressioni e i discorsi ‘del cazzo’ e parliamo di quanto successe tempo addietro. Devo premettere che da alcuni mesi, mi sono deciso a staccarmi da mia madre e dalle mie sorelline per andare a vivere da solo. Ho pensato lungamente, prima di fare questo importante passo e poi un bel giorno, ho stabilito che avrei portato avanti questa soluzione per capire se potevo disintossicarmi da quella che io considero essere la mia ‘droga’ casalinga. Per meglio spiegare il suddetto discorso, devo fare un salto indietro di qualche anno, quando avevo soli ventun’anni.
A quei tempi, di lavoro, facevo il barman presso una caffetteria del centro città e la domenica terminavo il mio turno alle dodici in punto. Il lunedì era invece il mio giorno di riposo settimanale, finalmente un giorno e mezzo di tranquillità. Eravamo nel mese di Luglio, domenica pomeriggio, faceva parecchio caldo e io da solo in casa, mi spogliai rimanendo con le sole mutande addosso e mi sdraiai sul divano a guardare un vecchio film in tv. Mia madre, che si chiama Nadia, era uscita per andare a trovare una sua amica, mentre le mie sorelle erano andate in discoteca. Noi tre vivevamo da soli perché purtroppo il papà ci aveva lasciati per un malore improvviso soltanto un anno prima. Devo altresì spiegarvi che fino a quel giorno non mi era mai passata per la mente la benché minima intenzione di copulare con mia madre e men che meno con le mie sorelle più giovani. Poi, durante quel tardo pomeriggio di Luglio, scoppiò la scintilla e così tutte le cose cambiarono prendendo tutt’altra direzione. Successe che io mi addormentassi lungo disteso sul divano e che mia madre rientrasse presto dall’incontro con la sua amica. Quando un oretta più tardi mi svegliai, non udii alcun rumore in casa e nemmeno mi accorsi della presenza della mia genitrice. Mi alzai con dentro le mutande il cazzo duro e pure con l’impellente necessità di fare la pipì. Gli slip bianchi formavano come una tenda canadese tenuta su dal mio lungo picchetto. Arrivai in bagno e piegando il pene verso il basso, indirizzai il potente getto d’urina nella tazza del water. Una bella scrollata e a fatica lo rinfoderai nelle mutande. All’andata, ancora mezzo addormentato, non mi ero accorto che la porta della camera di mamma era socchiusa. Eppure ero certo che prima che mi addormentassi l’uscio era chiuso. Mi avvicinai alla porta e sbirciai all’interno, mia madre completamente nuda, era in piedi a fianco del letto e piegava il vestito che si era appena tolta, dandomi la schiena, anzi per dirvi le cose come stavano, più che la schiena mi mostrava il suo magnifico culone.
Non so cosa mi prese, cosa mi convinse a rimanere dietro a quell’uscio a spiare colpevolmente mia madre, forse fu proprio quel sedere importante, che io vedevo per la prima volta così generosamente esposto ai miei sguardi. La esaminai da dietro e vidi i suoi fianchi, un po’ opulenti, la schiena morbida e arcuata, le cosce ben tornite e i polpacci pieni e non muscolosi. Una cascata di capelli neri e mossi, lunghi ben oltre le scapole completavano il quadro posteriore. Si chinò in avanti per meglio piegare l’abito ed io percepii dentro le mutande il mio cazzo che dopo essersi afflosciato ora stava risalendo rapidamente la china. Intravidi fra le gambe di mia madre un bosco nerissimo e lussureggiante che le ricopriva parzialmente la figa. Si mise in piedi e si avvicinò all’armadio, la cui specchiera mi trasmise l’immagine anteriore del corpo della mamma. Mi sembrava di non aver mai avuto, in vita mia, la esatta percezione di quanto lei fosse una gran figa. L’avevo sempre considerata soltanto come una icona assolutamente asessuata e intoccabile. Per me lei era sempre stata sopra ad un piedestallo, avvolta da un aura di purezza e castità. Il viso di tipo prettamente mediterraneo con gli occhi neri, un naso regolare e una bocca con le labbra spesse che parevano gonfiate artificialmente. Aveva due tettone che celate dai suoi virginali vestiti, non avevo mai notato e invece c’erano, eccome se c’erano. In quel momento non trovai aggettivi utili per poterle descrivere. Si potevano definire sode, voluminose, impettite e fiere, si poteva dire che le sue mammelle erano almeno di quinta, ma forse anche di sesta misura, con quelle larghe e scure aureole sormontate dai capezzoloni turgidi e parecchio sporgenti, capezzoli dai quali io, a suo tempo suggei litri di buonissimo e nutriente latte. Non aveva un filo di pancia e poi li sotto, il suo monte di venere, coperto abbondantemente da un foltissimo pelo che si insinuava fra le sue magnifiche cosce. Lei si voltò nella mia direzione ed io sparii prontamente dietro il battente della porta. Rimasi per un attimo con il fiato corto, titubante, non sapevo se andare in camera mia o infilarmi nel vicino bagno, optai per questa seconda soluzione e mi chiusi dentro a chiave. Mi guardai allo specchio e vidi riflessa l’immagine di un figlio porco e degenere, con il viso rosso, quasi paonazzo, con addosso una forte emozione che mi faceva tremare incontrollabilmente le mani. Guardai più in basso e vidi l’altro essere che spuntava dal mio inguine, rigido e vibrante, come se vivesse di vita propria, esso mi dava l’esatta misura della mia fortissima eccitazione. Passai il dito indice della mano destra sul meato e ne raccolsi un po’ di liquido pre spermatico, quindi lo portai alla bocca assaggiandone il sapore agrodolce, poi mi impugnai il cazzo e mi masturbai senza mai chiudere gli occhi, guardandomi nello specchio, ora il pene, ora il viso, fin quando sentii la sborrata arrivare e dalla cappella sgorgarono potenti zampilli di sperma che si spiaccicarono colanti sullo specchio antistante. Aprii l’acqua della doccia e lasciai che il getti rivitalizzanti mi massaggiassero a lungo il corpo, fin quando riuscii a riprendere il controllo. Uscii dal box doccia, mi asciugai e prima di uscire dal bagno mi diedi da fare a ripulire lo specchio dalle colature del mio sperma. In accappatoio con in mano le mutande passai nuovamente di fronte alla porta di mamma, era spalancata e lei era completamente vestita e coperta fino al collo. La salutai e per la prima volta la guardai come si guarda una bella donna, con estrema ammirazione e con lo sguardo concupiscente del play boy incallito. Verso le diciannove, arrivarono a casa anche le due gemelle. Loro si chiamano Gaia e Chiara, allora erano appena diciottenni, brune, capelli del tutto uguali a quelli della mamma, il viso da eterne adolescenti con gli occhi azzurri, che avevano ereditato da nostro padre buon anima. Insomma erano due splendide ragazze, nel complesso carine con un carattere aperto che si percepiva dal loro sorriso solare che sempre avevano stampato sulla bocca.
Mi rammento che durante la cena, sia la mamma, sia le mie sorelle, mi parlavano di quanto successo durante quella domenica ed io non facevo altro che rispondere con mugugni distratti e incomprensibili. La mia mente era interamente occupata dai pensieri triviali che occupavano prepotentemente il mio cervello invadendolo di immagini e flash assolutamente inimmaginabili. Dopo cena, con la scusa di essere stanco per la mezza giornata di lavoro, andai a letto prestissimo e cercai di dormire per riuscire a non pensare. La notte fu agitata e al mattino mi svegliai con un forte mal di testa e con delle reminescenze domenicali che ancora mi tambureggiavano insistenti nel profondo della mia anima e della mia mente.
Telefonai a Fabio, il mio migliore amico, ci accordammo per trovarci presso il solito bar e quindi uscii di casa. Quando giunsi davanti al bar del nostro appuntamento, Fabio era già lì che mi aspettava. Entrammo e andammo nella solita saletta in fondo al locale, ci sedemmo ad un tavolo e ordinammo due coppe gelato, quindi il mio amico mi guardò interrogativamente, come a chiedermi il perché di questo improvviso incontro. Faticai un po’ a tirar fuori le giuste parole, in effetti girai a lungo attorno al nocciolo della questione, poi finalmente trovai il bandolo della matassa e in breve, come un fiume in piena sommersi il mio amico di migliaia di parole. Mi fermai, ansimante, come uno che ha fatto i cento metri e ha battuto il record del mondo e attesi la sua reazione. Mi chiese se avevo finito e poi mi disse che una situazione simile l’aveva vissuta anche lui. Mi spiegò la sua esperienza con una sua cugina e poi mi consigliò di lasciar parlare il cuore. Ecco, pensai, per risolvere il mio gravissimo problema, lui ha usato una frase fatta, ‘lascia parlare il cuore’ . Cazzo, io non so come fare e lui mi dice sta cosa??? Lo salutai un po’ incazzato e me ne tornai a casa, rimuginando su ciò che mi aveva appena detto Fabio. Lui e sua cugina, va beh era sempre incesto, ma una cosa era una cugina e un’altra era la mamma. Non avevo risolto nulla e con il passare del tempo il tormento invece di diminuire continuava ad aumentare. Prima di entrare nel portone di ingresso vidi la macchina di mia madre parcheggiata proprio lì davanti; chissà se avrei trovato la mia dolce mammina nuovamente in tenuta adamitica? Tra l’altro non capivo se il mio pensiero rappresentava il desiderio di trovarla nuda oppure quello di trovarla vestita. Quando scesi dall’ascensore la vidi uscire dalla porta di casa di una nostra vicina, così entrammo assieme e lei si infilò in camera sua, lasciando tranquillamente la porta aperta. Beh, certo, lei non immaginava nemmeno lontanamente che suo figlio fosse un porco pervertito e con spiccate attitudini all’incesto. Lottai con la fortissima bramosia di spiarla nuovamente e me ne andai in camera mia. Il richiamo fu però incontenibile, sapevo che in quel momento lei era di là nuda con quel culo statuario interamente scoperto, a portata dei miei sguardi lussuriosi. Mi tolsi intanto i pantaloni, poi la maglietta e mi infilai le ciabatte al posto delle scarpe, uscii dalla mia stanza e passando davanti a quella di mia madre, tenni il viso dritto, cercando di non guardare dentro. Gli occhi però si girarono quasi inconsapevolmente e catturarono l’immagine di quel corpo bianco e di quelle chiappe meravigliose. Come un automa cambiai direzione e il più silenziosamente possibile mi avvicinai allo stipite della porta. Ancora girata di spalle, mentre cercava qualcosa in uno dei cassetti in basso del suo armadio, le gambe tese e leggermente divaricate, stavo veramente impazzendo. In quel momento lei, forse, percepì la mia presenza, la vidi voltarsi di scatto e beccarmi in flagrante come un bimbo con le mani nel barattolo della marmellata. Probabilmente pensò che io fossi appena entrato e senza vergogna alcuna si mostrò in tutto il suo splendore chiedendomi se mi serviva qualcosa.
Avrei voluto dire che era lei la ‘cosa’ che mi serviva, avrei voluto chiederle di sdraiarsi sul letto e aprire le cosce, avrei voluto dirle che per lei stavo uscendo di senno e invece masticai alcune parole senza senso e poi le dissi che non importava e me ne andai ancora una volta in bagno. Mi tolsi le mutande, il cazzo, durissimo e incurvato verso l’alto, scattò fuori come una molla.
Una lacrima di liquido mi uscì dal taglietto sulla cappella e colò verso il basso rimanendo elasticamente appesa. Mi infilai sotto la doccia selezionando l’acqua fredda, resistetti per qualche minuto fino quando il mio pene decise finalmente di sgonfiarsi. Uscii dalla cabina della doccia e ancora davanti allo specchio, mi guardai. Chi ero io? Che essere immondo ero diventato? Se si eccettuava la morte improvvisa del mio povero padre, fino ad allora avevo trascorso una vita serena e senza particolari scosse emotive e adesso da due giorni soltanto mi eccitavo da morire al solo pensiero di vedere mia madre nuda. Forse potevo risolvere il problema parlandone proprio con lei, si certo, perché no? La mamma mi avrebbe aiutato, come aveva sempre fatto partendo dal primo momento in cui io venni alla luce. Ma come potevo introdurre questo delicatissimo argomento? Potevo forse chiederle un consiglio per capire il motivo per cui, da un certo punto in poi, mi era venuta una voglia tremenda di scoparmela???!!!
Così, con sofferenze psicologiche non indifferenti, lasciai trascorrere l’intera settimana, poi la domenica successiva, approfittai che lei non doveva uscire e anche del fatto, che dopo pranzo, lei si era seduta proprio di fronte a me a guardare la tv e provai ad introdurre l’argomento. Parlai a lungo e intanto la osservavo molto attentamente, vidi il suo viso cambiare colore ed espressione più di una volta, notai che si tormentava la gonna stropicciandosela fra le dita, compresi infine di averla profondamente turbata e sperai di non aver compromesso per sempre lo splendido rapporto che fino a quel momento era esistito fra di noi. Sottovoce, lentamente, controllando abilmente la forte emozione, parlò e mi spiegò alcune cose della sua vita passata, erano situazioni inconfessate e inconfessabili, circostanze parecchio scabrose, che si erano verificate quando lei viveva ancora a casa sua. Mio nonno, ovvero suo padre, aveva abusato di lei per alcuni anni e lei era soggiaciuta ai suoi desideri, dapprima con astio e rancore nei confronti del proprio genitore e poi invece, la cocente e insana passione paterna, si era insinuata anche dentro al suo animo e si era impossessata dei suoi sensi. Quando lei, verso i vent’anni, divenne consenziente, iniziò una vera e propria storia d’amore o forse anche solo di profonda infatuazione, fra padre e figlia che si concluse soltanto nel momento in cui lei, avendo conosciuto mio padre ed essendosene innamorata, decise di troncare quel rapporto così perverso e trasgressivo. Quando terminò di parlare, ci guardammo negli occhi lungamente, le sorrisi con tutta la tenerezza che possedevo e lei ricambiò, ma vidi nei suoi occhi un ché di diverso dal solito tenero e dolce sguardo da madre. Lei ad un certo punto si lasciò andare all’indietro appoggiandosi allo schienale della poltrona, vidi le gambe separarsi lievemente e scorsi tra di esse una macchia nera. Non compresi se erano le mutandine nere o se la mia mammina le mutande non le indossava proprio e così rimasi ancora nel dubbio. La mamma, semisdraiata, ad un certo punto, portò le braccia dietro al capo incrociando le dita a sostenersi la nuca, il seno si spinse fortemente in avanti, premendo contro l’esile stoffa della camicetta, che pareva dovesse scoppiare da un momento all’altro. Le gambe, ora, erano un pochino più aperte di prima ed io frugai ancora con lo sguardo per vedere meglio, lei che stava osservando attentamente le mie reazioni, discostò ancora le ginocchia e così io scoprii finalmente l’arcano, il nero che avevo visto fino ad allora altro non era che il suo bosco nero; la porcellina, volli sperare solo in casa, non indossava le mutande!! Aveva classe la mamma e lo dimostrò ancora di più quando disse di avere un sacco caldo e con fare indifferente slacciò un paio di bottoncini della leggera camiciola. Vedevo benissimo il canale tra le sue grosse mammelle e anche parzialmente i globi che arrogantemente fuoriuscivano strabordando dal reggiseno di pizzo nero. Vidi il suo sguardo meno limpido del solito, posarsi insistentemente sul mio inguine, osservai che le gambe erano oscenamente spalancate e la figa, seppure celata dalla folta peluria si intravedeva perfettamente. La feritoia irregolare, le grandi labbra che formavano due piccoli triangoli, la sua mano a sbottonare completamente la camicetta. La mia mamma mi si offriva spudoratamente, probabilmente essa sperava di rivivere le stesse sensazioni provate con suo padre, io imbranato come pochi al mondo ero ancora incerto e titubante, poi ruppi gli indugi e mi alzai dalla poltrona, mi calai la zip e feci scendere i pantaloni, arrotolai le mutande alle caviglie e le scalciai via. La maglietta seguì la stessa traiettoria delle mutande e a parte i ridicoli calzini, per il resto fui completamente nudo. Forse così eccitato ed eretto lei non mi aveva mai visto in vita sua, si certo, forse da bambino, ma da adulto mai e così mi godetti lo spettacolo dei suoi occhi strabuzzati e ipnotizzati dalla stazza del mio cazzo. Si drizzò a sedere e me lo prese in mano, lo ammirava come si fa al museo o in una pinacoteca con un opera d’arte di un celebre scultore. Le mie mani divennero improvvisamente intraprendenti e iniziai a spogliarla, in breve lei rimase come l’aveva fatta mamma. Il primo gesto che feci fu di immergere il viso fra quelle grosse tette, forse fu il recondito ricordo del periodo in cui ero un tenero infante e da quelle mammelle avevo tratto le sostanze per vivere e crescere. Le succhiai i capezzoli, me li sentivo in bocca duri e prepotenti, le mia mani a coppa sotto alle poppe a pastrugnargliele grossolanamente.
Sentivo le sue mani armeggiare con il mio cazzo, poi lei mi fece sollevare in piedi e le sue labbra carnose mi circondarono la cappella scorrendo lentamente sul fusto. La sua bocca ne ospitò due terzi ed io, nonostante le esperienze vissute con diverse donne, compresi solo allora cosa fosse un vero pompino e anche cosa si volesse significare quando si parlava di gola profonda.
Poco per volta, vidi i miei ventiquattro centimetri scomparirle in bocca. Lei mi teneva per le palle e all’interno del suo cavo orale, la lingua si muoveva abile, vidi che con una mano si toccava la figa infilandosi le dita dentro, poi la stessa mano passò fra le mie gambe e sentii i suoi polpastrelli forzarmi l’ano e introdursi all’interno. Cavoli, stavo perdendo la mia verginità anale per colpa o forse per merito della mia espertissima madre. Mi lasciò poi il cazzo facendoselo uscire con uno schiocco dalla bocca e mi prese per mano, la seguii raccogliendo tutti gli indumenti sparsi per la sala ed entrai con lei in camera sua.
Chiuse la porta a chiave e si adagiò supina sul letto, mi sorrise in modo complice e mi fece chiaramente capire cosa voleva. Mi posizionai fra le sue cosce spalancate e volli togliermi lo sfizio di scandagliare con la lingua fra le pieghe della sua figa. Sputai qualche pelo ma vi penetrai trovandovi un allagamento degno delle peggiori alluvioni, le ficcai la lingua tesa dentro la sua caverna e picchiettati a lungo facendole emettere lunghi mugolii di piacere.
Poi mi supplicò di metterglielo dentro, me lo disse in modo volgare ma eccitantissimo:

‘Claudiooo, ficcamelo dentroooo!!!!’

Ed io glielo ficcai, sprofondando nella sua figa scivolosa, allagata e bollente. Non si lamentava lei, come invece spesso si lamentavano le ragazzine che mi scopavo in giro, tutte a dirmi di fare piano, di non spingere a fondo, di fare attenzione!!! Finalmente una che se lo godeva per quello che era!!!! La stantuffai a lungo fino a quando mi accorsi limpidamente che stava per venire, il suo non fu un normale orgasmo, fu una esplosione di fuochi artificiali, un terremoto, il suo corpo fu scosso da movimenti inconsulti, urlò cose inenarrabili insultandomi e stringendomi affettuosamente a se nello stesso tempo. Poi con il respiro affannoso poco per volta si placò, mi strinse ancora per i lombi e mi volle ancora dentro di lei, la sbattei energicamente fino al momento che sentii salire la sborra dai coglioni e allora tentai di infilarle anche le palle spingendoglielo il più a fondo possibile, quando le sborrai dentro lei eccitatissima iniziò nuovamente a venire e sobbalzando energicamente e scompostamente ripeté la stessa identica rappresentazione precedente.
Ci accarezzammo ancora per un po’ poi lei mi disse che da li a poco sarebbero arrivate le mie sorelle e che forse era meglio rivestirci per presentarci a loro in condizioni che non destassero sospetti.
Così fu e quando loro arrivarono ci trovarono tranquillamente seduti a tavola intenti a spiluccare qua e là dai piatti che la mamma rapidamente aveva preparato.
Già, le mie angeliche sorelline, beh in effetti forse così angeliche non lo erano nemmeno loro, ma questa è un’altra storia e magari ve la racconterò in un secondo tempo.

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina

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