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13 – Ritorno a casa

By 10 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

“Lei mi sta dicendo che mia figlia è una puttana?”.

Il tono era quello di chi non è abituato ad essere contraddetto.

“No. Le sto solo dicendo che i rapporti sessuali che sua figlia ha avuto sono stati consenzienti. I giudizi li lascio a lei”.

Il tono di voce del militare, invece, era quello di chi non si è fatto intimidire da ben altro .

Il padre di Sara indicò un DVD appoggiato sulla scrivania.

“E questa roba, allora? Tutta questa tecnologia per registrare le sensazioni non porterà a nulla?”.

Il militare alzò le spalle.

“Purtroppo no. L’unica cosa che possiamo dimostrare è che sua figlia ha avuto numerosi rapporti, alcuni dei quali in pubblico, altri decisamente promiscui, ma nulla può dimostrare che lei sia stata costretta ad averli. Anzi”.

“Cosa intende con anzi”

Il militare sospirò e indicò una cartelletta di fronte a lui.

“Gli esami condotti dimostrano come sua figlia abbia un appetito sessuale superiore alla media. Può essere, capita a tanti, soprattutto in giovane età. Però sicuramente fornisce una spiegazione, in meritoai numerosi rapporti avuti, più credibile rispetto alla coercizione. Mi spiace, l’unica cosa che posso dirle è di fare attenzione alla sua ragazza e di selezionare con cura le persone che frequenterà”.

 

Sara guardò verso la lavagna con la netta sensazione di assistere ad una lezione in una lingua che non conosceva.

La chimica era sempre stata ostile per lei, a maggior ragione in quel momento, con più di un mese di lezioni perse.

Suo padre aveva parlato al preside e gli aveva chiesto di ammettere lo stesso Sara in classe, avrebbe recuperato durante l’anno le lezioni perse.

Se era stato facile per suo padre dirlo, sarebbe stato più impegnativo per lei farlo

Anche perché non era solo la scuola a rappresentare una difficoltà in quel momento.

Sara era stata portata a casa di suo padre, quella in cui viveva con la sua nuova moglie russa e la figlia di lei. Non poteva dire che la odiassero, ma sicuramente non c’era molto feeling .

E poi erano giorni che non scopava.

Non aveva mai avuto una voglia così prepotente, ma da quando era tornata dalle vacanze sembrava non riuscire a pensare ad altro.

Aveva sopperito con la masturbazione, ma la voglia di non sembrava mai placarsi. Si toccava anche tre volte al giorno, e non lo faceva più spesso solo perché non aveva la possibilità.

Anche in quel momento, durante la lezione, sentiva una voglia sorgerle da dentro.

Forse era anche perché non riusciva a seguire, ma sembrava inutile pensare ad altro.

Con la punta delle dita si sfiorò un coscia. Quel giorno era caldo e aveva indossato una gonna che le arrivava fino a metà coscia, senza collant.

Non appena i polpastrelli toccarono pelle, sentì un brivido correrle lungo la schiena.

Si diede ancora un’altra carezza, sentendo subito l’eccitazione salire.

Anche questa era una caratteristica che aveva riscontrato da quando era tornata dalle vacanze: si eccitava subito.

Bastava poco, un’immagine, un pensiero e subito si accendeva.

Si era chiesta perché tutto ciò fosse improvvisamente successo, non le pareva di essere stata così prima.

Con le unghie si stimolò l’interno coscia, disaccavallando le gambe per facilitare il tocco.

Il professor Maggio nel frattempo continuava a spiegare.

Fortunatamente davanti a lei sedeva Dario, non a caso soprannominato Bestia per via della sua struttura imponente.

Dal punto di vista del professore lei era pressoché invisibile.

Gettò uno sguardo a destra e a sinistra. Sia Camilla che Valerio erano intenti a ripassare altre materie e non l’avevano notata.

Si incassò ancora di più sotto al banco e insinuò la mano sotto alla gonna. Con le dita toccò il triangolino di stoffa che le copriva il sesso.

Era già umido.

Con il polpastrello premette in corrispondenza delle sue labbra.

Chiuse gli occhi e respiro profondamente per impedirsi di sospirare.

Cosa stava facendo?

Questa era una pazzia che non aveva mai fatto prima.

Però, con un po’ di attenzione, avrebbe potuto anche arrivare sino alla fine

Introdusse anche un altro dito sotto la gonna e, con entrambi, cominciò a descrivere un leggero massaggio

Trasse un profondo sospiro. Ora le sue mutandine erano decisamente umide.

Tenne gli occhi chiusi e si morse il labbro inferiore per non fare rumore.

Con la punta di un dito scostò il lembo delle mutandine e si accarezzò la fessura tra le labbra.

Era decisamente bagnata, e sapeva che, giunta a quel punto, non avrebbe più potuto fermarsi.

Continuò a descrivere un movimento circolare sul suo sesso, sfiorandosi ripetutamente il clitoride.

Lottò contro la tentazione di toccarsi un seno, si abbassò sul banco per mascherare le sensazioni.

Ormai le mancava poco a venire. Ancora qualche secondo.

“Sara!”.

No!

Spalancò gli occhi e guardò verso la cattedra.

Era stata la voce del professore a chiamarla.

Notò con orrore che Bestia non era più davanti a lei; doveva essersi alzato mentre lei teneva gli occhi chiusi.

Tra il suo banco e la scrivania del professore non c’era nessun barriera.

Cosa aveva visto il professor Maggio?

“Vieni, Sara, sentiamo cosa ricordi dell’ultima spiegazione”.

Sara si alzò in piedi, fingendo indifferenza per la gonna che, tirata leggermente su, ci mise qualche istante a coprire nuovamente le sue cosce.

Avanzò verso la cattedra con passo incerto.

Aveva il cuore in tumulto. Oltre ad essere stata interrotta sul più bello, non aveva studiato niente della lezione.

Si sentiva quasi tremare per l’orgasmo quasi sfiorato e temeva di qualcuno potesse essersene accorto.

Soprattutto, temeva la reazione del professore.

Cosa aveva visto? Cosa sarebbe successo ora?

Il professore consultò il registro per qualche secondo.

“Sara, vedo che non abbiamo nessun voto di questo anno. Vuoi parlarmi di quello che abbiamo trattato nell’ultima lezione?”.

Sara sentì il cuore accelerare. Non sapeva nulla, ovviamente; non solo, non sapeva neppure di cosa avessero parlato

Però le risultava che suo padre avesse parlato con il preside affinché lei non venisse interrogata per qualche settimana.

Lo disse all’insegnante.

Il professore scosse la testa.

“Io non ne so niente. Non mi risulta ci sia nulla che ti impedisca di farti interrogare”.

Il professore guardò Sara dritta negli occhi.

La ragazza abbassò lo sguardo.

“Professore, io non voglio mentirle. Io non ho potuto studiare, e proprio di questo che mio padre ha parlato con il preside”.

“Come ti ho detto, io non so nulla di tuo padre, e per me una persona che si rifiuta di farsi interrogare merita un tre”.

Dal corridoio si sentì il suono della campanella.

Sara trasse un sospiro di sollievo: era finita la giornata.

Tutti i ragazzi si alzarono in piedi e si avviarono verso l’uscita. Anche Sara fece per voltarsi, ma venne fermata dal professore.

“Aspetta, non abbiamo finito”.

Sara si immobilizzo, mentre alle sue spalle tutti i suoi compagni sfilavano via.

Il professore attese un paio di minuti fino a quando il corridoio tornò in silenzio.

“È non è solo questo, Sara – continuò – cosa stavi facendo sotto al banco?”

Il volto di Sara diventò color pomodoro.

“Io…mi stavo grattando”, inventò. Sperò che la sua voce non avesse tremato tanto quanto stava tremando lei.

Il professore accennò un sorriso.

“Sara, sono una persona di una certa età e non mi scandalizzo. Non prendermi in giro, dimmi cosa stavi facendo”.

Sara continuò a guardare per terra.

“Visto che me lo chiede così, professore, ritengo che lei abbia capito cosa stavo facendo. Non me lo faccia dire, per favore”.

“Invece voglio proprio che lo dica. Anzi, te lo ordino. Ti ricordo che ancora devo annotare il tuo voto molto negativo sul registro, magari posso ancora cambiare idea. Fossi in te ne approfitterei”.

Sara era terribilmente in imbarazzo, ma la prospettiva di vedere salire il suo voto a fronte di quella che era semplicemente l’ammissione di quello che stava facendo le diede una certa forza.

“Professore, mi stavo masturbando”.

Il professore si produsse in un ampio sorriso

“Vedi che non ci voleva mica tanto! Siamo esseri umani, ognuno ha le sue debolezze”.

Il professore si alzò in piedi e si avvicinò a lei. “E dimmi, hai provato piacere? Hai raggiunto l’orgasmo?”.

Sara diventò ancora più rossa.

“In verità no, professore”

L’insegnante le passò una mano sul volto, accarezzandola.

“Mi piacerebbe molto che finissi quello che hai iniziato, allora”

Sara sentì il cuore perdere un colpo.

“Intende dire adesso?”.

“Certo, adesso e di fronte a me. Non ti farò niente, non devi temere. Alla mia età è più che sufficiente guardare, tanto lo so che io non potrei mai piacerti”.

Sara rimase immobile.

“Se farai questa cosa per me, cosa che per altro ti darà soddisfazione, il tuo voto potrebbe tramutarsi in una sufficienza piena”.

Sara era titubante. Sapeva che quello che stava succedendo era sbagliato, tuttavia una parte di lei stava valutando la situazione.

Intanto aveva una voglia matta di venire. Mai le era capitato di interrompersi quando era stata così vicina alla fine.

E poi l’eccitava il fatto che fosse il suo professore a proporglielo. Non era un bell’uomo, non era giovane, però era una persona che stimava, e questo lo rendeva importante ai suoi occhi.

Il voto era l’ultima delle motivazioni.

“Se ti può essere di aiuto – disse l’insegnante – sappi che nella tua situazione quest’anno si sono già trovate due tue compagne, un ragazzo, e lo scorso anno due mamme”.

Sara lo guardò con stupore. “Veramente?”.

Il professore annuì: “Puoi credermi. Non posso dirti di chi si tratta, ma io non racconto bugie”.

“Anche un ragazzo? Ho capito bene?”.

Il professore allargò le braccia. “Che vuoi farci? Sono di larghe vedute!”.

Sara ridacchiò.

“Dai rompiamo gli indugi – disse il professore – Mettiti qui sulla scrivania”.

Sara si mise a sedere sulla cattedra.

“Sfilati di sandali”, le ordinò il professore

Sara lasciò cadere a terra le sue calzature e, nervosa, accavallò le gambe.

In quel momento bussarono alla porta.

Sara si irrigidì, ma il professore non si scompose.

Si aprì la porta ed entrò il bidello.

Lei fece per saltare giù dalla scrivania, ma il professore la bloccò.

“Fermati, lui è dei nostri. È qui per te”.

Sara sorrise. Il bidello era famoso per essere un grande consumatore di pornografia, sia in Internet che attraverso riviste squallidissima e che erano state trovate nel suo armadietto.

Era dei “nostri”?

Ora anche lei parte di questo gruppo di pornografia spinta?

Non le dispiaceva.

“Dai, continua a spogliarti – la esortò il professore – Non farti dire le cose!”.

Si mise comodo ed estrasse un telefonino, con cui inquadrò la ragazza.

Sara si mise in piedi sul scrivania e si slacciò la camicetta.

Non sapeva come essere sexy, non si era mai trovata in quella situazione. Però era eccitata, tutto quanto la stava piacendo.

Si liberò dell’indumento lanciandolo verso il bidello; sotto indossava un banale reggiseno in microfibra.

Il bidello la guardò con un sorriso voglioso, poi commentò qualcosa nell’orecchio del professore.

Sara armeggio con la chiusura della gonna e se la fece scorrere lungo le gambe, scalciandola poi via con un piede.

Era rimasta in reggiseno e perizoma, mai e poi mai avrebbe immaginato che un suo insegnante l’avrebbe vista in quello stato, eppure sentiva il cuore battere sempre più forte.

Si voltò, volgendo la schiena ai due uomini.

In questa maniera offrì loro la visione del suo sedere e mostrò che si stava slacciando la chiusura del reggiseno.

Liberò i due gancetti e pose le mani dietro alla nuca.

Il reggiseno rimase ancora in equilibrio sui seni, così ruotò di centoottanta gradi e si mise nuovamente frontale rispetto ai due uomini

Il bidello sembrava ipnotizzato, teneva la bocca socchiusa e non respirava quasi.

Sara fece ondeggiare il seno, lasciando cadere l’indumento.

“Minchia che tette! – commentò il bidello – Questa è veramente una vacca, e da quando ha quindici anni che la punto”.

Sara non si sentì offesa da queste parole, parole che fino a qualche mese prima forse l’avrebbero fatta piangere.

Anzi, si sentì lusingata a pensare che quell’uomo schifoso, tra un filmato porno e altro, forse aveva dedicato qualche sega anche a lei.

Infilò i pollici sotto i laccetti sulle anche tenevano su il perizoma.

Allargò l’elastico, e con un movimento veloce fece scorrere la mutandina fino alle caviglie, poi la raccolse e la gettò verso il professore.

Ora era nuda.

Ebbe un attimo di esitazione. Cosa avrebbe dovuto fare ora?

“Forza – la invitò il professore – Continua quello che stavi facendo!”.

Si sdraiò sulla schiena.

Ebbe un brivido quando la pelle della schiena toccò la superficie fredda della scrivania.

Chiuse gli occhi.

Le piaceva sapere che vi fossero quei due uomini a guardarla, ma aveva bisogno di carburare un pochettino.

Con la mano sinistra si sfiorò il seno, mentre con due dita della destra prese a massaggiarsi il clitoride.

Sospirò, ci aveva messo veramente poco ad eccitarsi nuovamente.

Aprì gli occhi e si voltò verso gli uomini.

Il professore stava sempre riprendendo la scena con il telefonino.

“Meglio – pensò – Riguarderà la scena altre volte e entrerò nei suoi pensieri”.

Il movimento della mano diventò sempre più veloce.

Era sempre più bagnata.

Sara chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi maggiormente su se stessa.

Puntò i piedi sul piano della scrivania e sollevò il bacino, in modo da facilitare la penetrazione delle dita. Allargò le gambe e fece entrare tre dita fino alla base.

I due uomini che la guardavano le fornivano una dose ancora maggiore di eccitazione. Tra i mille pensieri che le attraversarono la testa, si chiese anche quali delle due compagne e, soprattutto, quali delle mamme si fossero prestate a scambiare sesso per dei voti scolastici.

Non appena avesse avuto la possibilità, avrebbe dovuto capire chi improvvisamente si era trovato la media di chimica alzata improvvisamente nei mesi precedenti.

Con le dita prese a descrivere un movimento a forbice dentro di lei, fornendosi un’ulteriore stimolazione

Era una cosa saggia permettere al professore di filmarla con il telefonino?

Avrebbe potuto forse ricattarla?

Forse no, anzi, riteneva abbastanza imprudente da parte di lui tenere del materiale che dimostrava di aver spinto una studentessa a compiere atti sessuali.

È vero che lei era maggiorenne, ma esisteva pur sempre un limite sia alla buon gusto sia alla deontologia professionale.

Aprì la bocca per facilitare la respirazione, sentiva che la sua eccitazione stava arrivando al culmine.

“Rallenta un pochino, le disse il professore, “Non venire subito”.

Sara ubbidì all’ordine e rallentò il ritmo, sfilando un dito da dentro di sé.

Sentii un rumore venire dalla sua sinistra. Aprì per un attimo gli occhi e vide che il bidello si era alzato ed era ormai vicino a lei.

Allungò una mano e le prese un seno. Era una stretta poderosa, tanto che Sara non poté evitare di farsi sfuggire un piccolo lamento, ma non lo fermò

L’uomo le toccò entrambi i seni con la mano sinistra, mentre con la destra si abbassava la zip e tirava fuori il pene, già eretto.

Prese a toccarselo a qualche centimetro dalla faccia di Sara.

Tutto questo non fece altro che aumentare ancora di più l’eccitazione della ragazza

Non ricordava cosa le fosse successo in vacanza, ma era indubbio come fosse tornata con delle bizzarrie sessuali che prima non aveva mai avuto.

Contravvenendo l’ordine del professore, aumentò il ritmo.

Aveva ancora gli occhi chiusi quando sentii una mano toccarla. Era il professore, le stava porgendo un oggetto giallo.

“Usa questo – le disse – è l’evidenziatore della tua compagna Camilla”.

Camilla, nonostante fosse la sua vicina di angolo, non era propriamente una sua amica, anzi.

C’era dell’ingegnoso nel porgerle un oggetto suo.

Sara prese l’evidenziatore e lo introdusse dentro di sé.

Le piaceva l’idea che, una volta usato, sarebbe stato messo nuovamente nel portapenne della compagna e lei l’avrebbe usato inconsapevole di dove fosse stato.

Sentì questo oggetto freddo entrare dentro di lei, e per un attimo l’eccitazione scemò.

Fu solo questione di qualche istante, poi tornò nuovamente su di giri.

Sentì alla sua sinistra il bidello ansimare in maniera sempre più rumorosa.

Si voltò e vide e si stava sfregando il membro in maniera sempre più veloce.

Aveva gli occhi chiusi e la lingua mezza fuori, in un’espressione decisamente ridicola.

Vide l’uomo improvvisamente stringere gli occhi e fare una smorfia. Intuì che stava per venir.

Sara aprì la bocca e lasciò che lo schizzo di sperma la colpisse sulle labbra.

L’orgasmo dell’uomo duro qualche secondo, colpendo più volte Sara sul viso con il suo seme.

La respirazione del bidello tornò normale, prese dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto usato e si ripulì l’organo, poi tornò verso la sedia e si abbandonò su di essa con un gemito.

Ora era necessario che venisse anche lei.

Prese a muovere l’evidenziatore dentro e fuori di lei in maniera sempre più veloce, mentre con l’altra mano si stimolava il buco del sedere.

Ruotò su se stessa, appoggiando la pancia sul piano della scrivania e sfiorando con i capezzoli la sua superficie.

L’orgasmo arrivò improvviso e violento, tanto che, sia per la sorpresa e per l’intensità, spalancò simultaneamente sia gli occhi e la bocca

Non fece nulla per trattenersi e si produsse in una specie di ululato. Si mise a sedere sulla scrivania e cercò di far ritornare la sua respirazione alla normalità.

Era veramente sconquassata dall’orgasmo che aveva appena avuto.

Stava per mettersi in piedi, quando il professore, sempre inquadrandola con il telefonino, avanzò verso di lei.

“Aspetta! Devi fare ancora una cosa per me”.

Le fece declinare verso la telecamera il proprio nome, il cognome, le fece dichiarare di essere maggiorenne e di aver fatto tutto volontariamente e senza alcuna costrizione.

Questo avrebbe indubbiamente messo il professore in una posizione di tranquillità nei confronti della legge.

Moralmente sarebbe stato ugualmente deprecabile, ma sicuramente non sarebbe andato in galera.

Sara si rivestì, lasciando che i due uomini in la guardassero senza coprirsi.

Certo, sarebbe forse sembrato paradossale dopo quanto aveva appena fatto, ma non aveva mai avuto un rapporto splendido con il suo corpo e non permetteva che altre persone la guardassero.

Invece ora le faceva piacere, anzi, avesse avuto tempo sarebbe stata senza vestiti ancora un po’.

La ammonirono di non raccontare niente in giro e il professore le disse come quella avrebbe potuto essere l’inizio di una proficua collaborazione nel momento in cui tutto fosse rimasto tra di loro.

Sara li tranquillizzò, li salutò stringendo la mano e gli dà la.

Passò dal bagno a togliersi dal viso lo sperma del bidello, poi uscì dalla scuola.

Nel cortile, con il motore acceso, c’era l’autista di suo padre.

“Ci hai messo tanto – disse quando lei salì in macchina – è successo qualcosa?”.

“No, ho dovuto parlare con un professore”.

“Problemi?”.

“No, anzi. È stato piacevole”.

 

Sara accese il computer e si collegò alla mail.

Sperava sempre che sua madre le scrivesse, ma anche quella volta depose la speranza dopo pochi istanti.

Cancellò alcune mail di spam, eliminò anche quelle di Groupon (senza soldi, come avrebbe potuto fare acquisti, seppur scontati?), la sua attenzione venne colpita da una specie di pubblicità.

“Sei simpatica? Sei intelligente? Hai una webcam? Vieni e guadagna on line con noi!”.

Guadagnare….quello era veramente il punto.

Le venne in mente che quella sera avrebbe dovuto andare a prendere una pizza con le amiche; aveva abbastanza soldi?

Controllò dentro al portafoglio.

C’erano circa quindici euro, se non avesse preso il dolce avrebbe potuto farcela.

Anche se era solo martedì, e fino al sabato successivo suo padre non le avrebbe dato altri soldi.

Da quando era tornata dalle ferie, suo padre sembrava aver sviluppato una sorta di possessione nei suoi confronti.

La lasciava uscire molto raramente, e quando glielo permetteva era comunque tenuta a comunicargli ogni suo spostamento.

Inoltre, le dava pochi soldi.

Le passava venticinque euro a settimana; era sufficiente che la invitassero ad uscire un paio di volte che già diventavano insufficienti.

Anche perché non aveva neppure uno straccio di ragazzo che, almeno una volta ogni tanto, avrebbe potuto pagare per lei.

Cliccò l’annuncio e venne reindirizzata all’interno di un sito chiamato molto banalmente “Amici on line”.

Dovette dichiarare di essere maggiorenne (“Chissà perché, poi?”, si domandò) ed ebbe accesso alla home page.

La pagina era molto semplicemente divisa in cartelle, ognuna delle quali riportava il nome di una persona.

Cliccò su Anna.

Si aprì una webcam al di là della quale sedeva una ragazza bionda.

Nella parte sottostante lo schermo scorreva una chat che questa ragazza stava intrattenendo con gli utenti.

Stavano parlando di ricette.

Sara seguì per qualche minuto, poi cambiò cartella.

Entrò in quella di Paolo. Questo sembrava essere un esperto di basket, e di questo parlava con altri utenti.

Era tutto carino, ma non capiva come si potesse guadagnare da una cosa del genere.

In alto vide il pulsante: ”Guadagna con noi” e lo cliccò.

Lesse attentamente il regolamento.

Il meccanismo era facile: il sito corrispondeva ad ogni persona dietro alla webcam un tot per ogni minuto per il numero di utenti connessi, quindi il gioco stava nell’attirare molta gente e tenerla a lungo.

Inoltre, era facoltà degli utenti elargire delle donazioni spontanee, per cui, in casi particolari, si potevano ricevere dei soldi extra, magari in cambio di buoni consigli o anche solo perché si era stati particolamente simpatici.

Non sembrava impegnativo.

Certo, bisognava passarci del tempo, ma quello lo aveva.

Tornò alle stanze e cliccò su Laura.

Lì capì il motivo per cui le era stato richiesto di certificare la sua maggiore età: la ragazza in questione era in topless e i commenti degli utenti erano tutt’altro che soft.

Però erano anche generosi, perché – da quanto emergeva dalle chat – era abbastanza usuale lasciare delle mance.

Uscì dalla stanza.

Voleva farlo?

Intanto non era obbligata a fare nulla.

A lei piaceva il cinema, avrebbe potuto parlare di quello.

O di viaggi, quello era sempre un bell’argomento.

Cliccò sul pulsante: “registrazione” e immise i suoi dati

Scelse come nick “Saretta”, caricò alcune foto – due primi piani, due al mare in bikini e un mezzo busto – e inviò il modulo.

Qualche secondo dopo le arrivò una mail con cui le confermavano l’attivazione dell’account.

Entrò dentro.

Le fece un po’ specie vedere la sua immagine aggiungersi alle altre, ma allo stesso tempo era ansiosa di vedere chi sarebbe venuto a parlarle.

Dopo un istante arrivò la prima chat.

Admin: sono l’amministratore del sito, sono qui per controllare che tutto vada bene. È la prima volta per te?

Saretta: si, sono un po’ timorosa.

Admin: non aver paura, io sono qui a controllare. Se dovesse esserci gente che ti dà fastidio clicca sul nome e io lo bannerò. Ok?

Saretta: ok

Admin: mi raccomando, non dare numeri di telefono a nessuno né dati personali. Se la gente ti vuole contattare lo farà solo attraverso il sito, ok?

Saretta:ok

Admin: sul tuo conto sono stati accreditati trenta euro di benvenuto. Quando diventeranno cento potrai prelevarli. Ora non ti trattengo più, rilassati e vedrai che andrà tutto bene.

Saretta: Non avevo capito che fosse necessario un minimo.

Admin: mi dispiace, ma è necessario. Tempo fa non c’era un limite, così avevamo centinaia di pagamenti da qualche euro e un mucchio di gente che stava dietro la webcam solo qualche minuto e poi spariva. A noi interessa creare con te un rapporto duraturo, di una persona che viene qui ogni giorno. I nostri utenti pagano per essere qui e hanno piacere di trovare degli amici, non delle persone che ogni giorno cambiano.

Saretta: capisco. Senti, ho visto in una stanza che una ragazza si stava spogliando. È normale?

Admin: ognuno può fare quello che vuole, non c’è nessun obbligo e nessun divieto. È onesto dire che quelle che si spogliano guadagnano di più, ma la scelta deve essere solo tua. Fai quello che ti senti e vedrai che ti troverai bene.

Saretta: ok

Admin: ora ti lascio, ci sono già quattro persone che ti stanno guardando.

Sara guardò in alto: un contatore indicava che effettivamente quattro utenti erano connessi.

In quel momento diventarono cinque.

Le arrivò la prima chat.

Enry88: ehy, di cosa parliamo?

Saretta: vacanze?

Enry88: perfetto!

 

Chiuse il collegamento dopo poco meno di due ore.

Non era stato difficile: aveva semplicemente chiacchierato.

Un paio di utenti si erano lasciati andare a qualche commento un po’ sopra le righe ed erano stati subito redarguiti dall’amministratore, anche se a lei non avevano dato fastidio.

Entrò nella zona del suo conto e vide quanto aveva guadagnato.

Il suo saldo era 34,32.

Certo che quattro euro e rotti per due ore di lavoro….è vero che si era divertita, però sperava in qualcosa di più.

Nessuno le aveva dato delle mance, ma probabilmente era normale i primi tempi.

Guardò l’ora: avrebbe dovuto prepararsi per uscire.

Spense il computer e si buttò sotto la doccia.

Rientrò a casa dopo le undici di sera.

La compagnia era stata valida, ma non aveva voglia di fare tardi.

Per di più aveva bevuto un pochino e sentiva il bisogno di mettersi a sedere con calma.

Si accese una sigaretta e controllò le mail.

Da sua madre ancora nulla; Amici on line, invece, le comunicava che tre utenti le avevano dato una valutazione positiva e che, quando fosse arrivata a venti, sarebbe scattato un bonus di dieci euro.

Non era male.

Si collegò al sito ed entrò nella sua stanza.

Dopo qualche secondo le arrivò la prima chat.

Luponero: ciao. Sei carina, non ti avevo mai vista. Sei nuova?

Saretta: sì, da oggi.

Luponero: piacere, sono marco da genova. Tu di dove sei?

Arrivò subito il richiamo dell’amministratore.

Admin: niente dati personali, Luponero, o ti banno.

Luponero: chiedo scusa. Saretta, cosa ci fa una bella ragazza come te la sera in chat invece di uscire con il ragazzo?

Saretta: nn ho il ragazzo.

Guardò in alto. Erano in venti a seguire la conversazione.

Un altro si fece avanti.

Jackjack: è veramente incredibile che tu non abbia un ragazzo. Però ci siamo noi a farti compagnia.

Sara sorrise alla telecamera e alzò il pollice in su, come a dire “ok”.

Jackjack: quanti anni hai?

Saretta: 18.

Aspettò il richiamo dell’admin, ma non arrivò. Quella informazione forse era pubblica.

Luponero: ho visto le foto del mare che hai postato. Sei proprio bella. Ti va di levarti la camicetta?

Sara deglutì. L’admin, che pure era on line, non disse nulla.

Dipendeva solo da lei.

Saretta: non ci conosciamo ancora bene

Jackjack: hai messo le foto in bikini, che differenza fa?

Non era sbagliato.

Guardò in alto.

Erano in cinquantadue a guardarla. Meno che in spiaggia a Rimini sicuramente. 

Si slacciò la camicetta e la mise da parte.

Arrivò un nuovo utente.

Nightfly: ciao saretta. Sei veramente uno spettacolo, belle tette!

Admin:  saretta,ti danno fastidio questi commenti? Devo intervenire?.

Saretta: no

Luponero: l’ho scoperta io!!!!

Sara osservò l’indicatore degli utenti collegati: erano oramai circa settanta.

Le arrivo una nuova chat.

Ezio: che belle tette che hai! Cos’hai, una quinta?

Saretta: esagerato! È una quarta.

Luponero: comunque complimenti, ragazza.

Saretta: grazie.

Ezio: cosa ne diresti di toglierti anche i pantaloni?

Sara si passò una mano tra i capelli.

Si stava divertendo, però temeva che il gioco le prendesse un po’ la mano. Era libera di fare quello che voleva, in fin lei conti.

E poi, le venne in mente, aveva anche le mutandine spaiate al reggiseno.

Saretta: non so se me la sento.

Ezio: dai!

Luponero: è come essere in bikini, cosa ti cambia?

Sara rimase qualche secondo a pensare l’obiettivo della webcam.

In quel momento le arrivò una chat dall’amministratore. “Sei libera di fare quello che vuoi, ovviamente. Però il mio dovere di amministratore è avvisarti che in questo momento in altre stanze ci sono ragazze che stanno facendo ben altro che farsi vedere in reggiseno. Rischi di perdere utenti”.

Sara guardò il contatore erano nuovamente scesi sotto i settanta.

In ogni caso, non avrebbe fatto niente oltre.

Lo strip per il professore e il bidello l’aveva colta in un momento di estrema eccitazione, e poi erano solo loro due.

Settanta persone erano da un pubblico piuttosto ragguardevole.

Saretta: va bene ragazzi, però non chiedetemi più niente, okay?

Prese il portatile e lo appoggiò sul letto, in modo da potersi distendere davanti.

Aprì il bottone dei jeans e se li sfilo.

Sotto aveva paio di mutandine bianche che mal si accoppiavano con il reggiseno nero.

Si sdraiò davanti al computer in modo da permettere alla webcam di inquadrarla a figura intera.

Ezio: sei uno spettacolo, Saretta! Avresti dovuto iscriverti prima a questo sito!

Lupnero: prima sarebbe stata minorenne.

Ezio: è vero, non avevo notato.

Sara sorrise. Facilmente quegli individui erano degli squallidi segaioli non meno del bidello, però sembravano essere piuttosto simpatici.

Ezio: ti piace fare i pompini?

Le arrivò subito il messaggio dall’amministratore: “se ti danno fastidio queste domande, lo banno”.

Sara digitò velocemente: non mi danno fastidio, non preoccuparti.

Cosa poteva rispondere? Non era una grande appassionata del sesso orale, soprattutto quando era lei a farlo, ma doveva immaginare cosa avrebbero voluto sentirsi dire i suoi nuovi amici.

Saretta: si, lo adoro!

Jackjack anale?

Le veniva da ridere

Saretta: anche!

Guardo l’indicatore degli utenti, erano circa centosessanta.

Non era ancora in grado di calcolare quanto avrebbe incassato, ma sicuramente sarebbe stato più dei quattro euro di quel pomeriggio.

Arrivò un nuovo utente.

Lince: cosa vuoi per toglierti il reggiseno?

Saretta: ciao Lince. Niente, non lo tolgo.

Lince: posso lanciare una colletta fra i ragazzi qui . Credo che qualcosa riuscirai a guadagnarlo

Sara guardò verso la webcam e con l’indice fece segno di no.

Ezio: io cinque euro li metto.

Lince: io anche.

Luponero: contate anche su di me.

La raccolta soldi si chiuse in qualche minuto. Sul piatto c’erano trentacinque euro.

Sara fece due conti: circa trentacinque euro erano sul conto, con questi sarebbero diventati settanta.

E, in più c’era la parte che le sarebbe derivata dagli utenti.

Forse non sarebbe arrivata subito a cento euro, ma non ci sarebbe andata distante.

Di quel passo, in un paio di giorni avrebbe potuto riscuotere i primi soldi.

Alla faccia di suo padre che le elargiva venticinque miseri euro a settimana!

Saretta: ok, ragazzi, ci sto. Ma non chiedetemi oltre.

Prima di cambiare idea si abbassò le spalline del reggiseno.

Sorrise alla webcam e con una mano sola sganciò la chiusura al centro della schiena.

Il reggiseno cadde in avanti, scoprendole il busto.

Istintivamente si coprì con le mani, poi prese coraggio e le tolse.

Ezio: wow sara, che bella! Sei una gioia per gli occhi!

Luponero: semplicemente stupenda!

Lince: cinque euro ben spesi

Sara arrossì, augurandosi che la bassa definizione della webcam non potesse rivelare il suo rossore.

Si passò una mano su un seno, sentendo il suo capezzolo eretto.

Tutti quei complimenti la stavano eccitando.

Si sporse verso la webcam, offrendo un generoso primo piano dei suoi seni.

Jackjack: il mio cazzo è marmoreo

Sara sentì un brivido al pensiero che quegli uomini si stessero toccando pensando a lei.

Il web offriva migliaia di ragazze, centinaia di webcam erano accese in quel momento, anche in quello stesso sito; eppure loro stavano guardando lei e avevano speso dei soldi per lei.

Si sentì tremendamente lusingata.

Pose le mani dietro alla nuca in modo da offrire uno spettacolo pieno dei suoi seni.

Rimase in quella posizione per qualche secondo, poi si chinò sulla tastiera.

Saretta: ora voglio farvi un regalo, ragazzi.

Prese l’elastico delle mutandine e lo scostò dal suo corpo, giocando come aveva visto fare in qualche spettacolo di strip.

Abbassò leggermente il bordo, scoprendo qualche centimetro di pelo pubico.

Ezio: dai! Dai! Dai!

Lince: facci godere!

In quel momento udì il suono di chiavi nella serratura.

La moglie di suo padre o sua figlia, Alice, stavano rientrando in casa!

Chiuse il laptop e si mise addosso una maglietta un attimo prima che la porta si aprisse e la luce si accendesse.

Era Alice.

“Che facevi?”, chiese.

“Niente. Stavo per andare a dormire”.

La ragazza le augurò la buona notte e si ritirò nella sua stanza.

Sara guardò il laptop, chiuso.

Era come se avesse chiuso i suoi amici fuori dalla sua stanza, si sentiva in colpa nei loro confronti.

Ci sarebbero stati anche il giorno dopo?

Sperò di sì.   

 

 

 

 

 

Fu durante la seconda ora, quella di storia, che a Sara arrivò la e-mail con il nuovo saldo del suo conto.

Era arrivata a novantun euro, appena al di sotto della soglia minima che le avrebbe permesso di ritirarli.

Subito provò un po’ di disappunto per essersi fermata a così breve distanza dal traguardo, poi ragionò che, obiettivamente, quella cifra era il frutto del lavoro di una sola giornata.

Anzi, poteva più correttamente dire come fosse il lavoro di una sola serata.

Ripensò alle persone con cui aveva chattato la sera prima.

Non aveva genericamente una buona opinione dei fruitori del porno on line, però questi erano stati comunque gradevoli con lei.

Penso al professor Maggio, chi avrebbe potuto dire che lui fosse appassionato del genere?

Per non dimenticare come tre suoi compagni e due loro mamme fossero state coinvolte in spettacolini hard.

Avrebbe potuto supporre questo di qualcuno di loro se non l’avesse saputo?

Ribaltando la questione, qualcuno avrebbe potuto dirlo di lei?

Questa cosa la fece sentire speciale.

Non era male avere una doppia vita: studentessa al mattino e stripper la sera.

Chissà se i suoi amici nella chat si erano offesi per la sua fuga precipitosa?

Aveva dovuto chiudere il collegamento senza dare nessuna spiegazione, l’avrebbero capito?

Quella sera era sabato, avrebbe dovuto uscire con delle amiche, ma penso che sarebbe stato meglio collegarsi nuovamente per rassicurare gli utenti.

Quello era marketing, stava alla radice di ogni attività di successo.

Loro era come se fossero suoi clienti, visto che pagavano.

Prese il telefonino e mandò un SMS alle sue amiche: quella sera aveva una cena in famiglia, inventò, e non sarebbe potuta uscire.

Rispose il telefonino e cominciò a pensare a cosa avrebbe potuto fare quella sera, una volta che fosse ritornata nel suo nuovo ruolo.

 

“Cosa hai, non esci?”, chiese Alice.

Sara distolse lo sguardo dalla televisione e guardò l’orologio.

“Sì, adesso mi preparo. Sai, Loredana è sempre in ritardo e non voglio aspettarla come sempre”, inventò.

Alice si pose davanti a lei in minigonna e calze a rete

“Sto bene così? Sono carina?”.

Sara la guardò con finto interesse. Nessuna delle due sopportava l’altra, ma convenzionalmente fingevano di andare d’accordo.

“Sei bellissima, sorellina. Vorrei essere come te”.

Alice non finse neppure un po’ di gratitudine per quel complimento, prese le chiavi della macchina e uscì

Sara era ora da sola, giacché Inna, la madre di Alice, era già uscita da qualche ora.

Suo padre era all’estero, quindi la donna non era con lui.

Non investigava mani su cosa facesse la nuova moglie di suo padre, ma dubitava uscisse sempre con delle amiche.

Alzò le spalle, erano fatti loro.

Spense il televisore e si spostò in camera sua.

Accese il computer e si collegò subito con il sito di “Amici on line” .

Dopo un paio di minuti vide la sua immagine nel riquadro della webcam.

Sorrise e fece un saluto con la mano.

Ezio: Saretta, ci eravamo preoccupati!

Lince: Hey, ben tornata, cosa era successo?

Saretta: chiedo scusa, era rientrata mia sorella.

Ezio: potevi far partecipare anche lei! Eh eh eh!

Saretta: non mi sembra il caso. Ma ora sono sola.

Luponero: lieto di vederti. E’ ancora presto e abbiamo tutta la serata a disposizione adesso.

Lince: già, Saretta, ci devi qualcosa. Ci hai lasciati tutti sul più bello.

Non sembravano offesi, pensò Sara. Anzi, si erano precipitati da lei non appena avevano visto che era on line.

Indicò i suoi indumenti.

Si era volutamente vestita in maniera molto semplice, con una felpa e pantaloni della tuta.

Saretta: che dite, sto bene vestita così?

Ezio: stai bene sempre, però io preferisco quando te li togli.

Bombolo: dai facci vedere le tette!

Guardo il numero degli utenti collegati, erano già novantacinque, anche se lei era ancora in felpa.

Saretta: che dite, ragazzi, mi metto un po’ più leggera? Fa un caldo qui!

Lince: si si si

Ezio: non aspettiamo altro

Jackjack: vedo che arrivo in tempo.

Mandò un bacio verso la webcam e si sfilò la felpa.

Questa volta sotto aveva indossato uno dei suoi completi preferiti, in pizzo nero

Ezio: sei sempre uno spettacolo, Saretta.

Bombolo: cazzo che tette! Devo essermi perso qualcosa ieri.

Lince: sempre bellissima, Saretta, ma questa volta non lasciarci a bocca asciutta .

Sara sorrise alla webcam, mandò loro un bacio e, con sguardo interrogativo, indicò verso i pantaloni della tuta.

Saretta: li levo o li tengo?

Jackjack: che domande? Toglili subito!

Lince: non pensare neppure a fermarti.

Sara si alzò in piedi e, con un movimento rapido, si tolse anche pantaloni.

Era sdraiata sul letto in modo che la webcam potesse inquadrarla in maniera intera.

Si rivide sul computer e si trovò veramente attraente.

Chissà quanti di loro avevano già estratto il membro pronti a toccarsi per lei.

Questa cosa la mandava terribilmente su giri.

Si sedette a gambe incrociate e guardò direttamente in camera.

Saretta: ragazzi, cosa volete che faccia ora?

Sara guardò fisso verso la webcam e abbassò la spallina sinistra del reggiseno.

Ezio: dai, Sara, farci sognare

Bombolo: meno male che oggi ci sono anche io!

Sara sorrise, cercando di essere ammiccante, e abbassò anche l’altra spallina.

Le coppe cedettero leggermente sotto il peso del seno e una piccola parte del capezzolo fece capolino oltre la stoffa.

Lasciò passare qualche secondo, cercando di aumentare la tensione.

L’indicatore degli utenti segnava centoottantadue spettatori.

Niente male per una che, fino a quel momento, era ancora vestita

Portò le mani dietro alla schiena e si liberò del viaggetto, lasciando che il reggiseno cadesse sul materasso.

Jackjack: diamine sei sempre uno spettacolo!

Vince: ho il membro marmoreo.

Sara si mise in ginocchio e si protese verso la webcam, in modo tale da far risaltare in primo piano i suoi seni.

Questa situazione la eccitava, tanto che i suoi capezzoli erano già duri.

Si mise a sedere sui talloni e con i polpastrelli si stimolò i capezzoli.

Le mani erano fredde, forse per la tensione, e sentì subito un gradevole sbalzo di temperatura.

Prese entrambi i seni e li massaggiò con i palmi delle mani.

Era forse il caso di andare oltre?

La sera prima le avevano offerto dei soldi, doveva aspettare quel momento?

In fondo, anche le altre lo facevano.

Poteva considerarla quasi una questione di principio

Saretta: trenta euro e le mie mutandine spariscono

Ezio: Dai, così sei crudele!

Lince: ragazzi, se fate una colletta io ci sono!

Bombolo: anche io

Jackjack: possiamo anche pagare, però ci devi garantire almeno mezz’ora di spettacolo.

La richiesta era ragionevole, anche se Sara si domandò cosa avrebbe potuto fare per mezz’ora.

Forse non sarebbe servito niente di più oltre che mostrarsi, pensò.

Saretta: va bene, trenta euro e mezz’ora nuda davanti a voi.

Una finestra si aprì dopo qualche secondo per informarle che sei utenti le avevano versato complessivamente trentasette euro.

Erano stati addirittura più generosi.

Si mise in ginocchio sul materasso e abbassò leggermente le mutandine, in modo da mostrare un po’ di pelo pubico.

Si toccò ancora il seno e con le unghie si accarezzò la pelle sotto l’ombelico.

Era già molto eccitata, ma per fare quello che si accingeva a fare avrebbe dovuto essere veramente su di giri.

Abbassò le mutandine fino alle ginocchia, portando le mani dietro alla nuca in modo da offrire alla webcam una visuale completa del suo corpo..

Notò in quel momento che aveva un’abbronzatura uniforme.

In vacanza aveva preso il sole nuda? Non si ricordava, ma sarebbe stato strano.

Forse aveva solo fatto qualche lampada un centro estetico

Con un movimento rapido si liberò delle mutandine e le gettò di lato

Sempre rimanendo in ginocchio si avvicinò al computer e orientò la webcam in maniera tale che la riprendesse dal basso verso l’alto.

In quella maniera offriva agli suoi spettatori un primo piano del suo sesso e una visione dal basso dei suoi seni.

Si eccitò guardandosi nel riquadro.

Non aveva mai pensato a se stessa in quei termini, ma si disse che non aveva niente da invidiare a ragazze più scafate che aveva visto nelle altre stanze.

Ezio: Sara, ti scoperei tutta!

Jackjack: ci sono anche io.

Sara si passò una mano lentamente su tutto il corpo, partendo dal seno destro e terminando sull’inguine.

Quando le sue dita incontrarono la vulva sentirono che era umida.

Le stava piacendo, ma avrebbe potuto capirlo anche dal battito del cuore, che sentiva sensibilmente accelerato.

Ezio: Sara, sei fantastica, non fermarti!

Jackjack: ho il cazzo d’acciaio!

Sara tornò a sedersi sul letto, questa volta posizionando il computer tra le gambi e reclinando la schiena all’indietro.

In quella maniera, offriva alla webcam un primo piano della sua vagina.

Si appoggiò sugli avambracci e guardò anche lei nel riquadro dei computer, cercando di immedesimarsi nei suoi spettatori.

Avrebbe mai detto che si sarebbe trovata a fare qualcosa del genere?

E, soprattutto, che le sarebbe piaciuto?

Con l’ultima falange scoprì il clitoride e, appoggiato il polpastrello sopra, prese a descrivere dei rapidi movimenti circolari.

Ora era bagnata, i capezzoli erano talmente duri da farle male.

Con le dita della mano sinistra si afferrò un capezzolo e lo strinse forte, mentre insinuava dentro di sé due dita della mano destra.

Stava benissimo, una parte di lei non vedeva l’ora di venire e di godere, mentre un’altra parte sperava che tutto durasse molto.

Si sentiva veramente una porca, ma le piaceva.

Guardò di sfuggita il contatore, e vide che c’erano oltre settecento persone a guardarla.

Settecento! Era quasi come se tutti i maschi della sua scuola fossero collegati.

Per un attimo la sua mano si fermò, incerta, domandandosi se forse non era esagerato.

Tra settecento persone poteva esserci di tutto.

Maniaci sessuali, preti, donne, adolescenti…

Questo pensiero, anziché intimidirla, la eccitò ancora di più.

Affondò due dita dentro di sé, sentendo subito l’umido dei suoi umori.

Allargò meglio le gambe per offrire al suo pubblico uno spettacolo più dettagliato. Nel fare questo, si volse verso il comodino, dove da anni stazionava un candelabro, mai utilizzato

Allungò la mano e staccò una candela dal suo supporto.

La accostò al suo inguine, sfiorandosi leggermente con l’oggetto.

Lince: Sara, dimmi che stai per fare quello che ho pensato io.

Bombolo: ficcatela dentro e entrerai in di prepotenza tra le mie webcam girls preferite!

Jackjack: ci stai facendo impazzire!

Kevin: come on!

Sara solleticò la fessura tra le due labbra con la base della candela. La sensazione era piacevole.

Con cautela, allargò le labbra e la insinuò dentro. Entrava senza difficoltà

Trasse un sospiro e la fece entrare completamente dentro di lei.

Non poté trattenere un gemito, mentre quell’oggetto, leggermente più freddo rispetto al suo corpo, si faceva strada dentro di lei.

La sensazione era strana ma bella.

La candela si scaldò in pochi istanti, così Sara prese a farla entrare e uscire da lei.

Non era enorme, sicuramente esistevano membri maschili più grossi, ma la situazione la stava portando ad un livello di eccitazione estrema.

Pensò che aveva promesso ai suoi amici almeno trenta minuti di spettacolo, non era ancora il momento di venire.

Guardo ancora verso il comodino, verso il candelabro.

C’era ancora una candela.

Si protese verso il comodino e prese anche l’altra candela.

Guardò intensamente verso la webcam, sentendosi più forte grazie all’immagine che lo schermo le restituiva.

Sembrava una ragazza tosta, consapevole di quello che sta facendo.

Settecento persone la stavano guardando, e lei aveva rapito l’attenzione di tutti loro.

Erano loro ad essere nelle sue mani, non il contrario.

Sempre guardando verso la webcam, indirizzò la candela nuovamente verso il suo inguine.

Mettendosi a favore di camera, con la mano libera allargò le chiappe di qualche centimetro e appoggio la candela all’ano.

Trasse un sospiro e, con un movimento rapido, la fece entrare nel sedere.

La sensazione immediata fu fantastica.

La nuova candela sembrava quasi toccare quella che già era dentro di lei. Si sentiva violata in entrambi i suoi orifizi, e le piaceva.

Con una mano impugnò le estremità che sporgeva della candela dentro il suo sedere, poi fece lo stesso con l’altra.

Chiuse gli occhi e prese a descrivere con ogni candela un movimento circolare.

Milioni di terminazioni nervose vennero sollecitate da questo movimento, sentì il piacere dentro di lei esplodere come una bomba atomica.

Ora non c’era più la webcam o “Amici on line”, c’era soltanto lei che stava concedendo a se stessa un momento di estasi estrema.

I movimenti con le mani divennero sempre rapidi e ficcanti.

Ora non c’era più strategia, non le importava se fossero passati trenta minuti o no.

Voleva godere e voleva che capitasse in fretta, prima che quel momento scemasse.

Dal suo inguine si propagò una sensazione simile al calore.

Si raggomitolò su se stessa e chiuse gli occhi, preparandosi all’orgasmo che l’avrebbe travolta.

Un brivido le corse lungo il corpo e spalancò la bocca, emettendo una specie di ululato strozzato.

Lasciò che il piacere fluisse dentro di lei, poi riaprì gli occhi.

Oltre novecento persone avevano assistito al suo orgasmo.

Sfilò le candele dal sedere e dalla vagina, sentendosi subito più vuota.

Sorrise alla camera, mentre la chat sembrava impazzire.

A giudicare da quanto stava leggendo, non era stata la sola a venire.

Saretta: ragazzi, è stato bellissimo. È stata la prima volta per me e sono contenta che sia capitato assieme a voi.

Mandò un bacio alla webcam e chiuse il laptop.

Quando Sara aprì la posta, vide una mail dal amministratore di “Amici on line”.

Il soggetto era: “Teo richiede una chat privata con te”.

Aprì la mail e lesse il contenuto.

Si trattava di una variante rispetto alla solita chat video. Non ci sarebbero stati altri utenti collegati, ma sarebbe stata solo una questione da lei e questo utente, Teo appunto.

Avrebbe potuto parlare direttamente con quella persona anziché limitarsi a scrivere e avrebbe dovuto fare quello che le veniva richiesto.

Sara alzò le spalle. Non sarebbe stato nulla di particolare rispetto a quello che già faceva, anzi, avere una sola persona dall’altra parte della webcam la faceva anche sentire più tranquilla.

Vide l’elenco di quanto Teo desiderava. Era tutta roba fattibile: voleva che ci fosse solo lei, voleva sentire la voce, voleva che lei si toccasse.

Le chiedeva inoltre di procurarsi una webcam wireless in modo da poterla sposare con facilità senza portarsi dietro tutto il computer e un auricolare bluetooth.

Per avere tutto questo, era disponibile a pagare quaranta euro, oltre a rimborsarle il materiale.

Al fondo della mail, l’amministratore chiedeva di accettare o rifiutare la proposta e, in caso positivo, di fissare un orario.

A quanto sembrava, questo Teo doveva essere uno studente o un disoccupato, perché non le dava alcuna limitazione di orario.

Era necessario essere precisa con questa persona.

Con tutti gli altri avrebbe potuto permettersi di poteva permettersi di accendere la webcam quando voleva, tanto qualcuno trovava sempre; se invece questo spettacolo doveva essere per una sola persona, era indispensabile essere puntuali.

Non solo, doveva essere anche certa che nessuno l’avrebbe interrotta.

Guardò l’orologio: erano le quattro del pomeriggio. Avrebbe potuto andare a comprare la webcam quello stesso giorno, e fare tutto l’indomani mattina.

Tanto a scuola non aveva niente di particolare e in questa maniera sarebbe data certa di non avere Alice in casa.

Rispose alla mail e confermò che poteva andare bene per la mattina successiva, alle undici.

Voleva avere anche il tempo di depilarsi e prepararsi.

Uscì rapidamente per andare al centro commerciale vicino a casa sua.

Proprio mentre vagava la webcam, le arrivò sul telefonino la mail con cui le comunicavano che Teo aveva accettato l’appuntamento.

“Sara, non vieni a scuola?”.

Era Alice che la scuoteva.

Sara grugnì che non si sentiva bene e non sarebbe andata a scuola.

Alice la guardò con disapprovazione.

“Già ti sei persa un mese, non mi sembra il caso di fare altre assenze!”, commentò acida; poi si voltò su se stessa e se ne andò.

Sara attese una decina di minuti che la casa fosse silenziosa, poi si alzò.

Si depilò le gambe, si piastrò i capelli e si spalmò una crema idratante.

Paradossalmente, si stava preparando come se avesse un appuntamento.

In un certo senso ce l’aveva, però.

 

Quando mancavano una decina di minuti alle undici accese il computer e attese qualche secondo che si aprisse la sua finestra video.

Non avendo avuto disposizioni in merito, si era vestita in modo semplice, come di solito faceva in webcam.

Attese un paio di minuti, poi un messaggio sullo schermo la informò che Teo era on line e che nessun altro avrebbe potuto visualizzare quella chat..

“Buongiorno, Sara lieto di vederti”, disse una voce dalle casse del computer.

Sembrava una persona giovane.

“Ciao, Teo. Cosa posso fare per te?”, rispose Sara.

Si sentiva in forte imbarazzo, era una situazione nuova per lei. Era una specie di uscita a due senza esserlo.

“Non preoccuparti, Sara. Abbiamo un po’ di tempo per conoscerci, mi piacerebbe fare due chiacchiere con te. Sei rilassata?”

Sara annuì, anche se non lo era

“Sì, lo sono. Almeno ci provo”

“Okay. Ora mi piacerebbe che ti spogliassi. Vuoi farlo?”.

Cominciamo subito, pensò Sara. Avrebbe potuto dire di no?

In fin dei conti, sapeva benissimo che sarebbe successo,

“Faccio tutto quello che vuoi, Teo”.

Si liberò dei vestiti, cercando di non essere troppo sbrigativa ma neppure il contrario

Dopo un paio di minuti si era tolta tutto.

Si sdraiò davanti al computer in modo da essere inquadrata completamente.

“Sei una bella ragazza, non posso credere che tu non abbia un ragazzo”, disse Teo.

Sara alzò le spalle. “Per adesso è così, prima o poi ne conoscerò uno”

“Sicuramente capiterà  -disse Teo – Mi piacerebbe conoscerti meglio, se posso”

“Certo, volentieri. Di cosa vuoi che parliamo?”

Non era male fare conversazione, le sembrava un po’ strano farlo senza vestiti.

La stupiva, inoltre, che qualcuno fosse disposto a pagare dei soldi solo per parlare con lei.

Anche se, in fondo, forse l’unica cosa che ancora non aveva fatto in chat era chiacchierare.

“Mettiti l’auricolare per piacere, e prendi la webcam wireless”, disse Teo.

Sara incastrò l’auricolare sull’orecchio e prese la piccola telecamera.

Era grande come un pacchetto di fiammiferi, stava comodamente in mano

“Mi piacerebbe vedere casa. Mi fai fare un giro?”.

Sara sorrise, prese la webcam e uscì dalla stanza.

“Ecco, qui c’è il corridoio comune – spiegò – Qui a sinistra la camera di mia sorella”

“Hai una sorella? Non lo sapevo, quanti anni ha?”.

“Non è una sorella biologicamente. Mio padre si è sposato con una donna che già aveva una figlia. Ha la mia età”.

“Mi stai a vedere camera sua?”.

Sara entrò nella stanza di Alice. Le faceva strano essere nuda in quel posto. Con la webcam eseguì una carrellata sulla stanza

Leo chiese di indirizzare la telecamera verso una foto appesa alla parete in cui Alice era sorridente in spieggia.

“E’ carina tua sorella. Perché non la convinci a partecipare alle tue riprese?”

Sara scosse la testa

“No, sicuramente non sarebbe d’accordo. E poi io e lei non abbiamo una grossa intesa, è difficile che facciamo qualcosa assieme”.

“È una bella stanza – disse Teo – La tua mi è sembrata molto più semplice. Come mai?”.

Sara non aveva voglia di stare a spiegare tante cose

“Io è da poco che mi sono trasferita qui – spiegò – e mi hanno dato una stanza che avevano in più. Ci vorrà un poco di tempo per personalizzarla”.

Con la webcam eseguì una carrellata sulla stanza di Alice.

“Cos’è quella porta?”, chiese Teo.

Sara inquadrò una porta di legno chiusa.

“La stanza di mia sorella ha il bagno padronale”.

“Bello! Me lo fai vedere?”

Sara aprì la porta e penetrò nel bagno con la telecamera.

Ebbe un moto di sorpresa quando si vide nuda riflessa nello specchio.

Anche Teo fece caso all’immagine: “Tua sorella è carina, ma tu sei veramente sexy”

Sara arrossì leggermente e lo ringraziò.

Fece una carrellata sul bagno, poi si voltò per tornare nella stanza e uscire.

Era a disagio lì dentro, anche se sua sorella era a scuola.

“Aspetta! – disse Teo – quello che vedo accanto al lavandino è uno spazzolino elettrico?”.

Sara prese in mano l’oggetto azzurro e lo portò a favore di camera.

Era effettivamente uno spazzolino elettrico.

“Prendilo, e torna nella stanza”.

Sara eseguì.

“Ora sistema la telecamera in modo che possa inquadrare il letto, ma non toglierti l’auricolare”, ordinò Teo.

Sara appoggiò la camera su una mensola e si sedette sul letto.

“Perfetto, ti vedo benissimo – disse – Ora sdraiati sul letto per piacere. Solleva le braccia, voglio vederti bene”.

Sara chiuse gli occhi e fece quello che le era stato chiesto.

Il letto di Alice emanava il suo profumo, le sembrava che lei fosse presente.

“Mi è sembrato di cogliere dell’astio nei confronti di sua sorella?”.

“Non è mia sorella – ribadì Sara – Hai colto bene, non andiamo d’accordo”.

“Come mai?”.

“Non lo so. Mi tratta sempre con superbia, come se lei fosse più intelligente di me”

“Mi dispiace molto, non deve essere facile per te”.

Sara alzò le spalle. “Pazienza, tanto presto o tardi me ne andrò via di qua. Faccio quello che faccio in Internet anche per guadagnare dei soldi per permettermi una casa mia”

“Allora sono lieto di partecipare alla chat. Ora che lo so verrò a chiamarti spesso”.

Sara non capiva cosa volesse questo ragazzo.

Fino a quel momento avevano di fatto solo chiacchierato. Non era male, ma le sembrava strano.

“Ora voglio aiutarti a fare un dispetto a tua sorella”, disse Teo.

Sara rimase in silenzio, non sapeva cosa avrebbe dovuto dire.

“Prendi lo spazzolino elettrico, accendilo e appoggiatelo sul clitoride”.

Sara guardò verso la telecamera con sguardo sgranato.

“Sei sicuro?”.

“Sì, questo è un ordine e voglio che tu lo esegua. Adesso”.

Sara prese lo spazzolino elettrico e lo attivò. La piccola testina di setole si mise a vibrare con un sommesso ronzio.

La accostò al clitoride e ve lo appoggiò con cautela. La prima sensazione fu come una scossa elettrica e lo ritrasse subito.

“Sara, fai quello che ti dico. Devi lasciare lo spazzolino appoggiato sul clitoride”.

Sara annuì in silenzio e ripetè l’operazione.

Questa volta vinse la tentazione di allontanarlo dal proprio corpo e lo lasciò vibrare.

Passata la prima sensazione di disagio, sentì qualcosa muoversi dentro di lei.

La sensazione era un misto di dolore e piacere, ma era sopportabile.

Si distese sul letto e lasciò che l’apparecchio continuasse il suo lavoro.

Sentiva il respiro di Teo nell’auricolare, non diceva nulla.

Con una mano si toccò un seno, poi se la passò sulla pancia.

Lo spazzolino continuava a vibrare, nel fratttempo la natura aveva seguito il suo corso naturale e si stava bagnando.

I suoi umori, lubrificando le setole dello spazzolino, attenuavano la sensazione di dolore e lasciavano quella di piacere.

Premette lo spazzolino con un po’ più di forza.

Il fatto di non poter controllarene il movimento, come invece faceva quando si toccava con le dita, le procurava un effetto decisamente più efficace.

Dalla sua gola uscì un verso simile a un rantolo.

Non mancava molto.

“Sto per venire”, sussurrò a Teo attraverso l’auricolare.

“Non ti preoccupare, fai quello che devi”, le disse con tono caldo.

Sara aumentò ancora un po’ la pressione, sentendo le terminazioni nervose del suo clitoride diffondere nel suo corpo una sensazione estrema di piacere.

Inarcò la schiena e si strinse un seno con la mano sinistra.

Ora mancava veramente poco.

Spalancò la bocca in cerca di aria e allargò ulteriormente le gambe.

Non aveva idea di che spettacolo stesse offrendo a Teo, ma si sentiva eccitata come lo era stata poche volte.

Ancora una nuova scarica le arrivò dal basso ventre e questa volta fu l’ultima.

L’orgasmo le arrivò fortissimo e non si trattenne dal lanciare un urlo, seppur sommesso.

Lasciò che il piacere le facesse vibrare il corpo per qualche secondo, poi spense lo spazzolino e si voltò su un fianco in posizione fetale, volgendosi verso la telecamera.

“Sei stata uno spettacolo, Sara”, disse Teo.

Sara gli sorrise e gli mandò un bacio attraverso la telecamera.

“Il nostro tempo è finito, purtroppo – aggiunse Teo – ma sicuramente ci vedremo ancora. Ora voglio che tu riponga lo spazzolino nel bagno senza lavarlo. Poi farti una doccia e rivestiti”.

Sara annuì.

“Sei stata bene con me?”.

“Molto”.

“Mi piacerebbe rivederti. Accetterai?”.

“Volentieri”.

Sara sentì nell’auricolare il suono di un bacio.

“Allora ci vediamo presto. Buona giornata, bella ragazza”.

Il collegamento si interruppe.

“Salvatore: cinque”.
“Valerio: cinque mezzo”.
“Giuseppina: cinque mezzo”.
“Tiziana: cinque mezzo”.
“Luca: sei”.
Dalla classe si levò un mormorio di soddisfazione.
Il professore di chimica usava consegnare gli esiti delle prove scritte in ordine crescente. Se si arrivava al sei senza aver ancora sentito il proprio nome, ci si poteva considerarsi salvi.
Anche Sara tirò un sospiro di sollievo. Quella volta si era impegnata molto ed era contenta di aver svolto una prova sufficiente.
Ovviamente non poteva dimenticare il trattamento di favore che le aveva riservato il professore la volta precedente, però era orgogliosa di poter dimostrare, a se stessa ma anche a lui, di poter essere preparata.
Piuttosto, era stupita per Lorenzo.
Il compagno, qualche giorno prima, le aveva confessato di essere molto preoccupato perché non aveva potuto studiare e temeva che avrebbe preso un voto molto negativo; invece non era stato ancora chiamato, segno che evidentemente non era andata così male.
Lorenzo sedeva due file davanti alle lei, poteva vedere chiaramente come fosse molto nervoso. Lo era anche in quel momento, pur nella consapevolezza di aver scampato l’insufficienza.
Il professore continuò a snocciolare voti, terminando con un tondo dieci a Massimo.
Sara prese un sei e mezzo: non troppo male, era onestamente il voto a cui aveva puntato.
Il professore chiuse il registro e si alzò in piedi, salutando i ragazzi e rimandandoli alla successiva lezione.
Lorenzo non era stato chiamato.
Cosa era successo?
C’era qualcosa di strano.
Tutti i ragazzi si alzarono per svolgere l’intervallo, in quel momento Sara vide il professore avvicinarsi a Lorenzo.
Prese velocemente dalla borsa gli auricolari dell’ iPod e li mise nelle orecchie, senza però accendere il dispositivo.
Fece ondeggiare ritmicamente la testa come se stesse ascoltando della musica, nel frattempo si alzò in piedi e si portò vicino a Lorenzo, fingendo nel contempo di rispondere ad un messaggio sul telefonino.
Si fermò a meno di un metro da lui, dandogli le spalle.
Il professore guardò nella sua direzione, ma vide che lei era concentrata su altro.
“Alle nove stasera sul retro della scuola”, disse semplicemente il professore.
Guardò ancora nella direzione di Sara e, accertato che non aveva sentito nulla, si allontanò rapidamente.
Sara lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, poi osservò Lorenzo.
Il ragazzo sembrava turbato.

Sara arrivò nel retro della scuola quando mancavano dieci minuti alle nove.
Posteggiò la sua auto sotto un albero, lontana dagli lampioni, in modo da poter osservare senza essere vista. Spense i fari e si mise in attesa.
Dopo cinque minuti incominciarono ad arrivare delle auto. Erano quasi tutte occupate da uomini soli, che, una volta parcheggiato, si dileguavano attraverso una porta metallica sul retro della scuola.
Sara non aveva mai notato quella porta, o se l’aveva fatto aveva ritenuto che fosse nulla di importante.
Dopo un paio di minuti vide sopraggiungere la Panda rossa di Lorenzo. Il ragazzo aspettò a bordo sino a quando non sopraggiunse un’altra vettura.
La conosceva anche lei: era quella del professore.
L’insegnante scese dall’auto e si diresse verso Lorenzo, che aprì la portiera e diede la mano all’uomo.
Si scambiarono qualche battuta, poi il professore gli batté sorridendo sulle spalle e insieme si avviarono verso la porta.
Sara rimase immobile in auto. Cosa avrebbe dovuto fare?
A parte il fatto che non erano affari suoi, era però molto incuriosita da tutto.
Poteva essere che, alla fine, il professore volesse solo dare delle ripetizioni a Lorenzo?
Era possibile, ma non le sembrava il contesto giusto.
Era molto curiosa.
Arrivarono ancora altre quattro auto.
Anche da queste scesero degli uomini, tranne una, da cui scende una donna.
Cosa voleva fare? Giunta a quel punto, o se ne andava, o provava a entrare nell’edificio:a stare lì non avrebbe comunque capito nulla.
Stava quasi per mettere in moto la auto, quando sopraggiunse un’altra vettura; da questa scese una donna.
Dal suo punto di osservazione non riusciva a vederla in volto, tuttavia le sembrava una figura familiare.
Che fosse una sua insegnante?
Ora era veramente curiosa.
Attese che anche la donna penetrasse nell’edificio, poi scese dall’auto. Si accostò alla porta e tese l’orecchio per carpire eventuali suoni. Sembrava silenzioso.
Afferrò la maniglia e la girò. Era aperta.
Aprì la porta ed entrò nel buio dell’edificio.

Il locale sembrava essere un vecchio archivio o un magazzino. C’era odore di muffa e di polvere.
Quando i suoi occhi si abituarono all’oscurità, vide in lontananza una lingua di luce.
Si diresse verso quella direzione, sentendo, a mano a mano che si avvicinava, un sommesso brusio di voci.
Si accostò alla porta e sbirciò dentro con cautela.
Quello che vide fu  un grosso locale, estremamente spoglio, dove si erano radunate tutte le persone che aveva visto arrivare.
Anzi, probabilmente qualcuno era già presente, perché approssimativamente contò una ventina di persone.
Gli uomini erano tutti in smoking, le tre donne erano vestite in abito da sera.
Non riuscì a riconoscere tutti.
Oltre al professore, individuo il bidello – che in smoking sembrava un insaccato – e un altro insegnante di un’altra sezione.
Non conosceva nessuna delle tre donne, anche se tra di loro non vedeva l’ultima arrivata.
Forse, essendo giunta tardi, si stava cambiando in quel momento.
Vide che tutti stavano guardando nella stessa direzione, così si sporse per vedere anche lei.
In una zona che lei non aveva individuato prima, sorgeva un palo apparentemente piantato nel terreno.
A quel palo era legato Lorenzo, completamente nudo.
I polsi erano fissati oltre la sua testa, la bocca era imbavagliata con un fazzoletto.
Sara non l’aveva mai visto senza vestiti, neppure al mare. Apprezzo il fisico del ragazzo: era magro ma muscoloso allo stesso tempo.
Anche la sua dotazione sessuale non era irrilevante.
Si chiedeva però cosa ci facesse lì e cosa stesse per capitare.
È vero che c’erano anche tre donne, ma non le sembrava che né il professore di chimica, né il bidello si sarebbero mossi semplicemente per vedere un giovane ragazzo.
Sara vide che l’attenzione dei presenti veniva distolta da qualcosa. Seguì la direzione dei loro sguardi e vide che una porta sul fondo della sala si stava aprendo.
Una donna, anche lei in abito da sera, stava entrando, sorretta da due uomini.
Sara si domandò il motivo di quell’accompagnamento; lo capì quando la donna fu più vicina a lei: era bendata.
Gli uomini, anche loro in smoking, condussero la donna fino al centro della sala.
Tra i presenti calò un silenzio carico di tensione.
Sara capì di chi si trattava: era l’ultima arrivata, quella con i capelli lunghi e ricci.
Da qualche parte si diffusero le note di un brano di musica classica, poteva essere Schubert.
La donna non disse una parola, ma cominciò a liberarsi dei vestiti.
Si fece aiutare da uno dei due uomini ad abbassare la lunga cerniera sulla schiena, poi lasciò cadere l’abito ai suoi piedi.
Sotto indossava un bel completo di pizzo nero e un paio di autoreggenti grigie.
In quel momento, Sara riconobbe la donna.
Le era sembrata familiare da subito, ma solo in quel momento capì dove l’aveva già vista.
Era la madre di Lorenzo.
Guardò verso il ragazzo che, legato al palo, guardava anche lui verso la madre, anche se il bavaglio gli impediva di dire alcunché.
La donna si liberò del reggiseno, poi si abbassò le mutandine fino alle caviglie, quindi vi saltò fuori.
Era sempre stata una bella donna, Sara ricordava su di lei dei commenti un po’ eccessivi da parte dei suoi compagni che erano stati pesantemente redarguiti da Lorenzo.
Doveva avere poco più di quarant’anni, ma si capiva dal fisico come fosse una persona abituata ad andare in palestra e, più in generale, a prendersi cura di se stessa.
La fede luccicante al suo anulare sinistro ricordò a Sara come fosse ancora sposata.
La donna prese a ondeggiare lievemente al suono della musica, passandosi le mani sul corpo e giocando con i propri capezzoli.
Sara guardò verso il figlio. Forse era un’impressione, ma le parve che il membro di lui si stesse irrigidendo.
L’uomo alla sinistra della donna si slacciò i pantaloni e si abbassò i boxer.
Il suo, di membro, era invece decisamente in erezione.
Prese la mano della donna e la portò verso il proprio organo. Lei annaspò per qualche secondo, fino a quando non incontrò il sesso dell’uomo, a quel punto lo strinse.
Si pose di fronte a lui e, pur senza vederlo, prese a masturbarlo.
La scena era carica di erotismo, tutti erano in silenzio a guardare la scena.
L’uomo dopo poco prese ad ansimare, la donna accelerò ancora di più il movimento della mano, sino a quando l’uomo non venne.
Lo schizzo di sperma la colpì sulla pancia, ma sembrò non curarsene.
Si voltò quindi verso l’altro uomo.
Anche lui dovette prenderla per mano per condurla da lui, ma questa volta non le portò la mano al sesso.
Afferrandola per i fianchi, la fece mettere di spalle rispetto a lui, poi, appoggiandole una mano sulla schiena, la fece piegare a novanta gradi.
La donna appoggiò le mani sulle ginocchia e allargò le gambe.
L’uomo si abbassò i pantaloni e inserì il membro nella fessura tra le natiche di lei.
Lei allargò ancora un po’ le gambe per favorire il passaggio del pene, poi l’uomo la prese per i fianchi e cominciò a muovere ritmicamente il bacino.
Non la stava penetrando, si limitava a stimolare il proprio organo attraverso la frizione con le natiche di lei
Sara guardò verso Lorenzo. Questa volta era visibilmente in erezione, e con lo sguardo seguiva la scena con estrema attenzione.
Era la prima volta che capitava una situazione del genere?
L’uomo aumentava sempre di più la frequenza dei movimenti pelvici, mentre con le mani cercava i seni della donna. Pose le mani a coppa sulle sue tette, mentre chiudeva gli occhi per assaporare il momento.
Spalancò decisamente la bocca e venne, depositando un quantitativo notevole di sperma sulla schiena della donna.
Il professore si staccò quindi dal gruppo e andò verso di lei.
La prese per mano e insieme si avvicinarono al palo dove era legato suo figlio.
Tutti erano in silenzio, la tensione era palpabile.
Il professore premette sulla spalla della donna affinché lei si inginocchiasse. Lei lo fece senza resistenze.
Le prese quindi la mano e la indirizzò verso i genitali del figlio.
La donna afferrò saldamente il membro del ragazzo e, dopo un attimo di assestamento, prese a masturbarlo.
In quel momento Sara capì: lei non sapeva che si trattava del figlio!
Era quello il motivo per cui era bendata, e per lo stesso motivo Lorenzo era imbavagliato.
Questa consapevolezza provocò grande eccitazione in sala.
La donna fece scorrere le dita sul pene del ragazzo per un paio di minuti, poi vi accostò la testa e lo prese in bocca.
Lorenzo chiuse gli occhi, provando un mix di emozioni che lo portavano ad essere sia imbarazzato che eccitato.
La donna, inconsapevole della persona con cui stesse avendo a che fare, continuava a lavorare di bocca.
Con due dita descriveva una specie di anello alla base del pene del ragazzo, fornendogli così un ulteriore stimolazione.
Sara vide che Lorenzo cominciava ad agitarsi nei legami, i muscoli addominali sembravano tendersi, non capiva se stava per venire o se stava cercando di liberarsi.
Si udì una specie di mugolio provenire dal ragazzo, poi Sara vide un rivolo di sperma colare da un angolo della bocca della donna.
Lorenzo era venuto..
Il professore toccò la donna su una spalla e questa si alzò in piedi.
Sara era basita, non poteva credere a quello che aveva visto.
La donna tornò verso il centro della stanza, sempre bendata e inconsapevole di quando aveva appena fatto.
Sara sentì in quel momento una vibrazione provenire dalla tasca posteriore dei jeans.
Era il telefonino, era rimasto acceso!
Portò una mano verso la tasca: era impostato per mettersi a squillare dopo la terza vibrazione, aveva poco tempo.
Prese il telefonino in mano e premette freneticamente i tasti per silenziarlo, riuscendo a soffocare lo squillo.
Trasse un sospiro e indirizzò lo sguardo nuovamente verso la sala.
Alcuni uomini si erano portati attorno alla mamma di Lorenzo e si stavano spogliando.
Non vide il professore,
che doveva essere in disparte.

Cercò nel gruppo degli uomini in disparte e lo individuò in una zona in penombra.
Lui la stava guardando.
La ragazza trasalì e fece un passo indietro, allontanandosi dall’uscio.
Magari era un caso, forse stava solo guardando nella sua direzione.
Guardò di nuovo verso il professore, il quale non sembrava aver cambiato il punto di osservazione.
Sara si girò e si portò verso l’uscita. Non era il caso di rimanere lì nemmeno per un altro istante.
Uscì all’aperto e si chiuse in auto.
Che cosa aveva visto?
Chi erano quegli uomini, dei maniaci sessuali?
E Lorenzo, come era finito in quel giro? Forse come lei, per farsi promuovere.
E sua madre?
Avviò la macchina e si portò verso casa.

Al terzo semaforo ricevette un messaggio sul telefonino.
Arrivava da un numero che non conosceva, ma capì subito di chi fosse.
Diceva: “La prossima volta sarai tu la protagonista”

Sara sbattè la penna sul tavolo con disperazione, guardando sconsolata il foglio pieno di numeri e simboli.
Alice, sul divano accanto a lei, la guardò interrogativa.
“Cosa succede?”.
Sara scosse la testa: “Ho il compito in classe di matematica tra due giorni e non ci capisco un cazzo! Non ce la farò mai!”
Alice tornò a guardare la televisione: “Mi dispiace, purtroppo neppure io sono brava. Sei messa molto male?”.
“All’orale ho preso cinque, quindi devo prendere un voto dal sette in su. Ma, messa come sono ora, non credo andrò oltre un altro cinque”
Alice si passò una mano tra i capelli. “Guarda, dovrei chiederglielo, ma la scorsa estate, quando sono stata rimandata di matematica, mi ha dato una grossa mano Riccardo”.
“Riccardo? Chi è?”.
“È un mio amico. È al secondo anno di ingegneria, per lui queste cose sono stupidaggini. Se vuoi gli posso chiedere se domani ha un paio d’ore libere per vedere gli argomenti. È una persona molto gentile, se ha tempo ti aiuterà sicuramente”
Sara vide riaccendersi la speranza. “Sì, per piacere, chiediglielo. Sono disposta anche a pagarlo, basta che mi aiuti a capirci qualcosa”.
Alice prese il telefonino e scrisse velocemente un SMS. Meno di un secondo dopo arrivò la risposta: Riccardo era disponibile in pomeriggio successivo.
Sara sorrise.

Riccardo accolse Sara in camera sua, in ciabatte e calzino bianco di filo.
Sara non aveva mai incontrato quel ragazzo, ma se anche fosse mai capitato, sicuramente non l’avrebbe riguardato. Aveva una gran massa di capelli rossicci che apparivano non lavati di fresco, un paio di occhiali enormi e un persistente odore di sudore.
Le diede la mano, anch’essa sudata.
Sembrava molto timido, la qual cosa mise in soggezione Sara, anche lei istintivamente in difficoltà quando doveva incontrare qualcuno di nuovo.
Riccardo le offrì da bere, poi terminarono i convenevoli e si misero al tavolo.
Riccardo sembrava sopperire la scarsa capacità di relazione con un’effettiva competenza nella materia.
Chiarì con ordine i passaggi che per Sara erano oscuri, permettendole di risolvere con semplicità delle equazioni che fino al pomeriggio prima le sembravano geroglifici egizi.
Solo ogni tanto, Riccardo sembrava dimostrare qualche imprevedibile reazione.
Ad un certo punto, ad esempio, quando Sara sbagliò un banale calcolo, sembrò andare su tutte le furie e minacciò di punirla.
La ragazza registrò in maniera singolare quella reazione, visto che Riccardo era stato educato fino al quel punto.
Un’altra volta, poi, quando lei ci mise troppo tempo a rispondere, per esortarla allungò una mano verso di lei e la appoggiò sulla coscia.
Sara indossava una minigonna senza calze, e sentì nitidamente il sudore del palmo della mano di Riccardo depositarsi sulla sua pelle.
Rimase immobile, stupita della confidenza che improvvisamente il ragazzo si stava prendendo.
Passò un’altra ventina di minuti, quando Sara commise un nuovo errore nell’inversione di un segno matematico.
“Basta, questo è troppo! – sbottò Riccardo – Adesso, per punizione, mi fai vedere le tette!”.
Sara rimase di stucco. “Cosa stai dicendo? Come di permetti?”.
Raccolse i libri e il quaderno e fece per alzarsi.
Riccardo assunse un’espressione stupita: “Aspetta! Cosa è successo?”
“Cosa è successo? Ti sembra normale la tua reazione? Prima minacci di punirmi, poi mi metti le mani addosso, adesso dovrei farti vedere le tette? Mi sembra normale?”.
Riccardo divenne rosso in volto e rispose balbettando: “scusa, ma tu non…”.
Sara rimase in silenzio, aspettando e lui terminasse la frase.
“Ma io…cosa?”.
Riccardo a quel punto era rosso fuoco.
“Scusa, è che mi avevano detto una cosa sbagliata. Ti chiedo scusa”.
Sara a quel punto non smise di incalzarlo. “Cosa ti hanno detto?”.
Riccardo grondava sudore su tutto il volto, anche le ascelle erano parecchio segnate.
“Io sono veramente dispiaciuto. Mi avevano detto che…”.
“Cosa?”, quasi urlò Sara.
“Che a te piacevano queste cose”, terminò Riccardo d’un fiato.
Sara strabuzzò gli occhi. “Chi ti ha detto questo? E cosa, con precisione?”.
Riccardo si abbandonò sulla sedia. “Se ti racconto tutto, mi prometti che non dirai che ho parlato io?”.
Sara si appoggiò una mano sul cuore, come a giurare.
Riccardo si pulì gli occhiali con un lembo della felpa.
“È stata Alice. Mi ha detto che questa estate tu sei stata in un’isola del sud America e lì sei diventata una specie di prostituta”.
Sara lo guardò con gli occhi sgranati.
“Ma cosa le viene in mente? Io sono andata lì in vacanza, ero da mio zio, c’era anche mia madre!”.
Riccardo annuì, sempre senza guardarla negli occhi.
“Lo so. Alice dice che a te piace essere sottomessa e una volta lì tuo zio ti ha fatto andare a letto con uomini e donne di ogni tipo. Ha detto che a te piacciono queste cose, è per quello che mi sono comportato così”.
Sara era basita. Perché Alice raccontava quelle cose su di lei?
Era solo per criticarla o c’era dell’altro?
Si mise a sedere. In effetti, non ricordava molto di quella vacanza ed era alquanto singolare, visto che era tornata solo da un paio di mesi.
Si rivolse nuovamente a Riccardo: “E mia madre? Cosa sai di lei?”
Riccardo alzò le spalle. “No, di lei non so nulla.”.
Sara sentiva la gola stringersi. Era possibile che fosse successo qualcosa a sua madre e lei non ne sapesse nulla?
Anche Luca, suo fratello, dove si trovava?
Suo padre le aveva semplicemente detto che erano via, che sarebbero tornati presto, ma a questo punto si permetteva di dubitare della sua versione.
Prese il telefonino e chiamò suo padre.
Come succedeva nove volte su dieci, trovò la segreteria telefonica.
“Papà, sono io, ho bisogno che tu mi racconti cosa è successo a me e alla mamma sull’isola. Richiamami per piacere”.
Non appena mise giù la comunicazione si pentì di avergli lasciato quel messaggio.
Se suo padre, come sembrava, l’aveva deliberatamente tenuta all’oscuro dei fatti, preannunciandogli le sue questioni gli avrebbe dato la possibilità di inventare qualche altra bugia.
Guardò verso Riccardo. “Scusami, ma ora ho la testa presa da mille pensieri, credo che sarebbe il caso di interrompere la lezione”.
Riccardo annuì, era ancora imbarazzato.
“Certo. Sara, ti prego di scusarmi ancora per come mi sono comportato. Io di solito sono un gentiluomo, non so cosa mi sia preso”.
Sara gli sorrise: “Non preoccuparti, ho capito perché ti sei comportato così”.
Una parte di lei meditò se fargli vedere le tette comunque.
Quel ragazzo non sembrava avere un grande feeling con il genere femminile, chissà quante seghe si sarebbe fatto su di lei.
Ricacciò indietro quel pensiero.
Apparteneva alla compagnia di Alice, non era il caso di alimentare ulteriori voci su di lei.
Aveva una questione da risolvere, e in fretta.

Teo era stato di parola e, a distanza di una settimana, aveva nuovamente chiesto una chat a Sara.
Sara aveva accettato subito: intanto erano soldi extra, e non erano mai male, poi Teo sembrava essere una persona per bene.
Come la volta precedente, attese che Alice uscisse di casa, poi si alzò, si fece una doccia e si stirò i capelli.
Quando si collegò al computer, era impeccabile. Era anche una bella giornata di sole e, seduta accanto alla finestra, offriva una bella immagine alla telecamera.
Teo si presentò alla chat puntualissimo.
“Ciao Sara. Come sei bella oggi!”
Sara sorrise. “Grazie, sei sempre carino con me”
Rimasero in silenzio per qualche secondo.
Sara era comunque imbarazzata da quella situazione, nonostante non fosse la prima volta.
“Allora, cosa posso fare per te?”.
“Che ne dici di spogliarti?”.
Sara annuì sorridendo.
Questa volta cercò di essere almeno un po’ sexy.
Si slacciò la camicetta con una certa lentezza, scoprendo il seno abbondante che quella mattina aveva intrappolato in un reggiseno bianco.
Era abbronzata e aveva ritenuto che fosse un buon abbinamento.
Si alzò quindi in piedi e si sfilò leggings, scoprendo perizoma anch’esso bianco.
Per certi versi, era difficile fare tutto quello senza vedere in faccia il suo interlocutore.
Non voleva contatti diretti, ma sarebbe stato più facile se Teo fosse stato seduto davanti a lei.
Sorrise alla telecamera con una punta di imbarazzo, poi si sfilò rapidamente il perizoma e si mise nuovamente davanti al computer.
“Sara, ti offendi se ti dico che sei una sfiga pazzesca?”.
Sara sorrise e scosse la testa. “No, certo che non mi offendo. Però tu sei esagerato con me, ci sono tantissime ragazze più belle di me. Mia sorella, ad esempio”.
“Guarda, io è qualche mese che frequento le webcam – rispose Teo con tono serio – dopo un primo periodo in cui stavo veramente tanto tempo a guardare le ragazze, dopo un poco mi era venuto a noia. Perché alla lunga vedi sempre le stesse cose: ragazze attuate con seni finti che si dimenano facendo finta di godere”.
“Va bene, ma, a parte i tatuaggi e i seni finti, perché dici che io sono diversa?”
“Perché si vede che tu lo fai volentieri. Anche se vieni pagata, come è giusto che sia, si vede che ti piace. Oggi, ad esempio, si vede che ti sei appena fatta i capelli. Eppure io e te ci siamo già visti, avrei pagato comunque e non c’era bisogno di convincermi”.
Sara alzò le spalle. “Se devo fare una cosa – rispose – cerco di farla bene. E poi, ti confesso, dopo un certo imbarazzo iniziale, fare tutto questo non è poi così difficile”.
“Dimmi la verità, tu non sei una professionista di queste cose?”
Sara sgranò gli occhi. “Cosa intendi con professionista?”.
“Una che si esibisce nei locali, che fa spettacoli hard”.
Sara pensò a quello che era successo con Medusa, quando si era spogliata in un locale.
Beh, era comunque successo una volta sola.
“No – rispose – non l’ho mai fatto. Ho iniziato a fare queste cose solo l’altro giorno”.
“Vedi, è proprio questo che mi piace di te – disse Teo- che sei spontanea in quello che fai”.
Sara sorrise di nuovo e lo ringrazio.
Guardò l’orologio, cinque minuti erano già passati.
Non aveva fretta, ma le sarebbe dispiaciuto che Teo sprecasse i soldi.
“Teo, possiamo parlare anche per mezz’ora se preferisci. Però il tempo sta passando”.
“Hai ragione. Prendi la webcam e l’auricolare e continuiamo dove eravamo rimasti la volta scorsa. Mi stavi facendo vedere casa tua”.
Sara prese i due apparecchi e uscì dalla stanza.
Scese al piano di sotto, nel salone.
Era imbarazzata ad essere nuda in quella parte della casa. Non era mai stata senza vestiti li.
“Ecco, questo è il salone dove la sera guardiamo la televisione. Di là c’è la cucina e più in fondo lo studio di mio padre”.
“Vedo della luce che arriva dalla tua sinistra. Cosa c’è lì?”.
Sara indirizzò la webcam verso una porta finestra. “C’è il giardino”.
“È solo vostro o è condominiale?”.
“No, è solo nostro”.
“Abiti in campagna?”.
“Quasi, siamo appena fuori città”.
Passò qualche secondo, poi Teo parlò di nuovo.
“Usciamo assieme in giardino”.
Sara esitò qualche secondo. Era vero che il giardino era soltanto loro, ma c’erano delle case attorno, e una strada che passava attorno all’abitazione. Avrebbe potuto essere vista.
Teo colse quella esitazione.
“Sara, ti chiedo di uscire nel giardino. Sarei veramente contento se lo facessi”
Sara sentì un brivido corre lungo la schiena. Le piaceva l’idea di uscire all’aperto senza nulla addosso.
E poi, a quell’ora del mattino, era difficile che passasse qualcuno per strada. In ogni caso, il suo giardino era protetto da una siepe.
“Va bene vero, faccio quello che vuoi”.
Aprì la porta finestra e sentì il il fresco dell’esterno accarezzarle la pelle.
Esitò ancora qualche secondo, poi compì un passo all’esterno. Era una bella giornata e sentì subito il calore del sole sulla pelle. Allo stesso tempo, una leggera brezza le fece rabbrividire.
Notò come i suoi capezzoli si fossero induriti immediatamente.
Sara uscì all’aperto
Era bella la sensazione dell’erba umida sotto i piedi, la faceva veramente sentire libera. Sorrise e guardò verso la webcam.
“Ti piace il mio giardino?”.
“Sì, mi pare molto bello. Perché non vai fino al centro del prato?”.
Sara avanzò ancora, portandosi in una zona in cui il sole batteva veramente forte; chiuse gli occhi per assaporare la sensazione del calore sulla pelle e allargò le braccia.
Non aveva familiarità con quella casa, ma da quel momento in poi, se il tempo avesse continuato ad essere bello, sicuramente avrebbe sfruttato il giardino per prendere il sole.
Magari non completamente nuda, ecco, quello no.
“La la tua famiglia deve essere ricca”, disse Teo.
“Mio padre in effetti fa un lavoro in cui guadagna molto. Però non è molto generoso con me”.
“Perché?”.
Sara si rabbuiò. “L’ho contrariato in qualcosa. Devo ancora capire bene cosa è successo, però è arrabbiato con me”.
Pensò a quello che le aveva detto Riccardo.
Suo padre non l’aveva più richiamata da quel momento, non era ancora riuscita a capire cosa fosse successo in vacanza.
Soprattutto, le dava fastidio che Alice lo sapesse, e sicuramente anche Inna .
Cercò di non pensare a quelle cose, in quel momento era giusto che la sua attenzione fosse concentrata su Teo.
Sentì un rumore provenire dalle sue spalle, come un colpo di martello. Si voltò in quella direzione e vide che, al di là della siepe, nel giardino dei vicini,c’erano tre operaie e stavano lavorando.
Istintivamente si coprì il seno e il pube con le mani.
“C’è gente! – disse – E’ meglio che torni in casa”.
Si voltò per tornare dentro, ma Teo la fermò.
“No, resta lì dove sei e togliti le mani dal corpo”.
Sara portò le mani lungo i fianchi, tuttavia era a disagio. “Così mi vedranno”, si lamentò.
“Certo, è proprio quello che voglio. Anzi, vedo che c’è una sdraio li vicino. Siediti sopra e mettiti a prendere il sole”.
Sara fece qualche passo verso la sedia e ci si sdraiò sopra.
Si sentiva estremamente contratta, come se fosse sull’orlo di un precipizio.
“Tieni la webcam puntata su di te”, le ordinò Teo.
Sara sbirciò velocemente l’orologio. C’era ancora un quarto d’ora da passare con lui, poi avrebbe potuto rientrare in casa.
Guardò verso i ragazzi. Non sembravano comunque essersi accorti di lei e stavano continuando a lavorare.
“Vedo che non c’è il segno del costume sul tuo corpo – disse Teo – O fai molte lampade, oppure non è una novità per le prendere il sole nuda”.
Anche lui l’aveva notato.
Doveva assolutamente scoprire cosa fosse successo in vacanza.
Sentì delle voci provenienti dal giardino dei vicini.
Si voltò e vide che i tre ragazzi avevano smesso di lavorare e stavano tutti guardando nella sua direzione.
Uno di loro le urlò un complimento piuttosto sguaiato. Dall’accento Sara intuì che dovevano essere slavi, probabilmente rumeni.
“Teo mi hanno vista. Per piacere, permettimi di rientrare in casa, non mi sento al sicuro qui!”.
Passò qualche secondo, poi finalmente sentì nuovamente la voce nell’auricolare: “Certo, Sara, non voglio metterti in pericolo. Entra in casa, continueremo lì”.
Sara si alzò immediatamente dalla sdraio e andò verso la porta.
Appoggiò la mano sulla maniglia e la tirò verso di sé, sentendola stranamente resistente.
Fece un altro tentativo, inutilmente.
Capì subito cosa era successo: la porta finestra, essendo di fatto un ingresso alla casa, era dotata di una serratura che scattava da sola.
Avrebbe dovuto prendersi le chiavi.
Con il cuore in agitazione guardò verso le finestre, sperando di averne lasciata qualcuna aperta.
Niente, come era prevedibile.
Sia suo padre che Inna erano estremamente apprensivi per quanto riguardava la sicurezza in casa e non lasciavano mari nessuna apertura accessibile.
È ora come avrebbe fatto?
“Sara, ci sono dei problemi?”, chiese Teo.
“Si. Sono chiusa fuori casa! Le chiavi sono dentro “.
“Non c’è nessuno dei tuoi vicini che abbia un mazzo di chiavi?”.
Sara annuì. “Sì, i miei vicini hanno un mazzo di chiavi. Ma cosa posso fare, vado da quei tre in questo stato e gli chiedo di farmi entrare un attimo in casa?”.
Passò qualche secondo, durante il quale sia Teo che lei cercarono qualche soluzione.
“Non credo ci siano alternative – disse Teo – a meno che tu non voglia aspettare che il resto della sua famiglia rientri in casa”.
Non era nemmeno in discussione. A parte che sia Inna che Alice non sarebbero rientrate per ore, come avrebbe motivato la sua presenza nel giardino senza vestiti?
Avrebbe potuto dire che era uscita per prendere il sole, però in quel momento lei avrebbe dovuto essere a scuola.
In ogni caso, non avrebbe potuto aspettare così a lungo.
Stupidamente, aveva anche lasciato il telefonino in casa, così non avrebbe potuto neppure avvisare un’amica che almeno le portasse due vestiti.
“Temo che dovrò rivolgermi a loro”, disse indicando verso i giardinieri che ancora stavano guardando nella sua direzione.
“Ok, non farti prendere dalla panico. Io sono in linea al resto con te, se dovesse succedere qualcosa avviso la polizia. Però dovrei conoscere il tuo indirizzo”.
Sara pensò se fosse il caso di darglielo.
Al di là del fatto che fosse vietato dal regolamento del sito, non voleva mettersi in un guaio peggiore.
Ebbe un’idea. Gli diede un numero di telefonino.
“Questo è il numero di Carola, una mia amica. Se dovesse succedere qualcosa tu chiamala subito e dille di avvisare la polizia che sono in pericolo, ok?”.
“Certo, conta su di me”, la rassicurò Teo.
Sara guardò verso gli uomini, poi cominciò ad avanzare verso di loro. Aveva le mani a protezione dei seni e dell’inguine, ma il disagio era estremo.
Non appena quelli capirono che lei stava venendo nella loro direzione, i loro sorrisi si fecero più aperti.
“Non mi succederà nulla, vero?”, chiese Sara nell’auricolare, ben sapendo che nessuno avrebbe potuto darle un risposta sensata.
“Ci sono qui io”, la rassicurò Teo.
Si avvicinò alla siepe.
In quel momento, paradossalmente, era meno esposta, giacchè il fogliame la copriva fino al busto.
I ragazzi si avvicinarono.
“Scusate, ho un problema. Ho lasciato le chiavi dentro casa e non posso entrare”.
Uno di loro la guardò fissa, sembrava capire.
“Possiamo fare qualcosa? Rompiamo serratura?”, disse.
Sara sorrise. Per fortuna sembravano persone a posto.
“No. Gianluca e Roberta hanno un mazzo di chiavi di casa mia, basta prendere quelle”.
Indicò verso la casa.
L’uomo annuì.
“Capito. Vieni, vieni a prendere”.
Sara non voleva.
“No, andate voi, Sono in cucina…”.
“No – la interruppe – noi non possiamo entrare in casa, sporchiamo tutto, poi dicono che manca roba. Tu vai, prendi chiavi e via. Un minuto”.
Sara rimase ferma. Cosa poteva fare?
“Tu fai cosa vuoi, noi siamo qui”, disse il rumeno, e si voltarono tutti per riprendere a lavorare.
“Aspettate, arrivo!”, disse.
In effetti, in tre minuti avebbe risolto il problema e sarebbe rientrata.
Scavalcò la siepe e entrò nel giardino dei vicini.
“Teo, ci sei ancora?”, chiese.
“Ci sono”.
Fece qualche passo verso la casa.
I ragazzi la precedettero dandole le spalle, senza guardarla.
Si era sbagliata su di loro, forse.
Arrivò vicino alla porta dei vicini, era aperta.
I ragazzi le fecero segno di entrare.
“Teo, ora entro in casa. Ci sei?”.
Silenzio.
Evidentemente, il segnale wireless non arrivava fino a lì.
Sentì la porta chiudersi alle sue spalle, si voltò e vide che i tre ragazzi erano entrati con lei.
“Voi, non dovevate stare fuori?”, chiese.
Il più vecchio di loro le sorrise.
“Abbiamo cambiato idea”.

Sara sentì le mani dei ragazzi afferrarle le braccia, le gambe e sollevarla di peso. Provò a divincolarsi, ma loro erano troppi e troppo forti.

Aprì la bocca per parlare, ma un panno umido le venne premuto sulle labbra.

Sentì subito un sapore chimico, cercò di dimenare la testa per sottrarsi a quella sensazione ma le forze le vennero rapidamente meno.

Riprese conoscenza sentendo un vago sapore di medicinale nella bocca.

Provò ad aprire gli occhi, ma una benda glieli coprivai.

Era sicuramente in posizione orizzontale perché sentiva la sua testa poggiare su qualcosa di morbido.

Raccolse le forze e provò ad alzarsi, ma non riuscì a compiere alcun movimento.

Le caviglie erano legate tra di loro, i polsi erano bloccati dietro alla schiena.

Cerco di capire le sensazioni che le arrivavano dalle scapole e dal sedere, le parti del suo corpo che erano a contatto con la superficie su cui appoggiava.

Era nuda e probabilmente appoggiava su un materasso.

Dove si trovava? Come era finita lì?

Sentiva la testa pesante, come se avesse dormito per tante ore.

Era vero?  Da quanto tempo era lì?

Cercò di scavare nei suoi ricordi.

C’era stato un viaggio aereo, molto lungo.

I ricordi presero a farsi strada nel suo cervello, come il sole tra le nubi di un temporale.

Era andata da suo zio, a trovarlo sull’isola. Questo se lo ricordava.

E cosa faceva lì, perché era legata?

Ci volle qualche secondo, poi rammentò anche quello: suo zio l’aveva resa schiava.

L’aveva scoperto subito e, dopo un primo trauma, aveva accettato l’idea.

Presto la porta si sarebbe aperta e lui sarebbe arrivato da lei.

L’avrebbe violentata o l’avrebbe torturata, come piaceva a entrambi.

Sara sentì un brivido di eccitazione al solo pensiero.

Sentì dei cardini cigolare.

Eccolo arrivare, come aveva previsto.

Sentì il peso di un corpo adagiarsi sul materasso accanto a lei, segno che suo zio si era seduto.

Rimase immobile, ma un sospiro le sfuggì.

Sentì subito le sue mani sopra di lei.

Le accarezzò il seno e il pancino, poi le sfiorò il sesso.

Non era ancora eccitata, ma sapeva che ci sarebbe voluto poco.

Le spiaceva solo che l’avessa imbavagliata, impedendole di dirgli quanto le piacesse, ma probabilmente questo bavaglio eccitava di più lo zio.

Le mani scesero lungo le sue cosce e i polpacci, poi raggiunsero le corde che le tenevano le cavigllie.

Dopo un attimo di esitazione, Sara sentì le corde sciogliersi.

Non appena fu libera, allargò le gambe, per fargli capire che era pronta.

Sentì il peso sul materasso spostarsi tra le sue gambe, poi avvertì il fiato sul suo sesso.

Sospirò di nuovo pregustando il momento.

Un attimo dopo, una lingua la accarezzò tra le labbra.

Era un tocco gentile ma deciso, nuovo per suo zio.

Inarcò la schiena, sentendosi attraversare da un brivido.

La lingua si insinuò dentro di lei, scostandole le labbra, poi le labbra si chiusero sul suo clitoride.

Sara sentì un lungo brivido di piacere attraversarle la spina dorsale, mentre istintivamente aprì ancora di più le gambe per facilitare i movimenti.

L’uomo si sollevò, e Sara sentì che stava armeggiando con i pantaloni.

Un attimo dopo sentì il suo pene accarezzarle il sesso.

Le spiaceva essere legata e bendata, era sempre bello vedere l’espressione di suo zio quando faceva l’amore con lei.

Sentì l’organo entrare dentro di lei senza incontrare nessuna resistenza.

Sembrava più grande del solito, forse suo zio era parecchio eccitato.

L’uomo prese a stantuffare dentro di lei molto velocemente, come se non vedesse l’ora di venire.

Sentiva il suo fiato contro il suo volto, sapeva di caffè e sigarette.

Sara sollevò il bacino per sentire meglio il movimento, ma proprio in quel momento suo zio venne.

Sentì il respiro ansimante dell’uomo, poi questi si sollevò dal suo corpo e uscì da lei.

Era contrariata, non aveva fatto in tempo a venire.

Però era bello che suo zio si fosse eccitato così tanto da durare solo un paio di minuti!

Lo sentì uscire dalla stanza senza dire una parola, come se lei fosse stata solo un oggetto da usare.

Questo pensiero la fece sorridere di gratitudine.

L’uomo uscì dalla stanza e si accese una sigaretta, poi raggiunse i due compagni in giardino.

“Allora, come è andata?”, gli chiese uno.

Il romeno scosse la testa.

“E’ strano. Questa ci stava, non ho dovuto fare nulla per forzarla. Non appena l’ho toccata si è subito accesa”.

Gli altri due si guardarono sorridendo.

“Oggi deve essere il nostro giorno fortunato – disse il più giovane – Vado io?”.

L’altro annuì.

“Dai, muoviti!”.

Sara sentì la porta aprirsi nuovamente.

Le sembrava che fosse passato solo qualche minuto, ma la testa le faceva ancora male e poteva sbagliarsi.

Suo zio si sedette nuovamente sul materasso, poi sentì le sue mani sui fianchi.

Voleva che si girasse sulla pancia.

Sara, pur impedita nei movimenti dai legami, si voltò prona.

Le mani dell’uomo le afferrarono le caviglie, così lei allargò le gambe.

Era contenta fosse tornato, lei aveva ancora voglia.

Le sembrava fosse passata una vita dall’ultima volta che era stata con lui, invece era probabilmente solo dalla notte prima.

Strani scherzi che fa la testa, a volte!

Si mise in ginocchio, mentre le dita dell’uomo si insinuavano dentro il suo ano per allargarlo.

Le faceva un po’ male, di solito era più delicato.

Cercò di rilassarsi, le avrebbe solo fatto bene.

Sentì il glande dello zio accostarsi al suo buchino.

Respirò profondamente, preparandosi al momento.

Le mani dell’uomo le afferrarono i fianchi, poi – con un repentino movimento di bacino – introdusse il suo membro nel suo sedere.

Le fece male, ma meno del solito.

Era strano: prima, davanti, le era sembrato più grosso del normale, ora addirittura di meno.

Forse la secondo volta consecutiva era più difficile per lo zio, non era più un ragazzino.

Il pene dell’uomo si fece strada dentro di lei, e anche questa volta i movimenti furono subito rapidi.

Sara sporse il sedere il più possibile verso l’uomo, in modo da limitare il dolore.

Sentì le mani di lui afferarle i seni e stringerli forte. Inarcò la schiena per fargli capire che le stava piacendo.

Il ritmo dell’uomo aumentò sempre di più, dilatandole l’ano in maniera brutale.

Le piaceva essere presa così, che suo zio stesse abusando di lei senza neppure chiedere se le piacesse o le stesse facendo del male.

Sentì il respiro dell’uomo diventare sempre più affannoso, poi le strinse i seni con una presa animalesca e non li lasciò se non quando terminò di scaricarsi dentro di lei.

A quel punto appoggiò il suo petto sulla schiena di Sara e giacque su di lei per qualche minuto.

La ragazza rimase immobile sotto di lui, prendendo fiato anche lei.

Era stato bello, anche se avrebbe voluto che suo zio le parlasse.

Ma come poteva dirglielo, visto che lei stessa era imbavagliata?

Sentì l’uomo rivestirsi, poi il rumore della porta che si apriva e chiudeva.

Ora avrebbe avuto almeno un’oretta di riposo.

L’uomo uscì dalla stanza e raggiunse i compagni in giardino.

Si passò una mano tra i capelli.

“Adrian, avevi ragione: questa è veramente una zoccola! Gliel’ho messa nel culo e non ha fatto nulla per resistere, anzi, le piaceva pure!”.

L’ultimo dei tre sputò per terra e si sfregò le mani.

“Vado io! Ho già qualche buona idea!”.

Sara sentì la porta unirsi nuovamente.

Questa volta era sicura di non essersi addormentata, ed era certa che non fosse passato che qualche minuto.

Cosa prendeva a suo zio?

Non gli sembrava il tipo da droghe, ma quella iperattività era sicuramente eccessiva.

Sentì il peso del suo corpo adagiarsi accanto a lei, e subito sentì le mani sui seni.

Erano mani molto callose, non l’aveva mai notato.

Sentì una sensazione umida vicino all’ombelico. La stava leccando.

Sentì un leggero brivido attraversarle il torso.

Improvvisamente, sentì  come un’esplosione arrivare dalla sua sinistra.

Passi pesanti entrarono nella stanza, mentre l’uomo proteso su di lei urlava dalla sorpresa.

“Fermo, polizia!”, sentì urlare.

Si voltò verso quella direzione, pur nell’impossibilità di vedere alcunchè.

Polizia?

Perchè avevano parlato in italiano? Non era l’esperanto la lingua ufficiale di quel posto?

“Calma, non sparate!”, sentì dire da una voce che non conosceva.

Un attimo dopo sentì delle mani circondarle la testa, e dopo pochi secondi il bavaglio e la benda vennero sciolti.

Ci mise un po’ ad adattarsi alla luce.

Non si trovava nello scantinato di suo zio, ma in una camera da letto arredata in stile classico.

Tre poliziotti in divisa erano nella stanza, davanti a lei, con le mani alzate, c’era un ragazzo di circa vent’anni.

Rimase in silenzio, mentre uno degli agenti scioglieva il laccio che le immobilizzava i polsi.

Era sotto shock. Cosa stava capitando?

Due agenti ammaniettarono il ragazzo e lo portarono fuori, mentre uno degli altri aprì l’armadio e ne estrasse una coperta, che diede a Sara.

Sara vi si avvolse dentro, realizzando solo in quel momento di essere ancora nuda.

“Come sta?”, le chiese l’agente.

Sara annì. “Bene”, disse sottovoce.

“L’hanno violentata?”.

Guardò verso la credenza, dove c’erano alcune foto incorniciate.

Conosceva le persone ritratte, erano Gianluca e Roberta, i suoi vicini.

Piano piano, i ricordi si fecero strada nella sua mente.

Non era sull’isola, ovviamente.

C’era stata la resistenza, e Alessia.

“Dov’è Alessia?”, chiese al poliziotto, ancora confusa.

“Parla della sua amica? E’ di là, ora la chiamiamo”.

Qualcuno diede una voce nel corridoio e una ragazza entrò nella stanza.

Non era Alessia, era la Carola, la sua compagna.

Corse subito verso di lei e l’abbracciò.

“Cosa è successo? Ti hanno fatto del male?”.

Sara scosse la testa. Era vero, non le avevano fatto del male.

“Mi ha chiamato un certo Teo, mi ha detto di essere un tuo amico…mi ha detto che forse stava capitando qualcosa di brutto e che era necessario che venissi a controllare”.

Sara annuì.

Ora si ricordava.

Si ricordava il ritorno a casa, il professor Maggio, la webcam…

“Hai fatto bene, ti ringrazio”, disse Sara.

Si alzò in piedi.

“Voglio andare a casa”, disse.

Un poliziotto le cinse le spalle con un braccio.

“Ora vada a riposarsi – disse – poi, oggi pomeriggio, faccia un salto al commissariato, dobbiamo stilare la denuncia”.

Sara scosse la testa.

“No, non sporgo nessuna denuncia”, disse.

Il poliziotto rimase interdetto.

“Cosa dice? E’ stata legata, probabilmente violentata…”, obiettò.

“No, ero consenziente”, disse.

Si ricordava benissimo di essere stata aggredita, ma non voleva raccontare nessuna versione dei fatti.

Non voleva che qualcuno le chiedesse come mai fosse entrata in quella casa, perchè non avesse avuto vestiti addosso e come mai non avesse opposto resistenza.

Quelle che era successo era successo, ora voleva solo andare a casa.

“Ci pensi, comunque”, disse il poliziotto porgendole un biglietto da visita. “Se vuole raccontarci come è andata mi dia un colpo di telefono”.

Sara prese il biglietto e lo passò a Carola.

“Sicuramente. Grazie di essere venuti, comunque”.

Porse la mano all’agente, incurante che, così facendo, si aprisse la coperta e le scoprisse il seno.

“Carola, mi accompagni a casa?”.

 

 

Sara aprì la porta di casa trattenendo il fiato. In quella condizione, l’ultima cosa che voleva era trovarsi davanti ad Alice o Inna e dover spiegare cosa fosse successo.

Silenzio, in casa non c’era nessuno.

Entrò seguita da Carola e salirono subito al piano superiore.

“Senti, io ora ho bisogno di fare una doccia. Non so come ringraziarti per essere venuta in mio soccorso, ti devo veramente tantissimo. Però se vuoi andare ritieni ti libera di far lo, io sto bene”, disse guardando l’amica.

Carola scosse la testa. “No, non esiste. Io non ti lascio la sola, oggi è necessario che tu ti riposi e stia tranquilla. Baderò io a te”.

Sara le sorrise e le disse che poteva fermarsi, non c’era nessun problema.

Si liberò del lenzuolo e si diresse verso il bagno, seguita da Carola.

Questo la mise un po’ a disagio. Non aveva più particolari pudori a mostrarsi senza vestiti, ma le venne in mente un episodio di un paio di anni prima.

Era a scuola, si parlava di amicizia e sesso, e Carola aveva detto che per lei la chiave per una relazione era l’amicizia. Per questo motivo, aveva detto che avrebbe fatto sesso molto più volentieri con una ragazza che le fosse amica piuttosto che con un ragazzo con cui non avesse un buon rapporto.

Il senso di quello che voleva dire era chiaro, ma le sue parole erano state travisate e per qualche tempo aveva dovuto difendersi dall’accusa di essere omosessuale.

Sara entrò nella cabina doccia e aprì l’acqua, mentre Carola, rimasta fuori, si sedette su uno sgabello.

Il primo getto d’acqua bollente fu veramente benefico. Non poteva smettere di pensare che quei tre uomini avevano abusato di lei.

Il pensiero di aver avuto le loro mani addosso e i loro organi sessuali dentro di sé la faceva rabbrividire.

Era vero che quello era stato tecnicamente sesso consenziente, ma lei non pensava di essere con loro.

Anche se, lo ammetteva con un certo disagio, non le era dispiaciuto.

Fece scorrere l’acqua su tutto il corpo, poi chiuse il getto per insaponarsi.

“C’è una cosa che mi sfugge – chiese Carola da fuori – dove sono i tuoi vestiti? Perché hai preso un lenzuolo adesso?”.

Sara deglutì e fu contenta di non essere a diretto contatto visivo con l’amica.

Cosa poteva dirle?

Non si sentiva del tutto pronta a raccontare le vicende avvenute sull’isola, anche perché non erano in quel momento del tutto chiare neppure a lei. Avrebbe dovuto fare qualche ricerca in più prima di poter dire di avere un quadro completo.

Però sentiva la necessità di avere comunque un’amica con cui confrontarsi, e quella avrebbe potuto sicuramente essere Carola.

“Ho la schiuma nelle orecchie – disse per prendere tempo – non ho capito”.

Carola non si fece scrupolo e ripeté la domanda.

Sara aprì l’acqua e si lavò via il sapone, pensando a come presentare la vicenda.

Non poteva spiegare la sua nudità senza raccontare della sua attività webcam.

Certo, avrebbe potuto inventare qualche cosa, ad esempio che fosse stata sorpresa a prendere il sole, ma non voleva raccontare balle.

Le avrebbe raccontato la verità, avrebbe omesso soltanto di rivelare la parte concernente l’isola.

Chiuse l’acqua, uscì dalla doccia e si avvolse in un accappatoio blu.

“Vieni di là, ora ti racconto”, disse.

Tornarono nella stanza da letto; lìprese un pacchetto di sigarette dal cassetto della scrivania, ne estrasse due e le accesero.

“Mettiti comoda – disse all’amica – tra poco saprai tutto”.

Dieci minuti dopo Carola schiacciava il mozzicone di sigaretta nel posacenere.

Aveva ascoltato tutto il racconto senza fiatare, e ora stava chiaramente elaborando quello che aveva appena sentito.

“Devi darmi un po’ di tempo per esprimere un giudizio su quello che mi hai appena raccontato”, disse infine.

“Io so che probabilmente non approverai – la prevenne Sara – ma avevo bisogno di soldi e mi è sembrata una maniera facile per farli. Non sarai d’accordo, ma preferisco stare un’ora davanti alla webcam piuttosto che passare la giornata a servire ai tavoli in un bar per quattro soldi”.

“Io sono piuttosto stupita da come sia facile, invece – disse Carola – Se non ho capito male, tu mi hai detto che è solo un paio di settimane che fai questa cosa. Eppure hai già un seguito di appassionati, tanto da pagarti un sacco di soldi semplicemente per spogliarti”.

“Veramente ti sembrano un sacco di soldi?”, chiese Sara.

Carola annuì decisa: “Certo. Magari non sono informata bene, ma le prostitute per strada praticano rapporti orali per dieci o venti euro. Tu per il doppio, anche il triplo di quella cifra, non devi neppure incontrare delle persone. E per quello che ti dico che mi sembra molto facile”.

Sara non aveva mai visto le cose in quella maniera. Non aveva mai pensato che fosse facile, ma forse, effettivamente, lo era.

“Ti garantisco che è tutto vero”, confermò.

Ebbe un attimo di esitazione, poi riprese: “Vuoi vedere?”.

Carola reagì come se Sara le avesse puntato una pistola. Sollevò le mani e disse: “No, per carità!”.

Sara rise. “Guarda che non devi fare niente, anzi, neppure io farò niente. Voglio però collegarmi e farti vedere quante persone verranno subito a vedere”.

Carola si mordicchiò il labbro. “Mi prometti che non interverrò in nessuna maniera?”.

Sara annuì “Certo, terrò la webcam puntata su di me e tu non sarai neppure inquadrata. Durerà cinque minuti, solo per farti vedere quanta gente arriverà”.

Carola non disse nulla e Sara interpretò il suo silenzio come un sì.

Aprì il computer portatile e attese qualche secondo che si commettesse ad Internet, poi si collegò al sito “Amici on-line”.

Entrò nella stanza virtuale e, in meno di un minuto, vide che già erano arrivate una quarantina di spettatori.

Lince: bentornata Saretta! Tutto bene?

Sara fece segno di sì con la testa.

Lince: cosa hai addosso, un cappotto?

Sara rise.

Saretta: no, è un accappatoio.

Lince: che succede, sei diventata improvvisamente timida?

Sara guardò verso Carola.

L’amica si era messa in una posizione tale da poter leggere senza essere vista.

Sorrideva e scuoteva la testa, come a indicare che non credeva a quello che stava vedendo.

Sara decise di giocare un po’ con Lince.

Saretta: oggi fa un po’ freddo.

Lince: è strano sentire una cosa del genere da te, che sei sempre così calda. Sei l’unica che conosco che si scalda con le candele senza neppure accenderle.

Sara guardò verso Carola e arrossì. Non le aveva raccontato quel dettaglio, e si vergognò di quello che era stato appena detto.

Lince: dai, togliti quel accappatoio! Tu sei sprecata vestita.

Sara si stava già pentendo di aver dato vita a quella cosa in presenza di Carola. Fu tentata di disconnettersi, ma quando vide che c’erano già centoventi persone collegate capì che sarebbe stata una mossa non felice.

Come lei stessa aveva detto alla sua amica, ormai aveva un pubblico affezionato che non doveva essere deluso.

Guardò verso Carola.

Stava sorridendo, non sembrava turbata e anzi, con un gesto della mano, le disse di fare quello che voleva.

Sara, con un po’ di titubanza, si slacciò la cintura dell’accappatoio, aprendolo sul davanti.

Dall’inquadratura della webcam vide che stava mostrando la base dei suoi seni e un piccolo ciuffo di peli pubblici.

Lince: brava, adesso ti riconosco. Non farmi soffrire, togliti tutto!

Sara guardò nuovamente verso Carola, che le fece il gesto del pollice alzato.

“Fai come se non ci fossi”, disse l’amica con il solo movimento delle labbra.

Sara si rivolse nuovamente alla webcam e, sorridendo, si liberò dell’accappatoio.

L’inquadratura la riprendeva brutalmente, era completamente nuda al cospetto di quelli che, nel frattempo, erano diventati duecentoventi spettatori.

Lince: ora sei tornata nel suo splendore, brava Saretta!

Aldo: arrivo solo ora, spero di non essermi perso nulla.

Batman: cazzo che tette! Non ti avevo vista prima di adesso!

Sara guardò verso Carola, domandandosi se l’amica fosse imbarazzata dai commenti che stava leggendo.

Lince: vedo che guardi sempre verso la tua sinistra, cosa c’è lì?

Sara guardò nuovamente verso Carola, che le sorrise di nuovo e alzò le spalle

Saretta: c’è una mia amica.

Aldo:perché non ce la presenti?

Lince: e non si fa vedere da noi?

Sara stava già per scrivere affinchè la smettessero di insistere, quando Carola si avvicinò a lei ed entrò nell’inquadratura.

Guardo dritto verso la webcam e fece un saluto con la mano.

Lince: complimenti, molto carina la tua amica.

Batman: qui si fa sempre più interessante.

Aldo: amica di Sara, perché non ti spogli anche tu?

Sara guardò verso Carola, che rimase immobile.

Sembrava che ci stesse pensando.

Carola le bisbigliò nell’orecchio: “Che dici, la faccio questa stronzata?”.

Sara indicò con una mano il suo corpo nudo. “Io sono l’ultima che ti può dire di non farlo”.

Carola rimase a meditare qualche secondo.

Lince: dai, amica di Sara, non essere timida!

Aldo: sento che ti vogliamo già di bene, sei tra amici qui.

Carola trasse un sospiro e con un movimento veloce si liberò della maglietta.

Sotto aveva un reggiseno di pizzo bianco che faceva un bel contrasto con la sua pelle molto abbronzata.

Non aveva un gran seno, ma non faceva una brutta figura.

Lince: brava! Possiamo sapere il tuo nome?

Carola si sporse verso la tastiera e lo digitò.

Aldo: Carola, dai, ora togliti i pantaloni!

Carola digitò di nuovo: okay, però non vado oltre.

Senza aspettare risposte, si alzò rapidamente in piedi e si liberò anche dei jeans.

Si sedette nuovamente accanto a Sara.

“Come va? Sei in imbarazzo”, le chiese Sara.

“Un pochino. Ma è divertente”.

Batman: sei proprio carina, Carola, mi dispiace che tu abbia deciso di non andare oltre.

Lince: Sara, visto che Carola non si spoglia di più, a questo punto devi fare qualcosa tu. Fateci divertire, rendete questo giorno migliore.

Sara era imbarazzata. Cosa doveva fare, toccarsi?

Non sarebbe stato un problema fosse stata da sola, ma con Carola accanto non se la sentiva proprio.

Però era vero che, rimanendo lì immobili come delle statue, facevano entrambe la figura delle pedine.

Batman: perché non vi date un bacio ?

Saretta: guarda che non siamo mica lesbiche.

Carola si sporse verso di lei e le sussurrò nell’orecchio: “Se pensi che possa essere utile, per me non c’è problema”.

Sara si voltò verso l’amica, sorpresa.

Carola non allontanò la faccia, in maniera tale che, quando Sara si voltò, le loro labbra fossero a non più di tre centimetri di distanza.

Sara guardò Carola negli occhi, poi li chiuse.

Un attimo dopo sentì le labbra della ragazza poggiarsi sulle sue.

Quella labbra le avvolsero completamente la bocca, come se volessero mangiarla.

Sara dischiuse le labbra e subito sentì la lingua di Carola accarezzarle il palato.

Non era un bacio di scena quello, dato solo per compiacere la telecamera.

Passò un attimo, poi Sara sentì una mano sul suo seno.

Era un tocco caldo.

La mano di Carola le accarezzò il seno, stimolando le terminazioni nervose con la punta dei polpastrelli.

Sara sentì un brivido e allungò anche lei il braccio verso il petto dell’amica.

Aveva ancora gli occhi chiusi, così non ricordò che Carola ancora indossava il reggiseno se non quando sentì il pizzo sotto le sue dita.

Introdusse a sua volta la lingua nella bocca di Carola, mentre con la mano si portava sulla schiena di lei in cerca della chiusura del reggiseno.

Lo slacciò con l’abilità di una spogliarellista e liberò i seni di Carola.

Sempre con gli occhi chiusi portò la mano sul seno sinistro dell’amica.

Aveva la pelle liscia come quella di un neonato, Sara si trovò a provare piacere accarezzarla.

Carola interruppe il bacio per sospirare, mentre i suoi capezzoli si irrigidivano ancora di più, come a ulteriore conferma della sua eccitazione.

Sara le passò una mano sulla schiena. Quella pelle liscia la stava stregando, era come accarezzare un drappo di seta.

Fece scivolare la mano fin sulla coscia della ragazza, mentre Carola con la punta delle dita le solleticava il ventre.

Sentì un lungo brivido attraversarle la schiena. Fece risalire la mano fino ad incontrare l’elastico delle mutandine; lo agganciò con le dita e lo tirò verso il basso.

Carola si sollevò dal letto per facilitare l’operazione, senza mai smettere di baciarla.

Sara si domandò quanto tutto quello fosse una trasgressione momentanea di Carola e quanto, piuttosto, un desiderio sopito.

Possibile che Carola fosse effettivamente gay e lei, Sara, fosse l‘oggetto del suo desiderio?

Fece scorrere l’indumento intimo lungo le gambe dell’amica e la denudò.

Portò una mano su suo inguine, trovandolo intriso di umori.

Carola le pose le mani sulle spalle, spingendola verso il materasso.

Sara si lasciò cadere, accompagnata nella caduta da Carola, che si appoggiò su di lei.

Erano entrambe nude; Sara sentì il calore e la morbidezza della pelle dell’amica sopra di lei.

I loro seni erano a contatto, le loro pance si sfioravano.

Passò le mani lungo la spina dorsale di Carola, sorridendo per il brivido che provocò all’amica.

Carola staccò le labbra dalla bocca di Sara e guardò verso il comodino.

Allungò un braccio e afferrò una candela.

Con la mano aperta fece sdraiare Sara, poi prese a baciarle i seni.

Sara si abbandonò alle sensazioni, decidendo di dedicare un altro momento alla questione inerente l’eterossesualità di Carola.

Sentì la lingua dell’amica umettarle l’ombelico, lasciandole una leggera scia di saliva che puntava verso il suo inguine.

Trattenne il respiro, poi avvertì il tocco umido tra le grandi labbra.

Emise un lungo sospiro, sentendo il corpo fremere.

Desiderava tantissimo far l’amore con Carola.

La ragazza sollevò le labbra dal sesso di Sara e – continuando a stimolarle il clitoride con n polpastrello, prese la candela.

La accostò alle grandi labbra di Sara e, lentamente, la fece penetrare dentro di lei.

Sara inarcò la schiena ed emise un gemito tenue.

Carola le sorrise, si sporse per darle un bacio, poi tornò a soffermarsi sul pube di Sara.

Torse la candela dentro di lei, provocandole un’ulteriore scarica di piacere.  

Quando fu certa che l’amica fosse sufficientemente eccitata, accostò il proprio sesso alla porzione di candela che sporgeva dal corpo di Sara.

Si accarezzò velocemente tra le labbra, poi fece penetrare il pezzetto di candela dentro di lei.

Lo fece scorrere fino a quando le sue labbra non toccarono quelle di Sara, nascondendo la candela, poi prese a muovere il bacino avanti e indietro.

Sara sentì a candela agitarsi dentro di lei e si appoggiò sui gomiti per guardare meglio.

Carola aveva gli occhi chiusi e sorrideva.

Anche Sara prese a muove il bacino allo stesso modo, cercando di andare all’unisono con l’amica.

Era come se ognuna di loro avesse un pene e lo stesse usando per penetrare l’altra.

Sara si afferrò i seni con le mani, mentre aumentava la spinta del bacino. Sentiva le labbra di Carola entrare in contatto con le sue, scambiandosi riticamente un bacio sexy.

Vide che Carola allungava una mano per cercare la sua, le loro dita si intrecciarono sul materasso.

Si strinsero la mano e, quasi come fosse un segnale, spinsero ancora di più la candela dentro ai loro corpi.

Mancava poco, mancava veramente poco.

Sara chiuse gli occhi e cercò di pensare solo a se stessa; Carola stirò le labbra in una specie di sorriso.

“Stai per venire?”, chiese in un sussurro.

“Sì”, rispose Sara, anche lei senza voce.

Le loro dita si serrarono ancora di più nell’intreccio poi, contemporaneamente, sentirono l’orgasmo partire dai solo sessi uniti e ramificarsi dentro ai loro corpi.

Vibrarono all’unisono per qualche secondo, duranti i quali Carola aprì la bocca e si produsse in una specie di sottile lamento, mentre Sara rimaneva in silenzio ad occhi chiusi.

Fu Carola a ritrarre il bacino, estraendo la candela dal corpo di Sara.

Si misero a sedere, guardandosi negli occhi.

Carola fece per parlare, ma Sara la zittì con un gesto.

Il computer era ancora aperto accanto a loro; la chat era strapiena di messaggi che Sara, in quel momento, non aveva voglia di leggere.

Salutò con la mano all’indirizzo della webcam, poi chiuse il laptop con un movimento secco.

“Dobbiamo parlare”, disse.  

 

“Mi spieghi cosa sta succedendo?”, domandò Sara

Carola alzò le spalle e, come fosse una risposta, si sdraiò accanto a lei.

“Niente. Abbiamo appena fatto l’amore”.

Sara guardò la sua amica e vide sul suo viso dipingersi un’espressione che sembrava triste

“Mi stai dicendo qualcosa, Carola?”.

La ragazza fece un sospiro e parlò di getto: “A me piacciono le ragazze, Sara, non so che farci. Ci ho anche provato, ma non posso farne a meno”.

“Ma tu non stavi con Enrico?”, obiettò Sara.

Carola annuì. “Sì, sono stata con lui. Ci sono anche andata a letto, ma dopo la prima volta ho sempre fatto di tutto affinché non capitasse più. Proprio non mi piaceva”.

Sara era in imbarazzo. Non era la prima volta che lei stava con una donna, ma mai prima di quel momento aveva avuto la sensazione che ci fosse qualcosa di più in ballo oltre al sesso.

“E non solo, Sara. Io non so come presentare la cosa, quindi ti dirò quello che penso: io sono innamorata di te. Ecco, adesso lo sai”.

Sara annuì pensierosa. Non voleva ferire l’amica, ma non poteva permettere che su questo punto si creasse un equivoco.

“Carola, io ti voglio molto bene, e ti sarò grata tutta la vita per quello che hai fatto oggi. Però non mi sento proprio in grado di avere una relazione con una donna”.

Carola annuì con un velo di tristezza sul volto.

“Lo so, lo sanno tutti che a te piacciono i ragazzi anche se, devo dire, un attimo fa non mi sembravi così a disagio”. 

Sara – pur imbarazzata – sorrise e si passò una mano fra i capelli.

“Questa è la conseguenza di quello che mi hanno fatto sull’isola. Devono aver fatto qualcosa al mio cervello, perché sono sempre eccitata e basta pochissimo per andare subito su di giri. A volte basta un pensiero, uno sguardo, una mezza accarezza”.

Forse senza volerlo, Carola si avvicinò un po’ di più all’amica, facendo in modo che il suo seno sinistro andasse a toccare il seno destro di Sara

“Vuoi dire che se faccio questo tu ti ecciti?”.

Carola passò un dito sul corpo di Sara, partendo dal capezzolo e finendo sull’inguine.

Sara sentì il fiato rompersi.

“Sì, ma non mi sembra il caso che proprio ora…”

Carola ripeté il movimento sulla pelle di Sara

“Perché no? Ti sto solo procurando una bella sensazione”.

Sara sentì un brivido percorre il corpo.

“Carola, veramente”. 

Carola non sembrò sentire l’indicazione della amica, e con le dita e continuò a stimolare la pelle della ragazza.

Sara trasse un sospiro e chiuse per un attimo gli occhi.

Il suo corpo stava già reagendo alle carezze, la sua resistenza stava venendo sempre meno.

“Sei stata già con una ragazza? Prima di oggi, intendo”, domandò Sara.

Carola annuì.

“Sì, sono stata con Paola, quella ragazza della sezione C che gioca a pallavolo”.

Si sporse verso il computer portatile e lo aprì, azionando in automatico la telecamera.

“Cosa fai?”, domandò Sara.

Carola le sorrise. “Tu guadagni a seconda di quanta gente è connessa, giusto? Allora lasciamoli guardare, due ragazze nude credo che possano piacere a molti. Intanto possiamo continuare a parlare”.

Nel tornare nella sua posizione, Carola non si astenne dal passare nuovamente una mano sul seno di Sara.

“Adesso cosa fai?”, chiese Carola.

Sara alzò le spalle. “Non lo so. Devo sicuramente chiedere un aiuto a mio padre, devo trovare i soldi per tornare sull’isola e anche un supporto tecnico. Se io dovessi mai tornare da sola lì, sicuramente verrei nuovamente presa prigioniera da qualcuno, mio zio o qualcun altro”.

Carola si abbassò verso il corpo dell’amica e passò rapidamente la lingua sul suo capezzolo destro.

“Carola, veramente, io non sono lesbica”.

Carola sorrise: “Non ti devi preoccupare, lo so benissimo. A parte che mezz’ora fa non mi è sembrato di sentire tanta resistenza”.

“Lo so, però come ti ho spiegato per me e difficile controllare le sensazioni”. 

Carola appoggiò una mano sull’inguine di Sara, infilando un dito nella fessura tra le labbra.

“Lasciati andare, non farti problemi. So perfettamente com’è la situazione, sono preparata”.

Sara deglutì, mentre sentiva due brividi attraversarle il corpo.

Cosa doveva fare, allontanarla bruscamente?

Non le piaceva l’idea di farlo, oltre al fatto che il suo corpo stava nuovamente reagendo ai tocchi della ragazza.

Si domandò quanto di quella reazione fosse indotta da quello che le avevano fatto al cervello e quanto invece non fosse vera passione.

Dopotutto, aveva rischiato di avere un rapporto omosessuale già con Medusa mesi prima, e in quella situazione non c’era sicuramente nessuna manipolazione ad agire.

Anche solo per distrarsi, guardò verso il computer: mille e ottocento persone stavano guardando Carola che la accarezzava.

Chiuse gli occhi e sentì subito dopo le labbra di Carola chiudersi attorno al suo capezzolo.

Abbandonò la testa sul cuscino e aprì la bocca per poter inspirare aria fresca. Era nuovamente eccitata.

Carola smise di sfregare il clitoride di Sara e insinuò due dita dentro di lei. 

L’operazione avvenne senza difficoltà, Sara era già terribilmente bagnata.

Carola si protese con il corpo su quello dell’amica e appoggiò le labbra su quelle di Sara. Aprirono entrambe le bocche, mentre le loro lingue si intrecciavano prontamente.

Sara allargò ancora di più le gambe, invitando così l’amica a muoversi in maniera più agevole dentro di lei. 

Carola colse l’invito e inserì ancora un dito nella vulva di Sara, ormai perfettamente lubrificata.

Il ritmo della sua mano aumentò rapidamente, mentre dalla gola di Sara uscivano dei mugolii di apprezzamento.

Sara dentro di sé aveva già superato il punto di non ritorno, a quel punto voleva soltanto più venire.

Con una mano cercò il pube di Carola e vi appoggiò il palmo della mano sopra. 

Anche Carola era ovviamente molto bagnata.

Sara voleva che anche Carola provasse piacere, così le introdusse due dita dentro.

Istantaneamente i ritmi delle rispettive mani si uniformarono, come se fossero un corpo solo che distribuiva e riceveva piacere.

Evidentemente Carola era più coinvolta dalla situazione, perché sentì subito l’orgasmo materializzarsi dentro di lei.

Aumentarono entrambe la frequenza delle mani, mentre le loro lingue si cercavano e si trovavano in maniera convulsa all’interno delle loro bocche.

Nessuna di loro si accorse che nel frattempopiù di tremila persone stavano guardando la loro performance, e neppure che un nuovo utente, registrato solo con il nick Asdrubale, aveva appena scritto: “ecco perché oggi non eravate a scuola”.

Sara sentì un’ondata di piacere attraversarle il corpo, mentre una parte di lei si chiedeva se sarebbe stata veramente una mossa così sbagliata stare con Carola.

Era una brava ragazza, si era dimostrata un’ottima amica e – lo stava scoprendo – anche a letto sembrava essere una bomba.

Sarebbe stata un’esperienza così drammatica, in fin dei conti?

Cosa le avevano dato i ragazzi sino a quel momento?

L’orgasmo raggiunse e travolse entrambe le ragazze contemporaneamente. 

Carola sollevò la testa e, chiudendo gli occhi per lo sforzo, venne.

Mentre i loro corpi vibravano di piacere, le loro bocche si staccarono per consentire loro di prendere aria.

Dalle sue labbra uscirono solo due parole: “Ti amo”.

Sara abbandonò la testa in e lasciò che il suo corpo smettesse di vibrare, mentre il respiro diventava sempre più affamato.

Udì quello che Carola aveva appena detto, e rispose d’istinto: “Anche io ti amo, Alessia”.

Carola tolse le dita dal sesso dell’amica e aprì gli occhi.

“Chi è Alessia?”, chiese

Sara si sollevò sui gomiti. “Non lo so. Perché me lo chiedi?”.

Carola strabuzzò gli occhi. “L’hai appena detto tu. Hai detto che ami Alessia”.

Sara scosse la testa. “Non è vero, io non conosco nessuna Alessia. Io parlavo con le”.

Carola sorrise. “Parlarvi con me? Tu sai cosa mi hai appena detto allora, vero?”.

Sara si prese la testa fra le mani e chiuse gli occhi. “Sì, lo so cosa ho appena detto, ma ti chiedo per piacere di non tenerne conto. Mi sono fatta trascinare, scusa”.

Alessia. Chi era Alessia ?

Nonostante avesse dissimulato con Carola, sapeva perfettamente di aver chiamato quel nome.

Chiuse gli occhi nello sforzo di ricordare. 

Sentiva che era un indizio importante.

Carola le diede un buffetto sulla guancia. “Hai appena detto che mi ami, non può essere stato un caso”.

Sara non ce la faceva più, aveva bisogno di stare tranquilla. Quella giornata era stata sin troppo impegnativa sino a quel momento.

“Carola, cazzo, lasciami un attimo di tregua! Sono stata bene con te, ti sarò grata tutta la vita per quello che hai fatto oggi, e anche questi momenti passati a letto non li dimenticherò mai. Però adesso ho bisogno di pensare con calma e non gioca a tuo favore il fatto di mettermi sotto pressione. Ti chiedo per piacere di darmi un attimo di tregua”.

Carola si scostò dal corpo dell’amica, rabbuiandosi in volto.

“Va bene, me ne vado”, disse mogia.

Sara le afferrò il braccio. “Carola, non ti devi offendere, sono solo molto confusa”.

“Onestamente, non mi sarei sembrata così confusa questa mattina. Mi è sembrato chiaramente come di fosse piaciuto molto quello che ti ho fatto, questo lo devi ammettere”.

In soccorso di Sara venne citofono. Il suono del campanello piombò tra le ragazze come un colpo di pistola.

“Questa deve essere Alice! – disse Sara spalancando gli occhi – Rivestiti, io vado ad aprire”.

Si precipitò verso il citofono per aprire il cancello, quando tornò in camera Carola stava finendo di allacciarsi la camicetta.

Sara indossò rapidamente la biancheria intima e la tuta, mentre già si sentiva la porta del piano di sotto spalancarsi.

“Dobbiamo ancora parlare, ma non ora”, disse velocemente.

Diede un bacio sulle labbra di Carola e le fece una carezza.

Mi raccomando, che nessuno sappia niente di questo!”.

 

 

 

Salutò Alice con noncuranza, come per altro faceva tutti i giorni.

Non aveva nessuna voglia di parlare con lei di quanto le era capitato la mattina: tanto non gliene sarebbe fregato nulla, l’unico effetto che avrebbe ottenuto sarebbe stato quello di elevare il livello di allarme in famiglia e a renderle la prigionia ancora più dura.

Soprattutto in quel momento in cui aveva deciso di allontanarsi da casa.

Doveva riuscire a capire chi fosse Alessia e che ruolo avesse avuto nella sua vita.

L’equazione era molto facile: siccome non si ricordava di lei, era molto probabile che avesse a che fare con quanto era successo nell’isola. Ma cosa era successo?

Sì distese sul letto, chiuse gli occhi e cercò di svuotare la mente.

Prese a ripetere il nome di Alessia più volte nella testa, sperando di riuscire a generare quel collegamento che in quel momento le mancava.

“Alessia, Alessia, Alessia…”.

Fece risuonare quel nome per qualche minuto, sino a quando non venne scossa da un una frase nella sua mente.

“Cosa c’è?”.

Si mise a sedere sul letto di scatto.

Cosa era capitato? Chi aveva risposto?

Sbirciò fuori dalla porta per controllare se fosse stata Alice a parlare, ma dal bagno udì il suono della doccia.

Chiuse nuovamente gli occhi.

“Alessia?”, pensò intensamente.

“Cosa c’è? Chi sei?”.

Sara sentì il cuore accelerare improvvisamente. Cosa stava succedendo?

Cerco di controllare il panico e si concentrò nuovamente.

“Sono Sara. Sto parlando con qualcuno?”.

Pausa.

“Sono Alessia, mi hai chiamata tu. Chi sei?”.

Era una cosa pazzesca!

Sara prese una sigaretta e l’accese, nonostante avesse il divieto di fumare in casa.

Non era scettica di fronte a fenomeni ai confini della realtà, ma questo le sembrava decisamente insolito.

La voce che sentiva nella testa era estremamente nitida, come se fosse al telefono.

Stava veramente parlando con qualcuno?

Considerò anche una diversa ipotesi, e cioè che stesse impazzendo.

Forse era addirittura la più probabile.

“Sara, chi sei? Perché mi hai chiamato? Come faccio a sentirti?”.

Sara sentì le lacrime venirle agli occhi.

Stava succedendo qualcosa di decisamente insolito.

Però, perché non provare?

“Alessia, ho bisogno dei tuo aiuto. Sei stata recentemente in un’isola tropicale?”.

Sara contò qualche secondo, ansiosa di conoscere la risposta.

Quando arrivò, quasi urlò dalla gioia.

“Sì”.

Sara si premette le tempie per riuscire a formulare un pensiero chiaro.

“Hai dei ricordi chiari del soggiorno su questa isola, oppure non ti ricordi cosa è successo?”.

“Ho dei ricordi molto vaghi, mi hanno detto che sono stata infettata da una malattia tropicale che mi ha portato ad avere la febbre molto alta. Perché me lo chiedi?”.

Sara si alzò in piedi e proietto un pugno verso l’alto, come se avesse appena fatto un gol.

Ci aveva visto giusto, era successo qualcosa di strano e Alessia sembrava essere la chiave

“Alessia, è capitato qualcosa su quell’isola, e qualcuno deve avercelo fatto dimenticare. Credo che anche questo sistema di comunicazione sia legato a questo. Penso sia opportuno che io e te ci vediamo. Dove sei?”.

Questa volta la risposta di Alessia ci mise un paio di minuti.

“Sono spaventata, non so cosa sta succedendo”.

“Alessia, io credo che io e te ci siamo conosciute sull’isola e credo anche che avessimo un legame molto forte”.

Sara pensò a poco prima quando aveva urlato “Alessia ti amo”, ma ritenne non fosse saggio parlarne con quella che, almeno sino a quel momento, era una sconosciuta.

“Dici che dovremmo incontrarci?”, disse la voce nella sua testa.

“Penso che sia importantissimo. Non so te, ma io ho la sensazione che mi manchi una parte molto rilevante della mia vita”.

Di nuovo silenzio poi: “E’ la stessa sensazione che ho io”.

Alessia rivelò a Sara dove si trovava.

Non erano nella stessa città, ma era una trasferta gestibile.

“Vengo a trovarti io. Lasciami solo il tempo di organizzare il modo”, disse – anzi, pensò – Sara.

“Scambiamoci i numeri di telefono, nel caso in cui questo sistema dovesse smettere di funzionare”.

Lo fecere, poi si salutarono.

Suo padre non poteva più ignorarla, Sara doveva assolutamente parlare con lui.

 

“Sono tutte cazzate!”, sentenziò il padre di Sara non appena la figlia terminò l’esposizione delle sue idee.

“Ma cosa dici?”, protestò la ragazza.

“Io sono una persona molto pratica, credo alle cose che vedo e alle teorie verosimili. E qui non c’è niente che appartenga a nessuna delle due categorie”.

“E allora spiegami tu cosa sarebbe successo! Perchè mamma è rimasta lì? E Luca, che fine a fatto? Io stessa, papà, cosa ho fatto su quell’isola?”, domandò Sara.

Il padre scosse la testa.

“Lasciamo stare, che è meglio”, bofonchiò distogliendo lo sguardo.

“No, no, non lasciamo stare. Spiegami, raccontami quello che sai”, lo incalzò lei.

“Ho detto lasciamo stare, Sara. Non farmi diventare sgradevole”.

“No, invece, diventalo pure! Dimmi cosa sai, cosa è successo. Non pensi che abbia il diritto di saperlo?”.

Il padre di Sara trasse un lungo sospiro e giunse la mani davanti a lui.

“Quando sei venuta via dall’isola, ti ho fatto fare degli esami. Avevo il dubbio che qualcuno avesse abusato di te, che avessi subito delle violenze”.

“Ok. E cosa hai trovato?”.

Suo padre allargò le braccia: “Niente! Non hanno trovato assolutamente niente! Su quell’isola non è successo nulla di strano”.

Sara scosse la testa. “Questo non è possibile, papà. Ci sono stati dei soprusi, sono stata costretta a fare delle cose”

“Sara, ho dovuto subire l’umiliazione di sentirmi dire da quegli uomini, quelli che ti hanno esaminata, che tu sei un po’ zoccola. Questa è l’unica cosa strana che hanno verificato”.

“Sono sconcertata, tu non hai detto niente?”

“E cosa potevo dire? Non ti ho dovuta forse recuperare in un locale mentre facevi strip? Non sei stata sorpresa da tuo fratello mentre ti stavi per fare una ragazza? Non sei stata tu a provarci con tuo zio mentre lui era ospite da voi? Secondo te, posso essere così sicuro che loro abbiano torto?”.

Sara incrociò le braccia sul petto e guardò verso il basso.

“Forse – proseguì il padre – è la giustificazione che ti sei data tu per accettare certi comportamenti che dentro di sé ritiene sbagliati. Può capitare, il nostro cervello é un meccanismo molto complesso”.

Sara rimase in silenzio per quasi un minuto, poi: “Senti, non mi interessa cosa credi. Io ho necessità di tornare lì, e per farlo ho bisogno del tuo aiuto. Sono sconcertata che non ti interessi sapere cosa è successo alla mamma e a Luca. Capisco che vi siate separati, ma un po’ di affetto dovrebbe essere rimasto, soprattutto non comprendo come tu possa abbandonare lì tuo figlio”.

Il padre di Sara si produsse in una risata nervosa.

“Perché ridi? Ho detto qualcosa di divertente?”, chiese Sara.

L’uomo scosse la testa. “No, non hai detto nulla di divertente. Non c’è niente di divertente. Però ci sono delle cose che non sai”.

“Quali?”

“Ad esempio che non sai il motivo per cui io e tua madre siamo separati”.

Sara lo guardò stupita. “Io so che vi siete separati perché tu non sei stato fedele”.

Il padre ridacchiò nuovamente: “Questa è la versione che tua madre ha voluto farti credere, ma non è andata così”.

“Senti papà, o mi racconti le cose, o avresti fatto meglio a non affrontare neppure questo argomento “, sbottò la ragazza.

“Va bene, tanto è giusto che tu lo sappia. Ti ricordi sei anni fa, quando suo fratello dovette subire quell’operazione alla schiena?”.

Sara si ricordava, suo fratello era caduto andando in bici e aveva dovuto essere operato ad una vertebra.

“Come di prassi – proseguì il padre – gli fecero degli esami preventivi per prepararlo alla operazione. Fu in quella occasione che scoprii che tuo fratello aveva un gruppo sanguigno diverso da quello di tutti noi”.

“Come può essere?”, domandò Sara.

“Infatti non può essere. Così, all’insaputa di tua madre, gli ho fatto fare degli esami più approfonditi, e ho scoperto che non è figlio mio”.

Sara lo guardò con gli occhi spalancati.

“Sei sicuro? Magari c’è stato qualche errore”.

Il padre scosse la testa: “Non c’è stato nessuno errore. Dopotutto, basta guardarlo in faccia per capire che non mi somiglia neppure un po’. Lui è alto e ha la pelle molto chiara, io sono basso e ho la carnagione scura. Tu mi somigli, Sara, lui per niente”.

Un pesante silenzio calò tra di loro.

“Quando sono stato sicuro di questo, ne ho parlato con tua madre, la quale ha ammesso la scappatella. Anche se, e questa è stata la notizia più deprimente, non è stata in grado di risalire a chi potesse essere il padre”.

Sara era sconcertata. Sua madre scopava in giro mentre era sposata con suo padre.

Si chiese con tristezza se questo tipo di attitudine non avesse qualche connotazione ereditaria, non si tramandasse di madre in figlia.

“Luca lo sa?”, chiese Sara.

Il padre scosse la testa: “No, e non deve saperlo. Io l’ho comunque cresciuto e non voglio che paghi lui degli sbagli che ha commesso sua madre. Però, come puoi immaginare, molte cose sono cambiate da quel momento”.

Sara rimase in silenzio per qualche secondo.

“Quindi, Sara, se tua madre ha deciso di stare su quell’isola a fare la mignotta, non è una novità e non me ne frega niente. Se suo figlio – il tono della voce del padre sottolineò l’aggettivo possessivo – vuole comportarsi come lei, sono fatti suoi, è maggiorenne. E anche tu, Sara, se vuoi comportar ti da zoccola, puoi farlo. Però io non spenderò un soldo e non farò nessun tentativo di cambiare queste cose. Se vuoi farlo, non ve lo posso impedire, ma fallo con i tuoi mezzi”.

Sara si alzò e uscì dall’ufficio del padre senza neppure salutarlo.

Una zoccola! Le aveva dato della zoccola, suo padre!

La pensava così? Avrebbe visto da solo come lei si sarebbe guadagnata i soldi che servivano, allora.

 

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