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133 – Elena la prima notte di nozze in Tunisia

By 20 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Il mio nome è Oscar, sono un ragazzo normale, alto un metro e sessantacinque, occhi e capelli scuri, fisicamente un pochino in carne, con un pisello non molto grande. In effetti di diametro è sui tre centimetri mentre di lunghezza misura circa quindici. Ho una moglie, Elena, che adesso ha ventitre anni che è una bella figa, alta un metro e sessanta, due tettine di seconda misura, magra ma con tutte le curve al suo posto. Ha due belle cosce affusolate e un fantastico culetto sporgente. A letto è molto calda, le piace fare di tutto e quando la sbatto lei si muove come una assatanata. E’ molto brava a fare i pompini e le piace bere la mia sborra senza mai perderne una goccia. In somma è una troietta porcella, come molte altre donne al mondo.
Ora vorrei fare un passo indietro e raccontarvi le nostre avventure durante il viaggio di nozze in Tunisia. Devo premettere che dal momento in cui, biblicamente parlando, ho conosciuto Elena, ho sempre desiderato vederla mentre, con me presente, si faceva sbattere da un superdotato, di quegli stalloni con il cazzo enorme. Ho desiderato realizzare questa situazione, dal momento in cui ho capito che lei non era poi così soddisfatta delle dimensioni del mio uccello.
Ci sposammo di pomeriggio e terminammo di cenare che erano le due di notte. Così, stanchi dalla intensissima giornata, verso le quattro del mattino, arrivammo finalmente a casa e considerando che saremmo dovuti essere in aeroporto alle due del pomeriggio, invece di consumare la nostra unione, decidemmo di dormire, che tanto avevamo tutta una vita davanti. Quella notte non dormimmo comunque, eravamo in apprensione per la partenza e temevamo di non svegliarci in tempo per raggiungere l’aeroporto ed imbarcarci verso la Tunisia. La nostra meta finale era il villaggio ‘Eden Village El Borj ‘ sito in località Mahdiya. Dopo un viaggio tranquillo giungemmo in loco e con un pullman extra lusso, in meno di mezzora, ci trasferirono al villaggio. Sbrigate le operazioni alla reception un ragazzo tunisino ci guidò, in mezzo a viali alberati e colmi di fiori variopinti, fino alla nostra camera. Un letto matrimoniale più grande di quelli in uso nel nostro Paese con sopra disegnati con gli asciugamani due cuori artisticamente riempiti di petali di fiori rossi. Bellissima accoglienza e quindi relativa mancia al ragazzo. Il giovane ci ringraziò e ci disse che la cena era già disponibile al ristorante. Guardammo l’ora erano le venti e trenta, così, dopo esserci fatta una bella doccia, ci cambiammo e ci dirigemmo verso il ristorante. Era un ristorante tipo ‘self service’ con un assortimento di cibo, incredibilmente vasto. Dalle verdure ai dolci, dalla pasta al forno agli spaghetti con le vongole, senza parlare poi dei secondi di carne e di pesce con una moltitudine di contorni. Veramente ogni ben di Dio a completa disposizione senza limiti di quantità.
Durante le cena, molti camerieri facevano la ronda attorno a noi, anzi direi che la facevano attorno ad Elena. Lei si era, diciamo vestita, con un abitino quasi impalpabile, molto corto senza reggiseno sotto e con un minuscolo perizoma, tutto qui, anzi no mi sono dimenticato le scarpe con il tacco dodici che la facevano sembrare una stangona inverosimile. Un ragazzo in particolare era più insistente degli altri, si fece dire i nostri nomi e da quel momento ci chiamò per nome aggiungendo a quello di Elena la parola amore.
Lui, che parlava abbastanza bene l’italiano, disse di chiamarsi Habib. Era un ragazzone molto alto, pelle ambrata scura, capelli riccioli neri come la pece e occhi molto profondi e sensuali. Come tutti i camerieri anche Habib indossava una tunica lunga fino alle caviglie. Elena ridacchiando mi disse che era curiosa di sapere se li sotto indossavano le mutande oppure se erano nudi. Dopo una decina di minuti, finsi di voler scegliere qualcos’altra da mangiare, mi alzai con il piatto in mano e raggiunsi dietro una colonna il nostro Habib.
Gli misi in mano una banconota da cinque euro e poi mi avvicinai al suo orecchio e gli sottoposi la domanda dicendogli che era Elena che lo voleva sapere. Mi rispose che se lo volevo sapere lui sarebbe venuto in camera nostra e ci avrebbe fatto vedere.
Mi sentii, vicinissimo a realizzare il mio sogno, sarebbe stato magnifico che la mia piccola sposa si facesse sbattere da un possente cameriere, che speravo fosse almeno un po’ più dotato di me. Elettrizzato, tornai al tavolo con una porzione gigante di torta con la panna e il cioccolato e con un sorriso malizioso stampato sul viso. Elena mi guardò interrogativamente, come a dire: Che cazzo hai da ridere??? Terminammo la cena e Habib non c’era più, mi sentii profondamente deluso, era stato tutto un gigantesco bluff. Ci alzammo e uscimmo dal ristorante, guardai l’ora, erano le undici e mezza. Elena mi camminava a fianco, avvinghiandosi a me, compresi che aveva voglia di festeggiare la sua prima vera notte di nozze con una scopata memorabile. Beh in effetti ne avevo desiderio anch’io e sbaciucchiandola e palpandola un po’ dappertutto giungemmo davanti alla nostra camera. Cercai in tasca la card elettronica per aprire la porta e nello stesso momento udii la voce di Habib, che ci avvisava della sua presenza. Elena mi guardò senza capire, io finsi di essere sorpreso, ma il ragazzo tunisino, si accodò a noi ed entrò anch’esso in camera.
Con il suo italiano un po’ macchinoso, ci chiese se volevamo sempre sapere se lui indossava o no le mutande. Elena si schermì e io invece con un cenno significativo assecondai Habib.
Lui si sollevò il Djellaba e mostrò la sua completa nudità. Non potevo sperare di meglio, un cazzo circonciso, con la pelle scura e la grossa cappella rosea, che a vederlo molle sarà stato almeno ventidue o ventitre centimetri. Di forma vagamente conica, molto largo alla base, si restringeva fin sotto la cappella per poi allargarsi con un glande maestoso. Elena era attonita e meravigliata allo stesso tempo, il suo sguardo fisso sull’oggetto dei suoi desideri. Una mazza come quella ne lei ne io non l’avevamo sicuramente mai vista in vita nostra.
Mi stupii di me stesso, quando mi avvicinai a lui e glielo presi in mano, lui mi lasciò fare, per niente sorpreso da questo mio gesto così audace. Lo masturbai mentre Elena sconvolta guardava lui e me alternativamente, la guardai negli occhi, che sapevo essere lo specchio inconfutabile delle sue sensazioni. Compresi dallo sguardo velato di lussuria che era terribilmente eccitata, io tirai fuori il mio e lo avvicinai al palo mostruoso di Habib. Ora ce l’aveva duro, la sua cappella contro la mia pancia, la mia era a quindici centimetri dalla sua. Era il doppio del mio, non era difficile fare il calcolo, il mio era quindici e il suo era il doppio del mio, quindi quindici più quindici faceva indiscutibilmente trenta. La mia Elena intanto si era avvicinata e timidamente la sua manina delicata si era impossessata del cazzo di Habib. Il braccio della mia sposa era più piccolo del pene di quel ragazzo tunisino.
Lei, praticamente in tranche lo condusse, tenendolo per il cazzo, verso il letto, si sfilò poi la leggerissima tunichetta e aiutò lui a togliersi il Djellaba. Mentre lei armeggiava per spogliarlo nudo io gli ripresi il cazzone in mano e lo segai ulteriormente, lo sentii indurirsi come una pietra e inalberasi fortemente. Poi il sogno si avverò, lei si mise giù, spalancò oscenamente le cosce aprendosi la figa con le dita, lui le fu sopra, la stanga tesa in avanti, mi sembrava veramente il cazzo di un cavallo, io mi misi di fianco per meglio osservare la scena e mi accorsi che quasi inconsapevolmente incitavo lo stallone a sbattere mia moglie. Vidi la cappella tumida e gonfia appoggiarsi alla vulva di Elena e poi poco alla volta ne vidi scomparire una buona metà all’interno. La porcella gemeva come una troia in calore, io mi segavo lentamente godendomi l’eccitantissima scena e il nostro Habib faceva scorrere il suo palo avanti e indietro. Ad ogni affondo il capo di Elena sbatteva contro la testiera imbottita del letto. Vedevo le sue tettine muoversi al ritmo della scopata.
Lui muoveva il bellissimo culo e glielo sbatteva sempre più dentro, lo faceva ripetendo continuamente in inglese fuck, fuck, fuck. Mi avvicinai e sfiorai quel meraviglioso culo di marmo di Habib, lui si voltò e mi sorrise, gli palpai da dietro le palle, che in verità parevano dei grossi Kiwi e lui mugolò lungamente. La cosa più bella era vedere il cazzone che ora entrava quasi del tutto nella figa di Elena e lei che con il viso sfigurato dal piacere godeva sonoramente con degli ahhhh prolungati. Poi lui con un affondo deciso glielo piantò tutto dentro, fino in fondo e cominciò ad urlare: Cum, cummmm, cummmm, cummmm” Elena lo abbracciò stringendolo a se e mescolò la sua voce a quella dell’uomo gridando: Vengo, siiii, vengoooo, siiiiii”’ Mi accorsi che stavo per sborrare anch’io e con il mio cazzetto in mano spruzzai la mia sborra sui loro corpi strettamente abbracciati.
Ecco, la mia sposina, finalmente aveva coronato un inconfessato sogno, si era finalmente presa un signor cazzo e aveva sicuramente capito la notevole differenza. Habib si alzò si rivestì e quando fu sulla soglia della porta, ossequiosamente ci disse che lui sarebbe stato sempre a nostra disposizione. La mia fu poi una notte ancora una volta agitata, sognai Habib e il suo mastodontico cazzo e anche Elena che glielo succhiava. Dicono che i sogni siano lo specchio dell’anima e che a volte nascondano desideri reconditi e nascosti nel nostro cervello. Già in effetti mi sarebbe piaciuto vedere la strettissima rosetta anale della mia consorte, aprirsi e dilatarsi al massimo sotto i colpi del mio amico Habib. Magari avrei potuto aiutare Elena a spompinarlo, ma non ero così convinto, non lo avevo mai fatto e non sapevo se mi avrebbe fatto schifo oppure no. Certo era che lui aveva gradito le mie seppur lievi attenzioni e quindi magari, esisteva la possibilità che io approfondissi la cosa.
Al mattino ci alzammo abbastanza presto e spostando le tende, vidi la mia donna seduta sulla sedia di plastica bianca fuori sul terrazzo. Indossava già il bikini e si godeva beatamente l’impareggiabile panorama.
Sotto di noi, lussureggianti giardini verdi, stracolmi di fiori multicolori, più in là una maestosa bouganville rossa che camminava lungo un muro bianchissimo. Diversi sentieri lastricati in porfido conducevano verso la spiaggia, il mare era lì a portata di mano, uno specchio azzurro di una trasparenza indicibile, si vedevano addirittura dei pesci tropicali scivolare a pelo d’acqua tra i numerosi bagnanti. La spiaggia bianchissima era già affollata di turisti che si erano accaparrati i posti migliori. Alla nostra sinistra due piscine di forma irregolare con attorno ombrelloni e lettini. Due ragazzine piuttosto acerbe, se ne stavano tranquillamente in topless, mentre i loro giovani fidanzatini si davano da fare a spalmar loro la crema solare.
Spiai ancora Elena, il suo viso ispirava tenerezza, pareva impossibile che solo poche ore prima lei si fosse fatta sbattere a lungo come una vacca da monta. Certo che era la esatta fotocopia di mia suocera, la madre era naturalmente di aspetto più maturo e anche il corpo era più pieno e ridondante di quello della figlia. Ma la somiglianza era impressionante. Io sapevo che la suocerina, aveva un amante che settimanalmente se la fotteva, specie quando il marito se ne andava in giro per i suoi viaggi di lavoro. Era una donna appetitosa e un pensierino pure io ce l’avevo fatto, poi naturalmente, amando la figlia, pensai che forse era meglio desistere da quell’insano proposito.
Aprii la porta vetri facendola scorrere ed Elena si voltò subito sorridente verso di me. Mi avvicinai e la baciai sulla bocca, lei ricambiò e mi disse solamente una parola: Grazie.
Scherzando le dissi di non farci l’abitudine, che il viaggio di nozze sarebbe terminato e quindi si sarebbe dovuta abituare a me e alle mie dimensioni. Mi sorrise anche lei e maliziosamente mi disse che certi stalloni c’erano anche in Italia!!! Le domandai che ruolo avrei dovuto avere io e lei mi rispose che potevo sempre guardare e segarmi furiosamente!!
La mia puttanella pensava al futuro, non come tutte le spose del mondo che vogliono farsi una famiglia con un certo numero di vivacissimi figli, no, lei voleva cazzo grossi e lunghi la baldracca!!! Però a me sta cosa piaceva e quindi fui certo, che anche una volta tornati in Italia, sarei riuscito ad accontentarla.
Trovammo posto in spiaggia e a mezzogiorno approfittammo dei numerosi snack disponibili presso il bar e non ci allontanammo dal sole cocente. La sera eravamo entrambi cotti con sulla pelle un diffuso color aragosta e una volta in camera ci cospargemmo a vicenda il corpo di crema idratante contro le scottature.
La cena al ristorante fu veramente luculliana, l’appetito era molto e l’assortimento infinitamente abbondante e così ci abboffammo come maiali all’ingrasso.
Quella sera cercai Habib, ma non lo trovai, chiesi ad un suo collega e mi disse che era il suo giorno di riposo. Quella sera, uscimmo e approfittando della navetta ci facemmo condurre a Mahdija. In quella località c’era un interminabile mercato, con le merci più disparate. Molta roba era di fattura tunisina mentre altra era proveniente dalla Cina. Si poteva trovare veramente di tutto un po’, dagli orologi taroccati, ai foulard di mille colori, abbigliamento che comprendeva magliette di marche famose, anch’esse false, scarpe, gioielli, borse da viaggio e non, insomma veramente un assortimento completo. Notammo che i prezzi erano veramente ridicoli rispetto a quanto si pagavano determinate merci in Italia e quindi pur sapendo che tante cose erano taroccate ci demmo da fare con lo shopping.
Per la prima volta, dopo il matrimonio, quella sera penetrai la mia consorte. Prima di ficcarglielo dentro mi diedi da fare a leccarla e lambirla in tutti i suoi punti erogeni, le succhiai a lungo i capezzoli perché, quando le facevo sta cosa, sapevo che lei godeva intensamente. Poi la trombai con forza alla pecorina, la sculacciai fino a farla venire, quindi la feci girare e glielo sbattei in bocca, lei mi succhiò avidamente, fin quando, come faceva solitamente, si bevve tutta la mia abbondante sborra.
Il giorno seguente, non ci avvicinammo nemmeno al mare e ci limitammo ad andare in piscina sotto gli ombrelloni. Lessi tutto il giorno mentre invece Elena dormì e si rilassò, distesa all’ombra come una venere. Verso le diciotto, stufi e annoiati, decidemmo di rientrare in camera, il programma era quello di farsi una bella doccia e poi presentarci in ora di apertura al ristorante.
Salimmo i quattro scalini che ci portavano al vialetto superiore, quando imbattemmo in Habib. Ci chiese come andava e anche se per caso ‘avevamo bisogno di lui’ . Fu Elena a rispondere, dicendogli che noi stavamo andando in camera”
Il messaggio arrivò chiaro al tunisino, che ci disse che doveva fare prima una cosa ma che da lì a poco sarebbe venuto a trovarci. Eravamo entrambi sotto la grande doccia, quando sentimmo bussare alla porta, con i piedi bagnati, rischiando di scivolare sul pavimento di marmo, uscii dal bagno e aprii la porta. Vidi Habib e dietro di lui un altro giovane ragazzo che aveva l’aspetto un po’ efebico, ma che era veramente molto bello. Li feci entrare entrambi e loro si spogliarono nudi, Habib lo conoscevo già e così mi soffermai a guardare con attenzione il nuovo arrivato. Era l’icona della bellezza, il viso con spiccate caratteristiche arabe, con occhi neri e ciglia scurissime, capelli stranamente lisci anch’essi scuri come la pece e la bocca con le labbra spesse e sensuali. Il corpo, senza un pelo da nessuna parte, liscio e di colore uniformemente bronzo ambrato. Muscoloso il giusto con dei bel pettorali sporgenti e la tartaruga stampata sul ventre. Era anche lui dotato di un gran bel cazzo, stranamente non circonciso, con la pelle del prepuzio che gli ricopriva la cappella a metà.
Coglioni grossi e lisci come due palle da biliardo. Si sdraiarono entrambi sul letto mentre io preso l’accappatoio dal bagno iniziai ad asciugarmi. I due, in attesa della mia dolce mogliettina, si sfioravano il corpo con le dita e i loro cazzi si sollevavano a scatti gradatamente. Quando lei uscì dal bagno, io ero seduto sulla poltroncina e la guardavo con curiosità, lei, con l’asciugamano da bagno avvolto attorno al capo a mo di turbante, avanzava a tentoni strofinandosi energicamente la folta chioma. Poi se lo tolse e si accorse finalmente dei due maschi distesi sul letto. Spalancò la bocca in segno di stupore, vi mise poi sopra le mani giunte come in segno di preghiera, si coprì pudicamente con un braccio il seno e con l’altra mano il pube e rimase allibita a guardarli. Parlai per primo e le dissi semplicemente che stavano aspettando proprio lei. Tolse la censura dal suo corpo e salì sul letto incuneandosi in mezzo a loro. La toccavano dappertutto, e lei toccava loro, il giovanotto che Habib chiamò Nasser, si sdraiò supino e il gigante fece in modo che Elena gli si calasse sopra, il cazzone del ragazzo gli si infilò in figa con estrema facilità e lei cominciò a danzargli sopra mentre le mani di Nasser le stringevano le tette. Io goduto come non mai, in piena erezione, mi limitavo a masturbarmi e ad osservare gli eventuali sviluppi. Poi successe ciò che io mi auguravo succedesse. Habib si mise dietro di Elena e con una mano sulla schiena la fece piegare in avanti, quindi il suo mostruoso batacchio si fece strada fra le natiche della mia consorte. Lui le sputò due o tre volte un po’ di saliva nel solco delle chiappe e poi con le dita gliela spalmò sopra al buco del culo, introducendone anche una parte all’interno. Lei diceva di no con tutta la voce che aveva, pensai che l’organizzazione ci aveva magnificato tra le altre caratteristiche dell’hotel che le camere erano interamente insonorizzate e quindi me ne fregai altamente. Più lei urlava di no e più lui tentava di spingerglielo dentro. Alla fine l’ebbe vinta lui, la dura cappella si fece strada gradatamente allargandole lo strettissimo buco. Vidi la grossa prugna violacea penetrare totalmente al dilà dello sfintere e poi il largo fusto millimetro dopo millimetro forzare l’anello e scivolare lentamente dentro. Lei gli gridò che era un bastardo, un figlio di puttana, che Allah l’avrebbe maledetto, ma Habib non si fece problemi e iniziò a sbatterglielo in culo con grande determinazione e maestria. Io gridai ad entrambi i maschi di fotterla e sbatterla di brutto la mia troia! Ancora una volta lui mentre la penetrava esclamava di continuo : Fuck, fuck, fuck”’ Lei era presa in mezzo come la mortadella nel panino, io vedevo l’interminabile spingarda di Habib sprofondare nel culo a Elena e da sotto l’altro cazzone che le si piantava simultaneamente in figa. Sentii poco alla volta la musica cambiare e la mia grande maiala troia e ciucciacazzi cominciò a godere. Insultava ancora Habib ma intanto gli diceva siiiiiii ripetutamente. Poi la sentii urlare che stava per venire, ancora moltissimi siiiiiii ripetuti e poi un vengoooo interminabile, un suono bestiale, un lamento di un animale ferito e come un fantoccio al quale si sono esaurite di colpo le pile, si accasciò fra le braccia di Nasser. Habib, respirava faticosamente mentre il suo cazzo entrava ed usciva dal culo spalancato di mia moglie. Con brevissime escursioni il cazzo di Nasser si muoveva nella figa della femmina infoiata e poi compresi dai suoi movimenti rapidi e dal respiro ravvicinato che le stava allagando la figa di calda sborra. Ora solo più Habib si muoveva come un forsennato facendo muovere il corpo di Elena come un panno al vento. In inglese l’uomo urlò alcune volte: Cuuummmm, e poi tutta la sua enorme mazza si conficcò nelle viscere della mia povera Elena. In piedi vicinissimo al trio mi segai e mentre stavo per sborrare Elena si girò verso di me e me lo prese in bocca ingurgitando avidamente tutto il mio denso seme.

Che fantastico viaggio di nozze, per molti mesi ogni volta che facevamo l’amore pensavamo a Habib e anche al giovane Nasser e ci eccitavamo come dei maiali.
Poi una volta successe che piombammo senza preavviso a casa di mia suocera e””’

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
Email: alexlaura2620@libero.it

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