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Racconti Erotici Etero

152 – Anthology Alessia – Il prof. megadotato

By 12 Aprile 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

All’inizio di questo racconto ho parlato di una vita movimentata, durante la quale io non mi sia mai fatta mancare nulla. In effetti, la mia educazione laica, faceva si che io non chiudessi mai le porte che mi si aprivano davanti. Nella mia mente non è mai esistita la parola ‘limite’.
Per me non sono mai esistiti la partenza e l’arrivo, ma ci sono sempre stati la partenza e la sosta. Si, la partenza vista come nuova e sempre entusiasmante esperienza e la sosta, che rappresenta l’intervallo di tempo che intercorre tra la fine di una avventura e l’inizio di quella che verrà o che sta già per arrivare.
Avevo diciannove anni e mezzo e frequentavo con profitto l’università che i miei genitori, con moltissimi sacrifici, erano riusciti fino a quel momento a pagarmi.
Avevamo un professore di lingua italiana che era un tipo un po’ strano, capelli lunghi, sui cinquanta, calvo nella parte alta del capo, non molto alto, un po’ cicciotello, occhi bovini e sguardo vacuo.
Tra noi femmine di questo personaggio, specie durante i momenti di pausa dalle lezioni, si parlava spesso irridendolo e considerandolo un povero ‘sfigato’ . Lisetta, una delle allieve che durante l’anno era diventata la mia migliore amica, un giorno mi prese da parte e mi confidò un particolare piccante che gli aveva rivelato un ragazzo che faceva ingegneria’..

‘Sai cosa mi ha detto il Volpini?

‘Serva, dimmi che ti ha detto il Volpini? ‘

‘Ha visto nei cessi dei maschi, il professor Mandalà che pisciava negli orinatoi e mi ha detto che ‘lo sfigato’ ha un cazzo gigante!!!’

‘Ma dai, quello sgorbio di uomo è superdotato???’

‘Già così mi ha detto Volpini”

Da quel momento, ogni volta che lui entrava in aula, io scrutavo i suoi pantaloni per vedere dove riuscisse a nascondere tutto quel ben di Dio!!! Portava sempre pantaloni larghissimi e di colore scuro e non c’era nessun indizio che non mi facesse pensare che quella raccontata da Volpini era stata solo una grande bufala!!! Il caso volle, che un mattino incrociassi al bar dell’università, il buon Volpini. Parlammo del più e del meno, poi mi feci coraggio e gli chiesi se la storia di Mandalà superdotato fosse vera o se l’avesse messa in giro tanto così per scherzare. Lui, mi guardò stupito e poi mi disse di chiedere al bidello Salvatore.
Naturalmente obiettai che non potevo certamente andare a chiedere al bidello se era vero che il professore di matematica aveva un cazzone gigante!!! Mi prese per mano e mi condusse davanti al gabbiotto del bidello. Aprì la porta e fece cenno a Salvatore che gli voleva parlare. Davanti a me, sorridendo, pose la fatidica domanda al bidello. Lui sogghignò furbescamente e poi mise le mani avanti in posizione verticale tenendole distanti una trentina di centimetri, quindi disse”’

‘Lo vidi sotto le docce, una minchia tanta tiene!!!!’

Arrossii imbarazzata, poi frettolosamente salutai con la mano l’amico Volpini e in pratica fuggii in classe. Mi sedetti come sempre vicino a Lisetta e gli spiegai ciò che era successo. Bisbigliando e trattenendo a stento la risata lei”..

‘Ma dai, sul serio???’

‘Si, Salvatore, sai, il bidello, mi ha fatto segno che Mandalà, ce l’ha almeno trenta centimetri”

‘Cazzo che minchiaaa!!!’

La troiaggine faceva e fa ancora parte del mio DNA e così mi fissai che volevo andare in fondo alla questione. Il giorno seguente, seguii la lezione di matematica negli ultimi posti in alto dell’aula. A fine lezione attesi che un po’ di allievi e allieve si allontanassero e raggiunsi Mandalà che ancora stava riorganizzando dentro ad un classificatore, le schede personali degli studenti”.

‘Buongiorno professore, scusi, io non ho capito delle regole che ritengo importanti, lei gentilmente potrebbe spiegarmele?’

‘Si, certo, posso, ma non adesso, fra quindici minuti qui arriva l’insegnate di biochimica”

‘Eeemm’ da un’altra parte? Non so, in qualche sala riunioni o qualcosa del genere’..’

‘Va bene, vieni con me andiamo nell’aula di fisica che non è occupata’.’

Mi sedetti in un banco e lui si sedette di fianco a me, feci salire appositamente la mia gonna al massimo consentito. Sperai che le calze autoreggenti facessero il loro effetto e difatti notai che mentre mi spiegava le cose che gli avevo chiesto, spesso lasciava cadere l’occhio sulle mie cosce. Mi spiegò minuziosamente tutto ed io, verso la fine, lo guardai negli occhi con lo sguardo più torbido e sensuale che possedevo. Avvicinai il mio viso al suo e gli mostrai le tette che sbordavano generosamente dalla scollatura”’

‘Professore, lei è proprio bravo sa, in poco tempo mi ha fatto capire tutto, meriterebbe una bella ricompensa’.’

‘E’ il mio mestiere, non c’è bisogno di ricompense!!’

Nel parlargli mi ero girata completamente verso di lui, le cosce un po’ divaricate e il busto in avanti”’

‘Emmm, signorina Alessia si ricomponga per favore’.’

‘Scusi professore, non volevo metterla in imbarazzo, ma lei è un uomo così interessante”.’

‘E’ la prima nella mia vita, che una donna mi fa un complimento del genere!!!’

‘Non sempre la bellezza è ciò che le donne gradiscono di più, spesso invece noi femminucce amiamo l’uomo interessante e carismatico. Proprio come lei professore!! ‘

Gli appoggiai una mano sulla coscia, lui mi guardò negli occhi, brutto era brutto, ma quella cosa lì mi incuriosiva da morire. Lui prese la sua borsa di pelle nera e se la mise sulle gambe.
Gli presi la sua mano destra e me la posai sulla parte alta della coscia. Non la tolse, rimase lì immobile, era timido il professore, gli presi la borsa e la posai sul banco, poi la mia mano si spostò un po’ più su. Sentii sotto le mie dita la sua mazza. Il cuore mi batteva forte,
scivolai verso la sua sinistra, un cilindro grande come una lattina di birra, non finiva mai, trovai finalmente la sua cappella, essa dall’interno, puntava contro i pantaloni formando verso l’esterno un notevole bozzo. Fui tentata di scappare, poi la curiosità fu più forte della paura, cercai la cerniera dei calzoni, ma la patta era solo abbottonata, feci fuoriuscire dalle loro asole ad uno ad uno tutti i bottoni e sotto trovai dei boxer di tela a righe verticali bianche e azzurre, in centro una seconda patta, ci infilai la mano e toccai finalmente la carne calda di quel gigantesco tronco. Faticai non poco a tirarglielo fuori e quando lo vidi non potei fare a meno di mettermi entrambe le mani sulla bocca spalancando gli occhi come se fossi stata una spiritata. Confrontai quel cazzo con il mio braccio sinistro, il suo pene era sicuramente più lungo e grosso, si, forse erano veramente trenta centimetri come aveva detto il bidello. Glielo accarezzai, la pelle era bianchissima e la superficie era solcata da piccole venuzze blu che formavano dei sottili fiumiciattoli in rilievo. La cappella era coperta dalla pelle, lo scappucciai, lui, il prof. era inebetito e immobile, sembrava paralizzato. Appena l’ebbi scappellato, sentii un forte afrore di maschio che la sua grossa cappella emanava. Lo impugnai con due mani, era incredibile la porzione di cazzo che rimaneva ancora scoperta. Non sapevo cosa fare, poi mi decisi e provai a fargli un pompino. Daniele mi aveva insegnato bene a farli ma tra il cazzo del prof e quello del mio amante brizzolato c’era la differenza come il dito pollice in confronto ad una banana. Presi il membro in mano, mi abbassai e spalancai la bocca ingoiandogli la voluminosa cappella.
Un ‘ahhhh’ prolungato fu il segnale che Mandalà gradiva il mio lavoro sul suo pisellone.
Lui prese coraggio e mi appoggiò una mano sulla nuca, spingendomi con una certa pressione verso il basso, io, arrivai a ingoiarne circa metà, poi mi accorsi che se avessi proseguito sicuramente il grosso pitone mi avrebbe soffocata, ritornai verso l’alto e glielo liberai, presi fiato respirando affannosamente, lui mi accarezzò i capelli poi prese nuovamente a spingermi verso il basso. Lo ingoiai ancora e cominciai un vero pompino.
Ad un certo punto sentii il suo cazzo contrarsi e irrigidirsi ulteriormente mentre il suo respiro divenne molto più veloce. Da esperta pompinara, compresi che stava per riversarmi la sua sborra direttamente in gola. E no!!! Volevo prendermi il gusto di vederlo venire, di ammirare gli schizzi che sarebbero usciti da quella bestia di cazzo!!! Nonostante che la sua mano premesse per farmelo tenere in bocca, riuscii a liberarmi e lo masturbai velocemente.
Quattro o cinque colpi di sega e una serie impressionante di schizzate, all’impazzata. si diressero un po’ da tutte le parti. Da quel taglietto centrale alcuni getti fuoriuscirono violentemente e mi colpirono in viso colandomi sulle gote e sul mento, altri si spiaccicarono sul mio quaderno di matematica e poi altri ancora sul mio vestito e sui suoi pantaloni. Una sborrata così non l’avevo mai vista, c’era sperma dappertutto, presi dei fazzolettini dalla mia trousse finta Chanel e gliene porsi uno, poi ne estrassi alcuni anch’io e mi ripulii alla bell’e meglio. Senza fare nulla per ripulirlo, chiusi il quaderno di matematica conservando così tra le sue pagine, il ricordo di quella fantasmagorica sborrata. Alla fine lo baciai sulla bocca e lui rispose al mio bacio con trasporto e passione. Non mi fece schifo come avevo sempre immaginato, fu invece un bacio, un bacio tra un normale uomo e una normale donna. Mi dispiacque solo che lui non pensò a me e al mio piacere. Mi lasciò così, attonita e frustrata, accennando appena un semplice ciao e andandosene come avrebbe fatto dopo aver pagato una puttana professionista.
La lezione seguente, in classe, lui mi chiamò per interrogarmi, io mi presentai davanti alla sua cattedra e risposi alle sue domande. Poi lui mi pose un quesito”

‘Vorrei fare con voi allievi, un test per capire le vostre capacità intellettive e di prontezza di riflessi a livello matematico. Alessia se ti dico: Dieci centimetri, più due, più sei, meno quattro, più sette, più otto, meno tre, più quattro, mi sai dire il risultato finale? ‘

‘Dunque se ho capito bene dovrebbe fare trenta centimetri’

‘Brava, sei stata proprio brava, vedo che di centimetri te ne intendi!!!’

Sentii dapprima un brusio e poi una certa ilarità serpeggiare in classe.
Il bastardo, stava alludendo chiaramente alle dimensioni del suo cazzo, io gli risposi”..

‘Si professore, sa, a casa mia c’è mio padre che è un operaio specializzato nella meccanica ed ha insegnato a noi figli ad usare il centimetro e anche il calibro. Io, ad esempio, so misurare anche il diametro delle cose’.’

‘Brava, poi un giorno di questi andiamo in laboratorio e mi mostrate come si misura ad esempio un cilindro’..’

‘Posso andare professore??’

‘Si, si vai pure Alessia”

La sua, era l’ultima ora ed io cercai di sbrigarmi per raggiungerlo prima che uscisse per la strada. Lo fermai mentre stava per scendere il primo scalino della grande scala che portava all’androne dell’ingresso”

‘Professore avrebbe tempo per un’altra lezione con me???’

‘No, oggi non posso, devo ancora fare la spesa e poi, essendo che sono scapolo e vivo solo, devo anche prepararmi il pranzo’.’

‘Io so fare da mangiare, se vuole gli preparo io qualcosa’..’

‘No, meglio di no, ho la casa in disordine e non vorrei ”’

‘Non vorrebbe cosa??’

‘Alessia, tu sei un’allieva e io un professore, tra me e te corrono almeno trent’anni, non va bene che tra te e me ci sia un rapporto di quel tipo’..’

‘Quale rapporto? Ah, si quello orale!! Sa io vorrei fare anche quello’.. scritto’..’

Intanto fummo fuori dall’istituto, lui si avvicinò alla sua Panda e vi salì, io girai attorno alle vettura e tentai di aprire la portiera, era chiusa, bussai al vetro e lui si allungò e alzò la sicura.
Mi scosciai sedendomi e lui mi guardò spudoratamente le gambe. Lungo tutto il percorso, in quella piccola utilitaria si propagò nell’aria un senso di imbarazzo, tipo quello che si instaura quando ci si trova in ascensore con qualche altro condomino.
Lui ad un certo punto rallentò, aprì con il telecomando un vecchio portone, vi entrò e quindi fummo dentro ad un cortile, con i posti auto segnati con delle strisce gialle in terra, si infilò nell’unico posto libero e senza mai parlare attese che scendessi dall’auto. Chiuse con la chiave la vettura e con la sua borsa di pelle nera sotto il braccio, si incamminò verso l’ascensore. Premette il pulsante di chiamata e attese che lentamente la cabina scendesse, le porte erano ad apertura manuale, io entrai dopo di lui, sembrava che io fossi il cane e lui il padrone. Arrivammo al piano, uscimmo e lui si fermò davanti ad una pesante porta in legno scuro, lavorata a mano da chissà quale bravo ebanista. Si voltò come se fino ad allora non si fosse accorto che c’ero anch’io e mi disse”’

‘Sei convinta di quello che fai???’

‘Si prof sono convinta’.’

Si voltò e aprì il pesante battente, entrai dietro di lui e vidi davanti a me un lungo corridoio, subito a sinistra una apertura rettangolare senza porta che dava dentro ad una sala, seguendo lui proseguii e trovai ancora a sinistra una porta chiusa a due battenti color crema con attorno gli stipiti in rilievo lavorati finemente. A destra quasi di fronte una porta a soffietto marroncina, un’altra porta a sinistra identica a quella precedente e in fondo una piccola cucina con un tavolo in laminato noce appoggiato al muro e attorno tre sedie tubolari in metallo cromato ricoperte anch’esse in laminato noce. Sulla sinistra un mobile basso con i pensili sopra, un lavandino in acciaio e una cucina a gas sempre in acciaio lucente.

‘Questa è la mia povera casa, vieni che te la faccio vedere tutta”

Visitai fugacemente una camera da letto e uno studiolo con una scrivania coperta da una montagna di libri di testo. Ci soffermammo poi nella saletta, in essa c’erano un divano e due poltrone imbottite, ricoperte con tappezzeria in stoffa a larghe righe verdi e nocciola, un televisore con un riproduttore, entrambi della Sony. Entrando a sinistra una piccola consolle stile veneziano e di fronte una porta finestra e una finestra entrambe velate da sottili tende di colore bianco sporco attraverso le quali filtrava la luce del giorno. Sulla destra di fianco al televisore si trovavano un paio di mobili vecchio stile, abbastanza dozzinali e in terra un tappeto simil persiano con predominanti i colori rosso e beige. Le pareti libere erano occupate da un grande arazzo e da un paio di quadri di piccole dimensioni.
Mi fece accomodare sul divano e si assentò per qualche minuto per tornare poi con in mano due alti bicchieri colmi di Coca Cola. Certo non era Champagne ma era comunque qualcosa. Lui si sedette di fronte a me e mi disse che dovevo smetterla di chiamarlo professore e che il suo nome era Callisto. Riuscii a trattenere la risata che quel nome mi provocava, era un nome che sapeva di antico, e in effetti lui, in confronto a me, un po’ antico lo era veramente. Provai nella mia mente a dargli un nomignolo affettuoso, ma non mi venne in mente nulla di plausibile. Non lo potevo chiamare Calli, non era bello e nemmeno sarebbe stato meglio se l’avessi chiamato Isto, pareva una bestemmia. Gli dissi che in privato gli avrei dato del tu e che comunque mi piaceva e anche mi eccitava chiamarlo semplicemente prof . Mandalà rise e si allungò le gambe in avanti rimanendo semi sdraiato sul divano. Mi guardò per l’ennesima volta le cosce, che io tenevo appositamente un po’ divaricate e mi disse”.

‘Vieni qui”.’

Mi alzai e mi misi in piedi davanti al mio prof e lui audacemente”’

‘Succhiamelo dai”.’

Mi inginocchiai fra le sue cosce, mentre lui se ne stava beatamente con le braccia incrociate dietro la nuca, io gli slacciai la cintura dei pantaloni, trovai la zip e la abbassai, poi gli artigliai i pantaloni dai fianchi e glieli feci passare sotto il sedere, che lui ebbe la cortesia di alzare leggermente. I soliti boxer di tela, ma questa volta le righine erano blu scuro e nero, feci scorrere anch’essi sotto le natiche e liberai il pesantissimo siluro. Gli tolsi poi il maglione, la camicia sottostante e anche la classica candida maglietta della salute. Aveva il torace peloso e una pancia abbastanza pronunciata, ma lì sotto aveva un arma che faceva dimenticare tutte le brutture esistenti sul suo corpo. In effetti maschio era maschio e lo si vedeva chiaramente, ma i muscoli non esistevano proprio. Anche le cosce bianchicce erano un po’ flaccide e per nulla toniche. I pettorali, ricoperti da peli, alcuni bianche e altri neri, parevano due tettine sporgenti e molli.
Glielo presi in bocca, e sentii la sua mano che come la volta precedente mi pressava per farmelo ingoiare il più possibile. Mi sforzai al massimo delle mie possibilità e questa volta riuscii a ingoiarne tre quarti. Lo feci combattendo contro i conati di vomito che mi provenivano da quella grossa susina che profondamente mi penetrava in gola. ”.

‘Ahhhhhhh, aaahhhhh, ahhhhhhh, aaahhhhhh”..’

Callisto godeva, ma questa volta non poteva finire come era terminata la prima.
Liberai il mio cavo orale dal gigantesco intruso e lo lasciai con quel magnifico cazzone appoggiato al ventre. Davanti a lui in piedi, mi spogliai nuda, mentre lo facevo vedevo che la bestia si muoveva a scatti staccandosi dal suo pancione e ricadendovi sopra.
Mi sedetti sopra di lui guardandolo in faccia e spiando le sue reazioni, quindi guidai la sua mazza all’imbocco della mia figa pulsante e ormai fradicia di umori e poco per volta, con estrema cautela scivolai verso il basso inglobando nella mia vagina quel palo meraviglioso.

‘Profff’.. oohhhhh proffff’.. sei grandeee”. Maria Vergine che cazzone che hai profff”.. ‘

Mi calai fin quando non lo sentii cozzare dolorosamente contro la bocca dell’utero. Risalii e ridiscesi facendomelo scorrere dentro lentamente. Assaporai ogni centimetro di quello stupendo esemplare di cazzo che mi andava a toccare in fondo, in un punto che mi dava sensazioni estreme di piacere intenso. Sentivo il clitoride sfregare contro il suo cazzone, lui finalmente si mosse e mi abbrancò le tette con le mani. Non era delicato e abile come lo era stato sempre Daniele, ma, nonostante dimostrasse d’essere alquanto rozzo e poco esperto di sesso, aveva un qualcosa che mi faceva impazzire. Le tette non me le vellicava ma me le pasticciava in malo modo, ma mi dava l’impressione del maschio che se ne frega della povera femmina e pensa solo al suo piacere. Forse era un principio di masochismo il mio, ma quel tipo d’uomo, nonostante tutto, mi attizzava parecchio. Lui, con insospettabile forza mi sollevò tirando indietro il suo cazzo dalla mia vagina, poi mi disse”.

‘Sdraiati sul divano e apri le cosce”. ‘

Non era di molte parole ma quello che voleva lo sapeva perfettamente.
Mi sdraiai sul divano, aprii al massimo consentito le gambe e lui mi fu sopra, me lo ficcò dentro senza tanti complimenti e cominciò a sbattermi con forza”.

‘Prof’ cazzoooo, pianoooo, pianooooo, mi sfondiiiii, mi sfondiiiii”.’

Lui grugniva come un maiale ma continuava a stantuffarmi la figa ficcandomelo dentro fino alla radice. Era un dolore misto a piacere intenso. Il suo viso si abbassò e la sua bocca si impadronì dei miei capezzoli, li succhiò e li leccò con la solita irruenza ma fu piacevole comunque. Quel cazzo, quel grande e immenso cazzo dentro di me, era la panacea di tutti i mali, era una bacchetta magica che mi faceva vedere le stelle nel firmamento, era veramente l’essenza del piacere puro. Venni una prima volta e dopo pochi minuti una seconda, non capivo più niente mentre lui continuava a cavalcarmi come uno stallone.
Giunse così il mio terzo orgasmo e subito appresso lui prudentemente lo estrasse in largo anticipo, appoggiò un piede sul tappeto e uno tra il mio fianco sinistro e lo schienale del divano, se lo masturbò a due mani direzionando l’idrante verso il mio viso, poi mi disse”

‘Apri la bocca troia!!!!!’

Woww, il prof si era improvvisamente disinibito, il buon Callisto voleva farmi la doccia di sperma’ Il primo getto fu come lo zampillo di una fontana che si spiaccicò sul mio occhio sinistro colandomi giù oltre lo zigomo infilandosi fra le labbra spalancate della mia bocca.
Aveva sbagliato la mira, ma rimediò subito correggendo abilmente il tiro. In verità la seconda eruzione vulcanica scivolò sulla mia lingua protesa e scese direttamente in gola, lui piegò il ginocchio sinistro e avvicinò la cappellona alla mia bocca. Fiumi di sborra calda si depositarono dentro la mia bocca assetata di nettare. Non sapevo cosa fare di tutta quella crema, ero indecisa se sputarla o ingoiarla, poi lui mi diede il consiglio giusto”.

‘Ingoiala troiaaa”.’

La mandai giù percependone sulle papille gustative il forte sapore di uomo.

Mi fece poi accomodare in bagno, che era piuttosto angusto, comunque riuscii a farmi una doccia calda che poi si fece anche lui, mi rivestii e lui invece si rimise solo le mutande, anche stavolta non mi chiese se volevo essere accompagnata da qualche parte. Mi salutò sulla porta dicendomi semplicemente”

‘Ci vediamo domani a scuola”’

‘Ciao prof’..’

Con Callisto divenne una abitudine quella di andare a casa sua. Così, fino alla fine dell’anno scolastico, per circa sei mesi, due o tre volte la settimana, come una zoccola ninfomane, andai da lui, per potermi far sfondare da quell’impareggiabile e ineguagliabile pezzo di cazzo!!! L’anno seguente, lo cercai a scuola ma lui non c’era più, andai a casa sua e trovai in quell’alloggio una coppia di sposi. Chiesi se sapevano dove era andato a finire il mio professore di matematica e mi dissero che era arrivato all’età pensionabile e che si era trasferito sulla riviera Ligure. Non seppero dirmi di più e così mi persi il mio super nerboruto pene!!

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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