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Racconti Erotici Etero

34. QUANTO VALE UNA SCOPATA

By 23 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Non credeva possibile una relazione con un uomo più giovane di lei.

Eppure era successo; lui era entrato nella sua vita, senza che lei potesse far nulla per impedirlo.

Tre anni prima Nives era stata assunta in un negozio di abbigliamento, come commessa. L’unico requisito esplicitamente richiesto era la bella presenza, che non le mancava. Malgrado possedesse una scarsa esperienza nel settore, la proprietaria dell’attività le diede subito la possibilità di fare un periodo di prova, per poi assumerla a tempo indeterminato dopo solo un mese.

Fin da subito, lei si comportò come un’amica, più che come una principale. Parlavano spesso delle loro faccende intime, si incontravano anche fuori dal lavoro e avevano instaurato una bella complicità. In negozio si avvicendavano spesso, la titolare aveva piena fiducia in lei, che non le aveva mai dato occasione per dubitare della sua professionalità.

Un giorno in negozio entrò un ragazzone alto, di bella presenza, sorriso e sguardo luminosi, capelli mori. In quell’attimo, Nives stava servendo una cliente; lo guardò e con un sorriso cordiale gli disse che in breve sarebbe stata da lui.

‘Faccia con comodo, non si preoccupi, intanto do un’occhiata in giro!’ le rispose lui, ricambiando il suo sorriso.

Lei tornò a concentrarsi sulla cliente, non potendo comunque fare a meno di gettare di tanto in tanto un’occhiata furtiva verso di lui. Nonostante l’attenzione del giovane fosse rivolta ai modelli di jeans esposti nel reparto uomo, lei lo sorprese a fissarla un paio di volte.
Quando la cliente lasciò il negozio, quasi all’orario di chiusura, Nives si avvicinò al ragazzo.

‘Eccomi, ora sono tutta per lei!’ A quella frase, lui la guardò con un sorriso e lei arrossì leggermente, rendendosi conto del doppio senso di quell’affermazione.

‘Mi dica, le interessano i jeans?’, aggiunse.

‘Certo, mi interessano i jeans!’ le fece eco lui, con tono divertito. Lei distolse lo sguardo dal suo e prese due paia di pantaloni.

‘La taglia dovrebbe essere la cinquanta, questi hanno un’ottima vestibilità e secondo me le starebbero benissimo!’

‘Mi fido. Entro in camerino a provarli.’ Disse lui, afferrando i pantaloni e con il suo bellissimo sorriso, sparì dietro la tenda.

Fece capolino dopo un paio di minuti e Nives rimase colpita dal fisico pressoché perfetto del giovane. I jeans rendevano giustizia alle sue gambe lunghe e ben fatte, mentre la maglia attillata fasciava magistralmente le sue spalle larghe e il suo addome scolpito. Per un istante rimase senza parole, poi, con un sorriso di ammirazione, gli fece capire quanto quel paio di pantaloni gli donassero.

‘Va bene, mi ha convinto! Li prendo!’

‘Bene. Li tiene addosso?’

‘Sì, certo!’ rispose lui, accennando un sorriso.

Nives fece il conto, gli diede una busta con dentro i vecchi pantaloni e lo salutò cordialmente. L’aitante giovane afferrò la borsa, sfiorando le dita della commessa, che ebbe un fremito.

‘Buonasera!’ le disse, mostrandole un nuovo sorriso e uscendo dal negozio.
Nives rimase a guardarlo, mentre saliva a bordo della bmw parcheggiata fuori.

Sospirò.

Chiuse il negozio e si avviò a casa.

Durante la sera, davanti alla televisione accesa, pensò che da diverso tempo ormai non usciva con qualcuno che meritasse la sua attenzione. Le parve del tutto naturale associare a questo pensiero l’immagine del giovane conosciuto il pomeriggio in negozio.

Quella notte, nel suo letto, Nives non potette evitare di darsi piacere, ansimando e muovendo lentamente le dita dentro gli slip umidi. L’affascinante giovane era ancora nella sua testa e davanti ai suoi occhi.

Il giorno seguente, il clima al lavoro era tranquillo, i clienti erano pochi e Nives era distratta; l’immagine del ragazzo non aveva più abbandonato la sua mente e la voglia di incontrarlo di nuovo la faceva sentire ridicola. Non conosceva nulla di lui, eppure lui aveva monopolizzato i suoi pensieri fin dalla sera precedente. Nives si convinse di avere estrema necessità di fare del sesso ben fatto con qualcuno che le piacesse; non aveva bisogno del solito cretino volgare che le sborrava addosso senza la minima considerazione per il suo piacere.

Un corriere si affacciò alla porta del negozio, facendola sussultare. Il tizio le porse un mazzo di rose scarlatte e le fece firmare una ricevuta. Incuriosita, Nives lesse il biglietto allegato.

‘Grazie per il prezioso consiglio sul mio acquisto. David.’

Non riusciva a crederci. Il bel giovanotto l’aveva omaggiata per qualcosa che rientrava nel suo dovere di commessa. Non sapeva come reagire a quel gesto. Non sapeva nemmeno se fosse corretto accettare quei fiori. Comunque non avrebbe potuto fare altrimenti, visto che non le era possibile risalire a lui per restituirglieli.

Per un istante si sentì a disagio, poi inspirò l’intenso profumo delle rose e rivide il luminoso sorriso di David, sentendo una fitta al bassoventre. Il desiderio di rivederlo aumentava.

Era quasi l’ora di chiusura, quando David aprì la porta del negozio. Nives, che stava sistemando delle maglie su uno scaffale dall’altra parte del locale, non se ne era accorta. Solo quando sentì il rumore dei passi sul pavimento di parquet scricchiolante, si voltò e incrociò lo sguardo del giovane. Rimase un istante con le braccia a mezz’aria e la bocca spalancata.

‘Ciao!’ la salutò lui, col suo splendido sorriso.

‘Ciao” le rispose lei, cercando di calmare i battiti del proprio cuore.

‘Passavo di qui e sono entrato per salutarti.’

‘Grazie dei fiori, ma non erano necessari, ho solo svolto il mio lavoro.’

‘Certo, ma lo hai svolto molto bene.’, incalzò lui, mantenendo acceso il sorriso.

Si erano dati del tu con naturalezza. Con altrettanta naturalezza, David si avvicinò a Nives, che abbassò lo sguardo, arrossendo lievemente.

‘Lo hai svolto davvero molto bene” ripeté lui, a voce più bassa.

Lei sollevò gli occhi su di lui e sentì una forza che la spingeva verso le sue labbra. Non ebbe il tempo di riflettere. David non glielo lasciò. Si chinò su di lei e la baciò con decisione. Un bacio profondo, carnale, le due lingue spingevano una contro l’altra, danzando sensualmente. Lei non oppose alcuna resistenza. Da quando lo aveva visto entrare in negozio, il giorno prima, aveva sognato quel contatto e ora il suo corpo si stava sciogliendo nell’abbraccio.

David la trascinò dentro il camerino più vicino. La desiderava ardentemente e, continuando a baciarla, le slacciò furiosamente la camicetta e il reggiseno che le costringeva i seni. Nives gemeva, si sentiva arroventare, la sua femminilità voleva esplodere prorompente a quel contatto audace e virile. Con foga, gli sbottonò i jeans e dai boxer estrasse il cazzo pulsante del ragazzo.

‘David’che stiamo facendo, David?…’, sussurrò lei fra i
gemiti.

‘Quello che abbiamo desiderato fin dal primo istante.’, rispose lui, impossessandosi avidamente delle sue morbide tette.

Nives lo masturbò vogliosa, inginocchiandosi poi per prenderglielo in bocca, mentre David le appoggiò le mani sulle spalle, chiudendo gli occhi, per gustarsi maggiormente quel contatto.

‘S-sai che non conosco n-eppure il t-tuo nome?’, le disse fra i sospiri.

‘Nives. Mi chiamo Nives.’, rispose lei, continuando a lappare con voluttà.

‘Splendido nome”, commentò David, abbandonandosi totalmente al piacere di quella bocca. ‘Ti voglio sentire, Nives”, sussurrò eccitato, invitandola a rialzarsi.

Facendo scivolare la gonna sopra i fianchi, lei si girò, offrendo al giovane la rotondità del proprio culo. David le abbassò le mutandine, accarezzandole con bramosia le natiche lisce e accostandovi il proprio membro turgido. Quando Nives ne sentì la punta all’ingresso della propria femminilità, si spinse indietro, impalandosi vogliosa. Lui prese a stantuffarla con vigore, eccitatissimo. Lei godeva ad occhi chiusi, dicendosi che quello era sicuramente il sesso migliore degli ultimi tempi.

‘Voglio sentirti venire’mi fai impazzire”, le disse, tra i sospiri.

‘Sì, sì, sì!’, gridò lei, a un passo dall’orgasmo. Si appoggiò saldamente con i palmi delle mani alla parete dell’angusto camerino, protendendosi indietro quanto poteva, per essere penetrata ancora più a fondo. Pochi colpi e sentì tutto il proprio essere fremere sotto le spinte poderose di David.

Lui la abbracciò da dietro e lei si abbandonò per qualche istante a quella stretta sicura, in attesa che i propri battiti tornassero alla normalità. Poi si voltò e, guardandolo con gli occhi luccicanti e maliziosi, si inginocchiò nuovamente ai suoi piedi, per portare a termine ciò che aveva iniziato qualche minuto prima.

Lui sospirò rumorosamente, nel momento in cui vide il proprio cazzo sparire fra le sue labbra. Lei voleva dargli il suo premio, voleva sentirlo pulsare nella propria bocca, bramoso e eccitato. Così lo leccò e succhiò con maestria e dedizione, stringendolo fra le labbra tumide, fino a sentirlo sciogliere e esplodere in un orgasmo copioso.
Estasiati, i due giovani si baciarono, sbrigandosi poi a ricomporsi. Il negozio era rimasto aperto e avrebbe potuto entrare chiunque.

‘E’ stato un assaggio di ciò che voglio farti, Nives.’. Il suo tono di voce sottintendeva qualcosa di piacevole. Lei gli sorrise maliziosa, con gli occhi che le luccicavano. Poi si chinò a prendere un foglietto di carta dietro il bancone e
con una biro vi scarabocchiò qualcosa in fretta.

‘Questo è il numero del mio cellulare.’, gli disse, porgendogli il biglietto.

David se lo infilò in tasca, proprio nel momento in cui entrò la proprietaria del negozio.

‘Ciao Manuela!’, la salutò Nives.

‘Ciao, cara. Oh, vedo che hai fatto la conoscenza di mio figlio!’, le disse, facendo un cenno a David.

‘Sì, mamma. Ieri Nives mi ha aiutato nell’acquisto di un paio di jeans. E’ molto brava nel suo lavoro!’

‘Lo so, lo so”, ribatté lei, sorridendo alla ragazza.
Nives era ammutolita, non sapeva che cosa dire.

‘Cara, chiudo io il negozio, vai pure, ci vediamo domani.’. Il tono di Manuela era affettuoso.

‘Sì, sì, vado, sono un po’ stanca”. Salutò frettolosamente e sparì a bordo della propria auto, senza degnare David di uno sguardo.

Nel tragitto verso casa, Nives provò a rielaborare ciò che era successo. Non riusciva ancora a credere di aver scopato con il figlio della sua titolare e non riusciva a digerire il fatto che David non glielo avesse detto. Si sentiva presa in giro e beffeggiata, si sentiva adirata e furibonda, per essersi fatta abbindolare da un ragazzo più giovane. Era anche delusa e amareggiata, perché era stato un incontro intrigante, che però non avrebbe potuto ripetersi.

Nives si stava preparando per andare a letto, quando il trillo del cellulare l’avvisò dell’arrivo di un messaggio. Lesse distrattamente. Immaginava che si trattasse di David, ma non aveva intenzione di rispondergli. Il giovane si scusava, per non averla messa al corrente di essere il figlio della proprietaria del negozio e le chiedeva un incontro per parlarne. Nives non ci pensava proprio; con stizza cancellò il messaggio e spense il cellulare.

Nei giorni seguenti, lei ricevette diverse telefonate e numerosi messaggi, che ignorò sistematicamente. Non aveva intenzione di incontrarlo, di ascoltarlo e di perdonarlo. L’aveva ingannata e aveva messo a repentaglio il suo posto di lavoro e il suo rapporto con Manuela.

Una sera, verso l’orario di chiusura, David si presentò al negozio con un enorme mazzo di rose scarlatte profumatissime.

‘L’altra volta i fiori hanno portato fortuna.’, esclamò, al cospetto di Nives.

‘Che ci fai qui? Riprenditi i tuoi fiori e vattene!’, gli disse lei col tono alterato.

‘Ti prego, dai, parliamone. Lo so, avrei dovuto dirti chi ero, ma non volevo complicare le cose’mi sei piaciuta fin dal primo momento e ho pensato che, dicendotelo, avrei compromesso tutto!’. Il tono era supplichevole e il magnifico sorriso era scomparso dal suo volto.

‘Non è che tacendolo, tu abbia fatto un buon affare. La faccenda è compromessa in ogni caso.’, ribatté lei, severa.

‘Non posso andarmene. Non voglio. In fondo ti chiedo una possibilità, per sistemare le cose”, insistette lui, con un filo di speranza nella voce.

Nives non sapeva che cosa fare. Lui le piaceva, lo trovava eccitante. Ma era il figlio della sua principale. Questo era un problema. Prese i fiori e li sistemò in un vaso sul bancone. Poi guardò David negli occhi e gli disse:

‘Bene. Supponendo che io passi sopra a tutto, come la mettiamo con tua madre? Ti rendi conto di che cosa c’è in gioco per me?’

‘Certo, me ne rendo conto e non voglio metterti in difficoltà, assolutamente. Hai ragione. Non voglio essere insistente, ma tu mi piaci, mi piaci parecchio”, disse con un accenno di sorriso e lo sguardo penetrante.

‘Anche tu mi piaci, era tanto che non provavo qualcosa del genere, ma”

‘Dimentichiamo i ma, i dubbi e tutto il resto, per un attimo.’, la interruppe lui, avvicinandosi a lei. ‘Lascia che ti dimostri quanto mi piaci. Solo una volta. Poi potrai cacciarmi via, se vorrai.’

Nives era fortemente tentata di cedere. Senza pensarci troppo, abbassò con uno scatto la saracinesca del negozio. Lui la prese fra le braccia e le sfiorò la bocca con un bacio timido e discreto. Dopo un primo momento di titubanza, lei schiuse le labbra e lasciò che la lingua di David entrasse e sciogliesse ogni sua reticenza. Si baciarono a lungo, prima cauti e poi con febbricitante passione. Si volevano. Ormai non potevano più tirarsi indietro.

‘Vieni con me!’, le ordinò gentilmente lui, prendendola per mano.

La portò all’interno del camerino che aveva ospitato il loro primo amplesso. Ma questa volta, David voleva fare le cose con più calma e godere di tutta la femminilità di Nives.

Cominciò a spogliarla, lentamente, scoprendole il seno, baciandoglielo e carezzandolo col palmo delle mani. Le baciò il collo, le spalle e poi proseguì giù, verso l’ombelico e oltre. Le abbassò l’intimo, e cominciò a baciarla lì, alternando le labbra alla lingua. Nives ansimava, la sua eccitazione era tangibile; si sedette sulla stretta panchina del camerino, spalancandogli le gambe in faccia e aprendosi totalmente a lui. David affondò la lingua nella sua passera completamente fradicia, mentre lei sprofondava le dita nei suoi capelli scuri, per guidarlo verso il proprio piacere. Lui la leccava con passione, ci sapeva davvero fare, Nives godeva e gemeva come non le capitava da molto tempo. Era a un passo dall’orgasmo ormai. A quel punto, David si fermò, si abbassò i pantaloni e i boxer e tirò fuori il suo arnese già duro. Si inginocchiò davanti a lei e per qualche istante glielo fece scorrere lungo la fessura della gnocca spalancata. Poi la penetrò, con un potente colpo di reni, facendola urlare e cominciò a muoversi freneticamente dentro di lei. Nives stava crollando sotto quei colpi. Gridava il suo nome e si dimenava, mentre il calore dell’orgasmo le incendiava l’intero essere. David era instancabile. Continuava a martellarla coi suoi colpi e le fece raggiungere un nuovo orgasmo, prima di scaricare dentro di lei tutto il proprio piacere. Dopo qualche istante di silenzio, lui fu il primo a parlare.

‘Spero che tu abbia cambiato idea su di me.’, le disse, accendendo il migliore dei propri sorrisi.

‘Ci sono ottime probabilità!’, gli rispose lei, guardandolo con gli occhi stravolti dall’amplesso.

Lui la baciò, poi scattò in piedi e si rivestì, mentre lei, seduta sulla panchina, lo ammirava beatamente. Il rumore della saracinesca che si sollevava fece trasalire entrambi.

‘Nives, Nives, cara, sei qui? Come mai la serranda era abbassata? Nives, ma dove sei?’

‘Oddio, tua madre. Adesso?’, gli sussurrò spaventata.

‘Non preoccuparti, tesoro. Ci inventeremo qualcosa.’, cercò di rassicurarla lui, strizzandole l’occhio.

Nives non rispose; cercò di ricomporsi come meglio poteva. Vedeva già Manuela andare su tutte le furie, vedeva già il suo posto di lavoro e la sua credibilità vacillare pericolosamente.

E si domandò se una scopata potesse valere tanto.

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