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35. L’ISPIRAZIONE

By 28 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Era uno scrittore famoso, Rick, era bravo e non aveva mai avuto problemi particolari con i propri romanzi. Questa volta però sentiva che qualcosa non stava funzionando correttamente. Non riusciva a trovare le parole e a esprimere i pensieri. Aveva un blocco. Probabilmente si trattava del genere che non gli era congeniale e che affrontava per la prima volta. Doveva scrivere un romanzo erotico, lui che il sesso aveva sempre preferito farlo, piuttosto che descriverlo. La storia era tutta da inventare, così come i protagonisti. Ma non gli veniva nessuna idea meritevole, alcun lampo, nulla che fosse degno di nota.

Così aveva tentennato per diverso tempo, prima di accettare questa nuova sfida, chiedendosi spesso se non fosse il caso di lasciar perdere. I suoi romanzi parlavano di azione, di spionaggio, erano thriller che sfioravano il sesso di striscio e Rick non sapeva come riuscire a farne il perno della narrazione. Le donne non gli mancavano, non aveva mai dovuto faticare per trovare la compagnia di una sera, ma non vedeva in nessuna colei che avrebbe potuto ispirarlo. Gli occorreva ben altro che qualche partner occasionale e pressoché insipida, per permettergli la stesura di un romanzo all’altezza dei precedenti. Non c’era nessuna che gli facesse salire il sangue al cervello.

Poi, un giorno, ecco un’apparizione. Nel palazzo difronte al suo, era venuta ad abitare una giovane biondina, molto graziosa, dall’aria semplice e tranquilla. Da quel momento, Rick aveva cercato di carpirne ogni movimento, per quanto gli fosse possibile, scoprendo che la ragazza, sui venticinque anni di età, abitava sola, era commessa in un supermercato del centro e non svolgeva una vita sociale particolarmente intensa.

La sera Rick, nascosto dietro la tenda, sbirciava con discrezione dalla finestra della propria camera, che si trovava esattamente in linea con la stanza da letto della bella sconosciuta. In un mese era riuscito a tenere il conto pressoché esatto delle sere in cui la ragazza rimaneva in casa, ed erano numerose rispetto a quelle in cui lei usciva.

Rick aveva cominciato a scrivere qualcosa e si era convinto, parola dopo parola, che quella fanciulla potesse essere una preziosa fonte d’ispirazione. Le aveva imposto un nome, Anastasia, che in lui evocava l’immagine di un erotismo elegante e raffinato. Nella sua mente di scrittore, le situazioni fiorivano con estrema facilità e nel suo romanzo, Anastasia prendeva le pieghe di una donna nata per amare e per fare impazzire gli uomini. Rick si sentiva uno di quegli uomini, il più privilegiato e fortunato.

Una sera, dalla solita finestra, aveva ammirato con rapimento il corpo della ragazza muoversi sinuoso alla luce di un’abatjour; ne aveva apprezzato le curve armoniose, il gesto garbato delle braccia e delle mani, mentre si sistemava i capelli vaporosi, e la rotondità dei glutei, rimasti scoperti dal movimento della sottoveste troppo corta e leggera.

Era letteralmente rapito dalla sensualità della giovane. Giorno dopo giorno, sera dopo sera, la sua passione prendeva consistenza, mentre nella sua mente le parole del romanzo sgorgavano incessanti, facendogli rapidamente perdere il contatto con la realtà. Lei era Anastasia, lei era la creatura più sensuale che esistesse, lei era compiacente e lasciva, lei era solo sua.

Rick aveva smesso di frequentare le altre donne, che non lo interessavano più; l’unica che riusciva a risvegliare il suo istinto era la bionda dirimpettaia, di cui ignorava addirittura il nome reale. Gli bastava vederla rincasare la sera, dopo una giornata di lavoro al supermercato, per sentire un formicolio all’inguine. Allora si appostava accanto alla finestra della propria camera e aspettava che lei comparisse dietro le tende leggiadre. Gli erano sufficienti pochi istanti di lei, per immaginare ciò che avrebbe voluto farle.

Le avrebbe infilato le mani nei capelli, per massaggiarle la nuca e avrebbe goduto dei brividi della sua pelle a quel contatto. L’avrebbe accarezzata a lungo, soffermandosi sulle piante e le dita dei piedi, per dimostrarle la propria devozione. Poi le avrebbe chiesto di spogliarsi per lui, lentamente, con la sensualità che lo aveva tanto colpito durante le numerose sere in cui si era appostato dietro la finestra per spiarla. L’avrebbe guardata a lungo, come si ammira un’opera d’arte, poi l’avrebbe stretta fra le braccia e l’avrebbe baciata dappertutto, inginocchiandosi ai suoi piedi, per solleticarla con la lingua fra le cosce. Infine si sarebbe denudato e duro fino allo spasimo, l’avrebbe penetrata con tutta la passione che aveva in corpo. Non ci sarebbero state parole; per loro avrebbero parlato i sospiri, ritmati dall’onda del desiderio.

Sarebbe andata esattamente così, sarebbe stato tutto perfetto. Nella propria mente, Rick non riusciva a immaginare nulla di scabroso e morboso da fare con lei, la venerava troppo. Lei non era come le puttane che si era portato a letto fino a quel momento; lei non era come quelle donne che sfoderano l’intero repertorio la prima volta, senza mistero e senza alcuna traccia di sensualità.

Forse per questo Anastasia lo aveva colpito tanto; Rick era certo che la ragazza fosse nata per fare l’amore, ma era anche convinto che pochi potessero godere delle sue grazie e delle sue attenzioni.

Così ogni sera lui si appostava dietro la finestra della propria camera, in trepidante attesa della creatura che gli aveva fatto dimenticare tutte le altre. Mentre la aspettava, Rick si accarezzava lentamente l’inguine e quando la scorgeva muoversi dietro la tenda, il suo cazzo era già durissimo. Allora si masturbava, senza staccare gli occhi da Anastasia, immaginando che fosse lei a farlo con le sue mani e con la sua bocca.

Raggiungeva l’orgasmo piuttosto rapidamente, sprofondando nella poltrona di pelle bordeaux, mentre i fiotti caldi di sperma ricadevano sull’addome e sul pavimento di legno. Se lo godeva tutto quel piacere, assaporandone ogni minima contrazione, senza alcuna fretta di ricomporsi e rimaneva seduto, con l’uccello fra le mani, fino a quando lei non scompariva dalla sua vista.

Intanto la stesura del romanzo procedeva ottimamente e i due protagonisti scopavano come ricci tra una rapina e un omicidio. L’editore era soddisfatto del lavoro di Rick e lo incoraggiava a proseguire, dicendogli che il libro avrebbe avuto un successo strepitoso. Ovviamente lo scrittore manteneva un geloso riserbo sulla propria fonte d’ispirazione; Anastasia era solamente sua e quel segreto alimentava la sua eccitazione. A romanzo concluso, lui si sarebbe fatto avanti e le avrebbe confidato quanto lei era stata preziosa.

Una sera Rick era appostato comodamente dietro la solita finestra, elettrizzato e compiaciuto perché la tenda di fronte era leggermente scostata e, da dove era lui, lo specchio appeso alla parete gli rimandava il riflesso nitido del letto di Anastasia. Sprofondato nella poltrona di pelle, Rick si stava massaggiando il pacco, quando la ragazza entrò nel quadro della finestra.

La osservò mentre si spogliava con la consueta sensualità e, senza la velatura della tenda, l’effetto che quelle curve avevano su di lui era raddoppiato; il suo uccello era tesissimo e il desiderio era tale, che sarebbe bastata una carezza per farlo esplodere. Ma lui non voleva venire subito, desiderava godersi lo spettacolo, immaginando Anastasia che si muoveva lentamente sopra di lui. Si stava immedesimando nella scena, quando vide qualcosa che lo scosse. Anastasia sorrideva e guardava alla propria destra, come se con lei ci fosse qualcuno. Però il campo visivo di Rick era ristretto e lui non riusciva a vedere nessuno. Solo dopo qualche istante, potette osservare un uomo alto e moro, sulla trentina, che si avvicinava sorridendo alla sua Anastasia per abbracciarla. Lei, compiacente, si abbandonava tra le braccia dell’aitante intruso. Dopo qualche preliminare, fatto di baci e carezze, Anastasia si distese languida sul letto, invitando il proprio partner a fare altrettanto. Rick non riusciva a credere ai propri occhi: la regina delle sue fantasie si stava concedendo a un estraneo. Si rizzò sulla poltrona e si soffermò a osservare la scena, in preda a un misto di gelosia ed eccitazione. Li osservò, immobile, con lo sguardo fisso e l’uccello stretto nella mano. Anastasia era avvinghiata con le gambe intorno al bacino del proprio amante, mentre lui la faceva sua. Era nuda, sotto un altro uomo; era bellissima, mentre la tenda scostata lasciava chiaramente intuire le sue espressioni di godimento. Rick la guardava cavalcare lo sconosciuto con l’agilità di una pantera e si diceva di aver avuto ragione a pensare che lei fosse nata per fare l’amore. Si muoveva sopra quell’uomo come un felino, senza dargli tregua, prendendosi tutto il piacere che lui poteva offrirle, mentre lui le strapazzava il seno. Gli pareva di sentirli urlare da dietro le finestre chiuse, mentre si rotolavano l’una sull’altro fra le lenzuola candide. Rick osservava tutto, totalmente rapito dalla scena, ossessionato da quel corpo, di cui avrebbe voluto godere, disteso su quel letto.

‘Anastasia, Anastasia’la mia splendida Anastasia”, ripeté quel nome innumerevoli volte, come ipnotizzato, mentre si massaggiava il cazzo durissimo, mungendolo e torturandolo con la mano. Chiuse gli occhi un istante e quando li riaprì, si vide al posto dell’estraneo, mentre penetrava Anastasia e la faceva urlare di piacere. Lei gridava il suo nome e lui la possedeva senza darle tregua, gasandosi a ogni spinta. Si sentiva virile, potente e fortunato. Lei lo voleva almeno quanto lui voleva lei, il desiderio era altissimo e tangibile. La sentì venire con prepotenza e le contrazioni lo avvolsero con tutto il loro calore, mentre lui si sentiva fiero e eccitato per averle saputo donare quell’orgasmo. Gli sembrò di impazzire, quando lei si inginocchiò ai suoi piedi e glielo prese in bocca, regalandogli il miglior pompino della sua vita. Non ci volle molto, perché esplodesse in un orgasmo intensissimo e appagante. Si ridestò con il pene appiccicoso in mano, mentre il suo sguardo appannato cercava di mettere a fuoco la scena. Lo sconosciuto era ancora lì, si stava ripulendo il cazzo ancora teso, mentre si chinava a baciare Anastasia, nuda e coi capelli scarmigliati.

Non era stato lui a possederla, lei non sapeva nulla della sua esistenza. Eppure Anastasia era sua; senza di lei, Rick non sarebbe stato in grado di scrivere una sola parola del nuovo romanzo. Lei doveva sapere. Lui era l’uomo fortunato che lei avrebbe fatto godere ogni sera. L’estraneo non contava nulla, solo lui l’avrebbe fatta urlare di piacere, avrebbe posseduto quel corpo meraviglioso e le sarebbe entrato nell’anima. Rick e Anastasia erano fatti per stare insieme e per godere insieme, come i due protagonisti del romanzo.

Con lo sguardo torvo, osservò Anastasia, avvolta nel lenzuolo, che salutava l’intruso. Sembravano felici, lei sembrava raggiante, ma Rick era certo che lei stesse fingendo e che in realtà aspettasse lui. Quel pensiero lo accompagnò per tutto il giorno seguente; verso sera si fece una rapida doccia, aggiunse un paio di capitoli al proprio romanzo, quasi giunto al termine e si coricò in preda a un forte mal di testa.

Quella notte fece un sogno. Si trovava nella camera da letto di Anastasia, immobile dietro la tenda leggiadra e nella semioscurità spiava le curve sinuose della ragazza, mentre lei si infilava una sottoveste cortissima di seta. Era bellissima e sensuale. La guardava estasiato, mentre il fiato gli si faceva sempre più corto e il cazzo gli si gonfiava nei pantaloni. Sarebbe bastato allungare una mano per toccarla e farla sua. Gli occorreva solo il coraggio di uscire allo scoperto e lei non gli avrebbe detto di no. In fondo Rick era convinto che lei ogni sera si spogliasse per lui, era sicuro che lei lo stesse aspettando. Con questa convinzione, stava per uscire dal proprio nascondiglio, ma una voce maschile lo fece desistere. Un uomo entrò nella stanza di Anastasia e la prese fra le braccia. Dannazione! Ancora quell’intruso! Li osservò mentre si baciavano e mentre l’atmosfera tra loro si faceva sempre più incandescente. Lui le sollevò la sottoveste, massaggiandole la coscia, risalendo fino all’inguine e infilando un dito all’interno dei suoi slip. Anastasia ebbe un sussulto e gemette di desiderio. Lui la spinse sul letto e le fu sopra. La penetrò quasi subito, senza preliminari e lei cominciò a urlare eccitata sotto le sue spinte. La sua Anastasia godeva con un altro, davanti a lui, spudoratamente e senza ritegno. Sentiva il sangue salirgli al cervello, sentiva montare la collera, mentre l’eccitazione gli faceva pulsare il cazzo ancora prigioniero nei calzoni. Fu un attimo, nel quale non capì più nulla. Uscì dal proprio angolo buio e afferrando l’abatjour di metallo posta sul comodino, colpì l’intruso alla testa con tutta la propria rabbia. Una, due, tre volte, fino a quando il corpo esanime dell’uomo non rotolò sul pavimento. Anastasia urlò terrorizzata, indifesa e vulnerabile. Rick aveva gli occhi fuori dalle orbite, era sconvolto. Si inginocchiò sul letto e con la mano tappò la bocca della ragazza, che cominciò a dimenarsi come poteva.

‘Sei mia, Anastasia, finalmente ora sei sola mia”, le sussurrò all’orecchio, mentre la stringeva forte fra le braccia.

Rick si svegliò, ansimando completamente sudato. Si strofinò forte gli occhi, che gli bruciavano, gli doleva la testa e si sentiva confuso. Dalla strada proveniva un vocio insistente, mentre l’ululato di una sirena si avvicinava velocemente. Si alzò a fatica e si avvicinò alla finestra, per verificare quanto stava accadendo di sotto.

Un’ambulanza sostava davanti al portone del palazzo difronte, mentre una volante della polizia era parcheggiata più avanti, con il lampeggiante in funzione.

Un dubbio atroce gli balenò nella mente. Accese la televisione. Il telegiornale gli diede la spaventosa conferma. Quella notte nel palazzo accanto al suo erano stati commessi due omicidi: un uomo e una donna, sui venticinque anni di età, bionda, commessa in un supermercato del centro.

Rick si mise le mani nei capelli, confuso e stravolto. Anastasia, la sua Anastasia era stata uccisa, era morta. Come un automa, accese il computer e scrisse l’epilogo del proprio romanzo:

‘Lei era morta, per mano di un pazzo e il suo compagno non sapeva darsi pace. I due protagonisti erano finiti in una storia più grande di loro, inghiottiti da un vortice che li aveva devastati entrambi. Il crimine e gli affari sporchi avevano vinto, piegandoli e mettendoli in ginocchio. Lei era morta e lui l’avrebbe seguita, perché non poteva vivere senza quell’amore. Nel silenzio della propria camera, si mise un cappio intorno al collo e si impiccò.’

Rick si lavò, si vestì, stampò il finale del romanzo e uscì per spedire gli ultimi capitoli al proprio editore.

Poi tornò a casa, si sedette nella poltrona di pelle bordeaux e aspettò che si facesse sera. Teneva lo sguardo fisso sulla finestra del palazzo difronte, aspettando che la luce si accendesse e che arrivasse Anastasia. La sua Anastasia. La sua ispirazione. Ma la luce non si accese e lei non arrivò.

Lo trovarono così, qualche giorno dopo, sprofondato nella poltrona, con gli occhi sbarrati e l’uccello stretto nella mano, stroncato da un arresto cardiaco.

Era uno scrittore famoso, Rick, era bravo e per questo era morto.

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