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A Edi, bel marinaio…

By 6 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Esco di casa in largo anticipo, non so se troverò il coraggio per presentarmi all’appuntamento. Indosso jeans e scarpe comode come a volermi precludere ogni possibilità di rendermi attraente. Raggiungo la provincia, parcheggio l’auto nei pressi della stazione e mi incammino verso il centro a passo spedito, come se avessi davvero una meta. In realtà mancano oltre due ore all’appuntamento ed io non ho ancora deciso se verrò. La brezza gelida che mi sferza le guance dovrebbe aiutarmi a fare chiarezza nel vortice tumultuoso dei pensieri che mi agitano: non ti conosco, abbiamo cominciato a scambiarci messaggini giocando a Ruzzle, ti battevo in continuazione e tu non volevi darmela vinta. A furia di pizzicarci ci siamo detti qualcosa di più: lavori nel ‘settore navale’ mi hai detto, e presto saresti stato dalle mie parti’. perché non incontrarci?
La fai facile tu, lontano da casa’ Io qui ci vivo, e come ben sai, non vivo sola.

&egrave una splendida giornata, un vivido sole sta lì a sfidare il freddo di questi giorni di febbraio e sembra voler darmi coraggio.Un complimento inaspettato rivolto ai miei occhi e uno sguardo puntato sul mio seno da parte del signore della bancarella di cianfrusaglie mi fa sobbalzare. Ringrazio imbarazzata e mi volto di scatto per raggiungere la macchina: direzione porto!

Eccola la nave, ormeggiata. Indovino subito che si tratta della tua: mi sarebbe piaciuto che fosse una nave da crociera, magari mi avresti fatto salire a bordo ma &egrave un mercantile, almeno credo: di navi, marina e marinai ne so molto poco! Ti aspetto sul molo finché non intravedo una mano alzata proprio sul ponte, in cenno di saluto. Un bel marinaio, davvero, nella tua divisa linda e ordinata che sfoggi come fossi un figurino da sfilata. Scendi le scale, mi raggiungi, ti porgo le chiavi della mia macchina, ci incamminiamo. Ti metti alla guida, usciamo dal traffico della città e ti dirigi spedito verso la Statale. Provo a fare qualche ipotesi circa la tua meta ma non lasci trapelare alcun indizio ed io non oso insistere. In ogni caso, basta appena mezz’oretta per giungere a destinazione: &egrave un alberghetto che conosco, sorto qualche anno fa, a metà strada tra la provincia e la città in cui vivo. &egrave un luogo abbastanza isolato, colorato e moderno, una costruzione dalle linee asimmetriche con giochi di specchi e di luce. &egrave proprio sulla Statale però, dunque troppo vicino al luogo in cui vivo: temo che qualcuno possa riconoscere il celeste della mia Yaris ma a te non importa… imbocchi l’ingresso e parcheggi l’auto in una sorta di piazzale sul retro.

Abbiamo percorso l’intero tragitto quasi in silenzio e le farfalle che svolazzano già da tempo nel mio stomaco si fanno più numerose. Ammiro e temo, allo stesso tempo, la lucidità e la determinazione con cui hai programmato tragitto e destinazione in un luogo in cui non sei mai stato prima.
Un’ampia curva a gomito, in salita, prima della reception mi fa arrivare col fiato corto. Ci accoglie una donnina composta e minuta. A guardarla bene pare poco più che una ragazzina e il gessato del suo tailleur non si addice alla fossetta da adolescente che le si disegna sulla guancia destra appena accenna ad un sorriso di benvenuto.

La stretta della tua mano non molla ancora le mie dita e mi guidi, un passo avanti al mio, verso uno sgabello rosso, proprio sotto alla grande vetrata inondata dal sole. Ti allontani per andare a prendere qualcosa da bere ma mi tieni gli occhi incollati addosso, come se temessi che io possa svanire nel nulla sotto il tuo naso.

Mi sento accerchiata, senza via di fuga, a disagio, fuori posto, abbigliata in modo decisamente dozzinale, incapace di formulare pensieri di senso compiuto, intimorita dalla tua autorità.

Ecco che torni, bicchieri in mano e un portachiavi ingombrante che sporge dalla tasca della divisa. Poggi i bicchieri sul tavolinetto accanto a me e, mentre accosto il mio alle labbra, mi pare di intravedere una colonnina di bollicine che evaporano rapidamente. Sostieni che serve a farmi rilassare: non protesto. Beviamo con calma, scorgo un lampo nei tuoi occhi nell’istante in cui incrociano i miei… &egrave un attimo, non so come interpretarlo… o forse si, lo so. Mi prendi per mano ancora una volta e ti avvii verso il corridoio che conduce alle camere. La porta della n. 7 si apre su una stanza appena in penombra, sufficientemente spaziosa ma impersonale e fredda. Ti volti, giri la chiave nella toppa, sono prigioniera ma adesso ho la testa leggera e va bene così. Mi accompagni al bordo del letto e, vincendo la mia debole resistenza, mi costringi prima a sedermi poi a distendermi.

Immediatamente, con un’urgenza che non avevo sospettato, mi tiri su il maglioncino, la canotta e il reggiseno senza sfilarmeli del tutto. Saltano fuori i seni con i loro capezzoli circondati da grandi areole. Non mi piacciono le mie areole, sono troppo grandi, ma tu pigli di mira i capezzoli duri ed eretti, decisamente provocatori.

‘Porca miseria’ ho il tempo di pensare ‘di solito sono così discreti!’.

In genere ci mettono un po’ prima di tirarsi su e vogliono essere trattati con riguardo …ma adesso niente, sono lì che svettano ammiccanti senza alcun decoro!
Li afferri tra pollice e indice, li stringi, li torci per tastarne la consistenza e sorridi per la sfacciata resistenza che ti oppongono.

Io ho sempre la testa leggera che galleggia in un’atmosfera che non spero più di poter controllare e non posso impedirti di condurre il gioco come più ti piace. Dopo aver indugiato su seni e capezzoli, dopo averli pizzicati, assaggiati e mordicchiati per un tempo che a me pare infinito, le tue mani scivolano a sfiorarmi i fianchi e il ventre e non puoi fare a meno di notare la differenza di temperatura tra le lenzuola ruvide e il mio corpo che, tra i suoi anfratti, eroga calore come se fosse una lampadina ad incandescenza.

Le tue mani scivolano ancora e, senza chiedere permesso, si insinuano sotto la cinta dei pantaloni, armeggiano un po’ e riescono ad abbassarli, insieme agli slip, a metà coscia.

Il centro del tuo interesse ora &egrave diventato altro. Non hai fretta, cominci ad accarezzarmi mentre tutto dentro di me gorgoglia, diventa morbido, gonfio, quasi spugnoso. Mi sorprende il tuo modo di esplorarmi con curiosità, attento ad ognuna delle mie pieghe più intime, con l’intento di osservarne i dettagli mentre ogni singola fibra del mio sesso si inturgidisce acquisendo una consistenza che non avresti creduto possibile… e me lo dici. Ed io penso che… &egrave vero, io stessa ho la percezione chiara del turgore delle mie labbra e del calore che emanano. Non so se meravigliarmi più per questa mia sensazione così marcata o per il tempo che dedichi alla perlustrazione. Credo che per te non debba essere la prima volta ma dai l’impressione che lo sia.

Sento il tocco delle tue dita che verificano la consistenza della “pallina” che c’&egrave nel punto di giunzione delle piccole labbra. &egrave strana la sensazione che ne deriva: dicono che quello sia un punto capace di generare grande piacere in una donna ma a me provoca un insolito effetto a cui mi piacerebbe poter dare un nome: &egrave come se fossi percorsa da una scarica elettrica, faccio uno, due, tre scatti col bacino come a volermi sottrarre, non sono sicura che mi piaccia essere perquisita lì ma a te importa poco e continui col tuo lavoro minuzioso, come se dovessi poi riprodurre con argilla i volumi che stai toccando con le mani. Afferri tra pollice e indice prima una, poi l’altra delle mie piccole labbra e fai scorrere le dita dall’alto verso il basso. Avvicini il viso come per osservare meglio e ne aspiri il profumo.

‘Sa di bagnoschiuma, di talco, di pulito’ mi dici, e ci poggi un bacio delicato senza, però, staccare le dita.
Io sono completamente altrove, sospesa in un’atmosfera senza gravità. Il contatto coi peletti del tuo viso mi riporta immediatamente alla dimensione terrena e provoca un altro scossone ai miei fianchi. Ne approfitti e affondi prontamente due dita dentro di me, senza preavviso, in modo decisamente maleducato. Inarco la schiena, provo a divincolarmi ma tu mi cingi i fianchi con l’altro braccio, mi tieni ferma e continui i tuoi affondi incurante delle mie proteste e dei miei tentativi di sfuggire all’assalto.

Non so come abbiano fatto i tuoi pantaloni a resistere fino a quel momento alla tensione che vi si &egrave, via via, sviluppata dentro… sta di fatto che, finalmente, ne apri la patta concedendo la meritata libertà al tuo arnese che svetta, orgoglioso. Poi afferri con entrambe le mani i miei jeans e li sfili completamente insieme ai calzettoni molto poco femminili che indosso. Mi vieni su, stavolta prudente, e mi trafiggi cento volte ancora cercando e rovistando tra le mie profondità in cerca di chissà quali tesori!

La sensazione di pienezza mi spinge il cuore in gola ma… non basta. Ti sfili allora, e ricominci ad accarezzarmi, stavolta con un altro intento. Con le stesse dita che hai usato prima, sposti i miei umori altrove. Intuisco cosa stai per fare, mi si contraggono violentemente i muscoli dell’addome e serro le cosce.

‘Ho paura!’ ti dico.
‘Anch’io’ rispondi ‘Faremo piano, vediamo come va’ e mi mostri le dita intrise di me, di un liquido vischioso, abbondante, trasparente. Ne aspiri ancora l’odore.

‘Sai di buono, di pulito’ mi ripeti. Mi ruoti su un fianco, sposti il cuscino per riparare le mie ginocchia dalla testata del letto, ti metti dietro di me e armeggi col tuo coso per trovare il punto giusto. Muoio, io muoio al solo tocco mentre tu, nuovamente autoritario, mi imponi di rilassare i muscoli. Io vorrei chiederti di provare a farti strada prima con le dita ma non me ne dai il tempo… un colpo secco e mi lasci tramortita!

‘Non ho finito’ mi urli quasi, e giù’ ancora e ancora.
‘Rilassa i muscoli, dai, o ci facciamo male entrambi’ sussurri adesso con tono dolce ma io non ho più il controllo, i miei muscoli si contraggano e si rilassano a loro piacimento in una serie di spasmi convulsi che smorzano il fiato anche a te.

Non parli più, sento solo il tuo respiro affannoso, veloce, ritmico e poi uno lungo, profondo, alla fine.

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