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Racconti Erotici Etero

Accarezzami …

By 26 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

La sera era arrivata e se n’era anche volata via. Si avvicinava la mezzanotte.
Fra musica e gli ultimi ritocchi all’allestimento che il giorno dopo lei avrebbe dovuto verniciare e rendere “vivo”, reale, ciò che stavo provando era qualcosa di quasi dimenticato. Una passione tenuta a freno, il piacere di -rimandare- di controllarsi, inconsapevolmente consapevole di ciò che di lì a poco sarebbe inevitabilmente dovuto esplodere. In tutta la sua intensità. Il piacere perverso del frenare.
Perché?
Nel capannone, illuminato da lampadine fioche e stanchi tubi al neon, l’aria aveva qualcosa di magico. L’arte si mescolava al bello di un lavoro senza peso, nella sua seppur importante mole.
Empatia. Sinergia.
E lei, su e giù dalla scala. I pennelli, i colori, lo stucco. Gli scherzi, battute leggere. Sfiorarsi.
Quella sera o mai più.
Spenta la radio, &egrave arrivata la stanchezza. Dopo essermi lavato accuratamente le mani, uscendo dal bagno, lasciandole il posto, ancora. Il suo sorriso.
Quella sera. O mai più.
Ascoltando il suo canticchiare da dietro la porta, mi sono accomodato alla poltrona di quel due per tre, chiamato ‘ufficio’, osservando l’accurato e creativo disordine che quei giorni frenetici avevano accumulato. Dietro ai vetri, la struttura vegliava silente. Il catalizzatore cominciava a indurire lo strato protettivo. Domani mattina -lei- avrebbe pensato a dare un’anima a tutto quel lavoro di settimane.
Incrociate le braccia sulla scrivania, mi sono allungato, fingendo a me stesso un sonno di due minuti. Il tempo di aspettare che lei si sistemasse, poi ci saremmo salutati -come sempre- per andare a casa, a dormire.
Ognuno a casa sua, ovviamente. Ne ho fatte di cazzate, in passato. Ho una storia importante, non &egrave il caso …
Non so se sia subentrato un sogno, no. Ciò che segue &egrave successo davvero.

Il suono dell’acqua che scorre, ancora i suoi canticchiare senza canzone, ma pura melodia. L’acqua che si ferma, la porta che si apre, i suoi passi, silenzio.
– Dormi?
– Accarezzami …
Silenzio. Infiniti secondi … poi le sue dita. Piano. Profumo di pulito e le sue dita, fra i miei capelli. Il gatto che si accomoda in me.
Mi sta accarezzando.

Solo qualche pomeriggio prima, un chiarimento dolce, nervoso, sincero. Dolce. Suo. Con parole che erano mie, mentre le pronunciava. Una dietro l’altra, per non cadere nella trappola.
– Mi piaci. Ma non posso … ho fatto tante cazzate in passato e non voglio rovinare la nostra amicizia, così giovane …

Con quella sua voce di bimba, con quelle sue mani di bimba, che ora mi stanno accarezzando. Basterebbe così.
Le sua mani. Le sue dita. Il suo profumo, forte anche se ora affondo ancora più la testa fra le braccia, cercando la forza, il freno.
– E’ tardi … dai, andiamo.
– Accarezzami, ti prego …
Le sue mani, le dita che scavano più a fondo e chiamano il mio volto. Si allontanano, tornano, alzo piano la testa, gli occhi chiusi, a cercare ancora il suo tocco, dietro di me.
Ora l’aria &egrave particolarmente elettrica.
E il gatto appoggia il capo al suo ventre, lei, ora in piedi a fianco a me. Non si fermano le sue dita, a scolpire, modellare i miei capelli.
– E’ tardi …
Ma le sue mani non lo sanno e non si fermano, come la mia testa che scivola piano verso il suo viso, il suo petto. Ora sento per un istante il suo battito, e salgo ancora. Gli occhi chiusi, ma le labbra sanno dove andare, sono vicine.
Le sue labbra.

Il primo bacio, lieve, dolcissimo, potente, &egrave qualcosa che nessuna parola riuscirà mai a descrivere, se non rovinandolo.

E finisce troppo presto, di scatto.Uno da una parte, l’altra dalla parte opposta del due per tre chiamato “ufficio”.
Vicinissimi. Lontanissimi. Respiri affannosi.
– Non posso, non possiamo, lo sai.
No, non lo so, ma annuisco. Poco convinto. Per nulla. Ci abbracciamo, per lo “scongiurato” pericolo … ma &egrave un’abbraccio troppo stretto. La brace &egrave accesa, sento che anche lei sta cercando un varco in me, per rifugiarsi da me. E da lei. L’incendio divampa in pochi secondi. Esplode.
Il secondo bacio &egrave violento, come la sua risposta. Ora il suo respiro e dentro la mia bocca. Respira di me.
Sento i mattoni crollare uno dietro l’altro, non esistono più le sue mani, la sua voce, l’ufficio, niente, non esiste la notte, il catalizzatore, le luci, il suo corpo -in questo momento- non esiste.
Lei &egrave solamente bocca e IO NE HO BISOGNO più di ogni altra cosa.
Lunghissimo, il bacio lascia piano piano posto a convulsioni interne sempre più potenti e piano piano tornano i suoni, la percezione dei suoi affanni, non esiste più nessun ‘no’.

Uno stacco improvviso, ma senza scagliarci lontano, questa volta. I suoi occhi sono torbidi e dentro vedo -me-
Che la guardo come una preda. Come lei guarda me. Un secondo, due, ci studiamo respirando forte. Prima del salto.
Si va. Le labbra ora affondano nei suoi capelli e partono le mani e studiare quel corpo desiderato per settimane. E reciprocamente sento la sua caccia, la sua difesa e le sue mani cercarmi, modellando la mia voglia, che niente e nessuno -adesso- riesce a fermare. E’ crollata la diga. Le mordo il collo, strappandole il primo gemito mentre getta indietro la testa. Non perdo tempo e faccio mio il suo collo, mentre comincio ad abbassare la zip della sua felpa. Ma sono irruento, e una mano scivola giù, giù … lungo la sua maglietta. No, risale e raccolgo anche l’altra a conquistarle il seno. Ribalta violentemente in avanti la testa e mi spara con gli occhi.
Una frazione di secondo ed un altro bacio, sento la mia bocca entrare in lei, la mia lingua &egrave la sua e mi affanno a sfilarle felpa, maglietta, inginocchiandomi e scivolando con le labbra fino alla pelle del suo ventre.
Sotto al seno, sopra il suo calore.
Ancora una sosta brevissima. Ancora le sue mani fra i miei capelli, ma il respiro affannoso &egrave il suo. Lo sento. Mi spinge e mi spingo col viso più in basso, premendolo forte contro di lei, contro i pantaloni della sua tuta.
La spingo e lei cade sulla poltrona, sono su di lei, ancora viso contro viso, mentre in preda ad una frenesia senza controllo ci strusciamo. Violenti.
Ognuno sta cercando la chiave, cercando di non pensare, di non frenare. Ora stiamo cercando solamente il piacere, il nostro, nell’altro, la fonte per quella sete che ci siamo procurati a vicenda nelle ultime settimane Scivolo su di me con le mani, a slacciarmi i jeans, scivolo su di lei, ad abbassarle i pantaloni, le mutandine … le sento … la tocco … le faccio sentire il mio desiderio … mi sente … mi cerca e s’inarca con violenza verso di me, puntando i piedi a terra, il collo allo schienale e le braccia indietro, in alto … si offre. Si offre.
Si offre.
Mi alzo e si alza, accovacciandosi subito dopo. Mi sfila in un colpo i jeans, i boxer e freneticamente si avvinghia con la bocca, a provocare nuove esplosioni. Ora sono io a confonderle i capelli, gettando i miei pensieri indietro, la mia razionalità altrove …
Ma ho voglia di lei, la prendo e la stringo. Seminudi. Ma con le nostre nudità che si provocano, si sfiorano, si toccano. Senza baci. Ora. Solamente uno stringersi, in piedi, a cercare “la strada”.
La voglio …
– Ehi … aspetta … li hai?
– No …
– Aspetta …
Si volta, si sfila completamente tuta e mutandine e mi si offre da dietro, guardandomi negli occhi. Il suo sguardo &egrave un invito … Ma la voglio davvero.
La prendo e comincio a struscirami, ma piano piano scivolo in basso e la trovo. La tengo per i fianchi e lascio che quel che deve accadere accada.
E’ dolce, sento il suo desiderio, &egrave calda, &egrave pronta, spingo. In un attimo sono dentro di lei, completamente.

Ancora la sua testa all’indietro, senza respiro. Resto lì. Ad affondare il mio pugnale cercandole l’anima. Sento che fugge, e fa bene.
Si volta, come prima, ma non &egrave come prima. Io sono dentro di lei fino al suo cuore, lei mi guarda con finta, autentica cattiveria.
– Stai attento … non ho nessuna precauzione …
Per tutta risposta spingo di più, dandole colpi che le riportano lo sguardo fisso in avanti, mentre la tengo per le braccia, mentre lei comincia ad ansimare sempre più forte. Allora comincio a danzare, ad uscire per respirare, per poi rientrare subito, uscire, rientrare, sempre di più.
Se mi guardassi, vedrei il gatto trasformato in lupo mannaro. Ora.
Lei non &egrave da meno, ogni tanto si volta cattiva e fra i suoi riccioli scorgo i suoi occhi devastati dal desiderio. Voglio guardarla tutta …
L’abbraccio da dietro e la alzo da terra. Sta. Su. Di. Me.
La violo ancora, con forza inaudita, tenendola sospesa. Raggomitolata in braccio, in quella sua posizione disdicevole, fetale.
Poi le faccio toccare terra e mi stacco, incerta sui suoi piedi si volta, si sfila ciò che rimane della felpa, del reggiseno, della maglietta. Io la imito e siamo nudi come la verità.
La faccio accomodare sulla scrivania, distesa su bozze, disordine, campioni di colore, e comincio ad esplorarla con la bocca, con la lingua, finch&egrave trovo la sua fonte …
Lei mi prende con forza le tempie, non riconosco più le dita dolci di qualche minuto fa, e mi preme con violenza verso i suoi umori abbondanti.
Urla.
E io bevo, la scavo con la lingua, la mordo, la scopo con le dita e succhio il suo piacere … ora che sono partito le sue mani tornano in alto, s’inarca di nuovo, poi tornano a stringersi sul suo seno, scivolano e mi ritrovano. Mi muove la testa, si vuole masturbare di me.
No.
Con un ultima leccata, le mordo la carne affondando più che posso in lei con la bocca. Poi esco e senza staccare la punta della lingua dalla sua pelle, disegno un percorso sul suo ventre.
Ora la mia lingua &egrave l’unico contatto che ha con me. Capisce e ritira le mani, le braccia. Si lascia violare.
Sono lento, la mia salita &egrave inesorabile. Mi soffermo sull’ombelico, respirando il suo odore di bambina.
– Ferma con le mani.
Un gemito di stizza, salgo estenuante a sottolinearle il seno, sento che spinge il suo sesso contro la mia pancia. Mi vuole ancora, ma deve aspettare.
Le disegno le coppe, scendo quasi a trovare la schiena e risalgo, sempre in punta di lingua
– Ferma con le mani …
Le blocco le braccia in croce, con forza. Ma delicatamente le ricamo i capezzoli di labbra. E di lingua. Non riesce a star ferma. E neanche in silenzio. Sento che sta colando di nuovo copiosamente, mentre le sue gambe diventano sempre più irrequiete. Il calabrone chiuso nel fiore si sta innervosendo …
La morsa delle mie mani diventa piano piano dita che camminano sulle sue braccia, cercano il suo collo, i capelli, le orecchie, le labbra. E lei comincia a mordicchiarmi le falangi, le succhia.
Rispondo succhiandole con forza i capezzoli, mentre le accarezzo il pelo col mio sesso, ma senza cercare di entrare.
Lei geme, mi cerca, ma resisto, e mordo … succhio, come fa lei, finch&egrave il ritmo dei suoi gemiti non diventa irresistibile …
E come all’inizio, affondo in lei con un colpo deciso. Ma subito comincio a cavalcarle contro, dentro. Mentre contemporanemente le conquisto la bocca con la bocca.
La lingua. In profondità.
Ora sì.
Stiamo facendo l’Amore scopando.
Sento i suoi urletti soffocare nella mia gola e mi stacco, per godere della sua voce senza controllo …
Ancora una volta l’abbraccio, la sollevo dal piano, per lasciarla sospesa a me, su di me. Dentro di lei. Bandiera del sesso che sventola …
Due, tre affondi nel vuoto e l’adagio sulla poltrona, bloccandola con tutto me stesso e con il mio martellare.
Niente più baci, solo respiri affannosi, mentre il ritmo si fa indiavolato.
Urla, mi graffia, si apre.
– … sto … per … venire ….(Stai attento … non ho nessuna precauzione …)
Resisto fino all’ultimo istante e mi sfilo da lei, mentre in una frazione di secondo afferra a due mani e si dirige contro l’esplosione del mio piacere.
– Vengooooo ….
Mi lascio andare alla liberazione, mentre sotto di me lei trema come una foglia in preda ad un orgasmo nervoso come le sue mani veloci, a spremere ogni mia goccia contro il suo seno.

Ci abbracciamo così, a saldarci di sesso, a calmare il respiro, a non smettere più. A non “ritornare”, mentre il mio telefono squilla.
Lo lascio squillare, non lo sento. Adesso.

Qualche minuto più tardi, chiuse le luci, il capannone, le cose. Fuori, nella neve notturna di marzo. Qualche parola stanca al telefono, qualche silenzio fra i fiocchi. Altri sguardi.
Sorrisi più complici.

E un abbraccio più complice ma, ora, più sereno. Non finisce qui.

Un bacio, bello. Ancora diverso, ancora un bacio. Ancora bello.
E salire controvoglia, ognuno nella sua macchina, – A domai, allora – andare a dormire, ognuno a casa sua, ognuno nel suo letto.

Ma non finisce qui.

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