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Racconti Erotici Etero

ADRENALINA

By 1 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

(Il racconto &egrave tratto dal blog IL RAMO RUBATO)

immagineQuella sera, io e te,’non dovevamo essere assieme. Quella sera, entrambi, avremmo dovuto essere altrove. Io sarei andato’da un amico, noiosissimo ma comunque’poco rintracciabile. Tu ad un corso di aggiornamento, di cui ancora non avevi frequentato nemmeno una lezione.’Ma anche quella sera, invece,’eravamo lì insieme, io e te, una nuova volta a sfidare i nostri destini. Non curanti dei pericoli che ciò comporta. Ignorando tutte le leggi del cielo e della terra. Dimenticando per strada i nostri doveri e’ tutto il buon senso’insegnatoci fin da tenera età.

Non amavi più tuo marito. Io’avevo solo portato alla luce una cosa che tu stessa’già da molto’tempo sapevi. Me’lo’hai sempre descritto come una persona molto gelosa e possessiva, molto introversa e’molto strana. E io, non so il perch&egrave, l’ho sempre visualizzato nella mia’fantasia distorta come la classica persona che,’messo su certe frequenze,’prende un Kalashinikov e fa fuori 20 persone, prima di darsi fuoco. La cosa non mi piaceva affatto. E ti garantisco, amica mia, non fosse stato per quei tuoi occhi così belli’che mi chiedevano sempre’amore, non fosse stato perch&egrave tu eri l’unico pane di cui si nutriva il mio cuore, non fosse stato perch&egrave in me’scorreva qualcosa di tanto vivo da non poter più essere controllato, io quella sera probabilmente sarei stato’davvero dal mio amico noiosissimo, a parlare di lavoro.

E invece’ti sto’accanto, in macchina. Ti guardo in’tutta la tua bellezza’e mi chiedo se tu sia o meno un’allucinazione, perch&egrave’ti trovo’troppo bella per essere vera… E ad altro non penso che ai tuoi occhi, mentre faremo l’amore. Ne hai voglia, non me lo nascondi,’ già mi stai accarezzando la gamba. Non so se quella sera’fossi’pervaso da un improvvido e sconveniente’attacco di feticismo lavorativo, ma’ti avevo portata’in un posto molto particolare: una strada interrotta per la manutenzione di un ponte, in mezzo alla campagna bolognese. Di certo’qui nessuno ci avrebbe disturbato.’Superiamo il cartello “divieto di accesso – pericolo” e ce lo lasciamo alle spalle. Era’l’ennesimo divieto che superavamo assieme.’ Era l’ennesimo pericolo a cui sottoponevo la tua esistenza. Arriviamo a pochi metri da un baratro. Oltre alla recinzione,’il ponte era stato rimosso e si sentiva il rumore del torrente.

Spoglio il tuo corpo, e ritrovo il suo aroma. Ritrovo l’estuario del tuo fiume, che brucia dirompente in mezzo alle tue cosce. Ritrovo quella tua voglia di fare l’amore, che con te’&egrave quasi pura arte del combattimento. Ritrovo le tue urla, appassionate e’dirompenti di piacere. E qui, amica mia, puoi urlare quanto ti piace e quanto ti pare. Nessun vicino indiscreto’si lamenterà di certo. Anzi, fallo. Urla,’perch&egrave mi piace. Dio quanto mi piace. Qui ti amo, e tutto il resto non mi importa. Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde. Ti sto amando in un posto che mai ha vissuto amore.
E mentre i miei ultimi colpi di bacino’finiscono di giustiziare’il tuo corpo, gemente e ormai straziato di piacere, penso che ciò val bene’tutti i pericoli che un uomo può rischiare nella vita.

Ti bacio, e vado fuori a rivestirmi. Odio farlo in macchina, non c’&egrave lo spazio. Mi rivesto in fretta, e mi accorgo di quanto siamo in ritardo: l’amore ci ha rubato più tempo del previsto. Il tuo corso, a quest’ora, &egrave già bello e finito da un pezzo. Prendo bene le distanze per fare manovra su quello sterrato,’ma … succede l’imprevedibile. Quello che tutti quando vivono qualcosa di simile temono. Quello che io nemmeno osavo pensare. Facendo manovra la ruota finisce’in una grossa’buca, e la macchina non vuole proprio saperne di uscire. Non si muove di un centimetro. Ti vedo incredula. Poi percepisco il tuo cuore che batte a mille. Mi pare quasi di sentirne il rumore. Io’scorgo nel mio animo la stessa strana sensazione che prova il condannato a morte, all’alba dell’esecuzione. Rivedo’in un solo attimo, come i morituri,’tutti i miei giorni felici. Dentro di me,’in quello stesso’attimo, li sento già conclusi.

Poi ritrovo il polso della situazione. Penso mentalmente a tutte le persone a cui potevo telefonare. Ma non mi viene nessuna buona ragione per cui io dovessi essere lì, a quell’ora, con te. E poi non c’&egrave tempo, non c’&egrave tempo… Tu dovresti essere già’a casa. Esci e provi a spingere. Io sgaso al massimo, ma la ruota proprio non vuole saperne di muoversi. E’ in mezzo alla terra, e scava con la ruota, invece di far presa. Provo io e ti metto alla guida, ma la macchina &egrave caduta troppo indietro. Non c’&egrave niente da fare.’Avverto impotenza dentro di me.

Poi ti guardo, ti vedo terrorizzata. Devo fare qualcosa. Assolutamente. Torno in me stesso. Riempio la buca che la ruota aveva scavato con quel che’c’&egrave intorno.’Trovo più forza in corpo di quanta non ne abbia mai avuta e spingo. E’ la forza della disperazione. E’ la forza di chi non ha alternative. Tu intanto, col cuore in gola,’premi fino in fondo l’accelleratore. La macchina, finalmente,’si smuove’fino a’tornare in strada. La ruota, in questa operazione, ‘passa pure sopra al mio piede destro… Rientro zoppicando. Siamo salvi anche stavolta. Ma devo ammettere,’ce la siamo’vista proprio brutta.

Mentre ti porto alla tua macchina, penso che nel lato oscuro della mia’esistenza già tante volte mi sono ritrovato in situazioni simili. Con l’imprevisto che, immancabilmente, mi colpisce nel momento più inopportuno, e nel modo più bastardo. Fa parte del gioco.’E’ la’mia’roulette russa.’E devo essere proprio nato sotto una buona stella, perch&egrave alla fine cado sempre in piedi.

Immerso in questi pensieri ti guardo,’sei ancora’bianca come un fantasma. Un po’ ora’mi diverte questa cosa. Mi viene in mente che complicità non &egrave solo dividere piacere, ma ogni tipo di emozione a’cui gli altri non possono partecipare. E penso che quella paura’&egrave stata’solo nostra, almeno quanto”il desiderio con cui ci siamo amati. Sulla faccia’tieni stampato un “mai più, mai più, mai più…” che non ha bisogno di molte parole. Io’ti sorrido e, per sdrammatizzare ti rincuoro con una pacca su una gamba: “Vedi Elena. Tu non hai ancora’capito una cosa… ‘Come tu ti diverti con me, non potresti’farlo proprio’con nessuno.” Mi’guardi anche tu, riabbozzando finalmente’un sorriso. Mi rispondi,”in modo molto’colorito e sentito,’di andare a quel paese. Prima di baciarmi di nuovo sulle labbra, con la bocca ancora fredda e tremante,’e piena di passione come mai avevo sentito.

Il racconto &egrave tratto dal blog IL RAMO RUBATO

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