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Ahhh! L’università

By 6 Luglio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Non mi sono mai reputato un ragazzo bellissimo, tuttavia non sono neppure da buttare. La mia storia ha inizio verso Settembre, quando, per varie vicissitudini della mia vita che non starò qui a spiegarvi, mi ritrovai a frequentare nuovamente i corsi del primo anno della facoltà di scienze Biologiche, dopo aver conseguito a pieni voti una laurea in Ingegneria gestionale che, però, non mi dà alcuna possibilità di lavorare qui in Italia. Come al solito per i primi due o tre giorni eravamo tutti lì a fare gli amiconi e devo ammettere che mi sentivo un po’ a disagio pensando alla differenza d’età che passava tra me e quelle che, a buon diritto, avrei potuto chiamare ‘matricole’, ma dopo più di una settimana che seguivo avvertii il disagio passare del tutto. Al contrario della mia prima laurea, presa praticamente facendo sempre il ‘Pendolare’, questa volta ero stato costretto a prendere casa e mi sentii davvero fortunato nel riuscire ad accaparrarmi un elegante appartamento al terzo piano, distante solo pochi isolati dalla mia facoltà, ad un prezzo davvero vantaggioso. Credo sia allora che &egrave cominciato tutto. Poiché il mio coinquilino non c’era quasi mai, eravamo solo in due a dividere l’appartamento e lui era sempre occupato con i turni all’ospedale in cui fa l’infermiere, avevo la casa tutta per me per tutto il tempo. All’inizio devo ammettere che &egrave stata un po’ dura abituarsi a vivere da solo, ma alla fine trovai quella mia sistemazione niente male. Ero libero di fare quel che volevo, quando volevo e come ritenessi più opportuno; un grado di libertà che non avevo mai provato. Dopo la prima settimana, alcune ragazze del mio corso, devo ammettere che mi ha meravigliato il numero di quante iscritte di sesso femminile stessero seguendo i corsi di quella che ho sempre ritenuto essere una facoltà ‘per maschi’, anche perché era dai tempi del liceo che non dividevo la classe con il gentil sesso, dato che, come si sa, le facoltà di Ingegneria non sono proprio rinomate per il gran numero di iscritti di sesso femminile. Non che la cosa mi dispiacesse, anzi, ma ora sto divagando un po’. Come dicevo le ragazze di quella che, a buon diritto, potevo chiamare la mia nuova ‘classe’ (eravamo 42 in tutto) si stavano organizzando per restare in città per il ‘matricola party’ di Giovedì, chiedendo a quelle che avevano casa lì se potessero ospitarle per la notte. Rimasi molto sorpreso quando Monica (nome inventato per salvaguardare la privacy delle mia amica) mi chiese se avesse potuto passare la notte da me; non ci conoscevamo che da qualche giorno, e mai e poi mai mi sarei aspettato una simile richiesta. Ancora un po’ sorpreso risposi con un laconico ‘Sì’, lambiccandomi il cervello su come avrei potuto ospitarla visto che il mio appartamento non abbondava certo per le camere da letto (ce n’erano solo due, ed una era del mio coinquilino infermiere), in compenso disponeva di una comoda e spaziosa zona giorno in cui a farla da padrone era un ampio e comodo divano-letto che seppur cigolando adempiva a pieno al suo dovere. Ora il dilemma: quale sistemazione offrire? Alla fine pensai di cederle galantemente la mia camera preparandomi ad una notte tra le cigolanti molle del divano letto. Non appena Monica seppe che potevo ospitarla, esplose in un prorompente abbraccio con cui, cingendomi le braccia intorno al collo, mi bacio la guancia destra. Ci demmo appuntamento per giovedì e subito scappò a prendere il bus che l’avrebbe riaccompagnato a casa. Era una bella biondina, Monica, alta un metro e sessantotto centimetri, non l’avevo mai vista indossare qualcosa fuori posto. Anche nel modo di truccarsi era sempre pulita, mai eccessiva, così come piace a me; era forse anche per questo che avevamo legato subito io e lei. Qualche giorno prima approfittai di un caff&egrave insieme per conoscerla meglio; dopotutto volevo essere sicuro di conoscere almeno un po’ chi facevo entrare in casa mia. Ne rimasi estasiato. Non era solo molto bella, ma era anche intelligente, spiritosa e simpatica. Per i primi tempi non potemmo esimerci dal parlare di biologia, un argomento che, data la natura dei nostri studi, sicuramente interessava entrambi, poi siamo passati a parlare di altro: dalla moda, ai libri ecc’ ecc’ Parlare con lei mi sembrava la cosa più naturale a questo mondo e devo ammettere che forse, per quanto cercassi di non far trapelare nulla, mi stavo innamorando di lei. La sera del Giovedì giunse in un baleno. Monica con un po’ di disagio insistette affinché non l’accompagnassi; dopotutto quella serata era nata come un pretesto per un’uscita tra donne con tutte le ragazze della classe e la mia presenza sarebbe stata più che mai inopportuna. Io d’altronde le dissi che l’avrei aspettata a casa, dato che non volevo assolutamente perdermi il mio programma preferito (so che come scusa fa veramente schifo, ma non sapevo come togliermi d’impaccio) e lei fu lieta di non avermi rovinato la serata. Ero oramai rassegnato a passare la serata da solo quando verso le Dieci, qualcuno suono al mio campanello. Era Monica, non mi aspettavo certo che arrivasse per quell’ora. Mi disse che la serata era stata un vero e proprio disastro, di come le mie compagne di corso fossero noiose e di come avesse pensato di rincasare prima per vedere come procedeva la mia di serata. Non potete immaginare il mio imbarazzo dato che avevo pensato di passare la serata sparandomi una sega davanti al computer in camera mia, così le mentii dicendo che dato che il programma che seguivo in tv era stato soppresso avevo deciso di recuperare del tempo trascrivendo gli appunti presi a lezione sul computer in formato pdf. ma, dato che non avevo più voglia di lavorare le offrii di terminare la serata parlando del più e del meno. Le ore passarono come fossero minuti ed in men che non si dica era giunta l’una. Fu il mio coinquilino a farci rendere conto di che ora fosse, visto che ci interruppe per dirmi che stava uscendo per recarsi all’ospedale per il turno di notte. Ora eravamo veramente soli. Dopo un po’, stiracchiandosi, Monica mi disse che si sarebbe recata in bagno per cambiarsi per la notte e che sarebbe stata felice di dormire sul divano letto che non le sembrava poi così scomodo. Io le risposi con un No categorico, offrendole ancora una volta la sistemazione in camera mia, dicendole che così avrebbe goduto di tutta la privacy di cui avesse avuto bisogno solo chiudendo la porta. Lei mi ringrazio ancora una volta donandomi uno dei suoi stupendi sorrisi ed un bacio sulla guancia e sculettando suadentemente si allontanò verso il bagno per una toelette veloce prima di andare a letto. Io ne approfittai per accomodare il mio giaciglio e dopo aver sprimacciato il un po’ il cuscino, con indosso i soli boxer mi sono infilato tra le fresche lenzuola di cotone che avevo appena messo. Monica usci dal bagno, era uno spettacolo per gli occhi con quel suo babydoll di pizzo nero e fucsia sotto cui aveva indossato un provocante perizoma nero e, a giudicare dalle forme sotto il babydoll trasparente, nient’altro. L’avevo vista solo da lontano, e controluce, ma stavo per avere un infarto ugualmente. Si infilò repentinamente in camera mia, ma per farlo dovette passare dal corridoio, donandomi la visione di quel suo bel culetto a mandolino sapientemente fasciato dal perizoma di pizzo nero. Poi si voltò e facendo capolino da dietro la porta mi indirizzò un sardonico ‘Buonanotte’.

Buonanotte? E chi riusciva più a dormire? Era bastata la visione di lei in abiti così succinti per provocarmi una di quelle erezioni che quando ti vengono pensi di andare in giro con un giavellotto in mezzo alle gambe. Non erano passati che un paio di minuti quando me la rividi fare capoccella dietro la porta. ‘Non &egrave che potrei scroccarti anche una bottiglia d’acqua? Sai non riesco a dormire se non c’&egrave l’ho sempre pronta sul comodino.’ ‘ ‘Ma certo’ ‘ le dissi – ‘vado a prendertela subito!’ ‘ ‘Oh no, non preoccuparti’ ‘ continuò lei- ‘ci vado io! Tu sei stato fin troppo gentile ad ospitarmi questa notte” e detto questo usci.

Che spettacolo! che Visione! Sì ci avevo visto bene, sotto il babydoll di pizzo nero non indossava proprio nulla se non il perizoma. Come faccio a saperlo? Perché uscendo dalla mia camera per andare in cucina dovette passarmi proprio d’avanti e regalarmi una visuale delle sue belle tette, fasciate solo da un sottile strato di stoffa completamente trasparente, da cui si intravedevano le areole ed i capezzoli. Ritornando si fermò vicino al mio letto e trangugiando un po’ d’acqua direttamente dalla bottiglia mi regalò un’altra visione di quel seno perfetto che si ritrovava. Doveva essere una terza abbondante a giudicare da quanto erano grosse e piene. Improvvisamente sentii una fitta al basso ventre con cui il mio amico mi fece ben intendere che anche lui aveva apprezzato, e molto. ‘ ‘Cosa c’&egrave? Non riesci a dormire?’ ‘ Le dissi di no con la testa, ma non mi dilungai a spiegarle il perché, anche se in fondo credo che già lo sapesse. ‘ ‘Sai’ ‘ continuò ‘ ‘anche per me sarà difficile dormire, muoio di caldo. L’acqua aiuta ma non può più di tanto” ‘ ‘Sì lo so’ ‘ continuai io senza sapere che pesci pigliare ‘ ‘Mi dispiace che il condizionatore d’aria sia guasto, il proprietario non si &egrave ancora deciso a farlo riparare.’ ‘ ‘Oh non preoccuparti ‘ disse lei mentre si accorse che il mio sguardo aveva esitato un po’ troppo sulle gocce di sudore che le imperlinavano il decolté. ‘ ‘Non hai nulla di cu scusarti. Non &egrave mica colpa tua. Sai, anche noi a casa ne siamo privi; di solito quando sono a casa dormo sempre nuda così da non soffrire troppo la calura estiva, ma non posso chiederti anche questo” E così dicendo sfoderò uno di quegli sguardi da finta brava ragazza che mi avevano fatto perdere la testa per lei. – ‘Non sai quanto queste lingerie possano essere calde finché non le indossi, ma questo’ ‘ e così dicendo abbassò le spalline del babydoll ‘ ‘questo credo proprio di poterlo togliere, dopotutto &egrave così trasparente che non credo si possa vedere molto più di quello che tu non abbia già visto’ – E detto questo se lo sfilò facendo sballonzolare quel tripudio di femminilità gonfio e turgido proprio davanti al mio naso. ‘ ‘Oh! Adesso va molto meglio, non trovi?’ ‘ ‘Credo di sì’ ‘ le risposi deglutendo pesantemente. Sinceramente non ne stavo capendo più niente, ero totalmente e impunemente rapito da quelle tettone gonfie che così generosamente mi erano mostrate. ‘ ‘Dopotutto posso credere che tu non sia novizio a questo tipo di cose, no? Adesso stare in topless &egrave diventato quasi categorico su certe spiagge” ‘ ‘Sì, sì, ma certo” Mamma mia come ce l’avevo duro, non riuscivo a pensare ad altro, sentivo che di lì a poco gli slip mi si sarebbero strappati tanto che era duro. – ‘Credo di non averti ancora ringraziato a dovere per avermi ospitata qui stanotte’ ‘ ‘Ma’ ma ti pare, &egrave un piacere per me’ ‘ ‘Questo non lo metto in dubbio, ma lascia che ti ringrazi per bene’ E detto questo si fiondò sul mio petto cominciando a baciarmi gli addominali, poi le sue labbra cominciarono a salire lungo il petto sino al mio collo. Credevo che ci saremmo baciati ma non appena cercai le sue labbra ecco che si era rifiondata sui miei pettorali e scendeva con le labbra inesorabilmente giù. Quei due grossi meloni che si ritrovava per tette invece, non facevano altro che sbattere contro il mio cazzo che spingeva per uscire ostacolato solo dal sottile tessuto dei miei boxer elasticizzati. Le sue mani cominciarono a giocherellare con l’elastico dei boxer: lo tiravano, lo abbassavano, si intrufolavano dentro per sfiorare la base del mio pene. Poi si fermò, e guardandomi fisso negli occhi con uno sguardo da vera porca mi disse ‘Io non conosco modo migliore per dissetarsi di un bel pompino!’ ‘ E dopo averlo preso e debitamente scappellato, se lo infilò in bocca.

Era divina, semplicemente fantastica. Con la lingua non esitava un solo istante a leccarlo tutto, sin dalla base fino al glande, muovendo la punta come fosse una biro per disegnare dei cerchi concentrici intorno alla fessura. Poi cominciò a solleticarmi il frenulo, mentre con le mani era un continuo segarmi e massaggiarmi le palle. ‘ ‘Ti piace come te lo lecco? Sono brava?’ ‘ ‘Sei semplicemente fantastica!’ ‘ ‘Sai il mio ragazzo vuole che glielo succhi ogni sera e credo di essere diventata un esperta ormai’ ‘ ‘Il tuo ragazzo?’ ‘ ‘Sì, quel cornuto &egrave convinto che sia uscita a divertirmi con le ragazze di facoltà, ma io non potevo trattenermi da assaggiare questo bel pisellone duro!’ ‘ Non potevo credere ai miei orecchi, era fidanzata, non che mi importasse poi molto ora che con la bocca me lo stava succhiando divinamente. ‘Sai a lui piace un sacco quando me lo mette in mezzo alle tette; vorresti provare?’ ‘ Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere che già me l’aveva sepolto tra le sue grosse bocce. La spagnola più bella della mia vita; si vedeva che ci sapeva davvero fare. Avrei voluto resistere di più ma dopo poco sentii che le palle sarebbero scoppiate se non fossi venuto e lei se ne accorse, tanto che terminata la spagnola riprese a succhiarmelo con forza come se volesse farmi uscire anche l’anima oltre che lo sperma. E venni, venni come non ero mai venuto fino ad allora, sentii le palle lentamente svuotarsi mentre lei continuava a leccarmi il cazzo ancora duro. Dopo aver pulito per bene con la lingua l’intera asta si sfilò il perizoma e mi disse: ‘Adesso tocca a te’. Non ebbi nemmeno il tempo di prendere fiato dall’orgasmo che già mi aveva affondato la faccia in mezzo alla sua patatina fradicia di umori. Un odore inebriante trasaliva dalle sue grandi labbra e non potei esimermi dal leccarla con foga. A quanto pare le doveva piacere proprio tanto, perché più la leccavo e più lei si bagnava, tanto che ad un certo punto, trattenendomi per la nuca con le mani, esplose in un fragoroso orgasmo liberatorio. Restammo abbracciati per un tempo indefinibile, ma a quanto pare non era ancora sazia, perché riprendendo a baciarmi sul petto e dopo essere scesa a leccarmelo un altro po’, si distese davanti a me e a gambe large mi chiese di penetrarla selvaggiamente. La impalai con un sol colpo godendomi l’umido calore delle sue pareti intorno al mio cazzo duro. Lei gemeva di piacere, esortandomi a possederla sempre con più forza. Ad un tratto mi spinse via, facendomi uscire fuori da lei, e solo dopo essersi messa a cavalcioni, mi chiese di scoparla alla pecorina. La scopai per un tempo interminabile, l’orgasmo avuto prima mi aveva dato una carica inaspettata, o forse era lei, la sua bellezza, i suoi modi di fare? Fatto sta che persi il conto di quanti orgasmi ha avuto in quella posizione. Ad un certo punto però un’idea cominci a farsi strada nella mia testa. Sì e vero, si poteva dire che in quella posizione fosse come se mi stessi scopando quel bel culetto a mandolino che si ritrovava, ma non ero ancora sazio. Dopo il suo ennesimo orgasmo decisi di uscire da lei per indirizzare la punta del mio arnese verso il suo secondo buco. Lei esitò, ebbe come un fremito che le percosse tutta la schiena, perché no appena poggiai la punta del mio cazzo sul suo sfintere, si irrigidì. ‘ ‘Fai piano, lì sono ancora vergine!’ ‘ ‘Non per molto’ ‘ le risposi, e secco glielo piantai dietro, entrando con tutta la punta nel suo culo. Monica gridò, all’inizio di dolore. Poi quegli stessi gemiti cominciarono a diventare gemiti di piacere quando oramai più di mezza asta entrava ed usciva dal suo culetto senza problemi. Ancora un altro colpo secco ed ecco che col io cazzo ero entrato tutto, sino alla base. Sentivo adesso le palle sbattere contro le sue chiappette, mentre con le mani mi ero impadronito dei suoi meloni che stringevo prepotente tra le dita. Sentivo l’orgasmo crescere, avvicinarsi. E dopo averla fatta godere ancora un po’, le inondai il culo col mio seme fin quando non lo estrassi mezzo moscio e avvicinandoglielo alla bocca, lasciai che finisse di pulirmelo. ‘Stanotte mi hai proprio sfondata’ ‘ mi disse – ‘Quando vuoi’ aggiunsi io prima di avvicinarmi per baciarla sulle labbra. ‘No’ – mi disse perentoria ‘ ‘questo lo lascio fare solo a Marco, il mio ragazzo’ ‘ ‘Come vuoi’ le dissi. Aspettai che andasse in bagno per darsi una ripulita. Ma di quello che avvenne dopo non ricordo molto; ero già tra le braccia di Morfeo.
Il Giardino di Giava

Con Monica non ci furono altre occasioni se non questa e qualche pompino fatto di nascosto nei bagni di facoltà. Tutto fini quando decise di compiere un viaggio verso Mejugorie. Al suo ritorno disse di essere cambiata, di essersi ‘trasformata’. Voleva dare un senso più profondo alla sua vita e la nostra relazione clandestina, così com’era cominciata, dovette finire lì. Devo ammettere che ogni tanto mi manca, mi mancano i nostri discorsi, le nostre chiacchierate oltre a quei magnifici pompini che ogni tanto mi faceva di nascosto. Mi dissero che in realtà si era invaghita del prete che li aveva accompagnati in pellegrinaggio, un missionario originario del Congo con un arnese grosso come il mio braccio. Capii allora cosa volesse dire col dare un senso più ‘profondo’ alla sua vita, e sorrisi amaramente. Io che non superavo i ventidue centimetri non potevo certo competere con quell’arnese pachidermico; così mi rassegnai a continuare la mia vita senza di lei, dedicandole però una marea di seghe. Credevo di dovermi rassegnare a un lungo digiuno fatto di pugnette quando cominciai a conoscere anche gli altri ragazzi del mio corso. Si creò un bel gruppetto, tre uomini e sei donne, una più bella dell’altra, ma nessuna era bella come Alessia. Aveva i capelli lunghi e ricci, e un paio di occhi verdi che ti facevano venire nei pantaloni solo a guardarli. Di seno non era messa molto bene, a giudicare dalle maglie che indossava raggiungeva a stento una seconda, ma il suo culo’ mamma mia che culetto! Aveva un mandolino perfetto che ogni volta che si voltava dandomi le spalle non potevo esimermi dallo squadrare centimetro per centimetro. Non che lei facesse nulla per coprirlo, anzi, ogni giorno non perdeva occasione per indossare jeans attillati e leggings; uno spettacolo per gli occhi. Dopo quasi tre mesi ero entrato in confidenza un po’ con tutti, ma soprattutto con le ragazze, con cui riuscivo davvero a parlare del più e del meno, al contrario degli altri due colleghi maschi con cui il discorso verteva sempre sugli esami e sulle materie studiate. Fu proprio parlando in confidenza con tre di loro, tra cui Alessia, che scoprii quanto fosse facile intraprendere tra noi discorsi anche un po’ piccanti, legati alla sessualità, senza il minimo accenno di riluttanza da parte loro; discorsi che poi mi fornivano una vagonata di materiale a cui pensare mentre mi sparavo le mie seghe. Peccato che fossero tutte e tre felicemente fidanzate, altrimenti ci avrei provato senza remore; ma tra i discorsi intrapresi facevano sempre ben intendere quanto fossero felici con i loro rispettivi ragazzi, di come anche il sesso andasse a gonfie vele, ed io non potevo che limitarmi a invidiarli irrimediabilmente. Fu durante uno di quei discorsi che Mariella, la più minuta del gruppo, ma non per dimensioni (aveva una quarta da paura) mi chiese: – ‘ma cosa ci trovate voi maschi nei Pompini?’ ‘ ‘Dieci minuti di silenzio’ ‘ le rispose Martina (l’altra mia collega di corso) ridacchiando. Scoppiammo tutti a ridere, ma Mariella per nulla indispettita mi incalzò: ‘No, davvero, che cosa ci trovate di così speciale?’ ‘ ‘Beh…’ ‘ dissi indeciso su come risponderle ‘ ‘non saprei come spiegartelo. E come se tu mi chiedessi perché mi piace la cioccolata. Non so cosa risponderti.’ ‘ ‘Ma ci sarà qualcosa in particolare che ti piace di questa ‘ – disse Alessia ‘ ‘Forse &egrave l’atto in se’ ‘ le risposi ‘ ‘Il sapere che la ragazza che ti piace lo stia prendendo in bocca per te, che lo stia facendo solo per il tuo piacere e non per il suo’ ‘ ‘Chi ti dice che non piaccia anche a lei?’ ‘ ‘Questo non lo so di certo. Ma non credo che tutte le donne siano propense a provarlo; non ti pare?’ ‘ ‘Questo perché non sanno cosa si perdono’ ‘ mi rispose Martina ‘ ‘E vero’ le fecero coro le altre due. ‘ ‘Toglietemi una curiosità’ ‘ continuai io ‘ ‘Cosa ci provate allora voi donne nel farlo?’ ‘ ‘Un gran senso di potere!’ ‘ mi rispose Alessia. ‘&egrave vero’ ‘ ripresero le altre due ‘ ‘Non ci sono molte occasioni per prendere il proprio ragazzo per le palle!’ – dissero e subito scoppiammo tutti e quattro a ridere. Io però intanto immaginavo ognuna di loro intenta a sbocchinare un grosso cazzo e non dovetti aspettare molto perché il mio amico dei bassi fondi reclamasse la sua dose di attenzioni. Ahim&egrave dovevo rassegnarmi per ora ad una lunga e solitaria serata di pugnette. L’occasione però non sarebbe mancata. Erano da poco finiti i corsi del primo semestre quando a Mariella venne la splendida idea di passare una giornata tutti insieme in un centro benessere. Del gruppo però quei due secchioni dei miei colleghi si defilarono dicendo di approfittare di quelle ore per studiare (a volte mi chiedevo se mai si riproducessero per mitosi), mentre le altre due ragazze ne approfittavano per fare ritorno a casa dai loro genitori che ormai non vedevano più da qualche mese. Restavamo solo noi quattro. Io non mi sarei perso di certo quell’occasione, anzi, non vedevo l’ora di poter ammirare indisturbato quel tripudio di bellezza. Restava solo la questione dei rispettivi fidanzati, cosa avrebbero pensato sapendo che io sarei stato lì con loro? Ma quando glielo feci presente, loro tre, con tanta nonchalance, mi risposero che semplicemente non gliel’avrebbero detto. Io dal mio canto non chiedevo di meglio che passare un’intera giornata con quelle splendide ragazze coperte dal solo costume da bagno, ma per atteggiarmi ancora un po’, anche se non ne avevo la minima intenzione, mi offrii di lasciarle libere di andar da sole; così da non dover mentire ai rispettivi partner. Fu Alessia ad insistere che andassi con loro. Mi prese sotto braccio e mi disse che senza di me non sarebbe stata la stessa cosa. Così accettai. Fissammo la data per il giorno dopo. Ci saremmo recati in una Spa poco distante da casa di Martina e Mariella (Sì, non ve l’ho detto ma condividono lo stesso appartamento), che si chiamava ‘Il giardino di Giava’. Non appena lessi il titolo non potei trattenermi dal fare la solita battuta: ‘ma Giava &egrave un’isola o un fiume?’ ‘ ‘Un’isola’ ‘ mi risposero all’unisono ‘ ‘e allora perché si dice >’ ‘ Dopo essere tutte scoppiate a ridere ed avermi dato qualche buffetto sulla spalla dandomi scherzosamente dello ‘scemo’ ci decidemmo ad entrare. Erano soltanto le nove del mattino, ma quel posto sembrava decisamente deserto. Sarà stato che il periodo non era dei più adatti, eravamo a inizio Gennaio, molto lontani dall’alta stagione, ma la ragazza alla reception fu molto contenta di vedere il nostro gruppetto superare la soglia d’ingresso. ‘Benvenuti al Giardino di Giava’ ‘ ci disse ‘ ‘I signori sanno già di quali trattamenti vogliono usufruire?’. Fu Mariella ad occuparsi di tutto, spedendo me e le altre nei camerini a cambiarci. In quel luogo costume, accappatoio e ciabattine erano d’obbligo e per fortuna mi ero portato tutto l’occorrente da casa, ma con mia enorme sorpresa un bell’accappatoio bianco di spugna morbida mi fu offerto direttamente dalla direzione. Non mi restava che cambiarmi. Avevo scelto per l’occasione un costume nero, modello boxer attillato, che reputavo molto comodo e che metteva in risalto il mio fisico asciutto ma non palestrato, che avevo debitamente depilato per l’occasione. Non mi piace andare in giro come un orsetto lavatore, ma essendo io alquanto peloso, la ceretta per me era d’obbligo. Non ci misi molto a cambiarmi, capirete, non &egrave che avessi poi molto da indossare se non il costume e l’accappatoio, e in un attimo fui fuori da lì. Il percorso deciso da Mariella, prevedeva sauna, bagno turco e relative vasche di raffreddamento, nonché docce emozionali e qualcosa chiamato percorso Kneipp che consisteva nel camminare su dei sassi bagnati da getti di acqua calda e fredda che faceva bene, a quanto dicono, per la circolazione sanguigna delle gambe. Quello che usci dallo spogliatoio femminile invece non erano le mie amiche; era un attentato alle mie coronarie. Non mi ero reso conto di quanto fossero corti gli accappatoi femminili. Quelli che indossavano le mie colleghe a stento arrivavano a coprire parte delle cosce (e che cosce!) finendo in una specie di minigonna sapientemente tenuta su dalla cinta in dotazione. Per prima cosa una delle ragazze che lavoravano alla Spa ci fece fare una piccola gita del centro, mostrandoci dove si trovassero, vasche, sauna, bagno turco e quant’altro avesse scelto Mariella. Devo ammettere che la seguii distrattamente, intento com’ero a sbirciare oltre l’orlo degli accappatoi. Finalmente fu il momento di andare alle docce per prepararci alla sauna. Alessia fu la prima a togliersi l’accappatoio, esibendo un bellissimo costume floreale della Desigual con al posto del top una splendida fascia che, in qualche modo, cercava di mettere in risalto le sue forme ahim&egrave molto scarse. Ma non appena si voltò per darci le spalle stavo seriamente rischiando di venire nelle mutande, dato lo spettacolo del suo sedere, scarsamente coperto dal minuscolo tanga a bassa vita. Seguì poi il turno di Mariella, che per l’occasione aveva indossato un elegante costume alla marinara con un elegante reggiseno a balconcino provvisto di coppe per contenere l’abbondante quarta e uno slip alla brasiliana che metteva in risalto un culetto veramente niente male. Ma quella che mi lasciò più stupito fu Martina che impunemente aveva deciso di indossare un costumino bianco fatto di una stoffa leggera leggera che sicuramente sarebbe diventato completamente trasparente. Al contrario di quanto pensassi la stoffa era abbastanza coprente, tanto che dovetti accontentarmi di guardare quel suo corpo statuario coperto solo da un paio di triangoli abbastanza grandi e da un semplice slip. Subito dopo essermi fatto la doccia anch’io ci incamminammo verso la Sauna; l’addetta ci consigliò che, dato che sia per me che per Martina era la prima volta, fosse meglio non superare i quindici minuti di tempo. Così ci accingemmo a passare il nostro quarto d’ora di relax in quella bolgia infernale in cui la temperatura del termostato era stata settata a novantacinque gradi centigradi. Io e Martina, dato che eravamo dei novizi, dovemmo accontentarci delle panche del livello più basso, mentre Alessia e Mariella come due fiere si erano già distese sui livelli più alti e incandescenti. Per i primi cinque minuti, non fu che un continuo sospirare per il caldo, trascorsi i quali, tutti più o meno cominciammo davvero a rilassarci. Martina cominciò a stiracchiarsi sulla panca, il sudore le imperlinava il solco tra i seni di quel suo petto ansante e la cosa mi portò subito alla memoria il ricordo di quanto era successo quella notte con Monica. Erano proprio belle le tette di Martina, nulla a che vedere con quelle di Monica, né tantomeno con quelle di Mariella, ma avevano un che di perfetto. Un bellissimo seno a coppa di Champagne che non aveva nulla di che invidiare alle modelle in tv. Avevo paura che mi avrebbe fatto una scenata quando mi ha sorpreso a guardarglielo, ma dopo aver abbozzato un sorriso sghembo si &egrave semplicemente rimessa capo chino a rilassarsi. Alessia intanto, mostrando segni di sofferenza per la posizione sulla panca, di certo non comoda anche se di legno, aveva ben deciso di mettersi su di un fianco. Cosa c’&egrave di strano voi direte, beh sta di fatti che di fianco ci si mise dandomi le spalle, o meglio il culetto, che così schiacciato su di un lato, mi sembrò sempre più bello ed invitante. Era inutile negarlo ero semplicemente in estasi, tanto che non mi resi conto di quanto anche il mio amico apprezzasse lo spettacolo che stavo guardando. Devo ammettere che neanche l’immersione nella vasca gelata subito dopo la sauna poté nulla per mantenere a bada il principio di erezione da cui ero colto, anzi in un certo qual modo mi venne duro ancor di più. Comunque l’accappatoio, almeno per ora, sembrava facesse il proprio lavoro e non dovetti preoccuparmi che qualcuno si accorgesse di cosa accadeva lì sotto.

Dopo la Sauna e la vasca d’acqua fredda a cinque gradi era il momento del bagno turco. Devo ammettere che non me lo sarei mai aspettato così caldo. Seppure la temperatura fosse di ‘soli’ quarantacinque gradi centigradi, l’aria umida e vaporosa rendeva quel caldo letteralmente asfissiante. Ora riuscivo davvero a capire a cosa servisse l’enorme vasca di cubetti di ghiaccio posta all’ingresso. Che cosa meravigliosa &egrave il contatto del ghiaccio sulla pelle quando sei immerso in un bagno di vapore a quarantacinque gradi centigradi, ma non fa altrettanto bene all’eccitazione. Guardare le mie amiche passarsi impunemente quei cubetti dappertutto, come se fossimo sul set di nove settimane e mezzo, me lo fece rizzare immediatamente, al punto che avevo paura che qualcuna si fosse accorta di tutto. Per fortuna il denso vapore della stanza e la scarsa illuminazione rendeva l’operazione un po’ più difficile. ‘Uff che caldo che fa qui!’ ‘ disse Alessia ‘ ‘Peggio che nella sauna!’ ‘ ‘Fa bene. Questo caldo fa bene!’ ‘ le rispose laconicamente Mariella, per quanto anche lei cominciasse a dare segni di insofferenza ‘ ‘lo senti di più perché &egrave caldo umido’ ‘ disse, passandosi impunemente un pezzo di ghiaccio tra quei grossi meloni che si ritrovava per tette ‘ ‘Anche se devo ammettere che questo costume non aiuta di certo’. ‘Io quasi quasi toglierei la fascia’ ‘ le rispose Alessia ‘ ‘ma sei impazzita?’ ‘ la inforcò Martina ‘ ‘e lui?’ ‘ ‘lui tecnicamente non &egrave qui’ ‘ disse Alessia facendo spallucce ‘ ‘E non vedo perché privarmi del piacere di stare con le tette al vento stando tra donne’ e detto questo si sfilò la fascia. ‘ ‘dopotutto qui c’&egrave tanto di quel vapore che si vedrebbero a stento’ – Invece si vedevano e come. Un piccolo paio di tettine lievemente accennate fece capolino sotto il pezzo di stoffa appena tolto. I capezzoli turgidi e dritti come chiodini mi fecero capire che quell’atto non era così indifferente quanto volesse farlo credere. ‘Sai hai proprio ragione’ ‘ le disse Mariella ‘ ‘E poi le tue sono così piccole che a stento si notano!’ ‘ continuò ridacchiando diabolicamente. – ‘Saranno belli quei tuoi meloni’ ‘ le disse Alessia accusando il colpo ‘ ‘Non hai paura che a forza di stare così compressi in quel coso non ti venga uno sfogo cutaneo sullo sterno?’ ‘ ‘Sai, credo che tu abbia ragione. Quasi quasi seguo il tuo esempio’ ‘ e detto questo fece scattare il piccolo gancetto del reggiseno. ‘ ‘e se mi cascasse l’occhio” ‘ le dissi io sornione ‘ ‘se non volessi che me le guardassi non me lo toglierei!’ ‘ Cavolo, non potevo credere alle mie orecchie. Un’occasione del genere non me la sarei fatta sfuggire per nulla al mondo. Mariella si tolse il reggiseno, stando attenta a non pungersi con il ferretto che sosteneva le coppe. Quel seno florido stava benissimo in piedi da solo ed era una gioia per gli occhi. Adesso temevo veramente di venire nei pantaloni. ‘Non c’&egrave che dire’ ‘ le dissi ‘ ‘sono davvero molto belle!’ ‘ ‘Trovi?’ chiese lei sorniona passandosi un pezzo di ghiaccio sui grossi capezzoli scuri. Ragionare si faceva sempre più difficile. ‘ ‘Io credo che siano troppo grosse’ a volte vorrei tanto avere un seno come quello di Martina!’ ‘ ‘Cosa centrano adesso le mie tette?’ ‘ disse Martina coprendosi scherzosamente i triangoli bianchi. ‘ ‘dico solo che ormai resti solo tu!’ ‘ la inforcò Alessia. ‘ ‘E lui?’ ‘ chiese Martina con aria di sfida ‘ ‘Lui &egrave in topless da quando siamo venute qui, e poi non conta; lui tecnicamente non &egrave nemmeno presente!’ ‘ chiocciò furbescamente Mariella. ‘ ‘Se la mettiamo in questi termini…’ ‘ disse Martina rassegnata e in un attimo anche il laccio dei suoi triangoli fu staccato, facendo si che un altro paio di tette si unisse a quello spettacolo indescrivibile di cui stavo godendo alla grande. Non facevo altro che passare da un paio di tette all’altro in preda all’estasi più frenetica. ‘ ‘peccato’ ‘ piagnucolò Alessia ‘ ‘di tutte le tette, le mie sono quelle che guarda di meno!’ Ed era vero, ma non potevo esimermi dal guardare un po’ di più quella perfezione della natura che erano le tette di Martina e di Mariella. ‘ ‘Se proprio vuoi che sbavi per te, allora dovresti mostrargli quel culone che ti ritrovi’ ‘ le disse Martina ‘ ‘In facoltà non perde occasione per sgamartelo ogni volta che ti pieghi’ ‘ ‘Dici?’ ‘ chiese Alessia fingendosi sorpresa e nel farlo riprese la posizione di lato che aveva assunto nella sauna. Immediatamente non potei esimermi da squadrarle quel bel culetto a mandolino che si ritrovava. ‘ ‘A quanto pare avevi ragione tu, gli piace proprio il mio sedere! Non &egrave vero?’ ‘ ‘Sì’ – balbettai in preda alla confusione. – ‘Oh il poverino’ ‘ continuò Alessandra Melliflua mentre con la mano cominciava ad accarezzarsi le cosce non disdegnando di passare le dita anche nel solco tra le natiche ‘ ‘Ragazze credo proprio che tutto questo calore cominci a dargli un po’ alla testa’ forse &egrave meglio se usciamo da qui!’ ‘ ‘Sì sì’ ‘ le fecero eco le altre due ‘ ‘Hai proprio ragione! &egrave arrivato il momento di uscire!’ ‘ e indossando nuovamente l’accappatoio, senza mostrare la minima intenzione di rimettersi il pezzo di sopra, uscirono l’una dopo l’altra sculettando sensuali. Io non sapendo che pesci pigliare e non osavo alzarmi dato che al posto del pene ormai mi ritrovavo un’alabarda spaziale. Fu Alessia a convincermi ad uscire ‘ ‘Tranquillo’ ‘ mi disse facendo capolino da dietro la porta di legno ‘ ‘In giro non c’&egrave più nessuno. Puoi uscire anche così, nelle tue condizioni!’ ‘ e accennando un sorriso si dileguò. ‘Nelle mie condizioni?’ Allora mi stavano guardando anche loro’ Che porcelline ‘ pensai ‘ E allora non ho proprio niente da nascondere, e risoluto, senza neanche indossare l’accappatoio, uscii dal bagno turco per raggiungerle alle docce emozionali. Le trovai tutte e tre intente con molta disinvoltura a lavarsi in topless, non curandosi minimamente della mia presenza. Così pensai di fare lo stesso lasciando che lo scroscio d’acqua acquietasse i miei sensi. Dopo la doccia e il percorso Kneipp, fu il momento della vasca idromassaggio. Ci ritrovammo tutti e quattro in una piccola tinozza, tanto piccola che volenti o nolenti eravamo costretti a sfiorarci con le gambe. Il livello dell’acqua era tale che il ribollir spumoso dell’idromassaggio mal celava le forme delle mie compagne.
‘Questo sì che &egrave relax’ ‘ esclamò Mariella stiracchiandosi mentre i suoi capezzoli facevano capolino fuori dall’acqua. ‘Eh già’ ‘ le fece eco Martina ‘ ‘questo idromassaggio &egrave fantastico, non trovate?’ ‘ ‘Non potrai mai capire quanto lo possa essere finché non farai una cosa’ ‘ la inforcò Alessia saccente ‘ ‘Che cosa?’ ‘ le chiesero in coro le altre due ‘ ‘Una cosa che ho provato l’anno scorso in vacanza con il mio ragazzo. Provate a poggiere la vostra fessurina su uno degli augelli; vi assicuro che &egrave meglio di un cunnilingus’ ‘ ‘Davvero? Sono proprio curiosa di provare com’&egrave!’ ‘ disse Martina che per nulla indispettita sì slacciò i nodini dello slip e dopo averlo sfilato si posizionò su un grosso bocchettone dell’idromassaggio. Peccato che tutte quelle bolle intorbidissero l’acqua, sarebbe stato sicuramente uno spettacolo guardare le labbra della sua fica essere mosse dal frenetico getto di acqua dell’ugello. Martina cominciò ad ansimare, via via meno sommessamente, finché reggendosi a me ed a Mariella non irruppe in un orgasmo liberatorio. Adesso davvero non ne potevo più, rischiavo di impazzire. Subito dopo vidi Mariella, subito seguita da Alessia, fare la stessa cosa che aveva fatto Martina, solo che questa volta lo fecero con la precisa intenzione di farmi vedere la precisione con cui le loro fighette erano state rasate. Quella di Alessia aveva un ciuffo di peli un po’ più largo, mentre quella di Mariella ne possedeva uno sottilissimo ma allo stesso tempo molto scuro. In un attimo erano anche loro sopra l’incessante flusso degli ugelli, che gemevano impazzite in preda all’estasi più profonda. Ad un tratto avvertii una mano giochicchiare con l’elastico del mio costume. All’inizio pensai si trattasse di uno scherzo, ma ben presto mi accorsi che un’altra mano, ben più audace, si era intrufolata all’interno e saggiava la consistenza del mio cazzo. Le tre ragazze invece continuavano ad avere orgasmi a ripetizione ed anche io, dopo un paio di manate ben assestate, ero bello che venuto. Mi sorpresi di quanto poco fossi durato; ma erano quasi un’ora che quelle tre non facevano altro che stuzzicarmi e non potevo pretendere di più dal mio cazzo. Giusto il tempo di uscire ed infilare gli accappatoi che la ragazza che prima ci aveva fatto visitare il centro, ci chiamò dicendoci che, dato che il nostro turno era finito, quattro tazze di tisana fumante ci stavano aspettando nella sala relax. Pensavo che ormai quella giornata sarebbe terminata così. Ma mi sbagliavo.
La doccia

La sala relax consisteva in un’enorme camera dalle pareti circolari al cui centro era stato disposto uno di quei caminetti moderni senza pareti laterali; tutte intorno, come si fa a campeggio, erano disposte le sdraio su cui avremmo gustato la tisana, che ci attendeva calda e fumante sui piccoli mobiletti che erano disposti tra le sdraio. Alessia fu la prima a stendersi, subito seguita da Mariella e Martina. Come vi ho già detto gli accappatoi erano tutto fuorché discreti, e in quella posizione avevo visione completa delle loro parti intime. Non che le mie amiche facessero qualcosa per coprirsi, anzi, ad un certo punto, dopo aver controllato che non venisse nessuno, vidi Alessia voltarsi a pancia in giù sulla sdraio, donandomi una visione del suo culetto ineguagliabile. Inutile ammettere che anche le altre non fossero da meno; era tutto un susseguirsi di accavallamenti di gambe per darmi modo di poter sbirciare le loro patatine. Quella di Martina, l’unica che non avevo ancora visto, era coperta da un fitto cespuglio di peletti ricci che però nulla toglieva alla perfezione di quella visione. Come al solito il mio amico tornò a farsi sentire e non ebbi nemmeno bisogno di farlo notare che subito tre paia di sguardi languidi erano già rivolti nella sua direzione. Era come se stessimo tutti conducendo un tacito gioco, strano ed eccitante; in cui nessuno osava spingersi oltre. Infine, una volta terminata di trangugiare quella tisana, ci incamminammo silenziosamente verso gli spogliatoi, ognuno diretto al proprio. Rapido mi levai il costume ancora fradicio d’acqua (e non solo) e mi fiondai sotto la doccia, lasciando che il sapone del bagnoschiuma e l’acqua calda carezzassero il mio corpo ancora una volta. Lesta la mia mano aveva già sapientemente agguantato il mio arnese. Pronta a darmi quel piacere di cui a quanto pare non ero ancora sazio. Ero proprio convinto che quella storia stesse per finire così quando sentii qualcuno far scattare sommessamente la serratura della porta. Mi voltai, ed ecco che me le ritrovai ancora una volta tutte e tre d’avanti. Era stata Alessia a far scattare la serratura ed ora la chiave giaceva tra le sue mani. Ma ancora per poco. Con sguardo languido, fissando il mio arnese duro come la pietra, portò quel lucido pezzo di metallo alla bocca cominciando a leccarne la punta con impagabile maestria. Martina e Mariella intanto avevano deciso di lasciar cadere a terra i loro accappatoi e di seguirmi sotto il getto caldo della doccia. Sentivo le loro mani accarezzarmi dappertutto, tastare quel mio costume adamitico come fosse una terra selvaggia da esplorare. In men che non si dica una delle due, Martina, era già china sul mio cazzo, intenta a stimolarne la punta con la lingua. Mariella intanto aveva affondato la sua lingua nella mia gola, mentre, finalmente, mi permetteva di toccarle quei due superbi meloni. Dopo essermi staccato dal suo bacio, la vidi raggiungere in ginocchio le altre due che erano intente a farmi un pompino a due bocche. Ora sentivo distintamente la bocca di Martina e Alessia percorrere tutta la lunghezza dell’asta, mentre la lingua di Mariella continuava a stimolare il glande con colpi ben assestati. Sorridendo tra loro cominciarono a passarselo come fosse un gelato; un gelato che succhiarono avidamente. ‘ ‘Credo che questo te lo sia proprio meritato’ – mi disse Mariella che lesta si infilò il mio cazzo tra le tette burrose cominciando una memorabile spagnola. Cavolo che goduria, questa era meglio anche di quella che mi aveva fatto Monica! Intanto io cominciai a penetrare le fighette delle altre due, che non si fecero pregare più di tanto per farsi infilare un paio di dita dentro. Credo che Martina fosse quella più eccitata di tutte, perché le bastò poco per raggiungere un orgasmo che la sconquasso tutta. Alessia invece resisteva ancora, ne voleva di più.

In un attimo mi ritrovai sul pavimento della doccia, con il cazzo infilato nella figa di Alessia, che non aspettava di meglio per dimenarsi come un ossessa. Mi sarebbe piaciuto vederla ma la mia testa era letteralmente scomparsa tra le cosce di Mariella, che mi implorava con voce roca di brucare il suo prezioso fiore. Con le mani mi tratteneva il viso fisso sulla sua patatina, che bollente e arrossata non chiedeva altro che di essere leccata. Affondai la lingua in quel paradiso fradicio di umori e leccai come meglio potevo, ringalluzzito dai mugolii di piacere emessi dalle mie amanti. Ad un tratto Alessia si alzò, lasciandomi una sensazione di freddo che fu subito interrotta dall’ingresso nella fica di Martina. Anche lei pretendeva la sua dose di me e le altre accondiscendevano complici. Intanto Alessia si era impossessata di una delle mie mani e se l’era portata alle grandi labbra, affinché finissi quello che avevo cominciato. Ma non c’era modo di farla venire. Solo dopo che sia Martina che Mariella ebbero avuto la loro dose di piacere, fui libero di alzarmi di nuovo in piedi e di stringere Alessia a me. ‘Sai cosa voglio da te’ ‘ le sussurrai deciso all’orecchio’. E lei, come se avesse intuito sin da subito le mie intenzioni, fu subito pronta a mettersi a quattro zampe; mostrandomi quel suo culo da paura che tante volte avrei desiderato scopare. Adesso era giunta la mia occasione. Dopo essermelo fatto leccare a lucido da Mariella e Martina, affondai senza remore il mio cazzo nel suo culo. Ed ecco finalmente il paradiso. Era caldo e stretto; non doveva averlo concesso molto al suo ragazzo. Affondarlo sempre più dentro di lei era qualcosa di impareggiabile, qualcosa che scoprii di desiderare da quando l’avevo conosciuta e che finalmente avevo ottenuto. Lei dal canto suo non faceva che gemere di piacere, mentre era intenta a passare con la lingua, ora sui capezzoli di Martina, ora su quelli di Mariella. Ed eccolo lì. Stavo per raggiungere l’orgasmo. Ma non volevo far torto a nessuna delle tre e, dopo essermi sfilato dal culo di Alessia, che ora era completamente dilatato, cominciai a sborrare su tutte e tre: sul culo di Alessia, sulle tette di Mariella e sul viso e i capelli di Martina; finalmente mi ero svuotato.

Finimmo quel nostro incontro con un’altra doccia insieme, l’ennesima, e dopo esserci asciugati e rivestiti ci demmo appuntamento in facoltà, con la promessa che prima o poi l’avremmo rifatto.
Quella del centro benessere &egrave stata la mia prima esperienza sessuale che coinvolgesse più di una persona, ma debbo ammettere che non fu la sola; anche se l’altra non saprei come definirla. Ma procediamo per gradi. Dopo quella volta i contatti con quel terzetto di troiette si fecero sempre più fievoli, finché non ci perdemmo di vista, ognuno preso dalle vicissitudini della propria vita. Mi laureai senza andare fuori corso, il che per me fu già un grosso traguardo. Subito dopo feci domanda per il dottorato di ricerca presso l’università; e con mio sommo piacere la domanda fu accolta. Ma questo mio nuovo lavoro da ricercatore mi costringeva a passare ancora qualche anno lontano da casa. Di restare in quell’appartamento dopo che era stato letteralmente sommerso da una truppa di matricole non mi sembrava proprio il caso. Così mi misi in cerca di un nuovo alloggio che soddisfacesse i miei bisogni di giovane ricercatore neolaureato. Passò più di un mese prima che riuscissi a trovare un buco dove non dovessi condividere il bagno con cinque o sei ragazzetti freschi del liceo. Il padrone di casa fu molto cortese, il fatto poi che vivesse anch’egli in quell’appartamento e che avesse deciso di affittare una delle camere da letto per arrotondare mi stava più che bene, per lo meno avrebbe avuto cura anche lui della pulizia delle parti comuni visto che ne era il proprietario. Fu così che mi trasferii nel mio nuovo alloggio. La camera era più grande della precedente ed era provvista, oltre che del letto, come logico che sia, anche di un armadio molto capiente, un tavolo, un comodino e una piccola libreria, dove subito presero posto i libri che hanno accompagnato lo studio di tutti i miei esami; nonché qualche romanzo. Per le prime settimane con Alfredo, il proprietario, ci vedemmo solo per pochi minuti, presi entrambi dalla nostra vita lavorativa. Di solito l’unico momento in cui scambiavamo qualche parola l’un l’altro era durante la colazione e qualche volta prima di andare a letto. Anche il sabato e la domenica la passavamo conducendo due vite parallele, senza interferire l’uno nella quotidianità dell’altro. Ma un sabato pomeriggio, rincasando un po’ prima del solito, udii dei rumori inconfondibili provenire da camera sua. Mi diressi defilato in camera mia, cercando di fare il minor rumore possibile e chiusi la porta alle mie spalle. Stavo quasi per mettermi a lavorare ad un progetto al pc quando qualcuno bussò alla mia porta. Era Alfredo, e dal tono imbarazzato della sua voce, doveva aver intuito che avevo sentito tutto. – Ah Alex, sei rientrato prima! ‘ mi chiese con voce carica d’imbarazzo – Sì Al, scusa se non ti ho salutato prima ma non ti volevo disturbare’ – Ah allora hai sentito’ – Sentito cosa? – dissi io fingendo di non capire per non metterlo ancor di più in imbarazzo. ‘ Avevo Ie auricolari dell’I-pod agli orecchi quando sono entrato. Francamente pensavo non ci fossi, poi ho visto della luce filtrare da sotto la porta di camera tua e mi sono detto che probabilmente ti stavi cambiando e che non volevi essere disturbato, mi sono messo a lavorare’ e la cosa mi &egrave sfuggita di mente! ‘ Mentii spudoratamente, ma lo sguardo risollevato che mi rivolse mi ripagò di quella frottola appena inventata. Da dietro la porta, intanto, fece capolino una folta chioma spettinata. Vidi il volto di Alfredo avvampare ancor più di prima, semmai potesse essere possibile. Sotto quell’ammasso di capelli neri un paio di occhi vivaci mi osservavano incuriositi. Indossava solo una camicia blu di lucidissima seta, e a giudicare da come le calzava doveva sicuramente essere di Alfredo. Lasciava nude quelle sue belle gambe lisce e rosee, cascando morbida sui fianchi, ma lasciando comunque intuire le forme prosperose del suo seno generoso. Ciao ‘ mi disse ‘ io mi chiamo Chiara! ‘ Alessandro ‘ le risposi io deglutendo a fatica e non lesinandole una bella e profonda occhiata. ‘ Allora tu sei il coinquilino di Alfy! Che scema, avrei dovuto intuirlo sin da subito; chi altri avrebbe potuto avere le chiavi dell’appartamento! Molto piacere ‘ Il piacere e tutto mio! – le dissi baciandole la mano ‘ Alfy! non mi avevi detto che il tuo coinquilino era un perfetto gentiluomo! ‘ disse appoggiandosi alla spalla di Alfredo ‘ Sono Incantata! ‘ riprese civettuola. ‘ Beh ora che le presentazioni sono fatte, lasciamo Alex ai suoi impegni! ‘ Lieta di averti conosciuta’ Alessandro ‘ Alex- dissi io ‘ I miei amici mi chiamano Alex. ‘ Allora a dopo Alex. ‘ A dopo? ‘ chiesi io frastornato ad Alfredo ‘ Sì Chiara da oggi dorme qui da noi, in camera mia. Spero che per te non sia un problema! ‘ mi rispose Alfredo con un tono che non ammetteva obbiezioni ‘ No no, per me va benissimo ‘ risposi io lanciando impunemente un’altra occhiata fulminea al posteriore di Chiara che, da quel che intravedevo da sotto la stoffa della camicia, doveva essere bello sodo e ben proporzionato. ‘ Allora a dopo! ‘ Ripresi io ‘ Tempo di finire di dare una sistemata a questi grafici di produzione e mi metto ai fornelli per la cena! ‘ Ma no, non preoccuparti ‘ disse Chiara ‘ Alla cena ci penso io! Ai fornelli sono una maga! ‘ La mia Chiara &egrave una cuoca provetta! ‘ Aggiunse Alfredo ‘ Non lo metto in dubbio ‘ aggiunsi io senza sapere bene cosa rispondere e pensando intanto alle grida sommesse che avevo udito poco prima. Come i due uscirono da camera mia ne approfittai per andarci giù pensante col lavoro, staccandomi dal pc soltanto verso le otto; dopo aver udito la voce squillante di Chiara gridare: ‘A tavola!’. In cucina mi aspettava un profumino che mi mise subito l’acquolina in bocca, ma non solo quello’

La cucina del nostro appartamento non eccelleva certo per le sue dimensioni che, anzi erano talmente scarse che a stento c’entravano un tavolo e quattro sedie, un vecchio cassettone in cui riponevamo i pacchi della pasta, qualche pensile strapieno di cibarie e il frigo; pieno zeppo anch’esso. In un piccolo vano, una specie di buco nella parete, prendevano posto il lavandino e la vecchia cucina in acciaio a quattro fuochi, dotata di forno, dove stava cuocendo sommessamente qualcosa che sprigionava un profumo paradisiaco. Non appena entrai ne fui inebriato. Il mio stomaco mi fece subito presente di quanto fossi realmente affamato quella sera, ma più del profumo e della fame qualcos’altro sconvolse i miei sensi: Chiara. Indossava ancora la camicia di seta di Alfredo, su cui aveva posto un vecchio grembiule da cucina che per lo meno la copriva un po’ di più; ma solo sul davanti da come potei costatare. Infatti, per controllare la cottura, fu ‘costretta’ a piegarsi verso il forno, chissà poi se non lo facesse a posta per stuzzicarmi, confutando ogni mio dubbio sul fatto che indossasse o meno biancheria intima. La visione di quel suo culetto mozzafiato mi mandò su di giri. Chiara con la scusa di guadare meglio si piegò in avanti, permettendomi una visione completa di quella sua bella fica bruna, sormontata da un boschetto ben curato. – Ancora un po’ e sarà cotto a puntino ‘ mi disse ‘ Non c’&egrave fretta ‘ le risposi. Lei si voltò a guardarmi. Ora sapeva sicuramente che anch’io la guardavo. L’aria si fece elettrica. Sentii il cazzo pulsare e gonfiarsi sotto i jeans. Lo sguardo che mi mandò era inequivocabile. Allora l’aveva fatto apposta a farsi trovare in quel modo; quasi quasi’

Ma poi udii il suono dei passi di Alfredo che si dirigeva in cucina. Mi resi conto di quanto fossi ridicolo. Come potevo fargli questo? Non dovevo ragionare solo col cazzo o sicuramente avrei mandato tutto a puttane. Alfredo entrò in cucina. Chiara fece appena in tempo a rialzarsi per non fargli intuire nulla, Ma non mi risparmiò un occhiolino, subito seguito da un sorriso malizioso. Cenammo, non so neanch’io come feci a concentrarmi su qualcos’altro per tutta la durata della cena; tanto che lo stesso Alfredo mi chiese come mai fossi così taciturno. ‘Problemi con la ricerca’ gli dissi, ma stavolta non se la bevve, lo capii dallo sguardo che mi rivolse. Cazzo ‘ pensai ‘ qui va a finire male. Poi per fortuna Chiara cominciò a parlare con lui del più e del meno ed io potei terminare di cenare e ritirarmi in camera mia con la scusa della stanchezza. Quella notte non dormii, non come ero solito fare almeno; non facevo altro che girarmi e rigirarmi nel letto finché, alla fine, verso le cinque e mezza circa, non caddi finalmente preda di un sonno ristoratore. Mi risvegliai verso le dieci del mattino. Per fortuna quello era il mio giorno libero quindi non avrei dovuto inventare scuse per un eventuale ritardo a lavoro. In casa aleggiava un silenzio surreale quindi, pensando di essere solo, mi diressi direttamente in bagno per una doccia veloce con cui avevo tutta l’intenzione di cominciare la giornata. La porta era socchiusa, segno che era libero. Da tempo, infatti, con Alfredo avevamo escogitato un sistema infallibile: se la porta era chiusa allora voleva dire che il bagno era occupato dall’altro; altrimenti era libero. Stavo quasi per entrare quando udii un rumore di acqua corrente provenire sicuramente dalla doccia. Fui tentato di dare una sbirciatina dentro e magari ritrovarmi a guardare Chiara che si insaponava quel magnifico corpo da modella che si ritrovava, ma la paura di ritrovarmi a guardare Alfredo mentre si lavava il culo peloso fu più che sufficiente per farmi desistere. A malincuore mi diressi in cucina per fare colazione. Tempo di preparare il caff&egrave che udii dei piccoli passi avvicinarsi. Era lei, Chiara, indossava solo un grosso asciugamani bianco, di quelli che avevo sistemato in bagno la sera prima, che le lasciava nude quelle belle gambe lisce che si ritrovava. Ciao Ale, scusa se ti disturbo ‘ Ciao. Ma quale disturbo. Dimmi tutto! ‘ Non &egrave che avresti un Phon da prestarmi? Il mio si &egrave rotto. Ho controllato quello di Alfredo ma non &egrave compatibile con il diffusore’ ‘ Tranquilla. Lo trovi nel cassetto di destra del mobile del bagno. Spero che vada bene ‘ Grazie mille. E scusa se ho usato uno dei tuoi asciugamani. Devo ancora portare i miei. ‘ Non preoccuparti ‘ le dissi ‘ sono lì a posta per essere usati. E detto questo si voltò per tornare in bagno sculettando suadente. Non nascondo che avrei voluto strapparglielo di dosso quell’asciugamani di spugna, allargarle le gambe oscenamente, penetrarla con il cazzo gonfio e paonazzo che mi ritrovavo in quel momento e possederla proprio lì, sul freddo legno del tavolo in cucina. L’avrei sbattuta così come si meritava, e magari l’avrei anche voltata per prenderla alla pecorina. Ma desistetti. Alfredo sarebbe potuto rincasare da un momento all’altro e poi ero davvero sicuro che lei sarebbe stato d’accordo? Dopotutto non ero neanche sicuro che mi stesse stuzzicando. Ed anche se fosse, chi o cosa mi avrebbero dato la certezza che da quel semplice gioco malizioso poteva trasformarsi in altro? Mentre pensavo tutto questo lei aveva già finto di asciugarsi i capelli ed era tornata in cucina indossando una piccola minigonna a balze e una magliettina sottile sottile da cui si intravedevano le coppe del reggiseno. Portava con se il ‘corpo del reato’ che appoggiò sulla spalliera di una sedia. ‘ Questo ‘ disse ‘ Lo lascio qui così tra poco carico la lavatrice ‘ ma non serve fare una lavatrice solo per un asciugamani! ‘ l’incalzai io ‘ In realtà ho anche altre cose da lavare e pensavo di far fare un ciclo di ‘bianchi; anzi ‘ aggiunse lei ‘ se vuoi posso lavare anche qualcosa di tuo visto che sto! ‘ Sono a posto così, grazie, – dissi io ‘ proprio ieri ho approfittato della mattinata libera per fare il mio bucato! A proposito, Alfredo ti ha già spiegato come funziona la lavatrice? ‘ No ‘ rispose lei ‘ ma credo che riuscirò a cavarmela lo stesso! Dopotutto &egrave solo una lavatrice! ‘
Solo una lavatrice’ – pensai ‘ quello che non sapeva Chiara era che quell’elettrodomestico che io e Alfredo avevamo scherzosamente chiamato ‘ Betzi – la bestia di satana’ aveva una particolare predilezione per i nostri indumenti; li divorava impunemente facendoli letteralmente a brandelli se non si impostava il programma giusto e, dato che i vecchi proprietari da cui Alfredo l’aveva comprata, avevano avuto la felice idea di tirar via l’adesivo con le istruzioni, bastava poco per sbagliare programma e rimetterci magari un paio di calzini o una camicia. ‘ Facciamo così ‘ le dissi ‘ porta qui quello che devi lavare che ti spiego io come fare la prima volta! ‘ Va bene – disse lei imperterrita ‘ torno subito. Essendo un appartamento minuscolo, anche la mostruosa Betzi si era dovuta accontentare di un minuscolo spazio vitale in un angolo in cucina, accanto alla finestra che dava sul balcone. Lavare i panni in cucina &egrave proprio pratico, lo riconosco, ma si sa che negli appartamenti universitari non si va molto per il sottile per certe cose. Chiara ritornò con la sua piccola montagna di indumenti bianchi, tra cui spiccavano un paio di tanga semitrasparenti. Credo che si fosse accorta che li avevo notati. Chissà poi se non lo aveva fatto apposta, a metterli così in bella vista, proprio per farmeli guardare. ‘ Se ti piacciono ne ho anche di altri colori! ‘ Mi incalzò li ‘ Come scusa? ‘ bofonchiai io arrossendo come un peperone ‘ Le mie mutandine ‘ suggerì lei – Ne ho anche di altri colori. ‘ Non lo metto in dubbio ‘ dissi io non sapendo cos’altro risponderle ‘ Mi sembrava che fossi interessato a saperlo così te l’ho detto – Concluse lei. Mi ammutolii, lo sguardo conturbante che ci scambiammo mi tolse il fiato. Adesso avevo davvero bisogno di quella doccia; ghiacciata magari. ‘ Per i bianchi fai fare uno scatto alla manopola grande – le spiegai- Premi il primo tasto da destra due volte e infine il secondo tre volte. La manopola decide il programma, il primo tasto la velocità della centrifuga e il secondo la temperatura. Il terzo tasto serve solo a segnalare il ‘mezzo carico’ ‘ conclusi ‘ E per i colorati? ‘ mi incalzò lei chinandosi verso di me e appoggiandosi sul tavolo come fanno i gatti. ‘ Per i colorati fai fare tre scatti a destra alla manopola, primo tasto tre volte e secondo una volta sola. ‘ E per gli indumenti delicati? ‘ disse lei chinandosi ancora un po’. Il lembo della gonnellina a balze era lì lì per cedere e lasciare nudo quello spettacolo di culetto che si ritrovava. – I delicati conviene farli a mano ‘ precisai io ‘ il detersivo lo trovi sotto il lavello accanto allo sgrassatore per i piatti. – &egrave sempre così ‘ aggiunse lei ‘ le cose migliori bisogna sempre farle a mano’ – Eccola lì. E adesso neppure tutto il mar glaciale artico me l’avrebbero fatto ammosciare. Abbozzai un sorriso sghembo. ‘ Beh visto che ti &egrave tutto chiaro ‘ dissi – adesso vado a fare una doccia anch’io. Ci vediamo dopo! – Ci vediamo dopo ‘ rispose lei con quegli occhioni da cerbiatta che mi facevano andare il sangue al cervello. E non solo lì.
Ero già in bagno a spogliarmi pregustandomi il segone da paura che mi sarei sparato sotto la doccia, quando la sentii chiamarmi. Non avevo voglia di indossare di nuovo gli stessi indumenti quindi, accomodato alla ben e meglio un grosso asciugamani bianco alla vita, simile a quello che aveva usato lei, ritornai in cucina da Chiara per vedere che cosa non andasse. ‘ Chiara mi hai chiamato? ‘ Sì Ale ‘ disse lei che era vicino alla lavatrice e mi dava le spalle ‘ Questa stronza non vuole partire – Capii subito quale fosse il problema ‘ Scusa Chiara, ma come un idiota mi sono dimenticato di collegarla alla presa elettrica! ‘ Ah Ecco spiegato il mistero ‘ stavo per uscire matta; pensavo di averla rotta ‘ Non ti preoccupare ‘ l’incalzai io avvicinandomi a prendere il cavo. ‘ Adesso sistemiamo tutto. ‘ Si fa per dire. La presa si trovava proprio sul muro dietro la lavatrice, ma per avvicinarmi avrei dovuto allungarmi su Chiara che era rimasta ancora lì dov’era dandomi le spalle. E se la stronzetta l’avesse fatto apposta? Dopotutto anche un deficiente sa che la lavatrice non funziona se non &egrave attaccata alla corrente elettrica. Feci buon viso a cattivo gioco e allungandomi più che potessi, senza sporgermi su di lei, tentai di attaccare il cavo alla presa. Ma invano. La presa era troppo distante per riuscire ad arrivarci. Tentai di allungarmi ancora un po’ ma nel farlo persi l’equilibrio e, mio malgrado, la urtai col bacino. Che sensazione paradisiaca. Il contatto non durò che qualche secondo, ma ebbi tutto il tempo di sentire, attraverso la spessa stoffa dell’asciugamani, il contatto tra il mio cazzo e quel tripudio di femminilità che era il suo culo. ‘ Scusa tanto ‘ le dissi io sinceramente imbarazzato ‘ Scusami tu! ‘ disse lei ‘ dopotutto &egrave solo per le mie mutandine che fai tutto questo ‘ Non volevo’ scusami ancora- dissi io paonazzo dalla vergogna – Ma che cosa hai capito, parlo di quelle nel cestello! – disse lei sardonica ‘ adesso non le indosso neppure! ‘ Non potevo resistere oltre. Con uno scatto felino infilai il cavo nella presa e di corsa mi fiondai nella doccia, maledicendo me stesso per non aver inculato quella stronzetta seduta stante. A quel punto sentii Alfredo rincasare. Forse il fato quel giorno aveva davvero voluto essere indulgente con me. Ma non sapevo ancora che cosa mi aspettasse.
La sega che mi sparai sotto la doccia fu una delle più corte della mia vita. Mi bastarono due menate per venire come un vulcano islandese. Ma non ero ancora sazio. Sentivo distintamente Alfredo discutere del più e del meno con quello schianto di fidanzata che si ritrovava. Feci scorrere copiosamente l’acqua calda sul capo. Chissà che quel getto rilassante avrebbe mai lavato via la voglia che quella troietta strafiga mi aveva lasciato addosso. E devo ammettere che, per un po’ di tempo, l’acqua fece il suo dovere. Uscii da quella doccia più rilassato, ma di certo non meno eccitato. Mi rifugiai in camera mia. Pensai che un’altra sega davanti a un bel video porno sarebbe stata l’ideale per calmare la mia fame di figa. Ma non feci in tempo ad accendere il pc che qualcuno bussò alla mia porta. ‘ Ale vedi che tra poco si mangia. ‘ La voce di Alfredo mi sembrò più distante di quanto non fosse. ‘ Si Al arrivo subito. ‘ Fa con calma. – Si pranzava? Di già? Ma quanto cazzo c’ero stato sotto quella doccia? Mi vesti in men che non si dica, prendendo la prima cosa che trovai nell’armadio; in questo caso un paio di pantaloni di tuta neri e una vecchia felpa sgualcita. Vestiti comodi per stare in casa a gustare il ‘pranzo della domenica’. Ancora non sapevo quali ‘pietanze’ mi sarebbero state servite. Entrando in cucina trovai Alfredo che sedeva già a tavola e guardava distrattamente la tv, mentre Chiara si dibatteva ancora tra mestoli e cucchiai. Per cucinare Chiara era costretta a darmi le spalle. Non che mi lamentassi; guardarle il culo era diventato il mio sport preferito ormai. Così mentre il mio coinquilino si interessava al telegiornale io sfacciatamente mangiavo con gli occhi il sedere della sua ragazza, cercando di non perdere neppure un’occasione per guardarle in mezzo alle gambe. Non che lei si lamentasse. Anzi. Dopotutto era stata proprio lei a dirmi che sotto quella minigonna a balze, striminzita, non indossava nulla. L’unica cosa che mi preoccupava era che Alfredo potesse accorgersene, ma era così distratto dalla tv che non correvo alcun pericolo. Per Chiara poi, ogni occasione era buona per sculettare o sporgersi leggermente in avanti in modo che la gonna salisse ancora un po’ e rendesse visibile la parte bassa dei suoi glutei. Ma ancora non ero riuscito ad avere una visione completa della sua passera. Nemmeno di sfuggita. La vedevo voltarsi a guardarmi come se fosse stata trovata con le mani nel barattolo della marmellata. Ma fu quando si voltò che la porca mi diede il colpo di grazia. Mentre ero in bagno a farmi la doccia lei si era disfatta del reggiseno e, con quella maglietta sottile addosso, l’effetto lo potete ben immaginare quale fosse. Due bei capezzoli, dritti come chiodini, fecero capolino tra le pieghe del tessuto; sembrava quasi dovessero bucarlo per quanto fossero duri. La porca mi guardava, mi guardava e mi sorrideva sorniona, ad un certo punto credo anche di averla vista passarsi velatamente la lingua tra le labbra. Sapevo perfettamente di che cosa avesse voglia quella puttanella; ma mi ero dato una regola: guardare e non toccare!
Il telegiornale finì col suo solito jingle e con esso anche lo spettacolo che quel gran pezzo di gnocca aveva inscenato per me, o almeno così pensavo. Alfredo, non più distratto dalla tv, intavolò con me una discussione sulla politica e sullo sport; argomenti in cui di solito mi destreggio egregiamente, ma i miei occhi erano costantemente distratti da Chiara che, dietro le spalle del fidanzato, aveva ben pensato di asciugarsi il sudore che le imperlinava il decolté con uno strofinaccio. Cominciai a deglutire pesantemente. Allo stesso tempo non dovevo dare modo ad Alfredo di accorgersi di nulla. ‘ Che caldo che fa! ‘ sbottò subito lei ‘ Sono tutta bagnata di sudore! ‘ Forse ti farà caldo perché sei vicina ai fornelli, ma qui dove stiamo noi si sta bene ‘ le rispose il fidanzato ‘ Ma Chiara, imperterrita, aveva decisamente deciso che quel giorno mi avrebbe fatto impazzire. Voltandosi verso i fornelli e lasciando a me una perfetta visione delle sue ‘spalle’, la troietta cominciò a sventolare la gonnella sul davanti, come per mandarsi aria fresca direttamente sulla patata. Sentivo il cazzo spingere sulla stoffa dei jeans; mi faceva male per quanto fosse duro. Ma non dovevo farmi scoprire da Alfredo. Assolutamente. Anche se mi sentivo in colpa per come, con poco riguardo nei suoi confronti, stessi guardando in mezzo alle gambe della sua ragazza. Per fortuna la pasta era pronta, quindi adesso non mi restava che pranzare in santa pace e poi sarei stato libero di congedarmi. Per tutta la durata del pranzo, non degnai Chiara di uno sguardo. Ero stato già abbastanza fortunato per i miei gusti. Non appena finimmo di pranzare, Alfredo disse di approfittare della domenica per andare a fare una pennichella. Chiara invece disse che avrebbe lavato i piatti e si sarebbe subito fiondata sotto la doccia. E nel dirlo mi lanciò uno sguardo inequivocabile. Ma se l’occasione fa l’uomo ladro e pur vero che ci si può sempre divincolare da certi inghippi. Sicuramente qualcun altro al posto mio avrebbe smaniato per entrare nella doccia con lei o per darle una ‘mano’ in cucina. Ma io mi sentivo un peso sullo stomaco; un peso chiamato Alfredo. Non potevo rovinare mesi e mesi di buona amicizia solo per una trombata. Per questo esitavo.

Più per galanteria che per altro, mi offrii di lavare io stesso i piatti; lasciando Chiara libera di andare a farsi la doccia. Lei subito ne approfittò per chiedere sottovoce al fidanzato se avesse voglia di seguirla. Lo spettacolino di prima non doveva aver eccitato solo me. Ma quel rincoglionito del mio proprietario di casa disse di essere stanco e di voler andare a riposarsi, lasciando quel monumento alla troiaggine sola e con una voglia da assatanata. Io, per non cadere in tentazione, subito mi voltai a fare i piatti, lasciando Chiara con l’amaro della sconfitta in bocca. Anche se vi giuro che in quel momento avrei tanto voluto prenderla e metterla sul tavolo, e tra piatti, bicchieri e posate, sbattermela per bene come se non ci fosse più un domani. Come se non fossimo Alessandro e Chiara e non ci fosse alcun Alfredo. Come due amanti presi dalla foga della passione il cui unico intento &egrave quello di darsi piacere a vicenda. Chiara lentamente uscì dalla cucina. Non so se andò subito in bagno, ma dopo un po’ che ero lì a disincrostare una padella, sentii scorrere l’acqua della doccia. Cazzo come avrei voluto vederla massaggiarsi quel corpo da dea che si ritrovava. Guardarla insaponarsi dappertutto col bagnoschiuma, massaggiarsi quelle tette scultoree e magari sgrillettarsi, come sicuramente stava facendo, mentre l’acqua della doccia le scorreva lenta sulla pelle. Ad un certo punto fui quasi tentato di intrufolarmi in bagno per realizzare davvero la mia fantasia. Ma desistetti. A denti stretti e col cazzo che mi bruciava per quanto fosse duro, terminai di lavare i piatti e diedi una bella rassettata a tutta la cucina. Avevo quasi terminato di spazzare quando, con la scusa di aver dimenticato lì il cellulare, la vidi entrare in cucina. Un minuscolo asciugamani di spugna, uno di quello che si usano per asciugarsi le mani, le copriva la parte bassa del corpo, lasciando le tette libere di essere ammirate in tutta la loro magnificenza. Non erano eccessivamente grandi ma erano davvero ben proporzionate. Una terza abbondante e rotonda su cui due areole rosa circondavano i capezzoli duri. All’inizio non avendo alzato la terra da terra perché intento a spazzare non ci avevo neppure fatto caso, ma, non appena alzai lo sguardo su di lei, mancò poco che non le saltassi addosso e la facessi mia sul pavimento appena spazzato. ‘ Qualcosa non va? ‘ mi chiese lei sprezzante ‘ No, no, tutto bene! ‘ Non dirmi che sei a disagio perché sono in topless! Se ti dà tanto fastidio posso sempre coprirle’ – Ma no, figurati ‘ dissi io ostentando una disinvoltura che non sapevo neppure dove fosse di casa. ‘ Tanto tra noi’ – disse lei, e poi continuò ‘ per anni ho convissuto in un appartamento con altri coinquilini di entrambi i sessi e non ci siamo mai fatti problemi sul girare nudi per casa’ – Questa tiritera mi ricordò molto la mia prima volta con Monica. Chissà che le due non si conoscessero’ – Ma ti ripeto, se la cosa ti sconvolge posso sempre coprirmi’ – Ma ti pare ‘ dissi io ‘ dopotutto questa &egrave anche casa tua, no? Adesso scusami ma torno in camera a lavorare al progetto che devo presentare tra una settimana. C-ci vediamo dopo! ‘ Quell’ultimo ‘ci vediamo dopo’, vuoi la tensione sessuale alle stelle, vuoi un sincero imbarazzo, quasi lo balbettai. Mi rifugiai in camera come se dietro quella porta vi fosse un covo di serpi, ma il pensiero di quella strafiga di Chiara a pochi passi da me, e con le tette al vento, fu davvero dura da digerire. Mi sentivo come uno di quei monaci medievali che indossavano cilici per penitenza. Non sapevo quanto sarei riuscito a resisterle ancora. Tentai anche di svagarmi concentrandomi sul lavoro, ma più lo facevo e più le curve di rendimento cominciavano ad assomigliare al profilo di quel seno meraviglioso. Ci voleva un’altra sega. Avevo appena cliccato su un sito di video porno quando sentii nuovamente bussare alla porta. ‘ Ale ti disturbo? ‘ era lei ‘ Ti va un caff&egrave? L’ho appena fatto! ‘ Tanto valeva finirla lì. Non sarei mai riuscito a spararmi una sega quel giorno. E di lavorare non se ne parlava proprio, visto lo stato in cui vessavano i miei ormoni. Risposi di sì e, una volta uscito, chiusi pesantemente la porta alle mie spalle; con la consapevolezza che sicuramente non avrei più avuto la forza di resistere all’ennesima tentazione.
Al contrario di quanto pensassi, quello che prendemmo fu solo un banalissimo caff&egrave. Alfredo si era alzato e aveva raggiunto Chiara in cucina. Era stato lui a mandarla a chiedermi se ne volessi un po’, perciò adesso quella troietta era stata costretta a rivestirsi senza avere più modo di potermi stuzzicare. Dopo quell’esperienza non vi furono più occasioni, nei giorni successivi, di passare un po’ di tempo tra noi senza l’ingombrante presenza di Alfredo, anche se devo ammettere che fu un bene. Probabilmente non avrei resistito e sarei finito per scopare quella troietta in tutti i suoi buchi, così come si meritava. Ma si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e proprio quando pensavo di essere ormai diventato immune al fascino di quella sventola, ecco che accade qualcosa che mi lascia semplicemente esterrefatto. Era sabato sera e stavo rincasando dopo una cena con dei vecchi amici di facoltà. La casa era letteralmente avvolta nelle tenebre, se non fosse per un piccolo spiraglio di luce che proveniva dalla porta del soggiorno. Ancora sovrappensiero per la serata in pizzeria, aprii la porta con l’intento di salutare i due piccioncini sicuramente intenti a guardare un film romantico. Ma mi sbagliavo. Lo spettacolo che mi si parò davanti aveva dell’incredibile. Seduto al divano, dandomi le spalle, Alfredo si stava gustando un pompino fatto da quella sventola della sua ragazza, ignaro del fatto che io li stessi guardando. Il mio primo istinto fu quello di richiudere immediatamente la porta, ma il suono sordo dei risucchi di quella bocca vorace, ebbero su di me un effetto ipnotico. Attonito continuavo a guardare quella gran pompinara di Chiara leccare l’asta gonfia del suo ragazzo, alternando alle grosse leccate dei veri e propri soffocotti degni della più esperta delle pornostar. E stavo quasi per andarmene quando la vidi aprire gli occhi e fissarmi. ‘ ecco ‘ pensai ‘ adesso sì che sono nella merda! ‘ Ma non successe nulla di tutto questo. Per nulla indispettita dalla mia presenza quella gran troia, dopo avermi fatto un occhiolino, continuò a succhiare quel pezzo di carne, impalandoselo in gola come se fosse la cosa più naturale al mondo. Cavolo che spettacolo. Non potevo credere ai miei occhi. Ma Alfredo non resistette ancora a lungo. Quindi quando gridò alla ragazza che le avrebbe inondato la gola con la sua ‘sborra calda’, fu per me il momento per congedarmi furtivamente in camera mia. Li sentii gemere ancora per un po’. Dal letto in camera mia potevo sentire gli orgasmi soffocati malamente susseguirsi violenti uno dopo l’altro per un’altra buona mezzora. Poi tutto tacque. Ma non per questo mi fu facile prendere sonno. Ogni volta che chiudevo gli occhi non potevo evitare di sognare Chiara prendere in bocca i cazzi più disparati; ora quello di Alfredo, ora quello di un estraneo. Alla fine prese anche il mio. E lo succhiava proprio come le avevo visto fare con quello di Alfredo. Con la lingua saettava sulla mia cappella stimolandone ora la fessura, ora il frenulo. Dischiudeva quelle soffici labbra intorno al mio cazzo, succhiandolo e baciandolo tutto. Era troppo bello per essere vero.

Fu allora che mi svegliai di soprassalto. Il sudore mi imperlava la fronte. Adesso sì che avevo proprio bisogno di una bella doccia calda. E magari anche di una sega. La sveglia sul comodino segnava le sette e mezza; a quanto pare ero comunque riuscito a dormire. Tempo di prendere la biancheria da un cassetto e mi diressi in bagno. Volevo cominciare quella domenica alla grande. Tempo d far scorrere un po’ l’acqua calda, che già mi ero fiondato sotto quel getto ristoratore pronto a spararmi una sega con la S maiuscola. Ma all’improvviso la porta si apri, e con mia somma sorpresa un’assonnata Chiara mi chiedeva scusa per il disturbo e mi avvisava che avrebbe usufruito del bagno. ‘ Non oserà mica’- Neanche il tempo di pensare quelle parole che quella strafiga di Chiara aveva già messo mani all’elastico dei pantaloni del pigiama e abbassando tutto si era seduta sul water a fare pipì. Non potevo credere ai miei occhi. Era la prima volta che assistevo ad uno spettacolo del genere. Anche perché non sono mai stato un fan del pissing, e mai mi sarei immaginato di assistere dal vivo a una cosa simile. ‘ Certo che con l’arnese che ti ritrovi non ti sarà difficile trovare qualcuna da riempire! ‘ C-come scusa? ‘ Solo allora mi resi conto di quanto trasparente fosse il vetro della doccia e di come la visione del mio cazzo in tiro fosse completamente alla mercé degli occhi di Chiara. Non sapevo che cosa risponderle.
So che molti di voi staranno pensando che al mio posto sarebbero usciti da quel cubicolo e avrebbero dato a quella puttanella quello che tanto anelava. Ma mettetevi un attimo nei miei panni. Uno non può avere questo tipo di prontezza, o di lucidità di pensiero, quando si &egrave appena svegliato. Per un attimo credetti che la cosa sarebbe finita lì, ma subito Chiara rincarò la dose dicendomi ‘ Vedi’ Non c’&egrave nulla di cui vergognarsi. &egrave la natura umana. So benissimo, che per voi maschietti, &egrave del tutto naturale alzarvi in queste condizioni. Non mi dà fastidio. Sapessi quanti cazzi duri ho visto quando convivevo con i miei vecchi coinquilini. ‘ Chissà a quanti sarai stata proprio tu a farli rizzare! ‘ dissi io stupendomi di me stesso. Chiara si ammutolì. Pensai che forse avevo esagerato. Ma subito quella stronzetta mi fece ricredere nuovamente. Infatti appoggiandosi civettuola alla parete di vetro, subito mi sussurrò suadente ‘ Dovresti vedere quanti ne ho scappellato’ e succhiato’ fino all’ultima goccia’ – Dopo ieri sera credo di averne un’idea precisa ‘ dissi io con aria di sfida. ‘ Non ne avevo alcun dubbio! – disse lei stampando un bacio sul vetro della doccia per poi darsi a una fuga repentina. Neanche tutte le seghe del mondo sarebbero bastate adesso.

Finii di lavarmi, ma non di segarmi. Avevo perso ogni speranza ormai. Subito dopo essere uscito mi rifugiai in camera per indossare degli abiti puliti. La scelta ricadde sempre sugli stessi pantaloni di tuta e felpa nera e trasandata. Non avevo alcuna intenzione di uscire e voi potreste ben capire perché. Qualcuno mi chiamava. Era Chiara. Chissà che cosa voleva adesso. Mi recai in cucina. Era lì che armeggiava con il lavandino. – Ale sì &egrave otturato, dammi una mano! – Io di mani te ne darei anche due; e non solo quelle! ‘ pensai, ma non osavo neppure immaginare quale sarebbe stata la sua risposta ad una frase del genere. – Aspetta che gli do un occhiata io! ‘ dissi, e neanche il tempo di prendere un po’ di teflon e una pinza a pappagallo dalla cassetta degli attrezzi, che già mi ritrovai disteso tra le ante del lavello a smontarne il sifone. Si era semplicemente otturato. Nulla di preoccupante. Lo aggiustai nel tempo di cinque minuti. Avevo quasi finito di fissare l’ultimo dado, quando sentii delle dita scorrere lungo il mio petto sino ad intrufolarsi sotto la molla dei miei pantaloni. ‘Chiara ma che fai? ‘ Ti sto dando la tua ricompensa’ tu hai aggiustato il lavandino e ti meriti un bel bocchino! ‘ Suvvia Chiara non scherzare. Va bene stuzzicare, ma adesso stiamo esagerando. E Alfredo? – Lui l’ho già sistemato questa notte’ ma tu questo lo sai già! Non &egrave vero? ‘ Sì ‘ Dimmi ti &egrave piaciuto lo spettacolino? ‘ Intanto la sua mano destra si era già impossessata del mio cazzo, cominciando a segarlo lentamente. ‘ Non volevi esserci tu al suo posto? ‘ Sì ‘ Beh adesso lo sei. E detto questo se lo infilò in bocca. Cazzo era anche meglio di come me l’ero immaginato. Tra noi calò il silenzio, interrotto solo dal suono sordo dei suoi risucchi e dai miei gemiti sommessi. Immediatamente le infilai una mano sotto la stoffa del pigiama, a toccarle la fica. Era fradicia. Decisi di restituirle pan per focaccia, e dopo qualche acrobazia, riuscii a portare la sua patata a portata di lingua, e cominciai a leccarla. Ora era lei che gemeva. Ogni tanto la vedevo sfilarsi il mio cazzo di bocca per riprendere fiato, mentre affondava ancor di più la sua fica, oscenamente aperta, sul mio viso. Non ricordo quanto durò quel 69, ne quanti orgasmi le procurai, ma alla fine coronai il mio sogno; con sommo piacere la feci inginocchiare davanti a me con la bocca spalancata e con una bella e lunga sborrata gliela riempii tutta, facendo cadere anche un paio di gocce su quel suo viso da porcona. Lei naturalmente bevve tutto non lasciando cadere neppure una goccia, e con le dita riporto alla lingua anche lo sperma con cui le avevo imbrattato il viso. Non potete neppure immaginar quanto fosse eccitante guardarla mentre lo faceva. Ma io non ero ancora sazio e si vedeva. Anche Chiara sgranò gli occhi quando vide che il mio cazzo era di nuovo gonfio &egrave pulsante. Dopo tutti questi giorni di astinenza non riuscivo ad accontentarmi della sua bocca, volevo di più.

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