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Racconti Erotici Etero

ALLA FERMATA DEL 116

By 10 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

ALLA FERMATA DEL 116

Da circa dieci minuti, attendevo alla fermata degli autobus di piazza Garibaldi, il mezzo, ideale per salici, ovvero uno abbastanza affollato. La mattina ero uscita di casa con un proposito ben preciso,
farmi toccare, palpare e altro’, su un autobus da sconosciuti, avevo preparato tutto a dovere, vestivo un tailleur rosso, con gonna corta, camicetta bianca e aperta sul petto da far vedere il reggiseno nero, sotto una mutandina di seta, anch’essa nera e infine, le calze autoreggenti che non si notavano da sopra.
Il 116, mi sembrò il mezzo adatto, molto affollato, decisi di salirvi, tra spintoni e gimcane, riuscii
A piazzarmi dentro, sul retro del veicolo, in un angolo morto, cioè dove il traffico dei passeggeri che salivano e scendevano, non mi ostacolavano, e dove di solito si mette chi deve scendere per ultimo. Rivolsi lo sguardo al finestrino, appoggiata con il davanti sulla parete del mezzo in attesa.
Non guardavo gli altri passeggeri il mio sguardo era volutamente assente per loro, facevo finta di guardare fuori, per dar agio a chi lo volesse di appoggiarsi vicino, senza essere visto da me.
Finalmente, dopo un po’, avvertii, un contatto, qualcuno si era piazzato dietro di me, prima una toccata e fuga, cioè una strusciata con il dorso della mano sul mio sedere, poi vedendo la non reazione da parte mia, una premuta con il corpo sul mio, favorito dalle continue frenate del conducente. L’uomo che mi stava appiccicato dietro capì, di poter approfittare della situazione, e la pressione del suo bacino sul mio culo si fece più insistente, per favorirlo ancora di più, senza alcun dubbio, diedi un colpettino con l’anca sulla patta dei suoi pantaloni, ora era chiaro.
Sentii un qualcosa di duro, premere sul mio culo, era certamente il cazzo dell’uomo, pregustavo una certa eccitazione, la sua mano sinistra, quella rivolta verso la parete del mezzo, si poggiò sui miei fianchi, palpando con movimento scendeva lentamente lungo la mia gamba sinistra, fino a raggiungere il bordo della gonna.
Si insinuò decisa tra le mie cosce, strinsi le gambe, istintivamente, senza ostacolarlo, e stavolta la mano faceva il percorso inverso, risaliva lentamente tra esse palpando e accarezzando la mia morbida carne’! Giunta all’inguine, si soffermò per un po’ sul bordo delle autoreggenti, poi il
contatto diretto con la pelle mi inebriò, chiusi gli occhi, cercando di godere in silenzio e senza
movimenti bruschi che potevano insospettire i viaggiatori. Mi toccò la mutandina, prima su una natica e poi più giù, sulla fica, a quel punto, l’uomo si rese conto che stavo godendo’, perché mi ero bagnata dall’umore che continuava a uscire dalla vagina., il suo dito forzò e sentii la stoffa dell’indumento penetrare dentro di me. Le dita, ora erano due o forse tre, ma non importa, tra le labbra della mia passerina, stuzzicavano il clitoride, procurandomi orgasmi a ripetizione.
Stavo, apparentemente indifferente, per gli altri, ma colui che mi stava facendo, sapeva di avere tutto il tempo, infatti mi posizionò la gonna sollevata ai fianchi, scoprendomi completamente il culo, poi insinuò la mano destra dentro lo slip molto leggero, accarezzandomi le chiappe, le dita tra il solco delle natiche rintracciarono il mio buchetto posteriore, che al contatto sembrò richiudersi, per poi rilassarsi, lo sfiorò poi prosegui sulla fessa, mi penetrò nella vagina inzuppata di umori, roteò le dita al suo interno, raccogliendo il mio liquido vaginale. Ancora sull’ano, con il dito bagnato della mia stessa sborra, me lo ficcò nel culetto, mi ci entrò facile, di nuovo lo roteò
all’interno, come se lo preparasse per qualcosa di più consistente,. Stavolta mi abbassò la mutanda,
a culo scoperto ricevetti tra le natiche il suo arnese, si strusciò su di esse poi prese la via della fica, un niente, e la cappella scivolò dentro ingoiata dalla mia vagina, premetti con il corpo contro il suo bacino per riceverlo tutto dentro. Mi stava chiavando sull’autobus incurante della folla attorno a noi, peraltro nessuno badava a noi, godevo forte, ma dovevo trattenere per non essere notata, l’uomo di cui non so nulla, se giovane o anziano, bello o brutto alto o basso’.ecc’., sapeva il fatto suo.
Tolse il cazzo dalla fica e inzuppato come era lo puntò deciso tra le chiappe sul mio bel buchetto, nonostante la pressione esercitata da lui, non mi volle entrare, io lo volevo nel culetto ma benché disposta e partecipe il cazzo si strozzava all’ingresso dell’ano, piegandosi senza forzare lo sfintere, il quale offriva tutta la resistenza possibile, perché la posizione non era buona. A chiappe strette, in piedi, non ci fù verso di prenderlo nel culo, il cazzo si posizionò definitivamente tra il solco, fino a che un fiotto di sperma mi bagnò il sedere, una lunga sborrata sul mio culo pose termine alla
Scopata. L’uomo fatto ‘i fatti suoi’ strofinò per un’ultima volta il cazzo sulle chiappe, come a pulirlo dai residui di sperma, ormai afflosciato lo ripose nei pantaloni, a me, rialzò la mutandina, mi riabbassò la gonna e con una pacca sul sedere mi salutò scendendo alla prima fermata.
Scesi dall’autobus, soddisfatta e appagata, nonostante il fastidio della sborra che mi inzaccherava le natiche e l’interno cosce, prosegui il cammino verso casa, felice di custodire nella mutandina quel bene della natura a me così piacevole. fiordinorma@virgilio.it

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