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Racconti Erotici Etero

Ancora un minuto

By 20 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Che magnifica pazzia’ pensava mentre lo guardava guidare nella notte, ma era quel suo istinto animale che l’aveva conquistata fino a portarla all’altare, era quello l’uomo che amava con tutta se stessa con cui aveva fatto un figlio e, sempre lui l’aveva convinta a lasciare il piccolo con la baby-sitter per andare a cenare da soli in quel ristorantino alle pendici della montagna.
La cena era stata perfetta, l’ambiente rustico fatto di vecchi muri in pietra che trasudano la storia del luogo, insieme ai vecchi tavoli di legno massiccio che recavano incisi i cuori e le iniziali di chi aveva scoperto l’amore, ben si sposava con i cibi di fattura casareccia ma gustosi anche per il palato più esigente.
Avrebbero potuto andare in qualsiasi altro ristorante, dove il servizio veniva fatto da camerieri in livrea o giovani cameriere con una crestina in pizzo appuntata sulla testa, in fondo la loro condizione economica permetteva questo e altro, ma avevano scelto quel posto perché era lì che si erano conosciuti, casualmente, sei anni prima. E sempre lì si erano scambiati il primo bacio o, per meglio dire lui lo aveva rubato quando era riuscito a inserirsi insieme a lei nello stretto passaggio che divideva le due stanze da pranzo e l’aveva bloccata, con le spalle al muro, prima che le due bocche si incontrassero per non lasciarsi mai più.
Ed ancora una volta erano fuggiti, dopo cena avevano ripercorso la stessa strada che risale la montagna e si erano infilati nella stessa strada dove, dopo aver parcheggiato, si erano incamminati fino a quelle pozze piene di acqua calda, grazie alla fonte termale che l’alimentava costantemente.
Nudi avevano fatto il bagno, stretti l’uno all’altra erano rimasti immersi fino a quando lentamente il calore dell’acqua era divenuto desiderio e il desiderio si era trasformato in giochi d’amore in cui lui aveva goduto nel suo corpo e lei del suo vigore mentre veniva posseduta.
Era così chiaro in lei quell’istante in cui l’orgasmo l’aveva trascinata nell’estasi più totale che quasi non si rese conto dell’altra auto che usciva dalla curva e invadeva la loro corsia prima che si scontrassero lasciando il posto al buio che avvolse la sua mente.

La luce che vedeva, mentre i suoi occhi si aprivano, le faceva male. Udiva le voci che la chiamavano ma non comprendeva il perché lo facessero e nemmeno chi fossero quelli che ripetevano il suo nome.
≪ Giulia … Giulia … mi sente? Riesce ad aprire gli occhi?≫.
La giovane donna con il camice bianco ripeteva il suo nome, Giulia non sapeva chi fosse ma lentamente comprese tutto. I ricordi si facevano strada nella sua mente, l’auto, l’incidente, l’ambulanza con la sirena.
≪ Dove sono?≫ chiese con un filo di voce.
≪ Si trova in ospedale ≫ rispose la giovane donna con il camice.
≪ E lei chi è? Dov’è mio marito?≫.
≪ Sono la dottoressa Forconi. Suo marito è qui fuori che l’aspetta, ma ora lei deve riposare. Tra un po’ lo potrà vedere ≫.
≪ Ma da quanto tempo sono qui?≫.
≪ Ormai sono due settimane che avete avuto l’incidente, ma ora andrà tutto per il meglio ≫.
≪ E mio figlio? Dov’è mio figlio?≫.
≪ Suo figlio sta bene, ora è con i nonni. L’ho visto l’altro giorno, è proprio bello ≫.
≪ Quando potrò uscire? Quando lo potrò rivedere?≫.
≪ Ancora qualche giorno, poi tornerà a casa ≫.
Ma Michele non entrò mai nella stanza per vedere come lei stesse, lo seppe dopo 3 giorni e pianse per molti altri quando le comunicarono che l’uomo della sua vita era morto in quel tragico incidente. Quando ritornò a casa ritrovò il figlio che, accudito dai nonni, l’accolse con uno di quegli abbracci che solo un amore puro può dare in certi momenti, poi, un po’ alla volta, la sua vita ritornò alla quotidianità scandita dalle necessità del figlio e dalle visite al cimitero.

Erano passati 3 mesi dalla morte di Michele, come ogni giorno Giulia era seduta sulla fredda lapide in marmo e parlava con lui, gli raccontava del figlio e di come crescesse, gli confidava di quanto fossero lunghe le notti in cui non riusciva a dormire per la mancanza del conforto delle sue braccia.
Erano ore che trascorreva da sola nella vaga speranza che lui la potesse udire e che, finalmente, un miracolo lo portasse lì per rispondere alle mille volte in cui lei gli chiedeva il perché fosse morto.
≪ è la stessa domanda che faccio io a mia moglie ≫ sentì dire alle sue spalle.
La voce improvvisa la fece sobbalzare per lo spavento ma, quando si girò, gli occhi verdi dell’uomo che le aveva parlato incontrarono i suoi trasmettendole un senso di pace.
≪ Mi scusi se l’ho disturbata. Non mi ero accorta di parlare così ad alta voce ≫ disse quando la paura le permise di parlare.
≪ Mi scusi lei se mi sono intromesso. Purtroppo non ho potuto evitare di farlo, la sento ogni giorno parlare con lui. Deve averlo amato tanto ≫.
≪ Lui era la mia vita. Senza di lui mi sento persa ≫.
≪ Capisco. è la stessa cosa che provo io ≫.
≪ Mi chiamo Giulia ≫ disse porgendo la mano verso di lui.
≪ Piacere … Michele ≫.
≪ Oh … ≫ gemette Giulia nell’udire il nome, ≪ ha lo stesso nome di mio marito ≫.
≪ E lei di mia moglie ≫ rispose Michele tenendo la sua mano come se temesse che fuggisse.
Parlarono per molto tempo insieme, dopo essere usciti da quel luogo di dolore, si incamminarono sulla stradina bianca che lo costeggiava continuando a raccontarsi tutto, dai sogni vissuti a quelli che non avevano potuto vivere, i progetti fatti e mai realizzati. Parlarono di quello che avevano desiderato per la vita e quello che la stessa aveva strappato i pochi istanti. Più tempo rimanevano assieme e più i loro corpi si avvicinavano, insieme alle loro anime lentamente si fondevano. Fu così che arrivarono a una piccola casetta, mano nella mano, sorridenti.
Era oramai sera quando varcarono la soglia dell’abitazione. Anche se all’esterno poteva sembrare una vecchia casa di campagna, malcurata, al suo interno le stanze sembravano restaurate di recente. Sul soffitto si vedevano grossi travi in legno che incutevano un senso di solidità e rustico all’ambiente. Le pareti bianche avevano appese solo alcune foto del’uomo insieme ad una donna che lei intuì essere la moglie, e su una di esse era stato ricavato un caminetto di fronte al quale era posto un divano bianco a due posti. Il pavimento, ricoperto da vecchie piastrelle in cotto, dava calore all’ambiente donandole un senso di serenità che per un attimo le fece pensare di esser arrivata a casa.
Se qualcuno le avesse chiesto come fosse successo sicuramente Giulia non avrebbe saputo rispondere, si erano seduti sul divano e stavano gustando un bicchiere di vino quando l’uomo le si era avvicinato e l’aveva baciata. Inizialmente le loro labbra si erano unite timidamente, quasi che avessero avuto paura di violare l’intimità altrui, poi il bacio era divenuto sempre più audace, fino a quando le loro lingue si erano incontrate intrecciandosi e scontrandosi con il desiderio represso di calore che entrambi avevano.
Le loro mani si mossero quasi all’istante, quelle di lui percorrevano l’abito nero che Giulia indossava accarezzando il suo corpo in ogni piega mentre quelle di lei gli stappavano la camicia per poi affondare le unghie sul suo petto. La bocca di lei lo baciò sul collo e poi scese sui potenti muscoli che l’uomo esibiva mentre, lentamente, sentiva le mani di lui che slacciavano il vestito e lo sfilavano. Sentì che la spingeva all’indietro e lasciò che lo facesse, voleva quello che sentiva, le mani sul seno liberato dall’indumento che lo conteneva, la bocca che succhiava i suo capezzoli, le dita che sfioravano il suo pube prima di intrufolarsi sotto all’elastico del perizoma e incontrare i ciuffetto di peli che sovrastava il suo sesso. Il suo corpo crollò all’indietro mentre Michele le sfilava il minuscolo indumento e dopo una lunga occhiata affondava il viso sulla sua vagina. Per un attimo fu tentata di fuggire, quando senti la sua lingua farsi strada prepotentemente tra le sue labbra, quando senti che lui succhiava il suo clitoride donandole lunghi istanti di piacere, ma l’orgasmo che la colse, forte e improvviso, fece crollare ogni sua reticenza ad abbandonarsi completamente a lui. Per questo motivo le sue mani iniziarono a cercare il suo pene, dapprima solamente sopra alla stoffa dei calzoni, ma quando sentì nettamente la sua erezione il desiderio la indusse a togliere quel pezzo di stoffa che la separava dall’agoniato strumento di piacere. Ora era lui che stava reclinato indietro mentre lei impugnava il membro, duro e pulsante di vita propria, prima di farlo affondare tra le sue labbra per dargli le stesse sensazioni che lei aveva provato poco prima. Anche per l’uomo il desiderio fu più forte della resistenza fisica e, in pochi minuti, riversò tra le sue labbra ogni goccia del suo godimento.
≪ Ora ti voglio dentro di me ≫ annunciò Giulia salendo sopra alle sue gambe e impalandosi lentamente.
Entrambi gustarono appieno ogni centimetro del pene che entrava nella sua vagina, ogni affondo dell’uomo, ogni movimento della donna. Come una moderna ‘Lady Godiva’ Giulia sembrava cavalcare su quel pezzo di carne traendo ogni piacere possibile fino al momento in cui il secondo orgasmo la fece accasciare sul corpo di lui.
Si amarono per ore, Giulia lasciò che lui godesse di ogni pertugio del suo corpo senza negargli nulla, nemmeno quando Michele, dopo averlo leccato, forzò l’ingresso del suo buchino posteriore lei fece obiezioni. Lasciò che l’uomo la prendesse con forza, trasformando il dolore iniziale in piacere assoluto.
Era già giorno quando lei riaprì gli occhi, i suoi abiti erano in ordine sul divano, lui non c’era. Giulia si rivestì e, dopo aver dato un’ultima occhiata alla casa uscì e ripercorse la strada fatta la sera precedente.
Quando entrò nel cimitero lo vide immediatamente, in mezzo alle lapidi marmoree disseminate ordinatamente sul prato curato, Michele era in piedi davanti alla tomba di suo marito pallido e in silenzio. Lei si avvicinò a lui senza parlare e prese la sua mano. I suoi occhi si posarono sulla foto attaccata alla lapide e lo riconobbe, gli stessi occhi verdi che l’avevano amata per tutta la notte erano lì e la guardavano. Poi lui le indicò la tomba accanto, dove era sepolta sua moglie e lei vide il suo volto su di un’altra foto appesa ad un’altra lastra di marmo.

≪ Non le sembra strano dottore?≫.
≪ Che cosa?≫.
≪ Dopo che li abbiamo rianimati, sono sopravvissuti entrambi per un minuto e fino a che erano tornati in vita hanno sempre sorriso ≫.
≪ Probabilmente erano consapevoli di poter vivere insieme ancora un minuto … perché sprecarlo?≫.

Per commenti o altro: filodiluce@gmail.com

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