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Racconti Erotici Etero

Ancora una notte- Quarta parte

By 16 Ottobre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono fimalmente fuori dall’hotel, stordito dal sonno e mezzo barcollante ma mi sento finalmente libero anche se ancora per poche ore. Raggiungo l’auto parcheggiata ma prima faccio un profondo respiro e mi godo per un attimo la pace della notte mentre mi accendo una Marlboro. Quindi metto in moto e mi avvio verso casa, deve aver fatto un grosso acquazzone e l’aria è frizzante e pulita, le strade semi allagate duplicano al contrario la città facendomi correre in una specie di tunnel caleidoscopico di luci vive e struggenti che mi ricordano i cieli stellati di Van Gogh.
Sembra un sortilegio come certe notti per me siano interminabili, sono stanco, ho sonno e mille pensieri per la testa.

Finalmente a casa! Non accendo neanche la luce, assaporo per un istante quel silenzio rassicurante, quel silenzio che sa di cose perdute, rotto solo dalle gocce del rubinetto della cucina che prima o poi devo trovare il tempo per far ripare. Apro il frigo: vuoto. Ripiego sulla bottiglia del Chivas e ne mando giù una sorsata, vorrei mettermi un pò sul pianoforte ma a quest’ora sveglierei tutto il condominio. Mi lascio quindi andare tutto vastito a peso morto sul divano come un fantoccio inanimato, l’idea di accendermi una sigaretta non mi sembra buona, so che crollerò da un momento all’altro e non voglio rischiare il rogo. Appena chiudo gli occhi vedo Giulia, è sotto un diluvio, il suo volto viene rischiarato da un lampo e mi tende la mano per ripararci dentro un portone. Ho un susslto e vado in tachicardia. Poi appena mi calmo i pensieri iniziano a contaminarsi di quella dolce follia che precede il sonno finchè scivolo nell’oblio.
Sono in un pozzo, profondo e umido, alzo la testa, la luce è lontana ma posso farcela a risalire. Devo, risalire! Inizio ada arrampicarmi sulle pareti scivolose aggrappandomi con forza a tutto quello che posso, lo sforzo è immane ma mi avvicino sempre di più alla luce, sento l’aria che si fa più fresca. Ancora qualche metro, ancora qualche metro e sarò fuori. Puoi farcela Davide, puoi farcela mi ripeto, solo un ultimo titanico sforzo. La mia mano sbuca dal pozzo come quella di uno zombie, comincio a tastare il terreno circostante fuori dall’imboccatura in cerca dell’ultima cosa a cui afferrarmi, la trovo! E’ un qualcosa che trilla e vibra, è il mio cellulare! Apro gli occhi, il sole è già alto e la luce che entra dalla finestra mi ferisce gli occhi, non ho bisogno di mettere a fuoco la scritta sul display, il mio cellulare ha la stessa suoneria per tutti i numeri ma Marta riesce a farsi riconoscere anche così, con quella fastidiosa insistenza. Infatti quando rispondo con la voce ancora impastata dal sonno, è la matta che sbraita e mi da un’ora per raggiungerla in hotel. Mio Dio…sono ancora vestito, devo lavarmi, radermi, fare benzina e sfidare il caos cittadino, in un ora la vedo dura.

Infatti arrivo con un pò di ritardo, ma poteva andarmi peggio, mi aspetta nella hall mentre sfoglia una rivista di arredamento. Ha un abito bianco che segue perfettamente le curve del suo corpo e si ferma sopra il ginocchio, una cinta in tessuto nera con fibbia bianca e un elegante cappello con cupola bianca e falda larga nera, orecchini e gioielli che ognuno costerà più o meno come la miua auto. Mi fulmina con lo sguardo :” Ti avevo detto per caso che potevi andartene a casa stanotte?” Mi fa con tono acido, :” Signora, dovevo pur cambiarmi e radermi” replico io con fermezza.
Raggiungiamo l’auto e arrivati in centro cominciamo con il giro dei negozi, Prada, Bulgari, Loro Piana, Valentino, stacca assegni per non meno di 9000 euro e io ormai la seguo con affanno pieno di buste, pacchi e pacchetti. Mi chiede di portarla in un ristorante ai Parioli, dice che deve pranzare con un tipo. La porto dove mi ha chiesto, mi dice di aspettarla in auto. Mi sembra giusto, sono pagato per garantire la sua sicurezza e nel bagagliaio c’è un patrimonio d’acquisti e poi pur di non pranzare con lei mi accontento volentieri di un tramezzino.
Il ristorante ha una grande vetrata fumè che si affaccia sulla strada, da fuori si può scorgere l’interno abbastanza nitidamente e io ho parcheggiato proprio a pochi metri dalla vetrata. La vedo entrare nella sala e dirigersi verso un tavolo dove ad aspettarla c’è un uomo, un tipo bruno sulla cinquantina dall’aria un pò losca, non può essere un amante, la signora a quanto pare ha ben altri gusti in fatto di età…parlano molto ma non si sorridono mai, stanno parlando di cose serie. Verso la fine del pranzo il tipo porge una specie di fascicolo a Marta che apre e prende a studiare con attenzione per almeno un quarto d’ora, poi annuisce verso l’uomo, prende una busta dalla borsa e e gliela porge. Il tipo non guarda neanche il contenuto, la piega e se la infila nella tasca della giacca. Si alzano e si salutano con una stretta di mano. Marta esce di fretta dal locale, ha un espressione tesa e lo sguardo basso :” Portami da Gucci, a Via Condotti” mi chiede con un filo di voce. C’è un gran traffico ma stranamente non rompe le palle, sembra che abbia la testa altrove.
Parcheggio l’auto in una strada adiacente, in sosta vietata, lungo il tragitto a piedi non dice una parola e quasi non riesco a starle dietro per come cammina veloce.
Continua.

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