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Racconti Erotici Etero

Astratto

By 26 Novembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Non conoscevo nemmeno il suo nome. Lo chiamavo Astratto…lo avevo sentito pronunciare questa parola in un discorso fra lui e uno dei miei capi in sala riunioni: era un cliente dello studio legale dove lavoro. Il giorno che venne ricevuto dall’avvocato ci rivolgemmo a malapena la parola, ma i nostri occhi si incrociarono… un secondo, solo un secondo che durò un’eternità. Mi lasciò una strana inquietudine addosso… Non capivo perch&egrave e non ci riesco nemmeno adesso, dopo un mese dal nostro primo ed ultimo incontro. Volevo parlare con lui, dovevo parlare con lui, e come scusa utilizzai il lavoro. Non fu difficile: ero la segretaria e uno dei miei compiti era comunicare con il clienti. Decisi di farlo tramite il mio cellulare privato, giustificandomi con un problema alla linea fissa dell’ufficio.
Dopo i primi messaggi di servizio, il nostro scambio di battute di fece molto più personale. Ci mandammo anche un paio di foto: lui con i suoi due figli, io con il mio. Questo rappresentava il nostro più grande ostacolo: mentre io ero sì madre, ma single e libera, lui era sposato e, come molti, insoddisfatto della sua vita familiare. Divenni per lui l’analista di fiducia, mi raccontò gli alti e bassi del suo rapporto di coppia ed io lo spronavo a lottare se ancora credeva nella persona che aveva sposato molto tempo prima. Poi, fra un messaggio e l’altro…
-“Comunque ammetto… Non vedo l’ora di sentirti… Mi piace tutto questo” –
– “Non stiamo facendo nulla…ci stiamo solo messaggiando…” –
– “E non &egrave già qualcosa di piacevole? Anche se ammetto che mi manca molto di più fondere le labbra con altre labbra, in un sapore unico” –
-“Lo capisco. E’ una cosa che manca molto anche a me…”-
-“Magari capita che un bacio possa farti provare brividi ingestibili”-
-“Si chiama attrazione perch&egrave li provi una volta sola e poi vanno scemando. Se non vedi l’ora di toccare ancora quelle labbra allora la storia cambia…”-
-“Vale anche per dei semplici messaggi?”-
-“In che senso?”-
-“Se non vedi l’ora che arrivi il prossimo messaggio…può essere paragonato?”-
-“Direi di no. Può essere piacevole ma &egrave virtuale…la realtà &egrave l’unica cosa che può appagarti…o distruggerti.”- scrissi decisa, convinta che lo stessi portando esattamente dove volevo condurlo. La sua resistenza era al minimo.
-“Sì, dovrebbe essere solo questo ma… Non riesco a vederti come amica, non ci riesco…Mi batte il cuore a mille, un mix perfetto tra emozione, eccitazione e paura… A volte perdo l’equilibrio con te… Mi convinco di una cosa e poi me la cambi. Ti sento molto vicina, troppo forse… Scopro il fianco alle tue bordate e non dovrei navigare così”-
-” Sono più che certa che le mie bordate ti stiano facendo sentire uomo…di nuovo… sensazioni dimenticate e assopite… Sbaglio?-
-” Non sbagli, temo un pò questo…”-
Eccitata all’inverosimile lo chiamai. Ormai era caduto nella mia tela e non era stato affatto difficile… Dovevo solo finire di intrappolarlo. Al telefono aveva una voce stupenda. Mentre parlava ricordavo i suoi occhi e lo sguardo che c’eravamo scambiati quel giorno… Avevo fatto i conti con tutto, tranne che con le mie emozioni che si scatenarono violente. Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno seguente per sentirlo di nuovo.
L’indomani, appena fu lontano da casa, dalla moglie e dai figli, ricominciò a mandarmi messaggi.
-“Buongiorno…La serata &egrave stata relativamente tranquilla, però non ho smesso di pensarti…mai… ho pensato alle emozioni che riesci a trasmettere, alla bellezza che c’&egrave nel parlarti, nell’ascoltarti…nel giocare con te. Sto metabolizzando e trasformando i timori in qualcosa di diverso”-
Mi chiamò e mi disse che ci saremmo visti il giorno seguente. Sarebbe passato a prendermi dopo il lavoro e mi chiese di poter uscire un’ora prima per avere più tempo da trascorrere insieme. Mi disse che sperava succedesse qualcosa, che doveva solo imparare a non accelerare troppo, ma che, in realtà, non voleva nemmeno impararlo. Non sapevo come arrivare a fine giornata dato che erano appena le 9 di mattina ed io ero già eccitata all’inverosimile. Mi scrisse che aveva capito che ero protetta da un’armatura solida, ma che riusciva a sentire come fossi dentro. Mi descrisse come il burro…dolce…ogni parola giusta poteva scalfirmi, tagliare… Ero calda, lo avevo percepito, e Dio solo sa quanta ragione avesse… la difficoltà stava nel penetrare. Mi descrisse il nostro incontro, per come lui lo immaginava. Mi rivedevo nelle sue parole… La consapevolezza di avere le menti sulla stessa lunghezza d’onda mi fece vacillare ulteriormente: non potevo perdere il controllo così.
-“Ti voglio”- scrisse – “Ti voglio sentire, sentire la tua pelle, il tuo calore…”-
-“Voglio sentire la tua voce, le tue mani…il tuo corpo dominare il mio…ma ci stiamo facendo del male”-
-“Ti penso ogni maledetto istante…Probabilmente nessuno ha mai saputo cogliere la rotondità della tua anima, ed io ero troppo impegnato a distruggermi la vita per accorgermi di una come te”-
Con quella frase il mio piacere esplose fra le gambe come un vulcano…mi desiderava e me lo aveva detto nel modo più dolce che potessi immaginare. Voleva prendere il mio corpo e farmi sua, e sapeva bene come esprimerlo. Gli confidai che sentivo l’animo in subbuglio, le gambe molli e la realtà che scivolava via tra le mie mani. In quel momento mi sarei fatta dominare solo da una persona…
-“Dimmi da chi”-
-“Lo sai”-
-“Dimmelo subito”-
-“Da te”-
-“Sei fantastica… E ora dimmi che vuoi fare l’amore con me”-
Glielo dissi. Gli avrei detto ogni cosa che avrebbe voluto sentire, semplicemente perch&egrave era ciò che provavo, ciò che volevo vivere, ma dovevo restare con i piedi ben saldi a terra, o almeno provarci. Quello che ci apprestavamo ad iniziare sarebbe stato complicato, forse ingestibile: lui era sposato e ci sarebbero stati momenti in cui non avremmo potuto sentirci, momenti che avrebbero contaminato la poesia e la passione che reciprocamente ci stava trascinando via, che ci avrebbero condotto solo alla distruzione… E mentre pensieri sconclusionati mi annebbiavano la mente pensavo solo ad una cosa…
-“Dimmi che mi desideri, dimmelo adesso”-
-“Ti voglio, ti desidero in ogni istante..il tuo corpo, la tua mente… Vorrei poterti riempire di me, ovunque… sapere che quando tornerai a casa avrai ancora il mio sapore nella tua mente… sapere che qualcosa di me rimarrà nel tuo corpo… Prenderti per i fianchi, spingerti forte, guidarti… Quando saremo insieme domani, voglio che la tua mano vada dove vuole… Appena entri voglio che ti sfili le mutandine e te le metti in borsa… Sei una donna meravigliosamente irreale, incredibile sopra ogni aspetto umano…e decisamente eccitante…”-
-“Purtroppo per te esisto e sono reale… Sono una mente pensante ed un cuore pulsante”-
Fantasticammo ancora sul nostro incontro dell’indomani. Facemmo l’amore tramite sms, ci penetrammo le menti e ci eccitammo al solo pensiero di sfiorarci. Le ore che ci dividevano sembravamo interminabili, ma in qualche modo trascorsero, e fu il giorno dopo. Una stretta allo stomaco mi attanagliò sin dalle prime luce dell’alba. Tremavo, in ogni mio gesto sentivo le gambe molli, le mani insensibili, come se il mio corpo non avesse più consistenza. Lavorai distrattamente con la mente proiettata nella sua direzione. Qualche minuto prima di raggiungerlo fuori l’ufficio mi guardai allo specchio e mi trovai bellissima. Ero vestita con cura, come lui mi avrebbe voluta. Volevo farlo impazzire e sapevo che sarei impazzita con lui. Uscita dal portone lo vidi, nella sua macchina bianca, ad aspettarmi dall’altro lato della strada. Gli sorrisi, attraversai e salii in auto. Non ci salutammo nemmeno. Tutte le parole in quel momento sarebbero sembrate superflue. Ci baciammo con passione, lì, dove eravamo, e mi sfilò immediatamente il perizoma, annusandolo con ardore prima di infilarselo in tasca. Ero già bagnata…lo ero dalla mattina, ma nelle ultime ore quell’attesa febbrile aveva amplificato ogni mia sensazione e ad ogni suo tocco sentivo la pelle scottare. Dopo qualche minuto trascorso a divorarci le bocche, a leccarci le labbra, a succhiarci le lingue, ci allontanammo alla ricerca di un posto tranquillo dove, finalmente, appartenerci. Ad ogni minimo accenno di traffico, ad ogni semaforo, ogni volta che l’auto rallentava la sua corsa verso la sublimazione dei sensi, le mani non potevano restare lontane dai nostri corpi e dal punto dove era concentrato il piacere irrequieto e convulso. Ogni parola scambiata era carica di erotismo e un preludio a ciò che sarebbe stato… non a quello che avevamo fino a quel momento solo immaginato, a quello che avremmo vissuto di li a poco.
Mi condusse in un parcheggio. Spense l’auto e fui sua. Lo ero già dal nostro primo sguardo in realtà, ma il mio corpo adesso reclamava furioso ciò che per giorni aveva desiderato. Anche lui reclamava. Il mio corpo, i miei occhi, la mia bocca rossa, i miei seni turgidi, i miei fianchi sinuosi che non riuscivano a stargli lontani e il mio sesso impaziente di essere riempito di piacere. Ardente di desiderio, mi tirai su la gonna oscenamente e gli montai a cavallo, facendo entrare in un colpo solo il suo membro eretto che svettava pulsante e piretico, finalmente libero dalla stoffa dei jeans che indossava. L’entrata fu morbida e lo inghiotii tutto, beneficiando del suo respiro affannato e desideroso di avermi. Con movimenti lenti, sinuosi e circolari gli feci assaporare le pareti della mia stretta fica, sempre più schiava delle sensazioni che, violente, mi sconquassavano la mente. Il mio dominio su quel corpo maschio durò ben poco perch&egrave lui, succube della frenesia che la mia lenta tortura stava infliggendo, mi serrò le natiche con le mani, le strinse ed iniziò a sbattermi con impeto. Totalmente incapace di controllarmi, iniziai a sudare, ansimare, con la bocca dischiusa e la lingua che bagnava le labbra come se stesse gustando il suo cazzo che, prepotente, mi chiavava. Continuò a scoparmi per un pò, finch&egrave non abbandonai la percezione di ciò che avevo intorno. I vetri della macchina, ormai appannati dai nostri caldi aliti che si fondevano, creavano una barriera tra noi e la realtà, il mondo esterno, che ci scorreva intorno mentre noi danzavamo sulle note dell’inquietudine. Mi baciava mentre mi possedeva, ed io ricambiavo i suoi baci, facendogli assaporare la mia saliva come se fossero gli umori della mia fica assoggettata al suo fuoco.
Intorno a noi la notte, l’oscurità…solo la flebile luce di un lampione testimone della nostra unione. Con la complicità della veste dell’ombra che ci copriva, mi fece scendere dalla’auto, mi condusse di fronte ad essa, e mi sbatt&egrave sul cofano, tenendomi le braccia alte sulla testa, bloccandomi i polsi, allargando le gambe e rientrando in me, che mi sentivo viva solo quando la sua istituzione mi penetrava nelle viscere. S’impossessò di me ancora, scopandomi con una furia che solo un predatore affamato può avere. S’impadronì di ogni mio senso, ogni mio brivido…ogni mia manifestazione di piacere era per lui… Rantolavo, gemevo sotto i colpi incessanti del suo cazzo in fiamme che aveva dimenticato la poesia per lasciare spazio alla perdizione e all’insaziabile fame di sentirsi maschio dominante. Abusava di me ed io ne godevo, sentendo l’orgasmo sempre più vicino. Aumentò il ritmo, i suoi colpi divennero crudeli, metafora di ciò che sarebbe stata la nostra storia. Continuò a scoparmi con rabbia: mi voleva nella sua vita ma sapeva che sarei stata solo una comparsa, che sarei stata di altri perch&egrave lui non poteva permettersi di avermi, e questo lo fece sentire frustrato.
Riversò la collera, e i sensi di colpa che aveva, sul mio corpo e sul mio sesso martoriato dall’urgenza di godere. Venni incontrollatamente, gridando come la peggiore delle troie assoggettata al cliente più ricco. Il suo membro divenne sempre più duro e marmoreo durante la mia esplosione e, senza attendere la fine dei mie spasmi, lo sfilò e mi inginocchiò sull’asfalto ruvido, prendendo la testa e facendolo entrare nella mia bocca che allargava con le dita. Lo succhiai con ingordigia con movimenti vorticosi e seducenti della lingua e della labbra. Al diavolo la poesia, al diavolo la chimica, al diavolo l’amore…ero li ed ero al suo servizio, la mia bocca lo era, il mio corpo lo era stato…
E con un grido bestiale venne, irrigidendo i muscoli delle gambe già tesi, e schizzandomi in gola una notevole quantità di sperma caldo che non accennava a diminuire. Bevvi tutto, imprigionando il suo calore ed il suo trasporto fra lebbra, nel mio stomaco, attendendo famelica fino all’ultima goccia sgorgate dal suo cazzo eccitato e pulsante.
Non lo vidi mai più, n&egrave seppi più sue notizie…so solo che, per quanto quell’orgasmo fu magistralmente intenso e meraviglioso, nulla fu a confronto di quello che provai…proprio
ora…mentre confesso la mia storia…
A presto…

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