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Racconti Erotici Etero

Avventura di un pendolare

By 6 Settembre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero solito usare l’autobus per andare e tornare dal lavoro. Una mezz’ora, poco più, in cui mi pigiavo come una sardina, al mattino insieme agli studenti, la sera insieme ai pendolari come me.
Impiegavo quella mezz’ora lasciando vagare la mente, lasciando che i pensieri si formassero in maniera autonoma, imprevisti ed improvvisi.
Quella mattina i miei pensieri erano rivolti a tre ragazze che erano salite insieme a me alla fermata. Le vedevo spesso ma mai si erano abbigliate come quel giorno. Tutte e tre con una gonnellina corta, da scolaretta, una camicetta bianca un po’ attillata che faceva intravvedere le forme non più acerbe. Ridevano e scherzavano tra di loro e avevo avuto modo di rimirare per bene le loro cosce sode e nervose.
Sull’autobus trovai posto a poco più di un metro da loro, aggrappato al tubo cercavo di evitare di cadere come potevo. Davanti a me, di tre quarti, alla fermata successiva trovò posto una signora mora che non avevo mai visto prima. Man mano che l’autobus si riempiva lo spazio si restringeva ed eravamo ormai a contatto. Il mio sguardo era calamitato da una delle tre ragazze, bionda, abbastanza alta, con una coda che le arrivava a metà schiena. Portava lo zaino a spalla ed il suo peso aveva fatto sì che la scollatura si aprisse tanto che vedevo benissimo come non portasse il reggiseno.
Mi ritrovai eccitato, la vista di quel giovane capezzolo, inturgidito dal contatto con la stoffa, mi fece venire un’erezione che, con un certo imbarazzo, mi accorsi avere poggiata sul fianco della signora mora. Non avevo modo di aggiustarla nei calzoni poiché con una mano mi reggevo e con l’altra sostenevo la valigetta. Cercai di incurvarmi per aumentare la distanza tra me e la signora, immaginando che il bozzo, grazie ai pantaloni larghi che avevo, fosse ben visibile e ringraziando Iddio per la calca che lo nascondeva tra i corpi.
La signora mi stava guardando, con un sorriso indefinito sulle labbra. Arrossii, sicuro che si fosse accorta del mio imbarazzo. Era una bella donna, curata, forse sui 35 anni, alta quasi quanto me. Si girò verso di me, la testa poco distante dalla mia e la sentii sussurrare:
‘Ma non ti vergogni? Potrebbe essere tua figlia’
Mi sentii arrossire ancora di più e cercavo un qualcosa da dire per togliermi dalla situazione quando sentii una mano, la sua, sopra la mia patta a stringermi il cazzo.
La sorpresa quasi mi strappò un grido. Lei sorrideva ancora e con la mano si muoveva piano, aprendola e chiudendola, massaggiandomi dolcemente.
Avevo sentito di storie del genere ma mai avevo pensato che potesse capitare a me.
Ondeggiavo tra l’imbarazzo del poter essere scoperto, in un bus dove bene o male ci si conosceva tutti o quasi di vista, e il piacere sottile che quella mano mi stava regalando. Il bus andava e le fermate scorrevano, si avvicinava sempre più la mia e la mora continuava il suo massaggio, senza cambiare ritmo, sempre con la stessa energia, ogni tanto si fermava sentendomi ansimare maggiormente quando mi avvicinavo all’orgasmo, e riprendeva non appena lo sentiva rientrare.
Non ce la facevo più, abbassai la testa per sussurrarle una cosa, qualsiasi cosa ma in quel momento la sua stretta si fece più forte, me lo strinse con rinnovata energia scuotendolo, facendomi una sega attraverso i pantaloni, e non resistetti, venni, venni abbondantemente dentro i boxer mentre un gemito mi sfuggiva dalle labbra e stringevo forte il tubo di sostegno per non far cedere le ginocchia. La sua mano continuava, ora più lieve, a completar l’opera e io chiusi gli occhi, forse una frazione di secondo, e quando li riaprii avvertendo come una sensazione di vuoto, la mancanza della sua mano che si era staccata, la vidi avvicinarsi velocemente all’uscita e scendere. Non mi ero nemmeno accorto che ci fossimo fermati.
Sulla banchina indugiò qualche secondo guardando dentro il bus, sorrise quando mi vide, forse rise vedendo la mia faccia che posso solo immaginare quale fosse, poi si girò e scomparve nella folla mentre il bus ripartiva. Passato il piacere mi prese la preoccupazione di aver combinato un disastro. Ero venuto abbondantemente e i pantaloni chiari sicuramente erano macchiati. Giunta a breve la mia fermata scesi tenendo la valigetta davanti a coprire e camminando velocemente verso il mio ufficio poco distante.
Per fortuna che tengo un cambio in ufficio per ogni evenienza e mi fu facile andare in bagno a rassettarmi. Misi gli abiti sporchi in una busta di plastica e feci appena in tempo a gettarla dentro un armadio quando entro la collega con la quale dividevo l’ufficio”’.
Elide, la collega con cui dividevo l’ufficio, entrò salutandomi e bloccandosi subito con aria interrogativa. La vidi annusare l’aria dubbiosa, poi guardarmi, un’espressione strana sul volto. Ancora imbarazzato per quanto era successo poco prima abbassai lo sguardo e mi sedetti alla scrivania mentre lei, appoggiata la borsa sulla sua, andava verso il bagno tornando subito dopo e sedendosi con una risatina.
Iniziammo il lavoro e ogni tanto, voltandomi verso di lei, la vedevo guardarmi e ridacchiare tra sé e sé. Mi incupii, era chiaro il dileggio nei suoi modi e non resistetti al bisogno di chiederglielo:
‘Scusa Elide, ma che hai da ridere? Ho qualcosa che non va? Ho la camicia macchiata?’
Con Elide ho un buon rapporto, dopo tre anni passati a lavorare insieme siamo abbastanza in confidenza, senza scendere nell’intimo ma senza nemmeno limitarsi alla superficialità. Mi rispose ridacchiando ancora:
‘Scusa tu Francesco, ma””. &egrave successo qualcosa qui prima che arrivassi?’
‘No, cosa dovrebbe essere successo?’
‘Eri da solo o”. c’&egrave qualcosa che devo sapere?’
‘Ero solo, e cos’&egrave questo interrogatorio? Che cosa vuoi da me, perché mi prendi in giro?’
‘Beh, caro Francesco, come sai sono sposata da tempo, non sono una monaca e qualche esperienza di vita ce l’ho’
‘Ebbene?’
‘Ebbene””.. quando sono entrata qui ho sentito chiaro un odore di”” sperma, e lo stesso in bagno”’.. quindi o hai avuto un incontro galante poco fa o”’. ti sei masturbato’
Credo che arrossii fino alla radice dei capelli, non avvertivo alcun odore ma Elide aveva colto nel segno. Siccome la verità &egrave per quanto incredibile &egrave preferibile a una pessima bugia, decisi di raccontarle tutto. Mi ascoltò con attenzione, gli occhi le brillavano e sorrideva ancora guardandomi. Quando le dissi del vestito nell’armadio si alzò e andò a aprirlo. Fece una smorfia e lo richiuse subito.
‘E’ vero, l’odore lì &egrave fortissimo’ Camminando piano girò dietro la mia scrivania e si appoggiò al bordo, le braccia conserte.
‘Allora a quanto ho capito ti basta vedere il seno di una ragazza per eccitarti?’
‘No, non lo so cosa mi &egrave preso, &egrave stata una visione inaspettata, forse la situazione, ‘lui’ ha reagito da solo, non mi era mai capitato prima’
‘Sai che faccio fatica a crederti? Mi pare strano che una donna prenda in mano il cazzo di uno sconosciuto sull’autobus’
‘Eppure &egrave tutto vero, te lo giuro, anche io non riesco a crederci ma &egrave accaduto’
‘E lei com’era? Più alta di me?, Più giovane?’
Nel parlare si era scostata dal bordo della scrivania, mi aveva preso per la cravatta costringendomi a alzarmi.
‘No, un poco più bassa”’. Elide, cosa fai?’ Mi aveva tirato a se, tendendomi sempre per la cravatta.
‘E come ti toccava? Così?’
La sua mano andò al cavallo dei miei pantaloni, carezzando e stringendo. La reazione fu pronta, ‘lui’ iniziò a ergersi.
‘Elide, fermati, cosa fai? Potrebbe entrare qualcuno. Dai, smettila.’
Non smise, continuò a accarezzarmi l’uccello che cresceva nella sua mano fino a afferrarlo attraverso la stoffa come aveva fatto la mora sull’autobus.
‘Mmmmmhhhhh, sembra che ti piaccia. Sono meglio io o quella del bus? ‘
Non era il caso di rispondere alla domanda. Mi chinai in avanti per baciarla ma mi fermò premendo la mano sul mio petto.
‘No maialino, questo non si fa, non si baciano le signore sugli autobus, specie quando ti stanno facendo una sega’
La sua mano continuava imperterrita a accarezzarmi, le sue labbra, aperte in un sorriso beffardo, erano a poca distanza da me, irragiungibili. L’orgasmo mi stava montando dentro, avevo il timore di esplodere ancora dentro i boxer.
‘Fermati Elide, fermati o”’. non ho un altro cambio. Per favore”’. Fermati’
Con uno sforzo di cui non mi credevo capace le presi la mano staccandola da me. I miei pantaloni erano tesi, c’era mancato poco.
‘Vai in bagno a sfogarti maialino, non puoi restare così’
Colsi al volo l’occasione delle sue parole. Era vero, dovevo sfogarmi e potevo farlo solo in quel modo. Mi affrettai verso il bagno e mi aprii la patta tirandolo fuori. Mi sentivo stupido, masturbarmi nel bagno dell’ufficio era”.. stupido, nonostante la situazione. Me lo presi in mano e cominciai a carezzarmi veloce. Avvertii una presenza alle mie spalle, non avevo chiuso la porta e Elide era entrata. Da dietro sporse la mano e, scacciando la mia, lo strinse forte.
‘Non sono poi così cattiva sai? Vediamo cosa c’&egrave qui”’. Mmmmhhhhh, non sei messo male Francesco. E’ duro, caldo’.’ Parlando mi masturbava, prima piano, poi sempre più veloce, portandomi al punto di non ritorno. Quattro, cinque, più schizzi di seme sgorgarono da me cadendo nella tazza, colpendo la parete, e Elide continuava a muovere la mano. Io mi sentivo le ginocchia deboli tanto da dovermi appoggiare alla parete di fronte mentre lei finiva di mungermi, si lavava le mani e usciva dal bagno. Mi ricomposi, pulii dove avevo sporcato e tornai nell’altro ambiente. Elide era alla scrivania intenta al lavoro, mi lanciò un’occhiata di sbieco, mi sorrise e riabbassò la testa. Mi misi al lavoro anche io.

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