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Racconti Erotici Etero

Barbara, una moglie tettona.

By 3 Ottobre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Barbara, di mestiere sono assistente di un andrologo. Ma di questo poi ne parlerò. Sono sposata da un anno, per il momento non abbiamo figli. Lui si chiama Vincenzo, per il momento stiamo bene da soli, anche perchè abbiamo trovato un hobby da condividere in comune: la fotografia. In realtà è una passione che lui ha da sempre, ma dopo il matrimonio abbiamo cercato di svilupparla meglio. E l’obiettivo delle sue foto sono esclusivamente io. Poso per i suoi scatti, questo alimenta molto la vita di coppia. Ma si tratta sempre di scatti abbastanza innocenti, ci siamo spinti al massimo a scatti in costume da bagno, o magari in lingerie, ma nella maggior parte delle sue foto indosso vestiti scollati e minigonne. Non mi reputo una bella donna, non credo di esserlo. Ma i suoi scatti, mi fanno sembrare irresistibile. Anche perchè Vincenzo fa di tutto per mettere bene in mostra il mio seno, perchè porto una bella sesta. E sono grassoccia al punto giusto, con i capelli castani, come gli occhi. Solo una volta è capitato che Enzo mi chiedesse di posare in maniera “diversa”. Aveva incontrato un vecchio amico delle scuole, e a quanto pare ebbe un’idea piuttosto particolare. Ne discutemmo un pomeriggio, dopo pranzo. Stavamo seduti a tavola, a fumare la sigaretta post-pranzo.
– Sai, ho incontrato un amico delle scuole – mi disse. – Josè. Un ragazzo Etiope, ha la nostra età. Abbiamo parlato a lungo, non lo vedevo da molto tempoù. Poi non so per quale motivo gli ho chiesto di posare con te, per alcuni dei miei scatti.
– Va bene, Enzo – risposi. – Non ci trovo nulla di strano.
– In realtà gli ho detto che avreste posato nudi.
– Che novità è questa? Dovrei farmi fotografare nuda insieme ad un uomo che neanche conosco?
– Ma Barbara, si tratta di scatti innocenti. Mica dovete fare l’amore? Dovete solo abbracciarvi, accarezzarvi, come nelle pubblicità della Benetton.
– Beh, se si tratta solo di questo…
Diventai rossa di vergogna, solo pensandoci. Ma d’altronde non mi andava di rifiutare, si trattava solo di qualche innocente abbraccio. Il giorno dopo Enzo mi portò con sè, aveva prenotato una camera d’albergo, specificando però alla direzione che serviva per un servizio fotografico, e che quindi bisognava portare via ogni cosa, il letto, il comodino, l’armadio. La stanza infatti era completamente spoglia, ed era molto spaziosa. Josì ancora non c’era, e Enzo iniziò a posizionare le luci e tutto il necessario.
– Ora puoi spogliarti, amore.
Mi sfilai la gonna e la maglia a maniche lunghe, poggiando tutto su una sedia. Restai con le mutandine e il reggiseno, intenzionata a non toglierli per nessuna ragione. Arrivò finalmente Josè.
– Ciao Enzo.
– Ciao Josè. Lei è Barbara, mia moglie.
– Ehi, che belle tettone che hai – mi disse palpandomelke, istintivamente lo colpiii con uno schiaffo, ma leggero.
– Giù le mani. Ma cosa hai capito?
– Su, non fare la schizzinosa. Volevo iniziare a fare conoscenza con il tuo corpo.
Josè si sfilò la maglia, aveva un corpo ben scolpito. Poi si abbassò i pantaloni, e venne fuori molleggiando il suo cazzo già dritto.
– Digli di stare calmo al tuo arnese, perchè non siamo qui per girare un porno.
– Sei un pò nervosetta? – mi chiese, e mi si avvicinò, masturbandosi delicatamente. Tentò di baciarmi, ma io mi scansai, tirando indietro il viso.
– Josè, Barbara ha ragione. Forse hai capito male, non sono fotografie porno.
– Io in realtà pensavo che dovessi scoparmela, ma mi adeguerò, anche se non so se riuscirò a tenere a freno il mio uccellone.
Effettivamente aveva un cazzo spaventoso. Non ne avevo mai visto uno di quelle dimensioni, e non facevo altro che guardarlo.
– Adesso puoi spogliarti del tutto – mi disse Enzo, che stava mettendo il rullino alla macchina.
– Non vorrai mica che il tuo amico mi sbavi sulle tette?
– Barbara, se non lo fai le fotografie in questo modo non hanno senso.
Quindi decisi di collaborare, così non avremmo perso altro tempo. Mi feci scivolare ai piedi le mutandine nere, avevo un pò di vergogna, perchè Josè non faceva altro che guardarmi la passera pelosa. Poi mi slacciai il reggiseno, e le tette si liberarono con un balzo molleggiato.
– Che splendore – disse Josè, riferito alle mie tette. – Vorrei infilarci il cazzo lì in mezzo, però avrei paura di perderlo.
– Contieniti. Sei troppo arrapato – gli dissi.
Enzo ci diede il via, ci abbracciammo. Aveva iniziato a scattare. Guardavamo entrambi verso di lui, ma senza sorridere. Eravamo seri. E inoltre sentivo il suo cazzo eretto contro il mio inguine. Era enorme, mi eccitava anche se non volevo dimostrarlo. Ma mi stavo iniziando a bagnare. Le mie tette erano schiacciate contro il suo petto, la mia pelle bianca contro la sua pelle scura. Poi senza farsene accorgere, Josè spostò il suo arnese, verso l’interno delle mie cosce. Sentivo premere il glande contro la mia passera.
– Ehi, stai attento a dove la metti questa proboscide.
Poi cambiammo posizione, ci mettemmo di traverso alla macchina fotografica, e Josè stava alle mie spalle e mi abbracciava da dietro, coprendomi i capezzoli con le mani. La cappelle del suo cazzo premeva contro il buchetto del mio culone.
– Vacci piano, vuoi incularmi per caso?
– Sarebbe una bella esperienza, non trovi? Ti sodomizzerei con piacere qui, davanti a quel cornutone di tuo marito – mi disse con un filo di voce, per non farsi ascoltare da Enzo. E infatti non riuscì a sentire nulla. E io non seppi come rispondergli, perchè mi sentii violata. Ma in parte mi piaceva.
– Non permetterti più di dirlo, sennò ti arriva un altro schiaffo – gli dissi. Enzo scattò altre quattro fotografie.
– Mi farei schiaffeggiare da queste – mi disse premendo le mie tette, una contro l’altra.
Mi girai verso di lui, lo guardai negli occhi in modo severo. Gli presi in mano il cazzo e lo strinsi, ma non molto forte. Non gli feci del male, infatti sorrideva.
– Potrei stringertelo talmente forte da schiacciartelo – la mia mano non riusciva a chiudersi del tutto intorno al suo arnese, aveva un diametro che non aveva mai visto prima di quel momento.
– Amore, dagli qualche bacetto sul collo. Vi voglio vedere con più passione.
– Si, avanti, dammi qualche bacetto. Magari anche sul glande.
– Te lo scordi – gli dissi.
Avvicinai le labbra al suo collo. Lo baciai, a timbro. E continuavo a tenergli il cazzo in mano. Enzo scattava le fotografie. Poi Josè spostò il viso, e mi baciò sulle labbra. Cercai di divincolarmi, ma la sua mano raggiunse il mio culone, poi la mia passera bagnata, e fui sua. Avrebbe potuto farmi quello che voleva. Mi accarezzava la passera in maniera delicata, e credo che Enzo non se ne fosse accorto. Oppure faceva finta di niente. Allora aprii la bocca, e gli diedi anche la lingua. Ci baciammo per alcuni minuti, e la mia mano aveva cominciato d’istinto a masturbare Josè, delicatamente. Mi venne voglia di prenderglielo in bocca, ma non so la reazione di Enzo quale fosse stata.
Enzo aveva preparato anche un telo bianco, steso per terra. Voleva scattare qualche foto di noi due distesi teneramente sul telo. Quindi tenendolo Josè per il pene, lo portai verso il telo. Mi sdraiai, a pancia sotto, e Josè mi si mise sopra, si teneva sollevato con le braccia, e il cazzo diretto verso il mio culo. E lo sfregava contro il buchetto, impaziente di entrare.
– Così è perfetto ragazzi – disse Enzo, che scattava in continuazione. I flash illuminavano la stanza.
Poi Josè mi si mise di fianco, con l’arnese che si divincolava tra le mie cosce come un serpente. Glielo presi in mano e lo masturbai, con decisione. Era durissimo. Intanto con le labbra mi baciava le spalle, e con una mano mi accarezzava il culo. Poi sentii il suo medio penetrarmi nel buchetto, con un sussulto mi ci scostai, ma poi lo lascia fare. Mi penetrava con foga, mi faceva un gran male.
– Basta Josè, mi stai spaccando il culo – gli dissi. Mi misi a sedere. – Enzo, il tuo amico è molto arrapato.
– A quanto vedo anche tu – mi rispose mio marito. Si riferiva al fatto che tenevo nella mano il cazzo di Josè.
Quindi lo lasciai. Decidemmo di cambiare posizione, Josè si alzò, e in qualche attimo mi trovai il suo glande rosa puntato sulla faccia. L’avrei preso volentieri in bocca, era molto invitante, ma mi preoccupavo di quello che avrebbe detto Enzo.
– Dai, solo qualche bacetto. Non ti chiedo altro – mi disse Josè prendendo in mano l’asta e puntandomi il glande turgido sulle labbra. Lo fece sfregare contro, aspettandosi che l’avrei preso in bocca, ma non lo feci. Ma comunque non mi feci indietro.
– Amore, dagli qualche bacetto. Si tratta solo di baciarlo un pò. Non ti dico di prenderlo in bocca – mi disse Enzo.
Se era questo che voleva… baciai il glande, ma in maniera innocente. Dopo qualche scatto, però, infilai in bocca la cappella, gustandola con la lingua. Non avevo mai fatto un pompino, neanche a mio marito. Ma mi piacque subito. Ma non riuscii a infilare anche l’asta, talmente era grosso l’arnese di Josè. Muovevo la lingua con movimenti lenti, che lo coprivano di saliva densa, e lo lucidava. Lo guardai in viso, Josè mi guardava dall’alto sorridendo, mi guardava come una puttana, con sdegno, quasi. Stringevo le labbra, e lasciai che scivolasse fuori, per poi scivolare di nuovo dentro. Le mie guance si incavavano mentre succhiavo. Guardai Enzo, mi guardava e fotografava. Non sembrava dargli alcun fastidio. Per questo provai un pò di rabbia, ma allo stesso tempo piacere. L’avrei divorato quell’enorme arnese, e i miei denti scorrevano sul suo cazzo, rigandolo piano.
– Brava mogliettina, come sbocchini bene – mi disse Josè. – Andiamo, che poi alla fine c’è una bella sorpresa per te. Dove vuoi che te la dia, sulle tette? Sulla faccia?
Non gli risposi. Ero troppo impegnata a gustarmi quel momento. Lo trattenni un attimo in bocca e poi lo lasciai uscire lentamente. Mi spostai i capelli dal viso sulle spalle, per lasciarmi fotografare meglio, e prima di riprenderlo in bocca lo masturbai prima. Ma Josè con un grido di piacere mi inondò di sperma. Lasciai il suo cazzo e cercai di spostarmi, ma i fiotti di sborra comunque arrivarono sulle mie tette, uno sul braccio, e anche sui capelli.
– Che sborrata! – urlò masturbandosi delicatamente per far venir fuori le ultime gocce.
– Guarda cosa hai combinato! Sono tutta sporca – ero disgustata dai fiotti di sperma che avevo sul corpo. Un rivolo mi colò dal seno, fininendo su un capezzolo. Non avevo neanche il coraggio di togliermelo con le mani, quindi lo lascia lì. – Beh, direi che per oggi basta, non credi Enzo?
– Certo amore. Grazie Josè.
– Grazie a te Vicenzo. Anzi, mi farebbe piacere ripetere questa esperienza – mi puntò di nuovo il glande sulle labbra, voleva che gli leccassi via le ultime gocce di sperma. Ma io lo allontanai con una mano.
– Vai via con questo arnese. Che credi, che ti ripulisca lo sperma con la lingua?
Finalmente tornammo a casa, dove mi feci una doccia, prima di andare a letto, e continuare la mia solita vita lavorativa. Sarebbe tornato tutto normale tra me ed Enzo? Credo di sì. Ma c’è da dire che questa situazione non la dimenticherò tanto facilmente.

Per commenti o saluti: nynfetta@tiscali.it

Ho ventisette anni. Ho già avuto occasione di dire che sono assistente di un dottore. Un andrologo. Prima di scegliere questo mestiere, non sapevo quanto potesse essere imbarazzante. Spesso ai pazienti gli si indurisce, e il dottore mi sgrida, perchè dice che è colpa mia che sono troppo scollata. Io sono testarda, mi vesto come voglio. Più il boss si incazza e più faccio di testa mia. Ma a lui di certo non piace guardare le mie tette tramite le scollature pericolosissime che indosso, lui è gay. Convive con un uomo. Ma se devo essere onesta, quando lavora sembra un angelo, asessuato, senza pudore, una vera macchina. Infatti non è stato facile capire che è gay. L’ho scoperto perchè lo telefonano sempre molti uomini, con belle voci,
Io non controllo mai i cazzi dei pazienti. Sono lì a guardare e ad annotare, ad aiutare il dottore. Solo qualche volta il dottore mi ha chiesto di tenere sollevato il pene del paziente, mentre lui faceva altro. Ed era anche un anziano. Era tutto mollo. Ovviamente porto i guanti. Quei vecchi che ogni tanto vengono da noi, vogliono che sia io a visitarli. Una volta venne un anziano che aveva problemi con l’erezione, ovviamente, a quell’età. Bussò alla porta, e andai ad aprire.
– Prego, si accomodi.
Entrò nella stanza, io stavo firmando alcune carte che il dottore mi aveva chiesto di firmare al posto suo. Fece distendere sul lettino il signor Mario, dicendogli di sbottonarsi i pantaloni. Così fece, ma fissandomi in continuazione. Vedevo con la coda dell’occhio che mi guardava le cosce. Quel giorno portavo le calze e una minigonna, tanto corta che quasi si vedevano gli orli delle calze autoreggenti. Ad un certo punto il dottore si allontanò, per fare una telefonata. Si trattava di una telefonata lunga, perchè avevano chiamato per conto di un caso assai urgente. Cercai comunque di intrattenere in qualche modo l’anziano, che continuava a fissarmi.
– Che problema ha?
– Non riesco ad avere una buona erezione. Non so come mai. Dottoressa secondo lei?
– Eh, signor Mario, mi sa che deve rassegnarsi, è l’età. Comunque non voglio espormi. Dovrebbe aspettare che arriva il dottore ritorni. Arriverà tra un quarto d’ora.
– Ma siccome ho da fare non mi può visitare lei, intanto che arriva il dottore?
– Guardi, veramente non posso. Non sono competente come il dottore.
Continuai a leggere le carte, ma notai che a furia di guardarmi, al signor Mario stava venendo duro. Forse mi aveva raccontato una balla, era solo il pretesto per arrivare a me.
– Basterebbe un piccolo gesto da parte sua per farmelo ritornare come quando era giovane.
– Signor Mario, faccia il serio. Non vede che sto lavorando? E poi sono anche sposata.
Poi lo guardai, si stava accarezzando l’uccello, che aveva portato fuori dai pantaloni, e mi guardava. Ritornai ai documenti da firmare, cercando di ignorarlo, ma lui continuava col provocarmi.
– Ha due angurie…
– Grazie – risposi con un filo di voce.
– Certo che l’occhio ci casca. Ma dottoressa le posso chiedere una cosa?
– Certo.
– Ma il suo seno è rifatto?
– Ma come si permette? Forza, stia disteso e buono.
– Dottoressa ma come mai indossa questa bella minigonna da vera troia?
– Perchè, non le piace? In genere ai miei pazienti piace moltissimo. E poi come si permette di chiamarmi troia?
Cercai di ignorarlo, ma lui continuava con i suoi soliti commenti. Avevo quasi iniziato a non rispondergli più, ma più andava avanti con quelle provocazioni e più mi sembrava di impazzire di eccitazione. Mai nessuno mi aveva detto tutte quelle porcherie messe insieme.
– Dottoressa, venga, le devo dire una cosa a bassa voce.
– Va bene, ma facciamo presto – mi avvicinai.
Con la mano mi aspettava, mi invitava ad avvicinarmi. Mi avvicinai, ma per lui non era abbastanza, e mi disse di avvicinarmi ancora. Adesso era molto vicina al suo corpo, nudo dalla vita in giù. Guardavo il suo arnese duro.
– Non abbia paura, si abbassi verso di me, che devo dirle qualcosa a bassa voce.
Per la curiosità mi abbassi col busto verso di lui, ma non parlò. E subito notai che con la mano stava puntando il suo attrezzo in direzione delle mie tette, verso il mio grande scollo. Sentii la sua cappella toccarmi lì in mezzo, tra le due enormi tette. Allora mi rialzai col busto e gli schiaffeggiai il pene due volte.
– Lei è un maiale, signor Mario. Lei vuole queste, non è così? – gli domandai premendomi i seni, uno contro l’altro. – Non le avrà mai.
– Su, non faccia la schizzinosa. Tanto quel cornuto di suo marito non c’è. Si lasci andare.
– Comunque vedo che il suo arnese ha riacquistato virilità, è duro da far spaveno.
– Sa com’è, se devo essere sincero non ho nessun problema. Ero venuto qui solo per lei
– Solo per me?
– Dottoressa, sto morendo dalla voglia di avere le sue tette. Per favore, mi faccia una sega spagnola.
– Ma che modi! Comunque non sono una puttana.
Ma devo confessare che di voglia di farlo divertire un pò ne avevo molta. Tutte quelle sue parole mi avevano eccitata come una troia. Quindi mi tolsi la maglia nera scollata e le mie tette vennero fuori molleggiando, vistose, morbide. Non portavo il reggiseno, non è mia abitudine portarlo.
– Le farò lo stesso un controllo per vedere se è tutto a posto.
Mi abbassai sul suo arnese enorme, e le mie tette andarono a posarsi proprio su di lui, facendolo sparire per qualche attimo. E lo guardavo negli occhi, c’era molta depravazione nei suoi occhi. Ma cosa stavo facendo? Come mi stavo comportando? Iniziai a pensare che non era giusto quello che stavo facendo, ma intanto quella storia mi aveva intrigato e coinvolta.
– Succhia, succhia dai, o non lo sai succhiare?
– Signor Mario, lei sta abusando della mia disponibilità. Si era parlato solo di una sega spagnola.
– Su, si tratta solo di prendermelo appena un pò in bocca.
Si alzò dal lettino e mi prese per i capelli, voleva prendermi con la forza, ma io gli allontanai le braccia, non avrei mai fatto una cosa per costrizioni.
– Lasciami stare, maiale. Vuoi un pompino? Va bene, ma non c’è bisogno di usare la forza.
Mi inginocchiai. Mi puntò il glande contro le labbra, ma non lo volli prendere in bocca. Mi divincolavo con la faccia.
– Che c’è, non lo vuoi più?
Poi decisi di prenderlo in bocca. Spostai in direzione delle mie labbra il pene, baciai dolcemente il glande, dischiusi lentamente le labbra e feci sparire tutta la cappella dentro, feci roteare la lingua attorno un paio di volte, poi succhiando rumorosamente alzai la testa e feci uscire il pene dalla mia bocca. Teneva le sue mani nei miei capelli e con dei movimenti lenti mi spingeva la testa avanti e indietro, poi mi misi a leccare dal basso all’alto un paio di volte, circondai di nuovo il glande con le labbra e questa volta spinsi il pene dentro la bocca fino a metà asta. Poi presi a succhiare e a alzare la testa in alto e in basso. Lo feci venire fuori e gli sputo sopra. Ma lui lo prese con una mano e mi schiaffeggiò con il cazzo. Una cosa che non mi era mai capitata.
– Vieni, che adesso è il momento delle tue tettone. Il momento della sega spagnola.
Mi alzai, e lui si distese sul lettino. Mi inclinai sul suo cazzo e lo infilai tra le tette. Iniziai a masturbarlo con le tette premute contro il suo arnese, muovendo il seno dal basso verso l’alto. Continuavo a ondeggiare attorno al suo sesso, e lo sentivo così caldo e turgido contro di me, e mi sentivo una troia. Aumentai il ritmo della spagnola, le mie tette si arrossarono per lo sfregamento. Vedevo dal suo viso che stava per eiaculare, lo sentivo pulsare, e unì le sue mani alle mie, per stringere le tette in una tenera morsa molto forte.
– Dove mi vuoi sborrare? In bocca o sulle tette?
– In bocca, e devi anche ingoiare.
– Ti piacerebbe, eh? Brutto porco. Avanti, sborra adesso, tra le mie tette. Che ti è andata già fin troppo bene.
In quel momento dei fiotti di sperma vennero fuori, e mi imbrattarono tutto il petto, ma subito mi allontanai. Non ho un buon rapporto con la sborra. Volevo evitare che mi arrivasse anche sul viso, e il signor Mario restò a masturbarsi, guardandomi, per far uscire le ultime gocce. Aveva la bocca aperta, ero sicuramente riuscita a farlo godere, ma adesso dovevo mandarlo via. Quindi mi pulii con della carta e indossai di nuovo la maglia, e dissi a lui di rivestirsi subito e andare via.
– Ma si ricordi, questa è stata la prima e l’ultima volta. Non si azzardi più a chiedermelo.
– E non vuole farmi provare anche questo suo bel culone? – mi chiese alzandosi e palpandomi il sedere. Gli diedi uno schiaffo sulla mano.
– Ma è pazzo? Vada via, non la voglio più vedere. Non sono una puttana.
– Ma ne ha tutto l’aspetto – disse rivestendosi e ridendo. Poi uscì.
Se ripenso al fatto che gli presi addirittura l’uccello in bocca mi sento male. Ma cosa mi era preso? Per fortuna, fu l’unica volta che concessi il mio corpo ad un paziente. Nei mesi successivi mi trattenni alle continue provocazioni di altri, che anche loro morivano dalla voglia di esplorarmi le tette. E cercai di indossare vestiti meno scollati, perchè capii che quella volta avevo proprio esagerato.

nynfetta@tiscali.it

Io e mio marito Vincenzo, decidemmo di prenderci un giorno di vacanza alle terme. Niente di più rilassante. Dedicammo un giorno intero alla cura del corpo: fanghi, massaggi, piscina con idromassaggio. E Vincenzo non aveva di certo dimenticato la sua macchina fotografica, la sua passione, anzi, la nostra passione. Passò molto tempo a fotografarmi, in pose abbastanza innocenti: i primi scatti durante il massaggio, mentre l’esperto filippino mi massaggiava le cosce e la schiena, mentre ero distesa a pancia sotto su un lettino bianco, completamente nuda. Poi dopo scattò delle fotografie mentre ero immersa nella piscina con l’idromassaggio, ma questa volta avevo il costume nero, che le tette sembrava volessero farlo scoppiare. C’erano alcuni anziani lì con me, in piscina. E non facevano altro che guardarmi le tette. Uno di loro mi si avvicinò, con molta scioltezza. Per qualche attimo mi sentii corteggiata da quell’uomo, mentre mio marito continuava a scattare delle fotografie. Ma non pareva molto entusiasta di quegli scatti, perchè a parte le mie tette, non c’era altro che potesse sembrare un obiettivo interessante, per lui. L’uomo anziano d’altronde stava lì a parlare con me, e non potevamo certo chiedergli di accarezzarmi le bocce per far sembrare le fotografie più interessanti.
decidemmo di rilassarci con la sauna, entrammo anche qui in costume, e c’era un ragazzo seduto sulle panche di legno, tra il vapore che inondava la stanza. E che ragazzo! Sembrava un modello, con un fisico da scultura greca, con la pelle olivastra e i capelli scuri. Un telo bianco gli copriva il pene, ma io moriva dalla voglia di vederlo. Il suo corpo era tutto bagnato, ma tra qualche attimo lo sarebbe stato anche il mio e quello di mio marito, con tutto quel vapore.
– Buongiorno – gli dissi con un bel sorriso misterioso.
– Ciao – mi rispose.
Mi diressi verso la panca di fronte alla sua, mio marito si mise a sedere e posò la macchina fotografica a terra. ebbi una voglia pazzesca di mostrare a quell’uomo le mie tette, e anche tutto il resto del mio corpo, ma in realtà non sapevo se a mio marito la cosa avesse dato fastidio o meno. Ma decisi che dopo le fotografie scattate in albergo, niente sarebbe stato un problema per lui.
– Posso togliermi il costume o per te è un problema? – gli chiesi gentilmente.
– Fai pure. Anzi, se vuoi inizio prima io – rispose l’uomo, portandosi via il telo bianco e scoprendo il suo grosso arnese penzolante completamente depilato, come d’altronde tutto il resto del corpo.
Mio marito guardava interessato quella scena. Forse in lui stava nascendo l’idea di un nuovo servizio fotografico. Guardai con uno sguardo da vera porca il corpo nudo di quell’uomo, era uno spettacolo che non mi sarei aspettato. Quella giornata alle terme stava diventando interessante. Poi fu il mio turno, slacciai il pezzo di sopra del costume nero, e le tette si liberarono molleggiando.
– Ehi, che bell’arsenale – mi disse l’uomo.
– Beh, anche tu stai messo molto bene – poi mi liberai dello slip del costume, facendo respirare la mia passera scura e mettendola in luce. Adesso ero completamente nuda davanti ai suoi occhi.
Soltanto mio marito rimase in costume, ma non lo vedevo deciso a liberarsene. Forse per lui andava bene restare in quel modo. Mi voltai verso il mio Vincenzo, ma più che altro per mostrare a quell’uomo il mio bel culone. Mi chinai, però tenendo le cosce dritte, come per fare degli esercizi ginnici. Ma in realtà volevo farmi guardare da lui. E mi guardò, teneva gli occhi fissi su di me, e sul mio culo. Con le mani allargai le natiche leggermente, per non essere troppo esplicita, volli mostrargli il mio buchetto. Poi decisi che era arrivato il momento per le presentazioni, quindi mi voltai di nuovo verso di lui.
– Come ti chiami?
– Kledi. Siete dei fotografi? – ci chiese guardando la macchina.
– No – rispose mio marito, – è solo una passione. E nella maggior parte dei casi fotografo mia moglie Barbara.
– Siete sposati?
– Sì – gli risposi con un sorriso malizioso.
– Interessante questa vostra passione.
– Vuoi provare a fare due scatti con noi? – gli chiese mio marito. Speravo che glielo chiedesse.
– Certo, perchè no? – rispose con un sorriso.
– A te, Barbara? Andrebbe?
– Sì dai, scatta qualche foto – andai verso Kledi, e mio marito prese la macchina fotografica.
Mi misi al suo fianco, non mi ero mai sentita così arrapata per uno sconosciuto. Mi distesi sulla panca, con la testa appoggiata sulla sua coscia sinistra, a poca distanza dal suo enorme arnese, ma ancora non eretto. Guardai l’obiettivo con un sorriso malizioso, e mio marito scattò la prima fotografia. Già immaginavo lo splendore di quelle fotografie, la bellezza del suo corpo scolpito nel marmo accanto al mio cicciotto e caldo.
– Non sei a tuo agio? – gli chiese mio marito, che si aspettava di vedere il cazzo di Kledi in un erezione gigantesca.
– è che avrei bisogno di un aiutino per raggiungere l’erezione – rispose.
Non me lo feci ripetere, con una mano raggiunsi il suo cazzo e lo presi con delicatezza. La stessa mano dove portavo l’anello nuziale, la mia fede. Lo iniziai a masturbare delicatamente, e quello diventò enorme nella mia mano. Mi ritrovai a massaggiare un sogno di cazzo, con l’asta dura e il glande gonfio e rosa. Spalancai gli occhi per lo stupore.
– Fantastico. Così va bene. Masturbalo con delicatezza amore – mi disse mio marito, e intanto scattava.
La mia mano scivolava sul suo arnese ormai completamente eretto e duro come il legno. Il mio pugno chiuso scorreva dal basso dei suoi coglioni fino a raggiungere il glande, il vapore rendeva scivolosi i nostro corpi, e quindi anche la mia mano e il cazzo di Kledi, che un pò guardava l’obiettivo e un pò il lavoretto della mia mano. Teneva le gambe ben aperte, con una mano ragguiunse la mia schiena e mi accarezzò, facendo scivolare le dita sul vapore e sulle goccioline di sudore.
– Non ti infastidisce che tua moglie mi stia menando l’uccello? – chiese a mio marito, che intanto si era avvicinato con la macchina fotografica, per riprendere meglio la mia mano che percorreva l’arnese di Kledi a quattro dita di distanza dal mio viso.
– Non ci vedo niente di male. Si tratta solo di un set fotografico – gli rispose.
– Ce l’hai bello duro, mi piace da impazzire – gli dissi a bassa voce e guardandolo in faccia.
– Leccalo se ti va. Dai, facciamo qualche foto mentre me lo prendi in bocca.
A mio marito non sembrò dare fastidio quella proposta, continuava a scattare ad ogni mio movimento, quindi pensai che avrebbe acconsentito. Quindi lasciai momentaneamente l’uccello di Kledi e mi misi in piedi, scendendo dalla panca di legno. Adesso ero di fronte a lui, tutta per Kledi, che con le mani raggiunse le mie grandi tette morbide e le accarezzò. Erano tutte bagnate e scivolose, e Kledi si divertiva a premerle una contro l’altra. Mi baciò un capezzolo, poi mi accovacciai ai suoi piedi, e con il busto mi spinsi tra le sue cosce. Ripresi in mano il suo uccello masturbandolo con la stessa lentezza di prima. Con la lingua gli solleticai il glande, e scesi verso i coglioni, e poi di nuovo verso il glande. Mio marito ci fotografava da dietro, riprendeva il mio corpo di spalle, con la testa abbassata sul cazzo di Kledi, e lui che mi guardava mentre le labbra gli baciavano la cappella. Poi la feci entrare in bocca, e me la gustai, assaporai il suo gusto e la sua enormità. E lo guardavo in viso anche. Mi piaceva vederlo sorridere mentre gli tenevo il cazzo in bocca, e mentre roteavo con la lingua intorno al glande. Mio marito si era avvicinato a noi, adesso ci riprendeva da sinistra, con degli scatti continui. Pareva piacergli la vista della moglie attaccata al cazzo di un altro, o forse la sua passione per la fotografia lo disinibiva di fronte a tutto. Intanto avevo cominciato a muovere sù e giù la mia testa, facendo affondare il cazzp a metà asta nella bocca. Poi lo feci uscire fuori, e mentre lo masturbavo gli leccavo la base dei testicoli, per poi ritornare al glande, che stuzzicai con la punta della lingua. Gli sorrisi.
– Sei una vera porcella.
– So essere porca con gli uomini che mi eccitano.
– Ti va di cambiare posizione? – mi chiese Kledi.
– Cosa mi vuoi fare, maiale?
– Mettetevi al centro della stanza – ci disse mio marito. – Dai, amore, lascia stare per qualche attimo il suo uccello.
Kledi si alzò dalla panca di legno e mi prese per mano. Indietreggiò, e io lo seguii, ma in ginocchio, e con il cazzo di Kledi che ballava davanti ai miei occhi.
– Stenditi, con la faccia a terra e mettiti a pecorina. Facciamo qualche scatto mentre simuliamo una scopata da dietro.
Feci quello che Kledi mi diceva, appoggia le mani e il viso sul pavimento e puntai il culo verso l’alto. Sentii il suo arnese che sfiorava e accarezzava il buchetto del mio culone. Intanto mio marito scattava. E io desideravo che Kledi mi penetrasse per davvero, che quella non fosse solo una simulazione.
– Siete fantastici – disse mio marito. – Sembra che state scopando per davvero.
Kledi con le mani mi teneva il bacino, e con l’uccello era passato dallo sfiorarmi il buchetto del culo allo sfiorarmi la mia passera, che trovò un lago di umori. Era bagnata, e avrebbe accolto senza troppe difficoltà il suo cazzo. Con mio stupore sentii la sua cappella che cercava di penetrarmi, e subito fu risucchiata dentro. Dio mio, avevo il suo glande dentro. Cosa altro sarebbe successo? Non dovevo farmi scoprire da mio marito Vincenzo, perchè un pompino non era un problema, ma addirittura farmi fottere davanti ai suoi occhi, questo certamente non l’avrebbe accettato. Kledi con una spinta più violenta mi penetrò completamente, il suo cazzo mi entrò dentro fino ai coglioni. Serrai gli occhi e mi morsicai il labbro per il dolore, e per trattenere le urla. Kledi iniziò a spingere, dentro e fuori, dentro e fuori, intanto mio marito scattava, ma ancora non si era reso conto che quella non era una simulazione, ma mi stava davvero scopando. E non avevo mai accolto un cazzo di quelle dimensioni, e il dolore maggiore fu trattenere le mie urla. Kledi mi teneva per il bacino, e accompagnava i suoi movimenti. Il suo inguine e le sue palle sbattevano contro la mia pelle.
– Amore, non è che ci stai prendendo gusto? – mi chiese mio marito.
– Ma cosa dici, Vincenzo? – chiesi, e non riuscii più a trattenere i miei lamenti di piacere, i miei mugolii. – Non vedi che stiamo solo fingendo?
Intanto Kledi aveva cominciato a sbattermi con più prepotenza, e anche lui ansimava. Mio marito ci fotografava, e o non sospettava niente, oppure faceva finta di non essersene accorto, per il piacere di fotografarmi in quella posizione, con quell’uomo dietro di me, che si spingeva dentro di me, violandomi, in una squallida sauna. Era piacevole sentirlo scorrere nella mia passera, come un serpente, duro da farmi male. Chiusi gli occhi, liberai un urlo di dolore. Kledi insisteva, lo faceva uscire e poi rientrava in maniera violenta. Mentre dalla sua bocca uscivano lunghi sospiri. Mi accarezzò le spalle con una mano.
– Mhhh, sei il mio puledro. Montami col tuo cazzo duro, sono tua! é bellissimo! Non fermarti – dicevo.
– Avrei voglia di sborrarti dentro.
– Ehi – disse mio marito mentre scattava di continuo. – Mica te la stai scopando sul serio?
– Ma no amore, non vedi che stiamo soltanto simulando? – gli dissi per non insospettirlo. – Ohhh, fottimi, fottimi più forte! Sto venendo!
Un fiotto liquido bagnò il suo pene, ma non si fermò, mi continuò a scorrere nel ventre. Poi venne anche il suo turno, fece venire fuori il suo arnese e masturbandosi per qualche secondo il suo sperma schizzò sul mio culone, scendendo giù a metà schiena, a causa della mia pendenza. Dopotutto ero anclora chinata con il viso al pavimento e il culo all’aria. La sua sborra sembrava non finire più. Mio marito continuò a scattare, mentre io riprendevo fiato, e mentre gli schizzi di Kledi si esaurivano. La schiena era inondata del suo seme, lo sentivo scorrere, caldo, profumato. L’avrei anche ingoiato se me l’avesse chiesto, quell’uomo mi faceva impazzire. Mio marito si avvicinò con la macchina fotografica alla mia schiena, per riprendere la sborra che scorreva giù, lungo la mia schiena, mentre Kledi per ripulirsi dalle ultime gocce sfregò il glande contro il buchetto del mio culo, attaccando la sborra sui piccoli peli scuri che lo circondavano.
Quando ripresi fiato mi rialzai. Vincenzo ci chiese di abbracciarci, così avrebbe scattato qualche foto più romantica. Ci abbracciammo, lo baciai, lui con le mani mi accarezzò la schiena, spalmando la sua sborra su tutto il mio corpo, come una lozione. Poi scese fino al culo, me lo schiaffeggiò e mi disse in un orecchio:
– Mi sarebbe piaciuto scoparti anche questo bel culone grasso.
– Chissà, magari un giorno potrai realizzare questo tuo desiderio.
Indossai di nuovo il mio costume, lui il suo telo bianco. Dopo un altro bacio con tanto di lingua, uscii dalla sauna. Mio marito strinse amichevolmente la mano di Kledi, e uscì con me. Ero sporca di sperma ovunque, ma mi piaceva, aveva un bell’odore. Alcune persone che stavano alle terme se ne accorsero, e mi guardarono come una puttana. Ma io mi sentivo stupendamente. Mio marito mi prese per mano e mi disse che mi avrebbe accompagnato alle docce, ma io gli risposi che era meglio tornare a casa. Poi la doccia l’avrei fatta nel nostro appartamento. Ma la verità era che volevo sentirmi addosso ancora la sua sborra calda, il suo odore, la sua passione. Infatti ci rivestimmo, e andammo alla macchina. Ancora sentivo l’odore di Kledi sul mio corpo. Mi sentivo leggera, e avvertivo ancora le sue spinte dentro di me. Ma com’era possibile che mio marito Vincenzo non si era accorto di niente? Possibile che aveva finto di non accorgersene?

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Non ci furono altri episodi degni di essere fotografati. Per qualche settimana la macchina fotografica rimase reclusa nel suo fodero. Tutto sembrava piatto, mio marito ritornava dal laviri, poi rincasavo anche io, ma prima andavo a comprare il pane, al forno che abbiamo sotto casa, che da qualche tempo aveva cambiato gestione. Una sera entrai nella panetteria e scoprii forse uno degli uomini più belli del mondo. Restai a guardarlo per qualche minuto senza aprir bocca. A torso nudo, muscoloso, carnagione olivastra e molta farina sparsa sul corpo. Passarono i giorni, ma Tommi, così si chiamava il panettiere, sembrava molto preso dal suo lavoro. Quindi mi limitavo ad entrare nel panificio, comprare la mia forma di pane e andare via. Là al panificio sembrava svolgere lui ogni compito, perchè i genitori erano troppo anziani. Quindi era Tommi a fare il pane e a venderlo. Che vita stressante. Però avrei potuto dargli qualche soddisfazione, diciamo per non fargli pesare il lavoro. Imparai subito quali erano gli orari di affluenza delle persone, nella maggior parte erano vecchie. Purtroppo abito con mio marito in un quartiere dove la maggioranza sono anziani. La gente andava a comprare il pane alle sette, dopodichè avevo campo libero per giocarmi Tommi come volevo. Indossai la maglia più scollata che avevo, senza reggiseno, praticamente a momenti le tette mi balzavano fuori. Uscii di casa per raggiungere il panificio.
– Buonasera – dissi.
Lui mi guardò, scesi le scalette per giungere al negozieto e le mie tette molleggiarono. Per lui fu uno spettacolo unico, perchè lo scollo troppo largo mise a nudo un mio capezzolo, ma subito lo coprii.
– Buonasera signorina – mi rispose con voce calda.
– Signora – precisai. – Sono sposata.
– Ah, mi scusi.
Ero a qualche passo di distanza da Tommi. Lo guardavo massaggiare e palpare la pasta del pane. Immaginai come fossero abili le sue mani a massaggiare le mie tettone. Infatti me le guardò, forse anche a lui dovette venire in mente la similitudine tra la morbidezza della pasta e il mio seno.
– Ce l’hai caldo? – gli chiesi. Lui fece una faccia un pò perplessa. – Il pane, intendo.
– Oh sì, certo. Mi scusi signora, ma con tutto questo lavoro sono sovrappensiero. Come le piace il pane? – Tommu lasciò per qualche attimo la pasta, per andarmi a prendere del pane appena sfornato.
– Bello duro.
– Le piace duro?
– Oh sì – risposi con la testa tra le nuvole.
– E allora ecco a lei – mi consegnò la busta di carta con il pane dentro.
– Non ti fermi mai, vero? Ti vedo lavorare ad ogni ora.
– Eh signora, cosa ci vuol fare? – attaccò un lunghissimo discorso sulla vita che faceva.
Io mostrai finto interesse, più che altro gli guardavo gli addominali, e sognavo di toccarli, baciarli, sentirli contro il mio seno. Ad un certo punto decisi di azzardare, e con le mani, ma senza farmene accorgere, mi allargai lo scollo, scoprendo un capezzolo. Lui lo notò, mi desiderò, diventò rosso forse di vergogna. Feci finta di non essermene accorta, e continuai ad ascoltarlo, e a farmi desiderare. Volevo costringerlo a pensarmi per tutta la notte. Con quel capezzolo rosa nudo, quasi come se glielo stessi offrendo. Quasi come se gli stessi chiedendo di succhiarmelo. Ma ovviamente fingevo di non essermene accorta. Tommi posava i suoi occhi sulle mie tette di continuo, ma non voleva essere sfacciato, così cambiava subito direzione dello sguarùdo. Ma non poteva resistere alla vista del mio capezzolo nudo. Lo stava guardando, stava impazzendo per lui, avrebbe voluto morderlo, stuzzicarlo con la lingua.
– Che fai, guardi? – gli dissi ricoprendo fugacemente il seno. – Sei proprio un maiale.
– Signora, mi dispiace. Non volevo.
– E invece volevi eccome – lasciai i soldi del pane sul tavolo da lavoro e tornai a casa.
Mio marito fece una scenata poco credibile, mi chiese con aria di sospetto dove fossi andata con quella scollatura così profonda. Che stupido, lo sapevo che a lui piaceva quando indossavo quel genere di vestiti. Lo sapevo che gli piaceva quando gli altri uomini mi guardavano. Per calmarlo da quel suo finto scatto d’ira, mi tolsi la maglia liberando le tette, gli abbassai la zip dei pantaloni e gli feci una sega spagnola, seduta stante. Il giorno dopo ritornai al panificio, per comprare la solita forma di pane. Entrai da Tommi, con un’altra maglia, forse ancora più scollata.
– Hai calmato i tuoi ardori? – gli chiesi.
– Buonasera signora. Le do il solito?
– Sì – mi diede il sacchetto di carta con il pane dentro.
– Stanotte ho dormito malissimo – mi disse proprio mentre gli stavo consegnando i soldi. E allo stesso tempo mi consegnò qualcosa.
Sembrava una lettera. Mi guardò negli occhi, mi voleva, era certo. Non gli chiesi del perchè aveva dormito male, l’avrei capito dalla lettera. Tornai a casa senza neanche salutarlo. La lettera che mi aveva consegnato era piena di oscenità, mi raccontava tutto quello che avrebbe voluto farmi in una notte sola:

“Piccola dolce Barbara, devo dirle che lei è molto eccitante,
in sincerità vorrei anche dirle che se io fossi suo marito
la leccherei ogni volta in maniera diversa
le leccherei ogni volta un buco diverso.
Forse cercherei luoghi particolari per rendere
l’eccitazione più trasgressiva.
Non le nascondo che le sue tette adorerei leccarle
e mordicchiare i suoi capezzoli fino a farli diventare durissimi.
Ma la mia fantasia va anche alla sua patatina, sarà depilata?
Sento il bisogno di trombare, con lei. Fino all’ultima goccia di sborra che mi rimane nel corpo”.

Feci leggere la lettera anche a mio marito, che si fece una risata.
– Ehi, questo è pazzo di te.
– Beh, perlomeno potrebbe essere un buon soggetto per un nuovo set fotografico.
– E come facciamo a convincerlo?
– Queste basteranno – risposi premendomi le tette.
Il giorno dopo andai con mio marito giù al forno di Tommi. Avevamo anche la macchina fotografica. Erano le otto e mezza di sera e la panetteria non vendeva più il pane. Però la porta era socchiusa, come se mi stesse aspettando. Entrammo e chiudemmo la porta con una mandata di chiave. Scendemmo le scalette insieme, mano nella mano. Avevo deciso di indossare una camicia bianca e una gonna nera con uno spacco lunghissimo. Come biancheria intima solo un tanga rosso. Nulla più. Tommi capì subito che lui era mio marito, e diventò bianco dalla paura. Forse credeva che era lì per dirgliene quattro riguardo a quella lettera.
– Non preoccuparti Tommi, lui è qui solo per fare qualche foto. Tu potrai fare di me ciò che vuoi – mi avvicinai al fornaio sbottonando tutta la camicia e facendo venire fuori le tette. – Non devi preoccuparti amore.
Ma Tommi sembrava a disagio. Quindi gli presi le mani e me le portai ai fianchi, poi gli abbassai la zip dei pantaloni e gli infilai una mano nelle mutande. Cercai il suo cazzo, lo feci venire fuori e lo accarezzai, ma continuando a guardarlo negli occhi. Intanto mio marito aveva iniziato a scattare le prime foto. Sorridevo a Tommi, mi piaceva il suo arnese, anche se era ancora a riposo, ma con le mie carezze iniziò ad indurirsi, fino a diventare duro, con la cappella gonfia, le vene ingrossate. Tra il dubbio e la certezza mi tolse la camicia, poi anche la gonna, me la fece scendere ai piedi.
– Rilassati Tommi – gli dissi iniziando una lenta masturbazione del suo cazzo. – Noi siamo appassionati di fotografia. E cosa c’è di meglio di due amanti che fanno l’amore come soggetto?
– Lei ha delle tette fantastiche – balbettò Tommi.
– Dammi del “tu”, tesoro. E chiamami Barbara.
Tommi iniziò a capire che a mio marito non importava quello che mi avrebbe fatto. Quindi con le mani mi portò verso il suo tavolo da lavoro, e mi ci fece distendere con la schiena. La farina iniziò ad attaccarsi al mio corpo, mentre lui mi palpava le tette. E sentivo il suo cazzo fuori dai pantaloni che premeva contro le mie mutandine. Le mie grandi tette si coprirono presto di farina. Mio marito scattava foto di continuo. Poi Tommi mi sfilò le mutandine, e si inginocchiò. Tenendomi le cosce divaricate con le mani iniziò a baciarmi la passera. Socchiusi gli occhi, era fantastico. La sua lingua cominciò a leccare, aveva una lingua che mi faceva impazzire. Mi leccava con frenesia, mi infilò la lingua tra le labbra, sul clitoride, nell’attaccatura delle cosce, finendo sull’ano e in mezzo ai glutei. Urlavo di piacere, senza rendermi conto che a mio marito potesse dare fastidio. Ero come impazzita, Tommi leccava senza ritegno e senza fermarsi un attimo. Voltavo la testa a destra e sinistra, senza controllo, e con i denti mi mordevo il labbro inferiore, cercando di non urlare troppo.
Poi smise di baciarmi, e si alzò. Alzai il busto anche io, mettendomi a sedere sul suo tavolo da lavoro. Mio marito non faceva altro che fotografare. Tommi si mise a sedere di fianco a me. Gli presi il cazzo con le mani e cominciai a segarglielo, sembrava acciaio, tanto era duro; mi abbassai verso di lui e glielo presi in bocca e lo spompinai. Tommi si rilassò. Ma ero troppo arrapata, e non vedevo l’ora di essere scopata. E sapevo anche che sarebbe stata la prima volta che mio marito mi avrebbe vista scopare con un altro uomo in maniera così spudorata.
– Stenditi, amore – gli dissi, accompagnandolo con una mano sul petto. – Voglio il tuo uccellone.
– Oh, sì, ho capito cosa vuoi fare. Maiala.
– Bravo.
Mi misi sopra di lui, dandogli le spalle, perchè volevo che mio marito mi fotografasse anche in viso, mentre un altro uomo mi sbatteva. Presi con una mano l’arnese duro e caldo di Tommi e lo accompagnai nella mia passera. Sentivo le pareti della fica che si dilatavano all’entrata del suo cazzo, ma fu un attimo e mi scomparve dentro. Provai una sensazione sconvolgente, come se quel grande attrezzo mi stesse salendo fino alla gola. Iniziai a salire e scendere piegandomi in avanti per vedere, mi piaceva guardarlo mentre entrava ed usciva dalla mia fica. Iniziai a cavalcarlo come una forsennata e a gemere e gridare come una troia. Tommi mi teneva per i fianchi, poi ogni tanto le sue mani raggiungevano le mie tette, e le palpavano.
– Ehi Barbara, diventi sempre più brava – mi disse mio marito continuando a scattare fotografie. – O forse sei semplicemente allupata.
– Ti da fastidio che mi sto facendo sbattere da un’altro uomo? – gli chiesi con una voce molto affannata.
– Macchè, per il nostro hobby della fotografia potrei vederti trombare con chiunque.
Mi alzai in piedi, facendo scorrere fuori dalla passera l’arnese durissimo di Tommi. Poi scesi dal tavolo. Tommi mi capì al volo, e scese anche lui dal tavolo, facendomi spazio. Mi sdraiai sul tavolo da lavoro a ventre in giù, Tommi mi seguì e mi fu immediatamente sopra, divaricai le cosce, e indirizzò il suo cazzo sulla mia vagina e spinse con dolcezza, lo sentii scivolare dentro con facilità, allargai ancora di più le gambe e mi inarcai per offrirmi ancora di più, sentivo che entrava in profondità, credo che dentro di me stesse toccando punti mai raggiunti prima, iniziai ad incitarlo dicendogli di spaccarmi la passera, continuò a pomparmi per molto tempo. I nostri mugolii di piacere di intrecciavano, mio marito mi incitava, e incitava anche Tommi a fare di meglio, e intanto scattava.
– Forza amore. Dai. E tu Tommi, dai sbattiglielo dentro con più foga. Barbara è tua, puoi farle quello che vuoi.
Sentivo chiaramente ad ogni colpo di reni di Tommi rumore come di acqua, era il nostro sudore. Era il suo inguine che sbatteva contro il mio culone sudato.
– Ti sta piacendo fare la vacca? – mi chiese Tommi.
– Mi piace da morire – risposi.
– Adesso voglio una sega spagnola… puttana.
– Siiii – gli risposi con una voce molto infantile.
Tommi fece uscire dalla mia passera il suo arnese, e si mise a sedere sul tavolo. Abbassai il mio busto su di lui, e con le tette avvolsi il suo arnese duro. Cominciai a farle sobbalzare su giù, su e giù, su e giù. Tommi guardò il lavoro che stavo facendo, guardò verso il basso e vide il suo cazzo che appariva e scompariva tra le mie enormi tette. Aumentai freneticamente il ritmo e Tommi stava impazzendo dal piacere. Cominciò ad assecondare i miei movimenti, finchè non arrivammo ad ottenere un ritmo forsennato. Mio marito continuava a fotografarci da tante angolazioni. Tommi mugolava di piacere.
– Ti piacciono le tette calde di mia moglie, Tommi? – gli chiese mio marito.
– Oh sì, sto per venire quasi.
– E vieni, maiale – gli risposi.
Tommi stava per sborrare, lo sentivo dalle pulsazioni del suo glande contro le mie tette. E allora accelerai il movimento delle mie tette, fino a quando i fiotti di sperma schizzarono sulle mie tette e sul mio collo. Uno schizzo più forte saltò fino alle labbra. Mi riversò addosso tantissima sborra. Ne aveva tantissima, sembrava non finisse mai. Giallina e calda, scivolò anche sui miei capezzoli.
– Eri proprio arrapato come un maiale, eh?
Lo liberai dalla presa delle mie tette e con la lingua lo ripulii dalle ultime gocce di sborra.
– Ah, sei eccezionale Barbara – mi disse Tommi. – Succhiami il cazzo, dai.
Con una mano mi spinse la testa, in modo da infilarmi il cazzo in bocca fino ai coglioni. Ma quel gesto non mi piacque, quindi smisi di leccarlo e lo colpii con uno schiaffo.
– Eh no Tommi, io ti spompino, ma non mi devi costringere con la forza.
Colpì il suo arnese con un altro schiaffo. Poi mi rimisi in piedi, e mi pulii il viso con un fazzoletto. Poi presi i vestiti da terra. Ci rivestimmo. Mio marito sembrava abbastanza felice per gli scatti. Ci salutammo, Tommi cercò di baciarmi cercando la mia lingua, ma io gliela feci solo sfiorare. Mi colpì il culo con uno schiaffo, poi con mio marito tornai a casa, e mi preparai per una doccia, per rilassarmi e per togliere via dal corpo le tracce della sborra.

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Finalmente arrivarono le vacanze. Affittamo una casa in un bel paese di mare. Il primo giorno fu devastante perchè c’era da pulire tutto l’appartamento e disfare le valigie, quindi preparare da mangiare e sistemare il necessario. Quella sera eravamo distrutti. Mio marito mi propose qualcosa da fare che non mi sarei mai aspettato. Lì, in quella ridente cittadina dove avremmo trascorso le vacanze c’era un cinema porno; ebbene mio marito mi chiese se me la sentivo di andare a guardare il film che davano quella sera: La Mujer Pantera con Nacho Vidal. Rimasi perplessa e con gli occhi spalancati quando mi propose questa cosa. In principio non sapevo cosa rispondere, però poi pensai che poteva essere un’esperienza nuova. Andammo allo spettacolo delle dieci, in sala c’erano una decina di uomini che mi seguirono con gli occhi fino a quando con mio marito trovammo un posto a sedere tranquillo e appartato, nelle prime file. Il mio cuore batteva a tremila per l’eccitazione, non avevo mai fatto una cosa del genere. E poi come una stupida avevo indossato un vestito abbastanza provocante: una minigonna nera e una camicia di satin molto stretta che dovevo tenere per forza aperta sul collo altrimenti le mie grandi tette poteano far esplodere tutti i bottoni.
– Ti guardano tutti – mi disse mio marito.
– Ci credo. Non vedi che sono tutti arrapati come tori?
Il film cominciò, calò il buio nella sala. In principio il film sembrava normale, poi ecco apparire una coppietta di amanti, lei bellissima con i capelli rossi, un naso leggermente grande e un corpo perfetto. Lui un tipo tutto muscoli e con qualche tatuaggio sulle braccia. Erano in piscina, il tempo di spogliarsi e farsi un bagno e poi ecco che ci danno dentro con una sana scopata. Mio marito si abbassò la zip dei pantaloni e lasciò venire fuori il suo arnese duro. Come gli altri uomini era eccitato da paura.
– Ehi amore, oddio che erezione!
– Sì, sono arrapato Barbara! – si iniziò a smanettare lentamente.
– Aspetta tesoro, ci sono qua io – con una mano gli raggiunsi il cazzo, lo impugnai e proseguii il suo lavoro.
– Ma Barbara, che fai?
– Lascia che sia io a farti godere.
Iniziavo ad eccitarmi anche io, quelle immagini erano molto stimolanti. Un pò guardavo il viso di mio marito in estasi e un pò il film che proseguiva, e la ragazza dai capelli rossi godeva ai bordi della piscina. Un uomo si mise a sedere sulla mia destra, e guardò di sfuggita il lavoretto di mano che stavo facendo a mio marito, poi mi sorrise. Seguitò a guardare il film, poi ad un certo punto anche lui fece venire fuori il cazzo dai pantaloni iniziandosi a smanettare, ma guardando di più me che il film. Si segava guardando le mie tette e io lo vedevo benissimo con la coda degli occhi. La cosa mi eccitava moltissimo.
– Signorina mi scusi – mi disse dopo qualche minuto. – Non vorrei importunarla, ma potrebbe darmi una mano come sta facendo col signore?
– Il signore è mio marito – risposi in modo canzonatorio.
– Mi scusi, non avevo capito.
– Non si preoccupi – continuai, – adesso vediamo subito cosa si può fare.
Con una mano impugnai anche il suo cazzo, iniziando una lenta masturbazione. Mio marito mi guardò con sorpresa, ma gli piaceva e non mi disse niente. L’uomo aveva un glande così gonfio che sembrava volesse esplodere da un momento all’altro in una grande sborrata, e continuava a fissarmi in viso e poi scendeva con gli occhi fino alle tette. Dietro di me sentii qualcuno, una prensenza: era un uomo con i pantaloni abbassati che sfregava il suo cazzo contro i miei capelli. Mi girai appena e il suo glande bello grosso e bollente mi toccò il naso. Mi rigirai subito facendo finta di niente. Sentivo solo la sua asta infilarsi tra i miei capelli scuri, fino a quando gli schizzi di sperma mi colarono sulla testa. Sborrò anche mio marito, e poi l’uomo alla mia destra, che masturbai con più intensità, i suoi fiotti erano densi e mi ricoprirono le dita e il polso.
– Oh sì, così signora. Fantastico!
Ma volevo evitare che si formasse una fila di uomini che pretendevano di eiaculare con il mio aiuto, quindi dissi a mio marito che volevo andare via, e così fu. Uscimmo dal cinema e ritornammo a casa. Quando rientrammo ci abbracciammo e scoppiammo a ridere, consapevoli di aver fatto una ragazzata. Avevo ancora le mani sporche di sperma, e anche i capelli. Mio marito lo notò e mi chiese come ci fosse finita lì.
– Credo che un uomo si sia masturbato dietro di me. Lo sentivo sfregarsi contro i miei capelli. Ognuno…
– Già, ognuno ha le proprie depravazioni – continuammo a ridere tenendoci per mano.
– Io ho scoperto la mia.
– E sarebbe?
– Essere guardata. Quando quell’uomo mi ha chiesto se mi andava di smanettarlo guardava più me che il film.
– Che ti piace essere guardata già lo sapevo.
Andai a fare una doccia. Ero particolarmente stanca. L’indomani mi sarei concessa una lunga giornata di sole. In genere finiva che dopo un’oretta di mare ritornavo a casa e restavo fuori in giardino a prendere il sole in costume, distesa su una comodissima sdraio. Eh sì, perchè la nostra casa aveva anche un piccolo giardino a differenza degli altri appartamenti dell’edificio. Mio marito era in casa a dormire quando ad un certo punto notai su un balcone del primo piano un uomo che mi fissava. Due occhi da depravato, al medio della mano destra portava la fede. Era sposato, ma la moglie non c’era in quei giorni, e quindi poteva guardarmi quanto voleva. Portava un accappatoio bianco addosso. Mi tolsi gli occhiali da sole e lo guardai anche io, ma senza alzarmi dalla sdraio. L’uomo fece un sorriso beffardo e lentamente si aprì la parte di sotto dell’accappatoio, facendo venire fuori il suo arnese già bello duro. Me lo mostrò per bene, voleva che glielo guardassi e lo accontentai. Guardai il suo arnese, poi con un atteggiamento quasi da snob mi rimisi gli occhiali e feci finta di ignorarlo. Ma in realtà da sotto le lenti scure continuavo a guardarlo, mentre cominciò una lenta masturbazione continuando a fissarmi con quegli occhi da pervertito.
– Madonna che tette che hai! Perchè non lo togli quel costume?
Lo ignorai, d’altronde non potevo esaudire quel suo desiderio. Non eravamo soli in quel condominio, e non mi andava di farmi vedere nuda da tutto il vicinato. Però dentro di me avevo una voglia matta di accontentare lui, di farmi vedere tutta nuda da quell’uomo. Ma come potevo fare? Mi piaceva da impazzire essere guardata in quel modo, da uomini di quel tipo, arrapati come maiali.
– Io mi chiamo Ettore. E tu?
Non gli risposi, ma di lì a pochi attimi mi gustai tutta la scena dell’eiaculazione. Il nostro vicino stava sborrando sul suo balcone, e lo sperma cadde sul suo pavimento. E il fatto che stesse godendo in quel modo grazie a me mi fece sentire così felice e così eccitata che dovevo trovare il sistema per permettergli di vedermi tutta nuda. Mi alzai dalla sdraio e rientrai in casa, Ettore mi seguì con gli occhi per tutto il tragitto. Quella sera dopo aver fatto l’amore con mio marito gli parlai di quello che era successo quel pomeriggio, raccontando ogni dettaglio, tutta la scena, fino all’eiaculazione di Ettore. Mio marito sorrise, quella storia in parte lo eccitava e in parte lo incuriosiva, il suo pene tornò duro. Adorava quando gli raccontavo porcherie, specialmente quando c’ero io di mezzo. Allora gli presi il cazzo in mano e iniziai a masturbarlo lentamente, più per distrazione che per farlo godere, e continuando a dire quello che era successo quel pomeriggio.
– Era chiaro che voleva vedermi nuda. Senza il costume. Mi è dispiaciuto molto non poterlo accontentare – gli dissi, – ma non potevo spogliarmi lì in giardino, di fronte a tutto il vicinato.
– Beh, puoi sempre rifarti.
– Che intendi dire?
– Dico che domani sarà di nuovo lì sul balcone a spiarti. E magari puoi invitarlo qui da noi, e…
– … e farmi scopare da lui – continuai con tono apatico. – Ma non voglio scopare con lui.
– No, non intendevo questo. Io penso che quell’uomo sia soltanto un guardone. Lo inviti qui da noi e ti spogli, ti lasci guardare, nuda, mentre lui si fa una sega.
Mio marito aveva avuto proprio una bella idea. Gli sorrisi, era un gran porco anche lui. Ma un porco gentile, non come gli altri uomini. Allora il giorno dopo stesso costume e stessa sdraio, ma questa volta mi spalmai dell’olio su tutto il corpo, non avrebbe resistito al mio invito. Ettore arrivò al solito orario, con il solito accappatoio bianco sul corpo e mi iniziò a fissare con gli stessi occhi da depravato. Aveva un petto molto peloso e bagnato, era appena uscito dalla doccia. Si spostò l’accappatoio facendo venire fuori il suo arnese eretto mostrandomelo. Aveva un glande bello gonfio, e tutt’intorno all’asta delle vene in rilievo molto grosse. Era una bella bestia.
– Ciao – mi disse tenendosi l’arnese alla base dell’asta.
– Tua moglie non è gelosa quando guardi le altre donne?
– Mia moglie è via per qualche giorno. Non credo che sia a conoscenza che abbiamo una vicina così eccitante. Perchè non te lo togli quel costume? così mi fai vedere le tue belle tettone. Certo che hai un arsenale…!
– Qui non posso. Ma se vieni dentro ti faccio vedere tette e anche qualcos’altro.
Ettore non se l’aspettava, e balbettando mi chiese se mio marito fosse in casa.
– Sì è dentro. Ma non devi preoccuparti, non è per niente geloso.
Ettore rientrò in casa e si affrettò a scendere al piano terra, quindi in qualche attimo fu davanti alla nostra porta. Bussò il campanello, andai ad aprirlo e lo accolsi in costume e con una camicia bianca abbottonata. Volevo fare uno spogliarello completo davanti ai suoi occhi. Si comportò da vero guardone, non mi mise neanche una mano addosso. Con un sorriso lo accolsi nel salone dove c’era mio marito appoggiato con il sedere al tavolo da pranzo, e con la macchina fotografica a portata di mano. Ettore era un pò imbarazzato dalla presenza di mio marito, ma subito si mise a sedere sul divano. Nel salone c’era uno stereo, lo accesi facendo partire una musicassetta di Eros Ramazzotti, poi andai verso Ettore.
– Sei troppo rigido, Ettore. Adesso ti aiuto a metterti a tuo agio.
Gli slacciai la cintura dell’accappatoio allargandoglielo, il suo cazzo mostruosamente eretto schizzò fuori fiero e dritto come una spada.
– Ehi, guarda qui che abbiamo! – dissi con entusiasmo. Glielo accarezzai un pò, poi gli tolsi l’accappatoio gettandolo su una sedia.
– Non vede l’ora di vederti tutta nuda – disse mio marito che aveva iniziato a scattare qualche foto già mentre spogliavo Ettore.
– Adesso lo accontentiamo.
Iniziai una danza molto erotica sulle note di quella musica, mentre iniziavo a sbottonarmi la camicia, un bottone alla volta, fino all’ultimo. Poi me la sfilai lentamente. Ettore si prese l’uccello in mano iniziando a menarselo un pò. Mi sfilai il pezzo di sopra del costume e le tette si liberarono con un balzo, le presi con tutte e due le mani premendole una contro l’altra. Mio marito scattava foto su foto, la situazione gli piaceva moltissimo. Allora cominciai ad abbassarmi la parte di sotto del costume, lentamente fino a farla arrivare ai piedi, e con un calcio la lanciai su Ettore, il costume gli finì sulla faccia, lo prese e annusò l’odore della mia passera. Gli sorrisi e feci qualche posa provocante, il nostro ospite stava impazzendo. Mi misi a novanta gradi, con il mio culone rivolto verso di lui. Con le mani teneva aperte le natiche in modo da potergli mostrare il mio buchetto. Poi mi rialzai e mi distesi a terra, a pancia sotto, ficcandomi due dita in bocca e guardando Ettore che intanto continuava a menarsi l’arnese. Mi rialzai e andai verso di lui, facendogli ballare a due dita dalla faccia le mie tettone. Mi sdraiai a terra e allargai le cosce proprio davanti a lui, e con una mano mi allargai le labbra della mia passera. Ettore me la guardava con degli occhi accesi, e con la mano accelerò i movimenti della mano.
– Ti presento la mia passera – gli dissi con una voce molto calda.
– Al solo pensiero di starci dentro… vengo! – rispose Ettore.
I fiotti di sperma saltarono fuori andandosi a posare un pò sul pavimento e un pò sulla sua mano. Stando a gattoni andai verso il suo cazzo in eruzione, mio marito mi seguì con la macchina fotografica, e mi scattò alcune foto mentre con due dita prendevo un rivolo di sperma che colava dall’asta e me lo portavo alla lingua. Ma non lo ingoiai, senza dare nell’occhio andai in bagno a sciacquarmi, mentre Ettore raccoglieva il suo accappatoio. Lo raggiunsi mentre stava andando via.
– Grazie… mhh…
– Barbara. Mi chiamo Barbara.
– Sì, Barbara. Sei stata fantastica. Peccato che domani ritorna mia moglie.
– Non preoccuparti, sarà il nostro piccolo segreto – gli dissi accarezzandogli un braccio.
– E quelle foto? – mi chiese.
– La fotografia è la nostra passione – rispose mio marito. – Le teniamo per noi, non preoccuparti. Non le vedrà mai nessuno.
– Ah, bene. Allora grazie ancora.
Ettore andò via e io e mio marito ridemmo di quella nuova avventura, lasciandoci cadere sul divano ad accarezzarci e a baciarci per un’ora intera. Amo mio marito, e ogni mese che passa sento il nostro rapporto rinvigorirsi sempre di più. Il sesso se lo si fa con fantasia non può far altro che arricchire la coppia. Questa è la mia vita, e anche se può essere criticata continuerò in questo modo, godendo di ogni attimo e di ogni parte del mio corpo, fino a quando mi sarà possibile. La rosa bisogna coglierla finchè è fresca.

Fine.

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