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Beth, quella che avrei sempre voluto

By 19 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Beth non era quel genere di ragazza che amava girare vestendosi di abiti corti o provocanti, non era neanche quella ragazza che si tappezzava dalla fronte al mento di chili e chili di trucco o fondo tinta. Beth era più una ragazza che amava apparire riservata, educata ed equilibrata.
Beth era una ragazza di classe, una di quelle che preferisce 2 centimetri in meno di tacco ma una camminata molto più sensuale e libera.. Beth era così, non amava apparire o catturare l’attenzione, lei sapeva suscitare l’interesse di chi voleva, quando lo voleva ed esattamente nel modo in cui lo voleva.
La conobbi a 17 anni, era una ragazzina gioiosa e molto educata, la fidanzatina di Giorgio..
Ah già.. Giorgio..

Giorgio era un ragazzo della IV liceo, io ai tempi ero in III e in 3 anni non mi ero nemmeno domandato come si chiamassero gli alunni delle classi superiori. Quando conobbi Giorgio eravamo in una gita in Francia, a Parigi.. A dire il vero non mi impressionò positivamente, anzi se devo essere proprio sincero il primo pensiero che mi attraversò la mente quando lo vidi per la prima volta fu “ora gli tiro un pugno..” .
Giorgio era come me, un ragazzo che diventava quasi quello che non era, una maschera amica di tutti e dal carattere sempre consono al momento e al luogo.
In quella serata entrai nella stanza dove c’erano le mie compagne di classe e altri ragazzi, Giorgio era in bagno che riempiva d’acqua gelata la vasca per mettere in freddo le circa 50 bottiglie di birra che aveva preso riempiendo nel pomeriggio tutti gli zaini dei vari compagni.

Alle 21:30 di sera erano già pienamente ubriachi, ridevano e scherzavano come dei forsennati e nella mia mente non c’era altro che il viso splendido di Laura, una mia compagna di classe. Ricordo ancora che delusione quando la vedetti limonare pesantemente con quel deficente di Mirko della IV..

Facendola corta insomma conobbi Giorgio fra una vomitata e l’altra, non nostre eh.. non sia mai.. Lo conobbi scambiando quattro parole nel bagno dove lui era impegnato fare da barman e io da semplice spettatore. Con l’andare avanti della serata i più ubriachi passavano dal bagno a scaricare.
Notai subito in lui un carattere simile al mio, due maschere del resto si riconoscono in certe situazioni.. Fecimo ognuno la propria parte, esponendo poco della nostra vita privata e rimanendo sul vago piacevole che generalmente intrattiene per ore le conversazioni dei bar o dei ristoranti. Funzionò..

Giorgio e io rimasimo amici anche dopo la gita in Francia e con il passare delle settimane iniziavamo a tornare a casa facendo parte del tragitto assieme e scambiando sempre opinioni più o meno simpatiche sui professori che avevamo in comune.
Fu così che un giorno uscendo da scuola notai Beth, aspettava Giorgio all’uscita ed era in punta di piedi per riconoscerlo fra la folla, la sua figura slanciata era sensuale e forse Beth nemmeno se ne rendeva conto, aveva addosso già gli occhi di mezza scuola.. Ecco si, c’erano anche situazioni nelle quali Beth attirava gli sguardi dei maschi senza rendersene conto, quella giusta dose di disattenzione che la faceva sembrare un essere umano e non un angelo.. Era davvero difficile trovare qualche difetto in lei nel primo periodo in cui la conobbi.

Fatto sta che quel giorno Giorgio mi presentò a Beth, con quel sorriso spaziale che ancra oggi ricordo indelebilmente. Fecimo parte della strada per arrivare al tram assieme, loro quel giorno si sarebbero andati a fare una passeggiata in centro prima di tornare ognuno a casa.
Così ebbi a disposizione una decina di minuti per parlare con lei..
Giorgio era come me, non amava sventolare le proprie intimità o i propri affetti davanti a tutti e difficilmente accettava la presenza di Beth fuori da scuola, specialmente perché sapeva bene che genere di persone erano i suoi compagni di classe. Del resto come dargli torto, a 18 anni hai voglia di fare sesso con una donna anche nel mezzo di un funerale…

Quel giorno fu il primo di tre incontri casuali con Beth… Sempre nelle stesse circostanze.
La terza volta eravamo usciti in un gruppetto di quattro persone e stavamo andando verso la fermata del tram quando all’improvviso notai Beth lungo la strada che aspettava Giorgio.
I ragazzi del gruppetto ancora non la conoscevano e Giorgio la presentò a loro in modo sbrigativo, per continuare a parlare della difficile verifica che li attendeva l’indomani.
Così ne approfittai e mi misi affianco a Beth per farle un po’ di compagnia, rimase piacevolmente colpita dall’attenzione che le rivolsi in quel momento e fu lieta di lasciarmi il suo contatto per continuare a parlarci anche su msn…
Msn ricordate? eh si ai tempi altro che whatsapp, smartphone in mano a chiunque e internet illimitato.. Ai tempi c’era msn e basta, nemmeno facebook a momenti..

Così da quel giorno io e Beth avevamo un tacito appuntamento al computer, amavamo parlare di tante diverse cose e col il passare dei giorni e delle settimane gli argomenti di cui parlavamo divenivano sempre più personali e riservati.

Fu così che imparai a conoscere lati di Giorgio che mai mi sarei immaginato, lati negativi, di una persona volgare e rude, di una persona iper possessiva anche oltre ciò che può essere ritenuto lecito. Ma anche Beth era una gelosona, innamorata persa di Giorgio era disposta ad accettarne anche i lati negativi pur di stargli affianco.
Passò un anno, quando Beth e Giorgio si lasciarono.. Fu una scelta di lei, ormai giunta all’esasperazione più totale.
Giorgio sparì velocemente dalle nostre vite, scomparve con la stessa velocità e casualità con la quale a Parigi il caso ci aveva fatto conoscere.
Ammetto che in alcuni casi come persona mi manca un po’, vagamente psicopatico come piace essere a me, con la giusta dose di carisma e determinazione e follemente innamorato.
A me fortunatamente &egrave sempre mancata quella gelosia tale da divenire restrittivi oltre modo.
Ammetto che delle volte dalle confessioni che mi faceva Beth pensavo fosse un contratto di prigionia e non una relazione, ma queste erano scelte demandate a loro..

Beth mi piaceva e mi piaceva anche tanto, ma qualcosa in lei me a faceva apparire ben più che una semplice amica o conoscente.. Io la vedevo come una sorella e ben presto divenne un taboo quello di pensarla o immaginarla nuda. Già, perché inizialmente su Beth feci tante fantasie, come un qualsiasi ragazzo di 18 anni che attraversava un difficile periodo ormonale.

Poi con il passare del tempo iniziai quasi a sentirmi in colpa per come la immaginavo, spogliata di ogni vestito che dolcemente popolava e arricchiva il suo corpo, dominata da un uomo che nemmeno conscevo. Non potevo pensarla in quel modo, mi dava una sensazione terribile e mi sembrava di sminuire l’importanza e la bellezza che Beth suscitava in me..

Era come una sorella per me. Guai a chi me l’avrebbe toccata!

Assecondavo ogni suo pensiero quando mi parlava dei problemi con Giorgio, a volte le dicevo che mai mi sarei comportato in certi modi se fossi stato il suo fidanzato. La veneravo per il suo modo di pensare e per il suo essere sensibile di fronte ad ogni situazione. Beth soffriva in silenzio, incassava i colpi e mandava giù i bocconi più amari, ma non dava mai l’impressione a chi la scalfiva di capirlo. Con Giorgio era la stessa cosa, si chiudeva, diventava fredda, il silenzio diveniva il suo modo di vivere i momenti in compagnia e quando il suo ragazzo faceva l’errore di chiederle che cosa avesse ecco che a ciel sereno scoccava il suo fulmine.
Quando si lasciarono Beth aveva conosciuto il mio migliore amico dei tempi, Carlo.. Carlo &egrave ancora oggi uno dei miei più grandi e storici amici, a distanza di anni penso che sia cambiato davvero poco di ciò che provo nei suoi confronti.
Ho pensato inizialmente che la presenza di Carlo fosse stata il tassello che a Beth mancava per trovare la forza di lasciare Giorgio. Tale tesi veniva avvalorata dal fatto che Carlo si mise con Beth dopo solo due settimane che Giorgio uscì di scena come fosse un fantasma.

Così mi ritrovai Beth da una parte, la mia sorellina, e dall’altra Carlo, il mio migliore amico. Non potevo essere più felice di così, a dire il vero ai tempi avevo fatto non poco perché Carlo e Beth si consocessero meglio e approfondissero il loro rapporto, io nel frattempo mi ero messo con Laura e mi sentivo sistemato.
Laura era ed &egrave una ragazza d’oro, l’unica che mi abbia mai conosciuto così profondamente e che mi abbia visto soffrire così tanto.. Era fra le amiche più intime di Beth e non a caso fu lei a presentarci un giorno, una sera, ad un locale. Mi misi con Laura poco dopo e assieme iniziammo a diventare intimi e affiatati. Ci vollero un po’ di mesi perché uscissimo da una certa situazione di imbarazzo collettivo ma quando le cose si stabilirono eravamo ormai diventati una coppia di nome e di fatto, e stavamo bene.. Stiamo bene.

Ma come tutte le cose che sembrano troppo belle per essere vere anche la mia enorme amicizia con Beth un giorno trovò il suo termine.. Il sipario su quel rapporto calò per una serie di sfortunati eventi e di incomprensioni. A dire il vero ancora adesso mi domando perché, ma ne sono successe davvero tante nel mentre e non saprei davvero da dove iniziare per farvi capire quali siano state le vicissitudini che hanno portato alla situazione attuale.

Fatto sta che arriviamo ad oggi..

Oggi non vado più a scuola, oggi non sono più oberato da compiti e paure di professori e interrogazioni.
Oggi sono “maturo”, lavoro e mi guadagno da vivere da solo, ho una macchina, i soldi per mantenermi e per mantenere i miei sfizi.
Oggi ho i soldi per andare a mangiare fuori, per offrire una birra ad un amico che si presenta sotto casa per scambiare quattro chiacchere, oggi mi sento un uomo. Non più un ragazzo.
Oggi so capire quando &egrave il momento per tacere e quando il momento per controbattere, sono capace di affrontare le situazioni mettendo da parte quell’impulsività che da sempre ha caratterizzato i miei gesti più eclatanti e le stronzate più degne di nota.

La stessa cosa &egrave stata per Beth, con la sola differenza che in tutta questa miriade di cambiamenti post maturità ha inserito anche un percorso unviersitario.
Di lei so solamente quello che mi racconta Carlo di tanto in tanto. Io e lui non siamo cambiati da allora e in questo devo riconoscergli un grande merito.

Carlo mi &egrave sembre stato accanto a modo suo, mai troppo affiatato per soddisfare le mie aspettative da amico del cuore, ma nemmeno troppo distaccato o assente per far si che mi dimenticassi di lui e del bene che gli voglio. Carlo oggi lo sento più volte a settimana, ogni tanto lo vedo e ci parlo.

Beth per me &egrave un tasto dolente, una grande sconfitta e una fonte di odio e orgoglio che riaffiorano assieme nei momenti meno opportuni della giornata.
Quando ci litigai animatamente Beth era ormai determinata a sepellirmi sotto un’immensa pietra, voleva solamente dimenticarmi come probabilmente aveva fatto tempo addietro con il suo ex.
Mi resi conto dopo le nostre discussioni che Beth era una presenza che mi mancava, la sua figura nelle mie giornate e nei miei pensieri era un vuoto incolmabile e che col passare del tempo si faceva sentire sempre di più.
Non ne potei più un giorno.. Fu proprio quel giorno che decisi di scriverle su whatsapp (perché nel mentre sono passati anni, tanti anni) per cercare di riallacciare il rapporto.

Con Beth sono riuscito a mettere da parte il mio orgoglio e ad ammettere i miei errori, cercai di riavvinarmi a lei con tutte le mie forze e con le mie migliori volontà. Non successe mai.
Ogni volta che le scrivevo e cercavo di entrare nel suo mondo mi rigettava e mi ricordava il perché.
Mi sembrava di essere un soldato impegnato a tentare di scavalcare un enorme muro.. Per ogni volta che tentavo cadevo rovinosamente facendomi sempre un gran male.
Poi con il tempo e con i tentativi sempre andati a vuoto ho iniziato a pensare che non era più il caso, a quel dolore iniziavo a farci l’abitudine. Con mio enorme malincuore stavo accettando l’assenza di Beth nella mia vita.

Domenica, Novembre 2013.

E’ una Domenica, finalmente oggi non lavoro..
Amo avere casa libera e vivendo con i miei non succedeva spesso di svegliarsi nella pace di una casa vuota e calda.
Quella mattina mi ero alzato e attorno a me c’era il silenzio più totale. Dalla tapparella filtrava una luce soffusa che illuminava la sottile coltre di polvere sospesa in aria.
Mi soffermai a guardare quella dolce danza di piccole molecole e puntini brillanti, sgranai gli occhi con quella visione.. ne ammirai la grazia e la pace dei lenti movimenti.
Un risveglio lento, dolce, caldo.. Un risveglio di quelli che ti fanno capire che la giornata sta iniziando come vuoi tu, per una volta a settimana almeno.

Mi guardai attorno cercando di sentire se i miei da qualche parte della casa stavano parlando o facendo qualcosa, il nulla.. Volevo alzarmi per andare a vedere ma non ne avevo la voglia né la forza, quelle calde coperte erano la cosa più bella di sempre, non mi ci sarei staccato nemmeno per un attimo.
Fu con il passare dei minuti successivi che la voglia di caffé ebbe la meglio su tutto, alla mattina generalmente &egrave una delle regole fondamentali, uno di quei paletti che devo rispettare per poter stampare sul mio volto un sorriso sincero o quantomeno coordinato.
Così, con una pigrizia non indifferente, scostai dal mio corpo il lenzuolo e mi alzai.. “wow” pensai.. “l’equilibrio al mattino sembra essere una di quelle cose che l’essere umano ancora non ha imparato a dominare…”.
Penso sia anche per questo che esistono gli stipiti, le porte, i corrimano, i muri, le scale mobili… insomma.
Mi diressi lentamente verso la cucina riprendendo facoltà del mio corpo un passo dopo l’altro, arrivai.. Misi su il caffé e mi sedetti su una delle sedie che stavano lì. C’era il giornale di papà, già.. Lui fa il giornalaio e a casa si porta sempre una copia dell’edizione del mattino per vivere informato di ciò che gli accade nel mondo. Almeno lui crede ancora che sia così che funziona.

Presi a scorrere distrattamente le pagine di quel corriere quasi come se volessi semplicemente godermi il rumore e la sensazione della carta che scorreva fra le mie dita, l’odore dei giornali stampati &egrave secondo solamente a quello del caffé che in quel momento stava inebriando la cucina del classico profumo del risveglio. Fu proprio nel mezzo di quel gesto così casuale e distratto che mi cascarono gli occhi su un articolo, le ultime del calcio mercato.. ecco. Se c’&egrave una cosa che non sono mai riuscito a capire &egrave proprio la passione dei miei compagni per il calcio, questo sport che li porta a studiare tutte le regole, le tecniche, gli effetti, i trick e poi ancora le squadre, i giocatori, le compravendite, le stagioni, i campionati, gli stadi e così via.
Io sono appassionato di Rugby, so cosa voglia dire fare meta, so come si devono muovere i giocatori ma diamine non saprei dire che cosa abbia fatto la Scozia nel 6 nazioni del ’90 (probabilmente vinse, comunque). Invece i miei compagni stavano li, costretti a casa ogni sera nella quale la loro squadra del cuore giocava perché per loro quella era la cosa più importante in quel momento. Carlo era una di quelle persone, tifoso accanito del Milan.. non se ne perdeva una.

Ricordo ancora che quando giocava il Milan avevo il terrore di dovermi sorbire le lamentele di Beth perché Carlo non poteva uscire. Lei del resto non aveva tutti i torti, con Carlo non si poteva organizzare nemmeno la serata più bella della propria vita se in quella serata stessa giocava il Milan, fosse cascato il mondo lui l’avrebbe vista. Già.. Beth la prendeva con classe anche in quei casi, se Carlo le diceva di non poter uscire lei faceva finta di nulla, puntualmente però alla prima occasione utile uscivano e andavano in un bel ristorante a mangiare, tutto sul conto di Carlo, ovviamente.
Ecco, Beth era una donna anche in questo, sapeva cogliere il momento giusto per pizzicare, per fare un appunto, una critica o semplicemente per restituire un favore.. ironicamente parlando.

Stavo pensando a Beth ormai, ai suoi modi di fare, ai suoi atteggiamenti, alla sua classe, alla sua dolcezza mista ad una acuta punta d’astuzia. Che mix intrigante..
“Diamine il caffé!” Esclamai una volta rinsavito da quell’attimo pieno di pensieri, intanto la caffettiera aveva eruttato spegnendo addirittura il fuoco sotto di sé.
Corsi subito a spegnere il gas e mi fermai un attimo a fissare il disastro che avevo appena combinato, ecco.. Quello era il miglior modo per distruggere il prototipo di risveglio perfetto. Aspettai qualche momento che si raffreddasse il caffé, e senza nemmeno rendermene conto mi persi nuovamente con la mente..
Beth me l’ero immaginata tante volte in costume da bagno o in pigiama, sebbene l’avessi conosciuta per anni non avevo avuto mai modo di vederla in spiaggia o in piscina, tantomento di dormirci assieme come può succedere fra amici.
Tutto questo non faceva altro che dar libero sfogo alla mia fantasia che come un cavallo a briglia sciolta in quel momento stava ripercorrendo le sinuose curve dei suoi fianchi. Beth era alta, slanciata, aveva due gambe che erano una licenza d’uccidere, non passava un uomo senza che queste catturassero almeno un suo sguardo di ammirazione.
Lei per altro aveva gusto nel vestirsi e nell’abbinare gli indumenti, spinta sempre da un certo senso della moda e dell’armonia dei colori che cambiava di paripasso con l’alternarsi delle stagioni.
Adoravo accompagnarla nei suoi colloqui di lavoro subito dopo la maturità, generalmente vestiva con una camicetta bianca leggermente scollata ma molto elegante e portava dei pantaloni neri lunghi e abbastanza attillati, facendoli finire all’allacciatura di due scarpe con un tacco modesto ma elegante, mai volgare.
Come già detto Beth preferiva non portare 12cm di tacco, piuttosto ne portava la metà ma la sua camminata era splendida, attraente.. Era una calamita di sguardi e pensieri più o meno sconci.
Sebbene la sua figura fosse stata per lungo tempo intoccabile anche nei miei pensieri più remoti, con la nostra “separazione” iniziai anche io a farci qualche fantasia.
Scoprii così che in quel momento il mio corpo stava reagendo alla figura immaginaria di Beth ed osservando il caffé riversato tutt’attorno alla cucina notai una certa prorompenza bussare all’allacciatura dei pantaloni.
Ero solo in casa e ad un tratto mi venne in mente che era da un po’ di tempo che il mio corpo non si sfogava delle sue necessità.
In certi momenti avvertivo l’esigenza di masturbarmi, sentivo questo forte desiderio di chiudermi nelle mie fantasie più remote e dar loro il giusto risalto facendole uscire allo scoperto. Così popolavo i bagni o le camere chiuse a chiave con i soggetti di quei pensieri e li animavo in un modo così eccitante che era difficile anche solo immaginarlo. Adoravo fare l’amore, mai il sesso sfrenato come fosse una classica sveltina da amanti occasionali.
Io immaginavo persone attraenti e conosciute, immaginavo momenti di piena armonia e di grande bellezza. Ero meticoloso nelle fantasie e nei particolari, tutto contribuiva a vivere quel momento con il massimo coinvolgimento possibile.
Facevo l’amore perché il sesso non mi eccitava, volevo immaginare il piacere altrui e rendere questo la leva principale che mi avrebbe portato al culmine.
Anche nella realtà il mio piacere aumentava in virtù del piacere altrui, mi piaceva far godere le donne, vedere i loro corpi contoncersi sotto la mia mano o la mia lingua, amavo saggiare ogni centimetro della pelle di una donna, provarla in ogni piccolo suo angolo remoto e riempire i polmoni del suo profumo.
Vivevo la donna come una poesia o una musica classica, non ero mai stato abituato a dipingerla come un semplice oggetto di piacere.. era troppo spregiativo, diminutivo, maleducato, inappropriato.. scontato.
Io amavo la donna nella sua essenza, e quell’essenza basava sul rispetto, sull’educazione e poi dopo, soltanto dopo, sul piacere.
Mi guadagnavo il rispetto della donna anche nelle mie fantasie, tranne che con Beth.. Con Beth ormai era una battaglia persa ed essendomi dimenticato dei tempi in cui mi rispettava e mi vedeva come un fratello, immaginare di viverla in armonia era un’impresa..

Ma stranamente in quel momento tutto era diventato perfetto, limpido.. Beth era apparsa magicamente nella mia stanza, con la luce tenue e calda di un tramonto all’orizzonte dopo un temporale, quelle luci piene e forti le dipingevano splendide ombre lungo il volto. Immaginavo Beth sorridermi e parlarmi con tono seduttivo, immaginavo Beth chiamarmi parlando lentamente. Era seduta sulla mia scrivania ed io sulla sedia, ero di fronte a lei e la fissavo negli occhi, quegli occhi profondi che avevano il colore dell’oceano, un blu così cristallino che metteva a disagio se osservato a lungo.
Decisi di vivere quella fantasia e di farmi coraggio portando avanti il mio corpo e alzandomi verso la sua figura. Avevo iniziato ormai ad accarezzare il mio corpo e a socchiudere gli occhi per dipingere tutt’attorno la magnificenza di quel momento. La mia bocca si schiuse e presi a respirare profondamente, con la bocca.
La mia mano era scesa prima sul gonfiore dei pantaloni e poi sotto di essi, saggiando la forma del mio sesso celata sotto il tessuto dei boxer. Ero visibilmente eccitato.
Mi avvicinai a Beth e lei schiuse le sue gambe per accogliermi passo dopo passo a pochi centimetri dal suo volto. La sentii scorrere lentamente attorno ai fianchi e premetti per avvicinarmi sentendo i nostri corpi venire a contatto l’uno con l’altro. Le sue labbra si stavano avvicinando alle mie con una lentezza disarmante facendo crescere ancora di più la voglia di assaggliarle.
Mi avvicinai così tanto da sentire i nostri corpi aderire quasi completamente e sentii le sua gambe accavallarsi dietro le mie per rendermi prigioniero di una morsa sensuale e dolce. Che sinfonia di sensazioni! Ogni attimo di quell’immagine era unico ed irripetibile, lo percepivo mio e suo, di nessun altro.
Era giunto il momento di baciarla, dopo tanti anni. Non avevo mai immaginato né fantasticato di baciare Beth.. se per questo non mi ero neppure domandato quale sapore potesse avere la sua pelle, il suo rossetto.. Stavo vivendo quel momento con mille punti interrogativi e una voglia insormontabile di trovare delle risposte. Mi avvicinavo a lei con la certezza di soddisfare una manciata di quelle domande al semplice tocco delle sue labbra ma quando arrivai ad un passo dal toccarla ecco che tutto si interruppe bruscamente.. Una cascata d’acqua gelata crollò sul mio sogno e sulla mia eccitazione, come una cascata che si anima d’un tratto nel mezzo del verde di una foresta. Il citofono. DANNAZIONE!
Corsi a rispondere con sdegno e disapprovazione, non potevo fingere di dormire ancora, tanto meno far finta di non essere in casa. Ero vittima di una trappola, una terribile trappola. Che congiura!

“Luca scendi che c’&egrave da portare su la spesa..”
“Arrivo ma!”

Ecco… La mattinata perfetta diventata in qualche minuto il mio incubo peggiore! La mattinata era iniziata con un sapore dolce e amaro allo stesso tempo.
Mi portavo all’interno una sensazione di sconcerto che difficilmente avrei saputo spiegare.
Da una parte ero stranito, Beth era entrata nei miei pensieri e aveva fatto di me ciò che voleva, o per lo meno di li a poco l’avrebbe fatto. Dall’altra ero stranamente eccitato, e mi domandavo se in quella fantasia ero davvero io nelle sue mani o lei nelle mie.

Fatto sta che i giochi di possesso non cambiavano la realtà delle cose, Beth si era palesata nella mia camera e stava per baciarmi, questa immagine, questo pensiero, questo strano ribollimento che avvertivo fino alle viscere era un fuoco sempre acceso e vivo che non mi faceva pensare ad altro.
C’era solo una persona capace di riportarmi alla realtà dei fatti.. no non fraintendetemi, non era Beth..
“Va tutto bene Luca?” mi domandò mamma preoccupata dal mio sguardo perso nel vuoto ormai da minuti. Ecco chi era…

“Si Ma, solamente un po’ di pensieri per la testa sai.. il lavoro, natale che si avvicina…” ero bravo a vestire dei migliori abiti le mie vere sensazioni, difficilmente con mia madre giocavo a carte scoperte, e quelle poche volte che provavo ad essere sincero capivo perché agivo in tutta segretezza.

“Ancora pasta?” osò lei, sapendo che la seconda portata non &egrave un lusso che mi concedo spesso.
“No no sono pieno grazie.. Andrò a fare una passeggiata oggi pomeriggio, magari un po’ d’aria..” risposi, senza neanche aver pensato prima a quelle parole.
Si, tutto sommato era meglio fare quattro passi fuori, mi avrebbe aiutato a pensare ad altro. Forse…

Mi alzai dalla tavola sgattaiolando via da quella strana situazione di disagio. Beth era un pensiero fisso nella mia testa e le parole di mia madre non erano state altro che un piccolo momento di pace nel bel mezzo di una tempesta di fantasie e riflessioni.
Con l’avanzare delle ore trovai il modo di riempire la testa di altre cose, amici in chat, siti di viaggi, le ultime uscite focus o national geographic. Insomma trovavo mille modi per non pensare a Beth.
Ma nonostante tutto lei era lì, nascosta in un piccolo angolo remoto (ma neanche troppo) della mia mente, pronta a riaffiorare nel momento più opportuno.

“Sarà meglio farsi una doccia” pensai tra me e me, da sempre l’acqua mi dava una leggera e calda sensazione di benessere. Era quasi come entrare in un nuovo mondo e per qualche minuto potevo avere sollievo. La doccia, quella strana entità mistica che sapeva trattenere i pensieri e le preoccupazioni fuori dalla mia portata, almeno il più delle volte.
Entrai in bagno spogliandomi relativamente di fretta. Il freddo dell’inverno mi piaceva, era il miglior proposito per accocolarsi sotto piumoni spessi o per mangiare zuppe calde. Feci scorrere un po’ d’acqua calda e sistemai gli asciugamani in modo tale da avvicinarli alla doccia, involontariamente mi accarezzai nelle parti basse del corpo provocandomi un sussulto spontaneo quanto inaspettato.

Ecco che Beth riaffiorò da quell’angolo remoto della mia testa.. Venne fuori con un impetuoso boato, come un fulmine a ciel sereno. E con la stessa repentinità scoprii la mia eccitazione farsi largo senza più l’impedimento di pantaloni o boxer.
Ero li, di fronte allo specchio, mi osservavo.. Il mio sesso era sugli attenti e attendeva solamente una cosa, quel rituale che di tanto in tanto riservavo per il mio stesso e solo piacere.
Beth stava apparendo lentamente dietro di me, dietro al mio riflesso, la mia mente stava dipingendo con straziante lentezza i suoi contorni.
Avevo un’eccitazione mostruosa addosso, tanto che non potei fare a meno di prendere in mano il mio sesso e iniziare un lento massaggio, come per salutarlo e godere di quella sensazione iniziale.

Amo percepire quei primi tocchi, quando ancora la pelle che lo ricopre non si &egrave abituata alla sensazione di piacere che sta investendo il corpo.
Chiusi gli occhi e accolsi quel tepore che lento si stava diffondendo dentro di me. Accelerai il ritmo della mano portandomi sulla strada di quell’immenso e tanto desiderato piacere, Beth non era ancora pronta per immergersi nella mia fantasia, ma il mio corpo aveva ormai accumulato troppo e per una volta forse non era necessario avere affianco qualcuno.
Persi la ragione di li a poco e accelerai ulteriormente il ritmo senza smettere, perdendo ormai il controllo delle sensazioni e del mio corpo.

Fu così che d’un tratto dietro di me apparve Beth, completa in ogni sua forma, vestita di una t-shirt lunga che la copriva fino alle gambe.
Mi bloccai improvvisamente negando al mio corpo quel culmine di piacere che con irruenza stava montando fino al limite.
“Beth..” mi feci uscire accompagnando un ultimo affanno dato da quella corsa (quasi) inarrestabile.
La osservai nella sua bellezza, nella sua femminilità, ammirai i suoi capelli così lunghi terminare lungo le spalle nascoste da quella maglia. Allungai una mano verso di lei per godere di quel tocco che l’avrebbe resa forse più reale di quanto avrei sperato.
Poggiai un polpastrello sulla sua spalla vedendo il suo volto mirare alla mia mano per un momento.
Tornò a guardarmi, accennò ad un sorriso e poggiò la sua mano alla mia, quasi a volermi confermare la sua presenza, la sua realtà..
Vidi quelle labbra allargarsi leggermente dipingendo i tratti di quel volto solare che avevo dimenticato in lei, non potei fare altro che ricambiare. Le sorrisi, quasi emozionato di quel momento..

Beth si sgretolò dinnanzi a me di lì a poco, diventando sempre più trasparente e andando via via verso il vuoto del bagno circostante e in penombra.
Rimasi tra me e me, incredulo di quella sensazione e di ciò che era appena accaduto. Della mia eccitazione non vi era più traccia e nel pugno tenevo ancora raccolta quella flebile sensazione che il suo tocco aveva destato in me..
Era troppo… Dovevo farmi una doccia.

Quell’acqua così calda era la mia salvezza, la tregua perfetta da quella prigionia fatta di pensieri e di fantasie che stava diventando pesante quanto un fardello al collo ambito dai tanti.
Lasciavo che l’acqua percorresse libera il mio corpo e che lavasse via ogni traccia di Beth e del suo effetto, mi volevo purificare..
Era forse troppo chiedere di poter vivere in pace una delle poche domeniche di relax?

Uscii dal bagno pulito e libero da ogni preoccupazione, era davvero un toccasana. Ora la mia mente era concentrata a nascondere il mio corpo bagnato al freddo di quel posto.
Mi presi del tempo per asciugarmi, contemplando a tratti il vapore dell’acqua salire verso la luce soffusa che illuminava il bagno. Miravo la mia ombra stagliarsi sul pavimento e mi domandavo perché la mia mente fosse un turbinio costante di pensieri e fantasie senza termine.
Mi asciugai definitvamente ed andai in camera per continuare la lettura di quell’articolo su National Geographic quando ad un tratto notai che il telefono era acceso.
Osservai lo scermo e per poco non mi prese un colpo al cuore.

Nuovo messaggio:
Mittente – Beth
-Possiamo parlare?- La sorpresa.

Rimasi incredulo di fronte al display del telefono.
Ciò che stavo leggendo erano due semplici parole che rendevano tutt’altro che semplice il modo di interpretarle.. Venni assalito da un vortice di domande e di pensieri, cosa voleva Beth da me? Cosa l’aveva portata in quel preciso momento a pensarmi?

Decisi che non c’era troppo da stare a pensare, risposi al messaggio.

Luca – Va bene Beth, dove e quando?
Beth – Oggi pomeriggio, per le 17 in punto da me? Ci facciamo quattro passi.
Luca – Ci sarò.

E non aggiunsi altro.
Beth voleva parlarmi, mi stava chiedendo di andare da lei per fare una passeggiata e scambiare quattro parole, ma che cosa doveva dirmi in realtà, io questo non lo sapevo proprio.
Mancava circa un’ora all’appuntamento e mezz’ora l’avrei spesa per arrivare da lei. Rimanevano quei trenta minuti di tempo da investire in qualcosa. Ma cosa?
Ora che avevo quell’appuntamento fissato non sapevo davvero che cosa fare, non avevo più voglia di leggere nulla, mi mancavano le forze per costringere Beth e la sua figura a sgattaiolare via dalla mia mente.
Decisi che era ora di prepararsi, anche se fossi arrivato in anticipo sarebbe stato tutto molto più semplice.

Mi vestii con una camicia bianca e jeens, una felpa a caso e il giubbotto. Anche se non era ancora arrivata l’ora era meglio uscire, non potevo star fermo a pensare, altrimenti sarei diventato matto.
Salii in macchina e accesi il motore, misi il riscaldamento al massimo e mi avviai verso la tangenziale.
Per arrivare da Beth ci voleva un po’ di tempo e avevo deciso di mettere della musica che potesse fare da accompagnamento e distrazione.
Andai lento, in prima corsia, gustandomi le note di Stairway To Heaven e cercando di fare mente locale.
Dentro di me c’era un rimescolamento infinito e totalmente confusionale di domande.. Ma che voleva da me?

Sembrava assurdo, il pensiero di Beth mi attanagliava completamente e non serviva a nulla nemmeno la musica. Ormai pensavo solo a che cosa avrei potuto dirle, quali argomenti intavolare una volta arrivato a destinazione, come guardarla e se guardarla, se scusarmi di qualcosa o essere orgoglioso.
Una marea di domande e nemmeno una risposta..

Era una lenta strada che mi portava verso l’oblio di mille pensieri, iniziai a provare un certo senso di timore verso quella persona, come se davvero stessi correndo qualche pericolo ad andare sotto casa sua.
Che cosa mi stava succedendo…

Arrivai a destinazione e fermai il motore, le scrissi un messaggio.

Luca – Sono qui sotto, scusa se sono in anticipo ma ho trovato poco traffico.
Beth – 5 minuti e arrivo.

Era partito ormai l’ultimo conto alla rovescia. Rimasi in macchina per gustarmi quegli ultimi momenti di calore, e intanto la mia mente non trovava un attimo di tregua..
Vagavo fra le infinite ipotesi.. in passato nelle nostre furiose discussioni io e Beth non ci parlavamo mai a quattr’occhi ma usavamo il telefono, chiamate ed sms. Non sapevo che cosa aspettarmi, se avesse voluto riprendere in mano una discussione avrebbe potuto impegnarsi molto di meno e scrivermi un semplice messaggio ma no, mi aveva invitato sotto casa sua e questa era una novità assoluta. Stava giocando fuori dagli schemi conosciuti e non avevo minimamente idea di come interpretare quel gesto.
Fu tra mille pensieri che vidi goccia dopo goccia la pioggia iniziare a bagnare il vetro della macchina. Un temporale in arrivo probabilmente.
Nell’arco di qualche secondo divenne pioggia battente e decisi di scrivere a Beth.

Luca – Beth piove a dirotto, portati un ombrello.

Passò qualche secondo.

Beth – Luca sali direttamente così risolviamo il problema.. Quando sei in ascensore premi per il quinto piano.

Decisi di smettere di pensare a quelle parole, ormai ero giunto ad un punto in cui dovevo portare avanti la questione fino in fondo e mi guardai nello specchietto della macchina. Ero un uomo, di cosa avrei dovuto aver paura? Al diavolo ora scendo e vado!

Scesi e chiusi la macchina, mi avviai lungo il vialetto defilato a lato del palazzo che portava verso la cancellata. Non avevo un ombrello ma semplicemente il cappuccio, fortuna che per un tratto i balconi mi proteggevano da quella pioggia incessante.
Trovai il suo cognome sul citofono e suonai, passò qualche interminabile secondo e il cancello si aprì, non una parola, non un fiato.. Niente di niente.. Solo il suono della cornetta del citofono che si alzò e si abbassò subito.

Mi feci strada lungo il vialetto, era folle.. Conoscevo Beth da anni e dopo tutto ciò che eravamo stati in passato solamente ora stavo per andare a casa sua, in quell’occasione, in quel contesto, con il rapporto che c’era fra me e lei.. Era tutta una serie di eventi che faticavo a mettere insieme.
Entrai nell’atrio del palazzo e mi diressi verso l’ascensore, il portinaio mi squadrò e feci cenno con la testa come per improvvisare un saluto. Fece finta di nulla e si rimise a leggere il giornale, simpaticamente cafone.
Arrivai in ascensore, quinto piano. Si chiusero le porte.
Fu in quel momento che il senso di angoscia e nervosismo iniziò a prendersi gioco di me, del mio corpo. Di nuovo..
Sentii lo stomaco in subbuglio e fissai i tasti dell’ascensore illuminarsi uno dopo l’altro con una lentezza frustrante. Sarebbe arrivata prima o poi a destinazione, ma nel mentre io li dentro stavo crepando.
Non ero più in grado di pensare a che cosa dire, a che cosa fare, ero solamente in preda all’agitazione, forse era panico..

Si aprirono le porte, uscii sul pianerottolo e rimasi nel silenzio più totale guardandomi attorno. Un atrio, 4 porte, 4 abitazioni, tutte chiuse. Passarono 3, 4 secondi. Poi alle mie spalle una serratura si aprì.
Beth… Il suono di quella serratura entrò in me come un coltello alle spalle. Sentii dentro schiudersi qualcosa, qualcosa che riguardava Beth.
In tutti quei mesi fra di noi era calato il silenzio più assoluto, il nulla, nemmeno un messaggio di auguri al compleanno.
Ora d’un tratto ero lì, a qualche metro da Beth che ancora restava celata nell’ombra. Mi voltai verso quella porta che lenta vibrava e si apriva. Aspettai.
Osservavo quell’attimo cercando di coglierne ogni piccolo particolare, ero nervoso, impaziente, ansioso e… eccitato.

Cadde sconfitta l’attesa dopo un’agognata lotta fra emozioni, timori, sensazioni di ogni tipo.
Quella porta iniziò a muoversi verso l’abitazione e presto apparve il volto di Beth, i suoi capelli biondi, i suoi occhi limpidi e apparentemente impazienti quanto i miei.
La scrutai da cima a fondo senza nemmeno accorgermene, Beth vestiva con una magliettina abbastanza attillata che dava il giusto risalto ad un seno piccolo ma dalla forma ben definita. Degli shorts vertiginosamente corti introducevano ad un paio di gambe che sembravano correre in caduta libera verso delle scarpe da ginnastica bianche, erano una lunga strada verso il paradiso, delle linee così belle quanto l’orizzonte in fondo al mare.
Tornai a fissarle il volto, sorrideva e mi osservava seppur timidamente. Che colpo dritto al cuore. Ricambiai istintivamente quel sorriso.
Avevo combattuto per notti intere il triste gioco di una memoria beffarda, perdendo di giorno in giorno il ricordo di quanto fosse divino il suo sorriso.
Se avessi saputo disegnare avrei sicuramente delineato il suo volto, l’avrei appeso su un muro o sul soffitto della mia camera. Avrei voluto chiudere gli occhi di fronte ad esso per godere della sua essenza in ogni istante. Ad ogni risveglio.

“Che fai li impalato Luca, entra” mi assalì con voce dolce e accogliente. Il suo tono era così innocente e puro, come musica all’alba.
Entrai in casa di Beth lasciandomi alle spalle la sua dolce figura e la porta che piano prese a richiudersi.

“Accomodati Luca, vuoi qualcosa da bere?”
“No grazie, sto bene così…”

Non ero abituato a ricevere tutte queste premure da parte di Beth e quel momento era sempre più assurdo. Non parlavamo, né scambiavamo messaggi da mesi ormai, ed ora lei sembrava rivolgersi a me come se mi avesse appena conosciuto.
Nei primi tempi Beth era così innocente, spensierata, dolce. Ogni sua parola era accompagnata da un sorriso e la sensazione che trasmetteva era coinvolgente..
Non esisteva essere umano sulla faccia della terra capace di resistere al fascino di quel sorriso, così sincero, così umano.

Senza rendermene conto ero nel suo salotto, fulcro di un appartamento davvero caldo e accogliente.
I muri avevano colori tendenti all’ocra non troppo acceso e leggermente spugnato.. I mobili di vecchio stile facevano intendere la presenza dei genitori, amanti di uno stile classico e ben rifinito. In un angolo un mobiletto con sopra un televisore, dei dischi… Un lampadario affianco e poco altro. Era semplice quel salotto, delle mensole lungo le pareti supportavano un gran numero di libri e delle tende bianche abbracciavano i contorni delle finestre regalando al locale una luce morbida e accogliente.

Fu nuovamente Beth a distogliermi da quel momento di curiosa osservazione.

“Luca..”
“Ehi, si scusa.. Hai davvero un bel salotto Beth, complimenti.
“Grazie. Allora come stai? E’ da tanto che non parliamo..”
“Già Beth, beh io ci ho provato in pass..” e veloce mi interruppe incalzando “so cosa ho fatto in passato Luca, non ti ho chiesto di venire fin qui per fare ulteriore polemica, anzi..”
“Anzi?” Rimasi in attesa.. Sempre più curioso di quella che sarebbe stata la sua risposta.
“Luca c’&egrave una cosa che ti devo dire.. E’ da tempo che ormai ci penso e il peso di queste riflessioni &egrave stato difficile da tenere dentro.”
“Beth mi fai preoccupare, che cosa succede?”
La osservai mentre il suo sguardo cadde in basso per alleviare l’imbarazzo di quel mometo, qualcosa dentro Beth era cambiato, qualcosa non la rendeva quella di sempre, quella che conoscevo. I miei occhi la fissavano in ogni suo particolare, cercando di carpire dalla sua figura le parole e i pensieri che di li a poco l’avrebbero liberata dal peso di quel silenzio.

“Luca io ti ho sognato in queste notti. Ti ho sognato affianco a me, in casa, a lavoro, in università. Ti ho immaginato condividere con me tanti momenti della mia giornata e…”
“e… Beth?”
“E ho capito di voler veramente condividere con te quegli istanti.. Mi manchi…”

La vidi stringere le labbra, vibrare leggermente e d’un tratto un singhiozzo, poi un altro e un altro ancora.
Senza che avessi il tempo di valutare razionalmente la situazione Beth scoppiò in un pianto sommesso, quasi silenzioso. Cercava di soffocarlo con tutta sé stessa ma chissà da quanto tempo lo stesse covando.
“Ehi..” Feci io alzandomi dal divano e andando verso di lei che era seduta poco più in là..

Feci scorrere un braccio lungo le sue spalle e lentamente la chiusi verso il mio petto cercando di proteggerla dal peso di quella solitudine. Beth piangeva e probabilmente aveva aspettato di farlo con me..

Mi avvicinai al suo volto con una mano e lo alzai verso di me, Beth mi si presentò dinnanzi e schiuse i suoi occhi lucidi fissandomi.
Aveva uno sguardo profondo, degli occhi che riflettevano la luce di quel salotto e delle guance leggermente rosse per l’imbarazzo. Era una visione celestiale..
Rimasi qualche secondo a fissarla piangere, prigioniero delle enormi emozioni che Beth stava suscitando in me.
La fissai con sguardo sorridente, quasi a cercare di trasmetterle un senso di pace e di serenità. Beth piano si calmò e fu così che decisi di farmi coraggio.

Avvicinai il suo volto al mio e mi spostai a lato quasi sfiorandole le labbra. Le diedi un caldo e lungo bacio sulla guancia saggiando il sapore salato di una lacrima che lenta stava correndo lungo quella pelle così morbida.
La strinsi forte, per interminabili secondi.. Le sussurrai all’orecchio..
“Tu non puoi immaginare quanto mi sei mancata in questi mesi.. Avrei voluto dirti tante cose, avrei voluto chiamarti e dirti che ti volevo bene, che ti volevo vedere felice, che ti volevo vedere nuovamente sorridere, che ti volevo..” e mi bloccai, realizzando il senso delle ultime parole che avevo detto. Mi bloccai senza volerlo, un senso di ansia iniziò a montare nuovamente dentro di me ma inspiegabilmente non terminai quella frase. Rimasi bloccato a pensare e ripensare, non sapevo più cosa dire e d’un tratto mi sentii investito da un forte senso di disagio. Beth intanto si era staccata dalla mia spalla e riprendendo leggermente le distanze dal mio volto si strofinò gli occhi con le mani.
“Che mi volevi…?”
“Che..” borbottai io.. e così capii d’un tratto che era giunto il momento di scoprire le carte di un gioco che non conoscevo nemmeno io.
Capii in quell’istante che volevo Beth, che non c’era un seguito a quella frase caduta nel vuoto semplicemente perché avevo già detto tutto.
Volevo Beth e senza saperlo glie lo avevo appena detto.
La fissai nuovamente cercando di scolpire indelebilmente in me la bellezza del suo volto ritornato calmo ed asciutto.
Mi osservava in attesa di sentirmi dire qualcosa, probabilmente neanche lei sapeva che cosa aspettarsi ed io cercai nei suoi occhi la forza di proseguire.
“Che ti volevo Beth..”
La vidi sgranare gli occhi arretrando leggermente con il busto, non si sarebbe mai aspettata quella confessione, tanto meno in quel momento.
Espirai avvertendo un senso di sollievo prendere possesso del mio corpo, l’avevo detto.. Qualsiasi sarebbe stata la sua reazione ormai l’avevo detto, potevo fare o dire qualsiasi altra cosa, ma mai sarei potuto tornare indietro.
“Che tu mi volevi?” ripeté osservandomi ancora per qualche istante. Si lasciò cadere con le spalle sullo schienale del divano e prese ad osservare il soffitto cercando probabilmente di metabolizzare le mie parole.
Tornai con lo sguardo nel nulla aspettando di sentire qualcosa, una reazione, un gesto… Qualsiasi cosa piuttosto che il silenzio.
L’attesa di quel momento era snervante e mi stava consumando dentro. Avevo lo stomaco in subbuglio e quasi mi tremavano le mani.
Non potevo più immaginare quello che sarebbe successo e così cercai di calmarmi e di vivere quel momento con la massima calma.

Fu solamente dopo la risposta di Beth che capii il senso di tutto. Di quei sogni, di quelle riflessioni della mattina. Mi accorsi d’un tratto che l’ansia e il peso delle aspettative erano scivolati via come le preoccupazioni che mi avevano accompagnato fin sotto la doccia qualche ora prima.
Quella giornata era iniziata con lei e sembrava dovesse terminare alla stessa maniera.
Mi colse di sorpresa, mi rivoltò da cima a fondo e distrusse con un gesto flebile il mio muro fatto di solide convinzioni, tutte sbagliate.

“Ti voglio anche io… Luca…”

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